Con sentenza del 19 gennaio 2022 il Tribunale di Milano, Sezione specializzata delle Imprese, ha ribadito importantissimi principi in materia di validità delle fideiussioni impugnate per nullità per asserita violazione della normativa Antitrust e ha fornito spunti interessanti per fare chiarezza ulteriore in una materia da poco “dipanata” nei suoi aspetti essenziali dalla recentissima decisione n. 41994/2021 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
L’azione si fondava sulla doglianza che il contratto di fideiussione aveva recepito clausole conformi allo schema A.B.I. oggetto del provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, ritenute quindi dall’attore lesive della libera concorrenza sul mercato.
In via preliminare, il Tribunale ha ricordato che ai fini della competenza trova applicazione il disposto dell’art. 33, secondo comma, della Legge 287/90, come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n. 6523 del 10 marzo 2021. Con questa decisione, in base al legame consequenziale che collega le intese restrittive della concorrenza a monte con le fideiussioni stipulate a valle, la Corte di cassazione aveva ritenuto che la competenza che gli artt. 3 e 4 d.lgs n. 168/2003, come modificati dal d.lgs. n. 3/2017, riconoscono al tribunale, sezione specializzata delle imprese, sull’intesa restrittiva della concorrenza a monte, debba intendersi estesa anche al contratto a valle.
Scendendo all’esame del merito, il Tribunale di Milano ha innanzitutto ricordato che, com’è noto, “le clausole dello schema ABI ritenute dalla Banca d’Italia sbocco di un’intesa illecita sono le seguenti: la n.2 (c.d. clausola di reviviscenza); la n.6 (clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 cc) e la n.8 (c.d. clausola di sopravvivenza). Attraverso tali articoli, La Banca d’Italia ha ritenuto che ABI abbia previsto, per la fideiussione omnibus (sottolineatura del redattore), disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a) della legge 287 del 1990” (in senso conforme si è recentemente espresso Trib. Bologna sentenza n. 64 del 13 gennaio 2022).
Il Collegio ha quindi sottolineato che la recentissima sentenza n. 41994/2021 delle SS.UU. ha stabilito che in simili casi si configura una mera nullità parziale, limitata, cioè, alle sole clausole contrattuali ritenute illecite, sul rilievo per cui tale nullità meglio si contempera col principio generale di conservazione del negozio giuridico.
Ritenuta poi irrilevante la questione relativa all’eventuale qualificazione del negozio in esame quale contratto autonomo di garanzia, il Tribunale ha affermato un importantissimo principio relativo al valore probatorio del provvedimento n, 55/2005 della Banca d’Italia, assumendo che esso non costituisce prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza, con riguardo alle fideiussioni – come quella oggetto di causa – stipulate in un periodo rispetto al quale nessuna indagine risulta essere stata svolta dall’autorità di vigilanza, la cui istruttoria ha coperto un arco temporale compreso tra il 2002 ed il maggio 2005. Parte attrice è stata, pertanto, ritenuta onerata dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art. 2 della Legge 287/90 (nello stesso senso, tra le altre, già Trib. Milano 30 settembre 2021).
Una tale prova, secondo il Tribunale di Milano, dovrebbe essere volta a dimostrare che nell’anno di stipulazione della fideiussione oggetto di causa, un numero significativo di istituti di credito, all’interno del medesimo mercato, avrebbe coordinato la propria azione al fine di sottoporre alla clientela dei modelli uniformi di fideiussione per operazioni specifiche in modo da privare quella stessa clientela del diritto ad una scelta effettiva e non solo apparente tra prodotti alternativi e in reciproca concorrenza. Prova che nel caso di specie non era stata fornita dall’attore, le cui domande sono state quindi respinte.
In conclusione, una decisione equilibrata che ribadisce i principi espressi dalla recentissima sentenza delle SS.UU., specie in tema di nullità solo parziale delle clausole recettive dell’intesa anticoncorrenziale e fa chiarezza su altri aspetti, lì non espressamente affrontati, come i temi: i) della competenza funzionale del Tribunale dell’Impresa in materia (ribadendo l’insegnamento offerto dalla Cassazione, da ultimo con la sentenza n. 6523 del 10 marzo 2021); ii) della limitazione della potenziale nullità relativa soltanto alle fideiussioni c.d. “omnibus” e non, quindi, a quelle rilasciate a garanzia di specifiche linee di credito (sia pur tramite obiter dictum); iii) dell’onere della prova dell’intesa anticoncorrenziale gravante sull’attore.