Non può ritenersi precluso alle parti, nella loro autonomia contrattuale, che la banca si obblighi a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro di entità variabile, rapportata (anche) all’importo risultante — ad esempio — da una distinta dei titoli (fatture, ricevute bancarie, titoli di credito, ecc.) che il correntista abbia man mano portato all’incasso: può cioè concretizzarsi, in tal caso, un congegno di incremento dell’ammontare del fido per cassa, derivante dalla presentazione alla banca da parte del cliente della menzionata distinta, incremento rapportato all’ammontare da essa risultante, sino al relativo incasso, contestualmente al quale il fido si riduce proporzionalmente all’accredito delle rimesse sul conto.
Ma, perché possa parlarsi di «fido mobile», ossia di un’apertura di credito ad importo variabile, occorre che la messa a disposizione della somma di denaro, ai sensi dell’articolo 1842 c.c., non sia sottoposta ad una valutazione compiuta dalla banca ex post, cosa che pare verificarsi in caso di clausola salvo buon fine, la quale comporti che eventuali insoluti, in base ai quali era stato concesso un fido per cassa, determinino una riduzione retroattiva del saldo.