La Sezione Prima della Cassazione, con provvedimento del 24 ottobre 2022, n. 31313, si pronuncia in tema di ammissione al passivo fallimentare di un credito derivante da un finanziamento concesso ad un imprenditore per l’acquisto di un’azienda da lui poi ceduta alla fallita.
La Suprema Corte, in particolare, si pronuncia in merito all’applicabilità degli artt. 2558 (Successione nei contratti) e 2560 (Debiti relativi all’azienda ceduta) cod. civ. al fine di stabilire se nel caso di specie possa configurarsi una successione dell’acquirente fallito nel contratto di finanziamento e nel relativo debito del venditore dell’azienda.
I giudici di legittimità concludono per la non applicabilità al caso di specie delle citate norme, in quanto il finanziamento concesso al venditore non può essere considerato come atto inerente all’esercizio dinamico dell’impresa.
L’art. 2558 cod. civ., infatti, disciplina esclusivamente «la successione nei contratti d’azienda, aventi ad oggetto il godimento di beni aziendali non appartenenti all’imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, nonché in quelli d’impresa, i quali, pur non avendo ad oggetto beni aziendali, comunque attengono all’organizzazione dell’impresa […]».
Medesimo discorso vale, sempre secondo la Suprema Corte, con riferimento all’art. 2560 cod. civ., il quale si riferisce ai soli debiti relativi all’esercizio dell’azienda ceduta.
Il finanziamento contratto ai fini dell’acquisto dell’azienda, invece, non può considerarsi inerente all’esercizio d’impresa in quanto atto di organizzazione (e non dell’organizzazione), ossia atto prodromico all’esercizio dell’attività imprenditoriale, come tale estraneo alla sfera di applicazione del fenomeno successorio di cui agli artt. 2558 e 2560 cod. civ..