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Giurisprudenza

Firme elettroniche e valore probatorio nel processo

21 Ottobre 2024

Corte di Giustizia UE, Sez. X, 17 ottobre 2024, causa C-302/23 – Pres. Gratsias, Rel. Jarukaitis

Di cosa si parla in questo articolo

La Decima Sezione della Corte di Giustizia UE, con sentenza del 17 ottobre 2024, resa nella causa C-302/23 (Pres. Gratsias, Rel. Jarukaitis), si è pronunciata in materia di firme elettroniche, con particolare riferimento agli effetti giuridici ed al valore probatorio delle stesse nell’ambito del procedimento giurisdizionale, ai sensi del Regolamento e-IDAS.

Questo il principio di diritto espresso dalla Corte:

L’articolo 2, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 25, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, devono essere interpretati nel senso che:

non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un atto processuale può essere depositato presso un organo giurisdizionale, per via elettronica, e firmato elettronicamente, solo qualora tale organo giurisdizionale disponga di un sistema informatico adeguato e il deposito sia effettuato per mezzo di tale sistema.

Il giudice del rinvio interroga preliminarmente la Corte di Giustizia sull’applicabilità rationae materiae del Regolamento e-IDAS alla controversia principale, poiché, secondo lo stesso, tale regolamento si applicherebbe solo ai regimi di identificazione elettronica che sono stati notificati dagli Stati membri alla Commissione.

Nel caso di specie infatti, il mezzo di identificazione elettronica utilizzato dal ricorrente nel procedimento principale per il deposito dei suoi atti processuali per via elettronica non rientrava in un regime di identificazione elettronica notificato dallo Stato membro di appartenenza (Polonia).

Tuttavia, secondo la Corte UE, il fatto che un regime sia stato notificato o meno è irrilevante al fine di determinare se le disposizioni del Regolamento n. 910/2014, relative alla firma elettronica, siano applicabili in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

La notifica alla Commissione dei regimi di identificazione elettronica, di cui all’art. 9 del regolamento, costituisce una condizione preliminare per il reciproco riconoscimento dei mezzi di identificazione elettronica, nell’ottica di un utilizzo transfrontaliero di questi ultimi.

Tale notifica, tuttavia, non condiziona l’applicazione delle disposizioni della sezione 4 del capo III del suddetto regolamento, relative alle firme elettroniche, tra le quali figura l’art. 25, del quale è richiesta l’interpretazione: pertanto, la circostanza che uno Stato membro non abbia notificato un regime di identificazione elettronica, è irrilevante ai fini dell’applicabilità, in tale Stato membro, delle disposizioni di tale regolamento relative alle firme elettroniche.

La Corte ricorda poi che, ai sensi dell’art. 25, paragrafo 1 del regolamento citato, a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali “per il solo motivo” della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate.

La Corte ha già dichiarato sul punto che, sebbene il regolamento miri a garantire che una firma elettronica non sia privata dei suoi effetti giuridici per il solo motivo che essa si presenta in tale forma, esso non ostacola tuttavia la libertà degli Stati membri di prevedere requisiti di ordine formale: il regolamento non incide sulle formalità procedurali, come quelle che stabiliscono, nel diritto nazionale, le modalità di deposito degli atti processuali presso gli organi giurisdizionali.

Nel caso di specie, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale vieta il deposito, per via elettronica, di un atto processuale munito di firma elettronica presso un organo giurisdizionale, non per il motivo che solo una firma autografa possa essere considerata una firma, bensì per il motivo che, in applicazione della normativa nazionale polacca, tale deposito di atti processuali per via elettronica presso un organo giurisdizionale può essere effettuato solo per mezzo di un sistema informatico adeguato, di cui tale giudice deve disporre.

Da tale normativa risulta peraltro che, quando l’organo giurisdizionale dispone di un siffatto sistema, il deposito, per mezzo di quest’ultimo, di atti processuali firmati elettronicamente produce gli stessi effetti giuridici che la normativa polacca attribuisce abitualmente al deposito di un atto processuale presso un organo giurisdizionale.

Conseguentemente, conclude la Corte, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale un atto processuale è depositato presso l’organo giurisdizionale per via elettronica, quando quest’ultimo non dispone di un sistema informatico adeguato per mezzo del quale va effettuato il deposito degli atti, tale atto non è quindi rifiutato “per il solo motivo” che la firma di detto atto si presenta in forma elettronica o che non soddisfa i requisiti della firma elettronica qualificata.

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