Il presente contributo analizza le ultime novità apportate dalla Legge di Bilancio 2023 in materia di fiscalità immobiliare con specifico riferimento alla tassazione sui capital gain.
La fiscalità relativa al mondo “real estate” (fiscalità immobiliare) è sempre stata connotata da specifiche disposizioni, ritenute “necessarie” attesa la particolarità del sottostante immobiliare: si pensi alle modalità di tassazione delle cessioni di partecipazioni in società immobiliari (rectius, la non applicazione del regime c.d. “Pex” in determinati casi) o al regime Iva e delle imposte d’atto, caratterizzato da molteplici modalità di applicazione e aliquote.
In aggiunta, da diversi anni si osserva, nel settore, il ricorso ad un approccio sostanzialistico, volto a tassare la transazione immobiliare in quanto tale, indipendentemente dagli strumenti utilizzati per realizzarla. A tal riguardo, si potrebbe affermare che la volontà dei legislatori (nazionale e comunitario) sia quella di far prevalere, sempre, la sostanza sulla forma, approccio che – come si avrà modo di osservare – potrebbe creare distorsioni con riferimento a specifici strumenti che hanno ben altre finalità rispetto a quella di ottimizzare il carico fiscale.
In particolare, si assiste ad una progressiva assimilazione della tassazione di contratti che determinano l’indiretto trasferimento/godimento di beni immobili a quella applicabile all’acquisto/godimento diretto degli stessi.
Basti pensare alla Legge di Stabilità 2011[1], che ha introdotto una sostanziale equivalenza, ai fini delle imposte indirette, tra l’acquisto diretto del bene immobile e quello realizzato tramite la conclusione di contratti di leasing finanziario. E ciò non solo avendo a riguardo la fiscalità del trasferimento dei beni immobili alla società di leasing che, a differenza della disciplina previgente, prevede l’applicazione “piena” delle imposte d’atto (divenendo il successivo riscatto da parte dell’utilizzatore una “formalità” assoggettata a tassazione in misura fissa), ma soprattutto con riferimento alla cessione dei contratti di leasing finanziario, che viene tassata con l’applicazione dell’imposta di registro al 4% (su di una base imponibile corrispondente al valore venale dell’immobile), in misura pertanto analoga alla tassazione d’atto che si sarebbe applicata nel caso di trasferimento diretto del bene immobile strumentale.
In tal senso, valga anche quanto previsto dalla tassazione del contratto di affitto di un’azienda, in relazione al quale la Legge Bersani[2] impone di applicare la disciplina dell’imposta di registro prevista per le locazioni immobiliari ogni qual volta il valore complessivo dell’azienda sia costituito, per più del 50%, dal valore normale di fabbricati.
Il legislatore, quindi, sembra interessarsi, con crescente intensità, a disciplinare la tassazione della presunta essenza della transazione che, se assimilabile al trasferimento (o al godimento) dei beni immobili, deve prescindere dalla forma con la quale viene realizzata. E, nel fare ciò – come visto e come verrà nel seguito ulteriormente evidenziato – provvede con modifiche normative, finalizzate al perseguimento di un atteggiamento sostanzialistico.
L’evoluzione normativa appena richiamata, peraltro, si inserisce in un processo evolutivo sovranazionale che ha interessato anche i Trattati contro le doppie imposizioni, secondo il modello di convenzione OCSE. Il riferimento specifico è all’articolo 13, paragrafo 4, del Modello OCSE, ove è prevista la c.d. “land rich clause”, secondo cui «gli utili che un residente di uno Stato contrante ritrae dall’alienazione di azioni, interessi o altri diritti analoghi sono imponibili nell’altro Stato contraente se in qualsiasi momento durante i 365 giorni che precedono l’alienazione, le azioni, gli interessi o gli altri diritti analoghi derivano più del 50% del loro valore, direttamente o indirettamente, da beni immobili, secondo la definizione di cui all’art. 6, situati in detto altro Stato».
Tale clausola – già in vigore in alcuni Trattati stipulati dall’Italia (cfr. quelli con gli Stati Uniti, Francia, Hong Kong e Cina) – è volta a superare l’eventuale schermo societario applicato ai trasferimenti immobiliari, ignorando cioè la separazione legale tra i beni immobili detenuti da una società e le partecipazioni possedute nella stessa ed attribuendo, invece, rilevanza al loro concreto legame economico. Invero, tale clausola è contenuta anche nell’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione Multilaterale (la c.d. “MLI”, non ancora in vigore), le cui disposizioni potrebbero trovare applicazione solo a condizione di reciprocità e, dunque, solo qualora l’Italia e l’altro Stato contraente esercitino l’opzione per tale regola impositiva.
Orbene, sulla scia dell’evoluzione della normativa sovranazionale e dell’approccio seguito da alcuni ordinamenti esteri (e.g., la Germania, ove già vige dal 2021, ai fini impositivi della Grunderwerbsteuergesetz, l’equiparazione tra la cessione di beni immobili e la cessione di una partecipazione in una società immobiliare), la Legge di Bilancio 2023[3], per quanto attiene i profili di fiscalità immobiliare, modifica, a partire dal 1° gennaio 2023, il regime impositivo dei capital gain, introducendo direttamente nell’ordinamento interno la land rich clause, al fine di attrarre a tassazione in Italia le plusvalenze su società estere che determinano, di fatto, il trasferimento di immobili ubicati in Italia..
Assumono infatti rilevanza, ai fini della tassazione in Italia in capo ai soggetti non residenti, le cessioni di partecipazioni (qualificate e non qualificate[4]) in società ed enti non residenti c.d. “immobiliari”, ovvero quelle società ed enti non quotate su mercati regolamentati, il cui valore è costituito principalmente da immobili situati nel territorio dello Stato italiano.
In aggiunta, la Legge di Bilancio 2023 interviene anche sull’imposta sostitutiva applicabile alle plusvalenze in società immobiliari[5], prevedendo che l’esenzione da imposta sui capital gain non qualificati, realizzati dai soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni[6], non si applica alla cessione di partecipazioni in società ed enti (sia residenti, che non residenti in Italia), non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore deriva principalmente da immobili situati nel territorio dello Stato italiano.
Tuttavia, ai fini delle modifiche normative sopra citate, sono esclusi:
- gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa (i c.d. “immobili merce”), nonché quelli utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa (i c.d. “immobili strumentali”);
- le plusvalenze realizzate dagli OICR di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE e dagli OICR, non conformi a tale direttiva, il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza ai sensi della direttiva 2011/61/UE, istituiti negli Stati UE/SEE che consentono un adeguato scambio di informazioni.
Chiaramente, la nuova normativa sulla fiscalità immobiliare deve essere coordinata con le previsioni delle Convenzioni OCSE stipulate dall’Italia, che risultano prevalenti rispetto alla normativa interna: conseguentemente, sino a quando le disposizioni della MLI non verranno recepite dall’Italia, l’impatto di tale norma sarà limitato dalle disposizioni convenzionali, già ad oggi vigenti, che attribuiscono all’Italia la potestà impositiva in base alla land rich clause.
A tal riguardo, è necessario evidenziare potenziali criticità riguardanti il settore del risparmio gestito (ci si riferisce, precisamente, agli OICR immobiliari): dal tenore letterale della nuova normativa – che utilizza l’espressione «partecipazioni in società ed enti» – sembra evincersi che, nell’ambito oggettivo di applicazione del nuovo regime, siano incluse anche le quote o le azioni di OICR immobiliari italiani o esteri. Aspetto questo che, come detto in apertura, porterebbe a incoerenti distorsioni su determinati strumenti, i quali hanno la finalità di rappresentare veicoli di investimento idonei alla raccolta del risparmio e la cui tassazione deve essere allineata a quella del settore finanziario.
Peraltro, la tassazione degli OICR non risulterebbe del tutto coerente con il testo finale approvato della norma, che prevede l’esclusione da tassazione per gli immobili merce e immobili strumentali all’attività di impresa; se, infatti, all’atto della lettura della bozza di Legge di bilancio sembrava determinarsi un forte impatto sulle società e gli enti immobiliari, per effetto delle disposizioni inserite in sede di approvazione la norma, ad oggi, colpisce solamente le plusvalenze sui c.d. “immobili patrimonio”.
Quello che risulta da tale modifica, però, è la possibile disparità di trattamento che deriverebbe per gli OICR immobiliari italiani o esteri qualora fossero ricompresi all’interno della definizione di “enti”. Tali strumenti, infatti, soggiacciono a stringenti limiti regolamentari che vietano lo svolgimento di attività imprenditoriali (nell’accezione più tipica del termine) e anche da ciò ne deriva un trattamento fiscale del tutto estraneo ai regimi impositivi IRES e IRAP previsti per i soggetti che realizzano redditi d’impresa[7]: conseguentemente i concetti di “immobili merce” e di “immobili strumentali” non sono confacenti ai FIA immobiliari[8] e pertanto questi ultimi dovrebbero essere esclusi tout court dal nuovo regime impositivo. A tal fine, pertanto, si ritiene opportuno non solo un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione finanziaria, ma anche direttamente da parte del legislatore.
In aggiunta, in un’ottica sistematica, occorre rilevare come il legislatore, quando disciplina il trattamento fiscale delle operazioni relative agli OICR, non utilizza l’espressione «partecipazioni», ma si limita a richiamare la terminologia (i) di «quote» o «azioni»[9] oppure (ii) di «quote di partecipazioni»[10]. Tra l’altro, nell’ambito della tassazione cross border, i proventi dei FIA immobiliari non sono assimilati ai dividendi ma agli interessi[11], rendendosi applicabili, generalmente, le previsioni dell’articolo 11 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, confermando la non assimilabilità delle quote di OICR alle partecipazioni societarie.
In attesa di un esplicito chiarimento, è possibile evidenziare che l’Amministrazione finanziaria avrebbe confermato tale tesi, sebbene per ora solo verbalmente in una delle risposte (non ancora ufficiali) fornite a Telefisco 2023, affermando che i capital gain oggetto delle nuove disposizioni sono quelle relativi a partecipazioni non qualificate di cui all’articolo 67 comma 1, lettera c-bis) del Tuir, senza alcuna menzione, pertanto, dei redditi diversi di cui alla successiva lettera c-ter), che riguardano, diversamente, le quote degli OICR.
In conclusione, è di tutta evidenza che il percorso normativo intrapreso dal legislatore sulla fiscalità immobiliare sembra puntare alla definitività dell’approccio sostanzialistico, ma non si può non rappresentare che detta evoluzione non deve essere invasiva sino a determinare distorsioni riferibili a specifici strumenti (gli OICR immobiliari appunto) o rendere incerto il sistema di tassazione di settore.
In ogni caso, anche osservando le evoluzioni della normativa sulla fiscalità immobiliare di altri Stati a noi vicini, è importante che gli operatori del real estate si adoperino per effettuare idonee valutazioni in relazione alla pianificazione fiscale nei trasferimenti immobiliari, tenendo presente che il trend normativo sopra richiamato sembra un processo irreversibile, rispetto al quale anche le strutture o gli strumenti giuridici più innovativi dovranno uniformarsi per evitare contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.
[1] Cfr. articolo 1, commi 15 e 16, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220.
[2] Cfr. articolo 35, comma 10-quater, del D.L. n. 223/2006.
[3] Cfr. articolo 1, commi da 96 a 99, della Legge n. 197/2022.
[4] Partecipazioni qualificate o non qualificate in base alle previsioni dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir.
[5] Tale modifica viene apportata all’articolo 5, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 471/1997.
[6] I soggetti di cui all’articolo 6 del DLgs. n. 239/1996.
[7] Malgrado l’inserimento dei fondi immobiliari tra i soggetti Ires di cui all’articolo 73 del Tuir, gli stessi godono del regime di esenzione IRES e IRAP previsto dall’art 6 del D.L. n. 351/2001
[8] Sebbene, sul punto, si segnala che talune commissioni tributarie stanno assumendo degli orientamenti favorevoli nel riconoscere ai FIA immobiliari la qualifica di imprese costruttrici, sia ai fini IMU che ai fini IVA.
[9] Cfr., articolo 7 del DL n. 351/2001; articolo 13 del D.Lgs. n. 44/2014; articolo 26-quinquies del D.P.R. n. 600/73; articolo 10-ter della Legge n. 77/1983
[10] Cfr. articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del Tuir
[11] Cfr. circolare n. 11/2011 circolare n. 2/2012