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Flussi in uscita di interessi e clausola del beneficiario effettivo. Focus su problematiche tipiche di alcune strutture finanziarie e dei fondi d’investimento collettivi

16 Novembre 2017

Carmen Adele Pisani, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

A seguito della esponenziale internazionalizzazione delle imprese, i flussi in uscita di dividendi, interessi e royalties si sono ritrovati sotto la lente delle Amministrazioni finanziarie di tutti gli Stati che aggressivamente vigilano affinché i benefici fiscali previsti al riguardo dalle convenzioni contro le doppie imposizioni e dalle direttive europee non siano indebitamente fruiti. Difatti, sempre più spesso si assiste alla pianificazione di complesse catene societarie e operazioni finanziarie aventi come unico scopo quello di ottenere i menzionati benefici che, diversamente, non potrebbero essere invocati. In tale contesto, il più rilevante presidio contro la dispersione di tali flussi reddituali dall’imposizione dei singoli Stati è costituito dalla clausola del c.d. beneficiario effettivo contenuta sia (i) nelle convenzioni contro la doppia imposizione sia (ii) nella Direttiva UE “Interessi-Royalties”[1] e nelle relative norme interne di recepimento.

Il tema del riconoscimento della qualifica di beneficiario effettivo in relazione a flussi cross-border di interessi percepiti per il tramite di soggetti interposti ha da sempre infiammato l’arena del diritto tributario internazionale i cui operatori, oggi, si ritrovano a dover declinare tale storica clausola nell’ambito di una realtà economica completamente mutata. Al riguardo, tra le questioni di maggior interesse in relazione alla clausola del beneficiario effettivo si possono richiamare le questioni attinenti ai flussi in uscita di interessi nell’ambito di (i) operazioni finanziarie attuate mediante il coinvolgimento di un “veicolo” e (ii) investimenti effettuati per il tramite di fondi di investimento.

Di seguito, dopo aver brevemente esposto il regime di tassazione ordinario dei flussi in uscita di interessi e le deroghe ad esso previste dalla normativa di derivazione europea e pattizia, ci si soffermerà su:

  1. l’evoluzione della clausola di beneficiario effettivo contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni;
  2. i limiti della clausola del beneficiario effettivo in relazione a specifiche operazioni di raccolta di capitali e di finanziamento in pool;
  3. i limiti della clausola de beneficiario effettivo in relazione ai fondi di investimento collettivi (i.e. CIV),

con lo scopo di delineare le soluzioni fornite al riguardo dal Legislatore italiano e dall’Amministrazione finanziaria.

2. Il trattamento fiscale dei flussi di interessi in uscita

Il trattamento fiscale dei redditi finanziari in uscita è stabilito dal combinato disposto di norme formali interne e convenzionali. In generale, le norme formali interne dettano specifici criteri di collegamento volti ad individuare lo Stato in cui i redditi si considerano prodotti (i.e. Stato della fonte), mentre le norme convenzionali prevedono l’applicazione di un trattamento di favore al ricorrere di determinati requisiti.

Gli artt. 151 e 23 del TUIR[2] stabiliscono che gli interessi[3] corrisposti, inter alia, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato e, come tali, rientrano nella sfera impositiva dello Stato italiano. Al riguardo, l’art. 26, co. 5 del DPR n. 600/1973[4] impone a tali soggetti l’applicazione di una ritenuta del 26% a titolo d’imposta sugli interessi corrisposti ad un soggetto non residente.

In deroga alla disciplina sopra menzionata, l’art. 26-quater[5] del DPR n. 600/1973, in attuazione della Direttiva UE Interessi-Royalties (di seguito la “Direttiva”), ha introdotto una esenzione da imposizione anche per i pagamenti di interessi[6] effettuati ad una società consociata[7] o ad una sua stabile organizzazione purché queste ultime siano situate in differenti Stati membri dell’Unione Europea (di seguito “UE”). Tale disciplina di favore è finalizzata ad eliminare fenomeni di doppia imposizione nell’ambito dello stesso gruppo societario, facendo sì che i pagamenti di interessi siano assoggettati ad imposizione fiscale una sola volta in uno Stato membro.

Per poter fruire dell’esenzione in esame, l’art. 26-quater del DPR n. 600/1973 prescrive la sussistenza di determinati requisiti[8] e, in particolare, richiede che i soggetti non residenti che ricevono il pagamento di interessi siano i beneficiari effettivi di tali flussi. Più nello specifico, l’art. 26-quater, co. 4, lett. c)del DPR n. 600/1973 considera beneficiarie effettive dei flussi di interessi in uscita:

  • le società che ricevono i pagamenti in qualità di beneficiario finale e non di intermediario (i.e. agente, delegato o fiduciario di un’altra persona);
  • le stabili organizzazioni (i) cui il credito ed il diritto da cui derivano i pagamenti sono effettivamente ricollegabili e (ii) per i cui pagamenti di interessi sono assoggettate a tassazione nello Stato UE dove sono situate.

La ratio di tale previsione risponde all’esigenza di evitare che tra il beneficiario effettivo ed il payer degli interessi venga interposto un soggetto terzo al solo fine di beneficiare dell’esenzione prevista dalla Direttiva[9]. Pertanto, al fine di qualificare un soggetto quale beneficiario effettivo del pagamento occorre verificare che a quest’ultimo sia riferibile non solo la titolarità del pagamento quanto soprattutto la disponibilità dello stesso e il beneficio economico dell’operazione[10] [11].

Sempre in deroga alla disciplina ordinaria di cui all’art. 26, co. 5 del DPR n. 600/1973, una disciplina più favorevole è prevista dalle convenzioni contro la doppia imposizione, le quali sono forgiate sul modello di Convenzione OCSE (di seguito “Modello di Convenzione OCSE”)[12]. In tema di flussi transfrontalieri di interessi, l’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE prevede l’esenzione da ritenuta alla fonte o l’applicazione di una ritenuta significativamente ridotta rispetto a quella prevista dalla legislazione interna dello Stato della fonte a condizione che, inter alia[13], il percipiente il reddito sia il beneficiario effettivo dello stesso.

3. Breve excursus sulla clausola di beneficiario effettivo

Non v’è dubbio che ogni qual volta si parli di “beneficiario effettivo” il punto di partenza per comprenderne il significato ai fini fiscali sia rappresentato dalla nozione elaborata dall’OCSE in relazione ai flussi transfrontalieri di dividendi, interessi e royalties[14] [15]. Tale requisito è stato introdotto nel Modello di Convenzione OCSE già nel 1977 con lo scopo di contrastare le primitive pratiche di treaty shopping[16] poste in essere al fine di beneficiare delle disposizioni convenzionali più favorevoli. Tale obiettivo veniva agilmente raggiunto, infatti, frapponendo tra il beneficiario effettivo del passive income ed il payee un soggetto residente in uno stato terzo con il quale intercorresse una Convenzione contro le doppie imposizioni più vantaggiosa. A tal fine, il Modello di Convenzione OCSE del 1977 precludeva l’applicazione della ritenuta convenzionale ridotta (o l’esenzione) soltanto nei casi in cui il destinatario dei flussi transfrontalieri di interessi fosse un intermediario, ossia un agente o un nominee[17].

Una connotazione anti-elusiva[18] fu attribuita per la prima volta alla clausola del beneficiario effettivo soltanto nel 2003 quando, sulla base delle considerazioni contenute nell’OCSE Report sulle conduit companies[19], è stata negata la qualifica in esame alle conduit companies,ossia a quei soggetti che, seppur formalmente titolari di detti flussi, erano dotati di poteri così circoscritti da essere assimilabili a dei meri fiduciari o administrators.

Successivamente, un acceso dibattito[20] sulla interpretazione della clausola convenzionale di beneficiario effettivo ha portato ad includere nella versione 2014 del Commentario al Modello OCSE i seguenti chiarimenti:

  1. non può considerarsi beneficiario effettivo il soggetto il cui diritto di godere e di disporre (right to use and enjoy) dei flussi reddituali de qua sia limitato da un’obbligazione legale o contrattuale di trasferire specificamente i pagamenti ricevuti a soggetti terzi[21]. Tale limitazione non sussiste in presenza di:
    obblighi contrattuali e legali contratti da tale soggetto purché prescindano dal ricevimento dello specifico pagamento, come ad gli obblighi contratti da quest’ultimo in qualità di debtor o di parte nell’ambito di un’operazione finanziaria;
    tipici obblighi di distribuzione sussistenti in capo ai fondi pensione e ai fondi d’investimento collettivi[22];
  2. il significato di beneficiario effettivo non può essere rinvenuto in altre discipline, come quella anti-riciclaggio o quella in materia di trust; e
  3. il riconoscimento della qualifica di beneficiario effettivo in capo al percettore degli interessi non esclude che i benefici convenzionali previsti dall’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE si applichino automaticamente. Infatti, la clausola di beneficiario effettivo è finalizzata soltanto a contrastare quelle forme di interposizione poste in essere al solo fine di beneficiare di un trattamento convenzionale più favorevole ma non opera da baluardo anche nei confronti di altre forme di abuso delle Convenzioni contro le doppie imposizioni[23].

In aggiunta a quanto sopra, la formulazione dell’art. 11 del Modello di Convenzione ed il relativo Commentario sono stati modificati nel 1995 e nel 2014 in modo tale da chiarire che nel caso di pagamenti di interessi percepiti per il tramite di un soggetto interposto, sebbene non sia possibile applicare la Convenzione stipulata con lo Stato di residenza del soggetto interposto, resta ferma la possibilità di applicare quella stipulata tra lo Stato di residenza del payer e lo Stato di residenza del beneficiario effettivo[24].

Come evidenziato anche da Assonime in un suo recente studio[25], sembra chiaro, dunque, che i menzionati chiarimenti forniti dall’OCSE riguardo l’interpretazione della clausola del beneficiario effettivo altro non sono che la necessaria risposta del diritto tributario internazionale alle esigenze di una realtà economica che racchiude in sé quasi un quarantennio di evoluzione. È proprio in questo arco temporale, infatti, che all’esigenza di contrastare schemi esclusivamente strumentali al godimento di benefici fiscali in relazione a particolari flussi reddituali si è sommata la consapevolezza (i) di un nuovo sistema di finanziamento delle imprese e (ii) del ruolo economico sempre più importante ed essenziale svolto da realtà del tutto nuove – come i fondi di investimento collettivo – per le quali occorre una definizione di beneficiario effettivo tailor-made.

4. Limiti della clausola di beneficiario effettivo: particolari regimi di esenzione e di riduzione delle ritenute in uscita

Da un punto di vista meramente operativo occorre segnalare che le sopra menzionate modifiche apportate al Modello di Convenzione OCSE e al relativo Commentario interessano in realtà poche Convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia, dal momento che il wording adottato nella maggior parte di queste ultime è basato su una versione obsoleta del Modello di Convenzione OCSE[26]. Tali Convenzioni, infatti, concedono l’applicazione dei benefici convenzionali soltanto a condizione che il percipiente degli interessi residente nell’altro Stato contraente ne sia il beneficiario effettivo (e non che il beneficiario effettivo sia residente nell’altro Stato contraente). La conseguenza pratica di ciò sarebbe da individuare nell’inapplicabilità dei benefici convenzionali laddove l’effettivo beneficiario del flusso reddituale, sebbene residente in uno Stato parte di una convenzione contro le doppie imposizioni, abbia ricevuto il pagamento da un soggetto italiano per il tramite di un soggetto interposto[27]. È chiaro pertanto che tale circostanza precluda l’applicazione dei benefici convenzionali ai pagamenti di interessi effettuati soprattutto nell’ambito di specifiche operazioni finanziarie che negli ultimi anni si sono diffuse in Italia ed in cui è previsto il coinvolgimento di un soggetto interposto.

a. La raccolta di capitali su mercati internazionali mediante società veicolo controllate da società residenti in Italia e la clausola del beneficiario effettivo

Proprio il tema della raccolta di capitali su mercati internazionali mediante soggetti interposti (i.e. SPV) ha assunto un ruolo prominente nella realtà finanziaria italiana ed internazionale a seguito della profonda crisi dei mutui subprime e, nella prassi, si sono consolidati schemi di finanza strutturata finalizzati al reperimento di risorse finanziarie con minimo impatto fiscale.

Esempio tipico di questo fenomeno è la raccolta di capitali da parte delle grandi società italiane mediante emissioni obbligazionarie poste in essere da società veicolo (SPV) costituite in Paesi a fiscalità agevolata come il Lussemburgo[28]. Tali emissioni sono strutturate in modo tale che la SPV:

  • da un lato, emetta obbligazioni da collocare in sottoscrizione e, dall’altro lato, stipuli con la società italiana un contratto di finanziamento;
  • sia dotata di poteri limitati ed abbia come funzione principale quella di segregare il patrimonio dell’emittente; e
  • sia obbligata a destinare gli interessi corrisposti dalla società finanziata italiana al pagamento degli interessi dovuti ai sottoscrittori delle obbligazioni.

Ebbene, in relazione a questa tipologia di operazione l’operato dell’Amministrazione finanziaria è sempre stato teso a disconoscere la qualifica di beneficiario effettivo in capo alla SPV coinvolta con riguardo ai flussi di interessi attivi ricevuti dalla società italiana finanziata. E’ esemplificativo di questa tendenza il leading case Indofood International Finance Ltd.[29] nell’ambito del quale nel 2006 la Corte d’Appello del Regno Unito ha disconosciuto la qualifica di beneficiario effettivo in capo ad una SPV proprio nell’ambito di un prestito obbligazionario back-to-back similare.

Il caso de quo trae origine da un prestito obbligazionario emesso da una società indonesiana (parent) attraverso una SPV residente alle Mauritius e sottoscritto da soggetti inglesi. A seguito della emissione di obbligazioni, la SPV erogava con separato contratto di finanziamento il corrispondente importo alla parent indonesiana. A seguito del venir meno della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Indonesia e le Mauritius, la società veicolo originaria veniva sostituita con una società veicolo olandese. Dagli schemi contrattuali posti in essere nell’ambito di tale operazione era evidente che la società veicolo indonesiana non disponesse di un diritto incondizionato sugli interessi attivi ricevuti (the full privilege to directly benefit from the income), circostanza imprescindibile al fine di qualificarsi come beneficiario effettivo dei relativi flussi secondo la prassi indonesiana. Tale conclusione era confermata dal fatto che:

  • la SPV era obbligata ad utilizzare gli interessi attivi ricevuti dalla parent per pagare gli interessi dovuti ai noteholders inglesi; e
  • secondo i termini di pagamento la SPV riceveva gli interessi dalla parent due giorni prima che scattasse l’obbligo per la SPV di pagare i noteholders.

Il riconoscimento negli ultimi anni della meritevolezza di siffatte emissioni obbligazionarie e la circostanza che nella maggior parte dei casi esse coinvolgono veicoli soggetti a vigilanza da parte delle Autorità di settore (o comunque obblighi di segnalazione specifici) hanno indotto il Legislatore italiano a smussare gli evidenti profili problematici connessi al concetto di beneficiario effettivo contenuto nella normativa europea. A tal fine, infatti, è stato introdotto nel 2011 il nuovo art. 26-quater, co. 8-bis del DPR n. 600/1973 che prevede, laddove il percettore non si qualifichi quale beneficiario effettivo (in contrasto con quanto previsto dal menzionato art. 26-quater, co. 4, lett. c)del DPR n. 600/1973), l’applicazione di una ritenuta ridotta del 5% sugli interessi corrisposti a soggetti non residenti a condizione che tali flussi siano destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari:

  1. negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 e successive modificazioni e integrazioni;
  2. garantiti dai soggetti di cui all’articolo 23 che corrispondono gli interessi ovvero dalla società capogruppo controllante ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile ovvero da altra società controllata dalla stessa controllante.

b. I finanziamenti erogati da banche estere ad imprese residenti e la clausola del beneficiario effettivo

Tra le nuove forme di finanziamento che si sono diffuse negli ultimi anni si annoverano i finanziamenti c.d. in pool, ossia quei finanziamenti in cui la banca pooler italiana si avvale di banche estere al fine di raccogliere i fondi necessari per l’operazione. In generale, tali finanziamenti sono strutturati in modo tale che la banca pooler italiana agisca come conduit company secondo il modello del c.d. credito passante, ossiain forza di un mandato senza rappresentanza.

Più in particolare, come specificato anche dalla Circolare n. 272/2008 pubblicata dalla Banca d’Italia[30] [31], le operazioni di “credito passante” si sostanziano in uno schema operativo in cui la banca conduit per il tramite, ad esempio, di una propria filiale estera rende disponibile e amministra – per conto di un terzo prestatore che costituisce la relativa provvista, ma in nome proprio – un finanziamento a favore di un prenditore residente ricevendone in cambio una commissione commisurata alla somma intermediata. In tale contesto, Il “Funding Agreement” stipulato dalla banca italiana pooler e dalle banche estere e che costituisce il presupposto per il perfezionamento dell’operazione di “credito passante”, contempla, sotto il profilo delle condizioni che disciplinano la concessione di fondi al terzo beneficiario, una serie di clausole di salvaguardia volte a liberare la banca conduit dal rischio creditizio dell’operazione[32].

Con riguardo alle operazioni in oggetto, autorevole dottrina[33] ha evidenziato come il fatto che la banca pooler sia qualificabile quale soggetto interposto nel pagamento degli interessi possa precludere l’applicazione delle Convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia. A tale conclusione si giungerebbe – come già sopra evidenziato – sulla base del wording obsoleto[34] adottato nelle Convenzioni stipulate dall’Italia che precluderebbe l’applicazione dei benefici convenzionali laddove l’effettivo beneficiario del flusso reddituale, sebbene residente in uno Stato parte di una convenzione contro le doppie imposizioni, abbia ricevuto il pagamento per il tramite di un soggetto interposto[35].

Tra queste nuove forme di finanziamento hanno assunto particolare rilievo quelle operazioni di finanziamento che si avvalgono della struttura di sindacazione del debito c.d. Italian Bank Lender of Record (IBLOR)[36]. Tali strutture sono state oggetto di un recente chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria che con la Circolare n. 6/E del 30 marzo 2016 (di seguito la “Circolare 6/E”) si è soffermata, inter alia, sulle problematiche che tali strutture presentano in tema di beneficiario effettivo.

Le operazioni di finanziamento de qua si caratterizzano per la presenza di una struttura di fronting rappresentata da una banca residente in Italia o localizzata in Italia tramite stabile organizzazione (c.d. bilateral lender) che stipula un contratto di finanziamento con una società italiana. In tale contesto, altri soggetti finanziari (c.d. credit support providers)[37] stipulano appositi Credit Support Agreements con il bilateral lender in base al quale i primi partecipano al rischio di credito dell’operazione, fornendo garanzia e consegnando al secondo una somma di denaro, il cui rimborso e la cui remunerazione è subordinata al rimborso del capitale e al pagamento degli interessi relativi al finanziamento erogato alla società italiana finanziata[38].

In particolare, possono distinguersi due tipologie di IBLOR:

  • gli IBLOR “trasparenti” nell’ambito dei quali, dal momento che la banca capofila agisce sulla base di un mandato con rappresentanza conferitogli dalle altre banche, la società finanziata applica direttamente la ritenuta sulla quota di interessi di pertinenza dei credit support providers, con la conseguente irrilevanza del rapporto sussistente con il bilateral lender residente;
  • gli IBLOR “opachi” nell’ambito dei quali, dal momento che la banca capofila agisce sulla base di un mandato senza rappresentanza, la società finanziata considera soltanto il rapporto sussistente con il bilateral lender residente e, pertanto, non applica alcuna ritenuta sui flussi di interessi a quest’ultimo corrisposti.

Come osservato dalla Circolare 6/E, l’Amministrazione finanziaria ha spesso contestato gli IBLOR “opachi” ritenendo che, alla luce delle clausole contrattuali, il bilateral lender residente svolge il ruolo di mero intermediario tra la società finanziata e i credit support providers. Pertanto, secondo l’Amministrazione finanziaria, gli interessi pagati altro non sono che interessi da finanziamento corrisposti da una società residente ad un soggetto non residente ed, in quanto tali, imponibili in Italia ai sensi del sopra menzionato art. 23, co. 1, lett. b) del TUIR.

In aggiunta a tale tipo di operazioni di finanziamento, la Circolare 6/E analizza anche quelle operazioni in cui alcune tranche del finanziamento sono “sindacate” da una SPV, residente in uno Stato membro UE nonché collegata alla società finanziata alla quale eroga le risorse con operazioni back-to-back[39]. In tale contesto, l’Amministrazione finanziaria – sulla base di un’analisi fattuale caso per caso[40], ha disconosciuto a più riprese l’applicazione dei benefici previsti dalla Direttiva UE “Interessi-Royalties” – così come implementata dall’art. 26-quater del DPR n. 600/1973 – contestando l’assenza della qualifica di beneficiario effettivo in capo alla SPV che svolgerebbe un ruolo di mero intermediario.

Tuttavia, con la Circolare 6/E l’Amministrazione finanziaria ha, da un lato, confermato l’assenza della qualifica di beneficiario effettivo nell’ambito delle menzionate operazioni, ma, dall’altro lato, ha espressamente chiarito che – sussistendone tutti i requisiti – queste ultime possono rientrare nell’ambito applicativo del nuovo art. 26-quarter, co. 5-bis del DPR n. 600/1973[41] che esclude l’applicazione della ritenuta di cui all’art. 26, co. 5 del DPR n. 600/1973 sugli interessi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine erogati dalle imprese italiane da soggetti esteri[42]. La ratio di tale norma va ricercata nella volontà del Legislatore italiano di eliminare fenomeni di doppia imposizione giuridica che sarebbe traslato economicamente sul debitore, per favorire l’accesso delle imprese italiane a fonti di finanziamento estere a costi competitivi.

Pertanto, alla luce dei chiarimenti contenuti nella Circolare 6/E, “eventuali contestazioni aventi ad oggetto la corretta applicazione delle ritenute in uscita relative a strutture IBLOR o all’assenza della qualifica di beneficiario effettivo sono da ritenere non sostenibili nella misura in cui i soggetti non residenti (ossia i CSP o i soggetti che hanno fornito la provvista alla società del gruppo) rientrino nell’ambito di applicazione della citata norma”.

5. I fondi d’investimento collettivo e la clausola del beneficiario effettivo

I veicoli d’investimento collettivo (collective investments vehicles – CIV) – ossia quei veicoli (i) costituiti con i capitali raccolti da una pluralità di risparmiatori, (ii) che detengono un portafoglio diversificato di titoli e (iii) che sono soggetti a vigilanza – svolgono un ruolo sempre più importante nell’economia globale in quanto, rispetto ad un investimento diretto, permettono agli investitori di diversificare i propri rischi tra differenti assets e su mercati internazionali e di beneficiare di un’altissima competenza professionale che garantisce un miglior rendimento delle somme investite. L’unicità della forma giuridica e la peculiarità dei relativi assetti regolamentari e contrattuali hanno reso incerto fino a pochi anni fa il riconoscimento dei benefici convenzionali ai veicoli di investimento costituiti come fondi collettivi d’investimento, facendo ritenere che il beneficiario effettivo andasse ricercato nel soggetto che investe nel fondo anziché nel fondo stesso.

I principali dubbi hanno da sempre riguardato la classificazione dei fondi collettivi d’investimento come:

  • “persone” ai fini convenzionali[43] in quanto si tratta di forme di joint ownership; e
  • “residenti” ai fini convenzionali[44] in quanto (i) in alcuni Stati sono considerati fiscalmente trasparenti (flow-through) con la conseguenza che i titolari delle quote nel fondo sono soggetti all’imposta sul reddito ricevuto da quest’ultimo; e (ii) in altri Stati, i fondi sono in linea di principio soggetti all’imposta ma sono esente se soddisfano determinati criteri; e
  • “beneficiari effettivi” ai fini convenzionali in quanto, in forza dell’assetto contrattuale, il beneficiario finale dei proventi del fondo sarebbe in ultima istanza l’investitore.

Tale ultima criticità ha trovato soluzione nel CIV Report[45] pubblicato dall’OCSE nel 2010 – le cui conclusioni sono state poi trasfuse nel Commentario all’art. 1 del Modello OCSE[46] – in cui la tesi secondo cui i beneficiari effettivi dei flussi reddituali percepiti dai fondi d’investimento sarebbero da rintracciare negli investitori è stata respinta sulla base di molteplici interessanti considerazioni[47].

In primo luogo, è stata evidenziata la differenza sostanziale che esiste tra la posizione di un investitore che detiene una quota in un fondo comune di investimento e quella di un investitore che detiene direttamente gli assets in cui investe detto fondo. E’ chiaro, infatti, che mentre il secondo vanta un diritto di proprietà sugli assets in cui investe, il primo vanta soltanto il diritto di ricevere un importo pari al valore dell’asset (detenuto dal fondo)a lui allocabile in base alla quota detenuta[48]. In secondo luogo, viene posta enfasi sulle significative funzioni svolte dai managers del fondo in relazione agli investimenti di quest’ultimo. A tal riguardo, il discrimen tra le due posizione sta nel fatto chel’investitore che detiene direttamente gli assets può gestirtli autonomamente, decidendone anche la loro vendita; al contrario il soggetto che investe tramite un fondo d’investimento collettivo non ha alcun potere decisorio sulla gestione dell’asset (detenuto dal fondo) la cui gestione, infatti, demandata ai managers[49].

Alla luce di tali considerazioni, una volta che il CIV è stato riconosciuto dallo Stato in cui è costituito quale “persona” “residente” ai fini convenzionali, l’OCSE ha concluso per il riconoscimento automatico in capo al CIV della qualifica di beneficiario effettivo dei flussi reddituali a condizione che i managers del fondo siano dotati di poteri discrezionali nella gestione dei relativi investimenti[50]. In aggiunta, è stato chiarito che tale conclusione non viene inficiata da eventuali obblighi legali o di fatto in capo ai managers di distribuzione dei redditi del fondo agli investitori al fine di beneficiare di un particolare regime[51].

Per quanto concerne la soggettività tributaria dei CIV istituiti in Italia, si segnala che l’Amministrazione finanziaria ha chiarito con la Circolare n. 19/E del 4 giugno 2013 che l’inclusione degli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti in Italia tra i soggetti passivi dell’IRES di cui all’art. 73 del TUIR sancisce, da un lato, il riconoscimento in capo agli stessi della natura di soggetti residenti – e ciò anche nell’ipotesi in cui trovi applicazione il regime di esenzione dall’IRES di cui all’art. 73, comma 5-quinquies del TUIR – e, dall’altro lato, l’applicazione agli stessi delle previsioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia[52].

Come riportato dal CIV Report, tale conclusione si applica non solo ai CIV oggetto di analisi ma anche (i) alle “funds of funds structures” in cui il master fund detiene un portafoglio diversificato di investimenti per conto di feeder funds costituiti con capitali raccolti da una pluralità di risparmiatori relative e (ii) alle “intermediated structures” in cui le quote nei CIV sono detenute attraverso diversi intermediari[53]. Sono esclusi invece tutti quei veicoli che, come i fondi di private equity e gli hedge funds, non rientrano nella definizione di CIV (i.e. non-CIV). In relazione a questi ultimi, nonostante l’OCSE abbia riconosciuto la rilevanza economica e, dunque, la necessità che i benefici convenzionali siano estesi anche a tali veicoli, sono ancora allo studio i criteri e le condizioni al sussistere dei quali questa estensione verrà concessa[54].

 


[1] Direttiva n. 2003/49/CE adottata dal Consiglio dell’Unione Europea in data 3 giugno 2003.

[2] Decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986 n. 917.

[3] Sono esclusi dal novero di interessi imponibili in capo a soggetti non residenti quelli derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali. A tal riguardo, si vedano la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 306 del 1999 e la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 207 del 1999.

[4] Decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 600.

[5] Introdotto con il Decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 143.

[6] Per quanto concerne l’ambito oggettivo della esenzione in commento, l’art. 26-quater, co. 3, lett. b)del DPR n. 600/1973 ricomprende nella nozione di interessi “i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e, in particolare, i redditi derivanti da titoli, da obbligazioni e da prestiti, compresi gli altri proventi derivanti dai suddetti titoli e prestiti”.

[7] L’art. 26-quater, co. 2 del DPR n. 600/1973 prevende l’esenzione da ritenuta se: “a) la società che effettua il pagamento o la società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento, detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto nella società che riceve il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento; b) la società che riceve il pagamento o la società la cui stabile organizzazione riceve il pagamento detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto nella società che effettua il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione effettua il medesimo pagamento; c) una terza società avente i requisiti di cui alla lettera a) del comma 4 detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto sia nella società che effettua il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento sia nella società che riceve il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento; d) i diritti di voto di cui alle lettere a), b) e c), detenuti nelle società ed enti residenti nel territorio dello Stato, sono quelli esercitabili nell’assemblea ordinaria prevista dagli articoli 2364, 2364-bis e 2479-bis del codice civile; e) le partecipazioni che attribuiscono i diritti di voto di cui alle lettere a), b) e c) sono detenute ininterrottamente per almeno un anno”.

[8] Cfr. art. 26-quater, co. 4 del DPR n. 600/1973.

[9] Si veda al riguardo la Relazione di accompagnamento al Decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 143.

[10] Agenzia delle Entrate, Circolare n. 47/E del 2 novembre 2005, par. 2.3.2.

[11] Al fine di beneficiare dell’esenzione in esame, l’art. 26-quater, co. 6 del DPR n. 600/1973 richiede che il payee fornisca al payer (i) l’attestazione – rilasciata dall’Amministrazione finanziaria dello Stato di residenza – da cui risulti la residenza del beneficiario effettivo ed (ii) una dichiarazione circa la sussistenza delle condizioni prescritte dalla legge per beneficiare della normativa di favore.

[12] Le convenzioni contro la doppia imposizione sono finalizzate principalmente a neutralizzare, ai fini delle imposte sul reddito e sul patrimonio, quei fenomeni di doppia imposizione che si possono verificare in relazione a determinati flussi reddituali a causa della sovrapposizione di sistemi fiscali diversi, prevedendo a tal fine specifiche regole di distribuzione della potestà impositiva tra gli Stati contraenti.

[13] Per poter beneficiare del trattamento convenzionale più favorevole, occorre verificare che siano integrati i requisiti richiesti per l’applicazione della specifica Convenzione contro le doppie imposizioni. In particolare, ai sensi dell’art. 1 del Modello di Convenzione OCSE, possono accedere ai benefici convenzionali le “persone” che sono “residenti” in uno degli Stati contraenti. L’art. 2, co. 1 lett. a. del modello di Convenzione OCSE prevede che il termine “persona” include una persona fisica, una società o qualsiasi altro organismo di persone. Per essere riconosciuta come “residente” ai fini convenzionali, tale persona deve essere soggetto passivo d’imposta (liable to tax) in uno degli Stati contraenti ai sensi dell’art. 4 del Modello di Convenzione OCSE.

[14] Cfr. Art. 11, 12 e 13 del Modello di Convenzione OCSE.

[15] Cfr. Assonime, Note e studi n. 17/2016, Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali.

[16] Per una disamina approfondita sul ruolo della clausola del beneficiario effettivo nell’ambito del treaty shopping si veda P. Valente, I. Caracciolo, G. Campana, Beneficiario effettivo e Treaty Shopping, IPSOA 2016.

[17] Cfr. par. 12 del Commentario all’art. 10 del Modello di Convenzione OCSE del 1977.

[18] A. Tomassini, A. Sandalo, “La Cassazione traccia i confini del concetto di beneficiario effettivo”, in Rivista di giurisprudenza tributaria, n. 3/2017, p. 238.

[19] OCSE; Double Taxation Conventions and the Use of Conduit Companies, in: Issues in International Taxation n. 1, International Tax Avoidance and Evasion, Four related Studies, Parigi 1987. Tale connotazione fu poi confermata nel Commentario al Modello OCSE adottato nel 2003 che, oltre a ricomprendere le conduit companies tra i soggetti non qualificabili come beneficiari effettivi, ha chiarito significativi aspetti della clausola. In primo luogo, in tale sede è stata evidenziata la natura anti-elusiva della clausola stessa che deve essere interpretata alla luce dello scopo e delle finalità della Convenzione, tra cui l’eliminazione della doppia tassazione e il contrasto alla elusione ed evasione. In secondo luogo, è stato chiarito che non può considerarsi beneficiario effettivo il recipient del flusso transfrontaliero di dividendi, interessi e royalties che nel suo Stato di residenza non è effettivamente tassato su tale flusso.

[20] Si segnala che nel 2011, prima delle modifiche apportate alla versione 2014 del Commentario al Modello OCSE, l’OCSE aveva assunto una posizione maggiormente rigida sulla interpretazione della clausola convenzionale di beneficiario effettivo. Al riguardo, infatti era stato specificato che, al fine di qualificarsi quale beneficiario effettivo di un determinato flusso di reddito, il soggetto in questione doveva avere il diritto pieno ed assoluto di utilizzo e di godimento (full right to use and enjoy) dello specifico flusso reddituale ricevuto senza essere obbligato contrattualmente o legalmente a ribaltare il pagamento ricevuto ad un altro soggetto. Le conseguenze svantaggiose che siffatta definizione di beneficiario effettivo, se adottata, avrebbe potuto avere per le istituzioni finanziarie sono evidenti. Ad esempio, non avrebbe soddisfatto il requisito del beneficiario effettivo in relazione al pagamento degli interessi effettuato da un suo debitore a fronte di un finanziamento, la banca che per prestare tale finanziamento si fosse rivolta al mercato. Infatti, la nuova interpretazione di beneficiario effettivo escludeva anche tali posizioni di back-to-back. Sul punto si veda Caroline Poiret, Beneficial Ownership: concept, history and Perspective, European Taxation, 2016 (Volume 56), No 7, p. 276.

[21] Cfr. par. 10.2 del Commentario all’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE. Al riguardo, viene precisato che tale obbligazione si può evincere da documentazione legali così come da circostanze fattuali che dimostrino in sostanza che il percettore del reddito non ha il diritto di godere e di disporre di quest’ultimo.

[22] V. sopra.

[23] Cfr. par. 10.3 del Commentario all’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE; si veda anche M. Piazza, C. Resnati e Alberto Trainotti, Concetto di beneficiario effettivo: l’analisi di Assonime sulle numerose Incertezze, in Il fisco n. 3, 2017.

[24] Cfr. par. 11 del Commentario all’art. 11 del Modello di Convenzione OCSE. Inoltre, si precisa che l’art. 11, co. 2 del Modello di Convenzione OCSE ante 1995 prevede che “(…) if the recipient is the beneficial owner of the interest the tax so charged shall not exceed […]of the gross amount of the interest”. Invece, la formulazione attuale dell’art. 11, co. 2 del Modello di Convenzione OCSE concede la ritenuta convenzionale ridotta più generalmente “if the beneficial owner of the interest is a resident of the other Contracting State”.

[25] V. nota 15.

[26] V. sopra.

[27] Cfr. M. Piazza, Aspetti internazionali della circolare n. 6/2016 in Fiscalità e Commercio Internazionale n. 7 del 2016, pag. 5 e ss.

[28] V. nota 15.

[29] Decisione del 2 Marzo 2006 della Corte d’Appello del Regno Unito. Per una disamina dettagliata della decisione de qua si veda M. Gabelli, Beneficial ownership, conduit companies and the Indofood case, in Fiscalità Internazionale, n. 5/2006, pag. 439.

[30] Banca d’Italia, Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 recante “matrice dei contI”.

[31] V. sopra, par. 10.

[32] La Circolare in esame specifica espressamente che tali clausole di salvaguardia includono prevedono che: “a) il rischio dell’operazione di prestito ricada sul soggetto finanziatore, al quale compete la valutazione del merito creditizio del terzo beneficiario dei fondi; b) la banca “conduit” sia obbligata a restituire la provvista al finanziatore subordinatamente al rimborso del prestito da parte del mutuatario.

[33] Per una disamina approfondita di tali strutture v. nota 28.

[34] V. nota 25.

[35] V. nota 28. Si segnala che tale conclusione risulta corroborata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4600 del 26 febbraio 2009.

[36] Cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare n. 6/E del 30 marzo 2016, par. 3.2. Per una disamina approfondita degli aspetti legali e fiscali di tale modalità di sindacazione, v. nota 28.

[37] Si tratta di banche, società finanziarie o fondi specializzati.

[38] V. nota 37.

[39] V. nota 37.

[40] Tale analisi ha ad oggetto principalmente la natura back-to-back dei finanziamenti, in termini di importo, condizioni, tassi, termini di pagamento e clausole non recourse, v. nota 37.

[41] Comma aggiunto dall’art. 22, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 116; e successivamente modificato.

[42] I soggetti esteri cui la norma in esame si riferisce sono i seguenti: enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea, enti individuati all’art. 2, co. 5, numeri da 4) a 23), della direttiva 2013/36/UE, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti. Per un’analisi dettagliata di tale norma si rinvia a A. Di Dio, Esenzione da ritenuta sugli interessi da finanziamento: limiti e condizioni del regime agevolativo, in Il fisco n. 56, 2016, p. 4439 e ss.

[43] V. nota 13.

[44] V. sopra.

[45] OCSE, The Granting of Treaty Benefits with respect to the Income of Collective Investment Vehicles (OCSE Publishing 31 May 2010), IBFD.

[46] Cfr. par. 6.8 e ss. del Commentario all’art. 1 del Modello di Convenzione OCSE.

[47] Per una disamina approfondita delle considerazioni contenute nel CIV Report in materia di beneficiario effettivo, cfr. Victor T. Chew, The Application of Tax Treaties to Collective Investment Vehicles: Beneficial Owner Requirement Explained?, Derivatives & Financial Instruments, 2015 (Volume 17), No. 6.

[48] V. sopra nota 46, par. 32: “The function of a CIV is to allow a small investor to achieve investment goals that it cannot achieve on its own. An investor betters his position by joining with other investors, and in doing so, has invested in something substantially greater than his allocable share of the underlying assets. The investor has no right to the underlying assets. While the investor in the CIV has the right to receive an amount equal to the value of his allocable share of the underlying assets, this right is not the equivalent of receiving the assets as either a commercial or tax matter. (…)”.

[49] V. sopra, par. 33: “An investor who owned the underlying assets directly generally could direct the sale or purchase of particular securities. This is not possible with respect to the vehicles that fall within the definition of “CIV” in paragraph 4, which are widely-held, hold a diversified portfolio of securities and are subject to investor-protection regulation in the country in which they are established. In the case of such CIVs, it is the manager of the CIV that has discretionary powers to manage the assets on behalf of the holders of interests in the CIV. (…)”.

[50] Cfr. par. 6.14 del Commentario all’art. 1 del Modello di Convenzione OCSE.

[51] V. nota 46, par. 33: “In general, managers exercise this authority within the parameters that they have set for themselves in the offering documents they use to gain subscribers to the CIV. Although they may have practical or legal obligations to distribute the CIV’s income in order to qualify for preferential treatment, this obligation does not constrain their ability to vary investments”. Tale chiarimento è stato inserito anche nella versione 2014 del Commentario all’artt. 10, 11 e 12 del Modello OCSE in tema di beneficiario effettivo.

[52] Agenzia delle Entrate, Circolare n. 19/E del 4 giugno 2013, par. 3.1.. In senso conforme cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare n. 11/E del 2012; Assogestioni, Circolare n. 68/12/C del 2012. Si precisa che nella Circolare n. 19/E del 4 giugno 2013 viene precisato che le autorità estere potrebbero, a loro volta, subordinare il riconoscimento del trattamento convenzionale agli OICR italiani al riconoscimento dello stesso trattamento agli organismi di investimento collettivo di diritto estero che possiedano caratteristiche analoghe a quelle richieste dalla normativa italiana per l’applicazione del predetto regime di esenzione. A tal riguardo, si segnala che l’art. 10-ter, commi 8 e 9della Legge n. 77/1983 specifica le modalità di applicazione ad OICVM esteri, su base di reciprocità, delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni vigenti in Italia.

[53] V. nota 46, par. 4.

[54] OCSE, Report on Action 6 (Preventing the Granting of Treaty Benefits in Inappropriate Circumstances), 5 October 2015.

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