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Attualità

Fondi di investimento: rischi di sostenibilità e disclosure nelle indicazioni di vigilanza ESMA

6 Giugno 2022

Dino Donato Abate, Partner, Atrigna & Partners

Federico Bonardi, Atrigna & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Il contributo analizza gli impatti del supervisory briefing dell’ESMA del 31 maggio 2022 (Sustainability risks and disclosures in the area of investment management) relativo alla gestione dei rischi di sostenibilità e agli obblighi di disclosure per i fondi di investimento nel contesto della disciplina del Regolamento (UE) 2019/2088 sull’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR) e del Regolamento (UE) 2020/852 sull’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (Regolamento Tassonomia).


1. Premesse

A partire dalla pubblicazione del Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (“SFDR”) prima, e del Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del Regolamento (UE) 2019/2088 (“Reg. Tassonomia”) poi, i settori finanziario, assicurativo  e bancario hanno dovuto affrontare la sfida della sostenibilità lanciata dal legislatore unionale con il c.d. Green Deal europeo e, di conseguenza, rivedere le prospettive tradizionali dei servizi offerti.

Gli interventi normativi che si sono susseguiti testimoniano un percorso sì ambizioso ma che, come era immaginabile, ha ingenerato notevoli dubbi e incertezze interpretative tra tutti gli attori coinvolti[1].

L’ultimo atto in ordine di tempo a fornire alcune importanti indicazioni è costituito dal Supervisory briefing ESMA del 31 maggio 2022 (“Supervisory briefing”) denominato “Sustainability risks and disclosures in the area of investment management[2]; non a caso viene in rilievo in primis il settore del risparmio gestito che, infatti, è stato fortemente impattato dalla legislazione sulla finanza sostenibile la quale, come noto, pone stringenti vincoli ai c.d. “partecipanti ai mercati finanziari” tra cui rientrano, appunto, i gestori[3].

Per completezza si segnala che, pochi giorni prima del Supervisory briefing ESMA, la Commissione europea ha pubblicato un nuovo set di Q&A sull’applicazione dell’SFDR[4] il quale, a sua volta, ha messo in luce ulteriori chiarimenti della normativa di riferimento in materia di finanza sostenibile.

Obiettivo del presente contributo è analizzare, senza pretesa di esaustività, gli aspetti principali del Supervisory statement al fine di trarre alcune considerazioni di carattere operativo utili per i partecipanti ai mercati finanziari e, in particolar modo, per i gestori di fondi.

2. Finalità e struttura del documento

Il Supervisory statement si pone nel solco dell’esigenza di coordinamento e armonizzazione dell’attività di vigilanza ad opera delle Autorità nazionali competenti in materia di finanza sostenibile; a tal fine, dunque, il documento è indirizzato a queste ultime e non (direttamente) agli operatori del mercato. Come noto, obiettivo immediato della normativa in materia è quello di evitare fenomeni di greenwashing, che possono produrre pregiudizi agli investitori finali, specie se consumatori, ma non solo[5]: con lo scopo di prevenire possibili pregiudizi per gli investitori, nonché di evitare possibili rilievi da parte delle Autorità, dunque, è bene che anche i gestori considerino il punto di vista della vigilanza nel recepimento delle regole sulla finanza sostenibile.

Tra i soggetti deputati ad aumentare la convergenza delle pratiche di vigilanza nel mercato interno vi è, per regolamento istitutivo, l’ESMA. Il Supervisory briefing si pone per l’appunto tale obiettivo, focalizzando l’attenzione sul mondo del risparmio gestito sotto due profili: da un lato, l’informativa collegata alla sostenibilità e, dall’altro, l’integrazione dei rischi di sostenibilità negli assetti organizzativi e nei processi decisionali.

Entrambi i profili sono invero già disciplinati da diverse fonti di livello primario quali l’SFDR, il Regolamento delegato (UE) 2021/1255 e la Direttiva delegata (UE) 2021/1270 della Commissione, questi ultimi dedicati ai rischi di sostenibilità e ai fattori di sostenibilità di cui i gestori, rispettivamente, di fondi di investimento alternativi (“FIA”) e di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (“OICVM”) debbono tenere conto, entrambi di prossima entrata in vigore[6].

A fronte di tale framework normativo, l’Authority europea ha ritenuto di pubblicare il documento in esame che, al suo interno, reca inter alia: (i) una guida per la vigilanza sulla documentazione dei fondi e sul materiale di marketing (Sezione 3); (ii) delle considerazioni relative all’integrazione dei rischi di sostenibilità da parte dei gestori di FIA e di OICVM (Sezione 4); e, infine (iii) l’esemplificazione di possibili casi di intervento da parte delle Autorità nazionali competenti per la violazione della normativa di riferimento (Sezione 5).

3. La guida per la vigilanza sulla documentazione dei fondi e il materiale di marketing

Innanzitutto, è bene premettere che ai fini del Supervisory statement costituiscono “documentazione del fondo” il prospetto, il documento d’offerta, il KIID, il KID così come il regolamento del fondo o lo statuto[7]; sempre a livello definitorio, sono considerate materiale di marketing le c.d. “comunicazioni di marketing” come definite dagli orientamenti ESMA in materia del 2 agosto 2021 (ESMA34-45-1272)[8].

Tali documenti costituiscono la sede elettiva delle informazioni non finanziarie sulle caratteristiche ambientali o sociali dell’investimento da veicolare a clienti e potenziali clienti, circostanza in linea con gli RTS SFDR a ciò appositamente dedicati. Essi dovrebbero dar conto dei criteri di selezione degli asset sottostanti l’investimento, a condizione che gli stessi siano vincolanti per il gestore, ad esempio poiché inseriti nel processo di investimento: fare riferimento a strategie di investimento non vincolanti porta con sé il rischio implicito di ingenerare un affidamento che poi l’intermediario non è tenuto a riscontrare, con conseguenti possibili rischi di greenwashing e pregiudizi degli obiettivi di investimento della clientela.

Oggetto della guida (e dei seguenti paragrafi) è la verifica della conformità dell’informativa precontrattuale, della coerenza tra la documentazione del fondo e il materiale di marketing, dell’informativa da pubblicare sul sito web e delle relazioni periodiche. A queste si aggiungono ulteriori azioni di vigilanza addizionali.

3.1 Informativa precontrattuale

Una prima verifica richiesta alle Autorità nazionali competenti, dunque, riguarda l’informativa precontrattuale, ossia il prospetto o il documento d’offerta (a seconda dei casi). Al riguardo, le Autorità nazionali competenti (in Italia, la Consob) sono invitate a predisporre una checklist sulla base delle informazioni che devono essere rappresentate nei template forniti dagli allegati degli RTS SFDR[9]; ciò faciliterà alle Autorità il compito di verificare la conformità di tale informativa al dettato normativo europeo: allo stesso modo, la funzione compliance di un gestore potrebbe mettere a piano una verifica che segua modalità analoghe.

Più in dettaglio, sono oggetto di verifica la presenza nell’informativa precontrattuale e nell’allegato sulla sostenibilità dei seguenti elementi:

  1. la dichiarazione, nel corpo principale dell’informativa precontrattuale, circa la possibilità di trovare informazioni sulla sostenibilità nell’apposito allegato;
  2. la completezza di tutte le parti del template;
  3. la descrizione del modo in cui i rischi di sostenibilità sono integrati nelle decisioni di investimento e dei risultati della valutazione dei probabili impatti dei rischi di sostenibilità sul rendimento dei fondi che rendono disponibili;
  4. la presenza di una spiegazione chiara delle caratteristiche ambientali e/o sociali promosse dal fondo ex 8 SFDR o degli obiettivi di investimento sostenibili perseguiti dal fondo ex art. 9 SFDR all’interno del citato allegato;
  5. l’individuazione chiara della strategia per raggiungere gli obiettivi perseguiti e la circostanza che la stessa sia parte del processo di investimento;
  6. se rilevante, gli indicatori PAI (principle adverse impact) contenuti nella tabella 1 dell’Allegato I degli RTS SFDR considerati dal gestore per la trasparenza a livello di prodotto ex 7 SFDR;
  7. la descrizione delle politiche per valutare le pratiche di buona governance delle imprese target;
  8. l’inclusione delle informazioni sull’allineamento alla tassonomia per i fondi a cui si applicano gli artt. 5 o 6 del Reg. Tassonomia.

È significativo notare che, con riferimento all’indicazione dei PAI, l’ESMA evidenzia espressamente che le Autorità nazionali possono ragionevolmente aspettarsi che i fondi comuni ex art. 9 SFDR forniscano l’informativa sui PAI richiesta dall’art. 7 del medesimo regolamento; ciò anche se a livello normativo non risulta strettamente obbligatorio.

Oggetto di verifica, dunque, sono le informazioni richieste dalla normativa di riferimento di livello primario e (a tendere) secondario. Un dato da considerare è che, fino al momento in cui si scrive, l’applicazione delle misure di secondo livello (ci si riferisce, come è ovvio, agli RTS SFDR) ha subito diversi slittamenti quanto alla propria entrata in vigore: secondo la lettera della Commissione europea del 25 novembre 2021[10] l’applicazione di tale normativa delegata decorrerà dal 1° gennaio 2023; appare dunque significativo che l’ESMA abbia puntato la lente di ingrandimento della vigilanza proprio su una normativa che, ancorché in bozza, è stata a disposizione degli operatori per un lungo periodo e rispetto alla quale era stato solamente “raccomandato” l’adeguamento preventivo.

3.2 Coerenza tra la documentazione del fondo e il materiale di marketing

La valutazione di coerenza in esame deve essere condotta dalle Autorità secondo un approccio basato sul rischio (approccio di vigilanza già usato, come noto, in ambito prudenziale e AML); in primo luogo, viene rivista l’accuratezza della documentazione e, in un secondo momento, il contenuto del materiale di marketing al fine di saggiarne la coerenza. A tal fine, le Autorità valutano: (i) il modo in cui sono presentate le informazioni sulla sostenibilità; (ii) il nome del fondo; (iii) gli obiettivi e la politica di investimento; (iv) la strategia di investimento. Ciascuno di questi profili è ulteriormente dettagliato dalla guida.

  1. La presentazione delle informazioni deve rispondere ad alcuni criteri quali: (a) non utilizzare un linguaggio generico-standardizzato, disclaimer legali eccessivamente complessi e un gergo tecnico che potrebbe non essere compreso dall’investitore medio. Elemento di attenzione, in proposito, è la sussistenza di testi e frasi standard utilizzati in diversi fondi; conseguentemente i gestori dovrebbero valutare di personalizzare le informazioni sulla sostenibilità di ciascun fondo gestito; (b) limitare l’uso di riferimenti incrociati e collegamenti ipertestuali a quelli prescritti dagli RTS dell’SFDR; (c) evitare che gli investitori debbano cercare le informazioni rilevanti e che le stesse siano di difficile reperibilità tra le quelle generali fornite; al riguardo, i collegamenti devono essere precisi e, ove ipertestuali, devono essere mantenuti aggiornati e attivi nel tempo (d) indicare se il fondo è un prodotto finanziario ex 8 o 9 SFDR (e, se rilevante, se si applicano gli artt. 5 e 6 del Reg. Tassonomia), evitando di dare agli investitori l’impressione che si tratti di un’etichetta.
  2. Anche il nome del fondo potrebbe generare fenomeni di greenwashing. Per tali ragioni le caratteristiche promosse dovrebbero essere commisurate alla loro effettiva applicazione. L’utilizzo dei termini quali “ESG”, “green”, “sustainable”, “social”, “ethical e “impact” dovrebbe essere supportato da prove effettive dell’esistenza delle rispettive caratteristiche per come sono descritte nella vincolante documentazione del fondo. Ad esempio, un livello basso di applicazione delle caratteristiche di sostenibilità o degli obiettivi del fondo agli asset in cui lo stesso è investito è un indicatore di rischio che potrebbe portare ad investigazioni ulteriori le quali, a loro volta, potrebbero condurre a vietare l’uso di tali specifici termini. Un altro esempio consiste nell’utilizzo del termine “sostenibile” o “sostenibilità” da parte di fondi che non effettuano investimenti sostenibili (come nel caso di un fondo art. 8 SFDR che non sia “plus”): in tale ipotesi, il gestore dovrebbe valutare di non utilizzare tali termini così da ridurre il rischio di greenwashing. Allo stesso modo, il termine “impact” o “impact investing” dovrebbe essere utilizzato solo per fondi i cui investimenti sono effettuati con l’intenzione di generare, oltre ovviamente ad un ritorno economico, un impatto positivo e misurabile in ambito ambientale o sociale[11].
  3. Quanto agli obiettivi e alla politica sugli investimenti sostenibili (intesi in senso ampio e non nell’accezione dell’SFDR), il Supervisory briefing fornisce alcune importanti puntualizzazioni. In primis il par. 32 prevede che tali informazioni dovrebbero essere incluse nella documentazione del fondo (e che, ovviamente, il fondo dovrebbe essere gestito conformemente); dal momento che la documentazione del fondo ricomprende anche il regolamento, una riflessione andrà svolta per comprendere se lo stesso possa limitarsi a rinviare alla policy ESG della società ovvero debba prevedere al suo interno almeno i tratti salienti dei vincoli di sostenibilità previsti per il fondo. Allo stesso modo, dovrebbero essere evitate espressioni eccessivamente generiche quando si descrivono gli obiettivi o le caratteristiche di sostenibilità e, ove applicabile, sarebbe opportuno indicare se gli obiettivi perseguiti sono quelli espressamente previsti dall’art. 9 del Reg. Tassonomia.
  4. La strategia di investimento, infine, dovrebbe essere chiaramente individuata: le Autorità possono fare affidamento su una lista non esaustiva di strategie, ossia best-in-class, thematic, ESG integration, ESG engagement, impact investing ed exclusions; dovrebbe inoltre essere chiarito come la strategia utilizzata si colleghi agli obiettivi o alle caratteristiche di sostenibilità formulati, e in che modo aiuti a raggiungerli. Al fine di essere considerata chiara una strategia di investimento deve presentare almeno alcuni dei seguenti elementi: (a) l’universo investibile (inclusi limiti e soglie); (b) i criteri di screening applicati; (c) le specifiche caratteristiche ESG o tematiche o gli impatti non finanziari perseguiti; (d) utilizzo di benchmark o indici e il relativo margine di errore di allineamento atteso (se applicabile); ed (e) l’approccio di stewarship[12].

3.3 Verifica sulla conformità agli obblighi di disclosure sul sito web e nelle relazioni periodiche

Con riferimento agli obblighi connessi alle pubblicazioni da effettuare sul sito web ai sensi dell’SFDR e dei relativi RTS, il Supervisory briefing rimane allineato alla normativa di riferimento, limitandosi a richiamare le relative disposizioni rilevanti. Nondimeno, si ritiene di evidenziare, ancorché già stabilito nella bozza di RTS SFDR, la circostanza che il sito web dei gestori debba avere una pagina ad hoc dedicata alla sostenibilità.

Quanto alle relazioni periodiche, che nel caso dei fondi sono come noto le relazioni annuali, vengono richiamati i template forniti dagli allegati degli RTS SFDR, suggerendo alle Autorità di adottare il medesimo approccio previsto per l’informativa precontrattuale, ossia predisporre una checklist per verificare la completezza e il rispetto degli standard tecnici. Valgono dunque al riguardo le medesime considerazioni svolte sulla possibilità per la funzione compliance di avvalersi della stessa metodologia nelle sue verifiche.

3.4 Azioni di vigilanza addizionali

Per completezza, si segnala che ESMA suggerisce alle Autorità nazionali alcune azioni addizionali da intraprendere per vigilare sul rispetto della normativa di riferimento in materia di finanza sostenibile. Ad esempio, si prevede di poter ricorre nella vigilanza ongoing a informazioni ulteriori quali report dei media, reclami, notifiche di whistle-blower così come i rilievi effettuati dalle funzioni di controllo interno, dalle società di revisioni o dalla banca depositaria, che devono essere considerati secondo un approccio basato sul rischio. Ove appropriato, le risultanze negative di tale attività dovrebbero sfociare in approfondimenti ulteriori, eventualmente anche mediante ispezioni in loco.

In aggiunta, si fa riferimento alla possibilità per le Autorità nazionali competenti di intraprendere azioni ulteriori volte ad assicurare che tutte le informazioni e i dati rilevanti siano comunicati dal gestore al depositario designato affinché quest’ultimo possa svolgere in modo effettivo le proprie funzioni. In particolare, la banca depositaria deve ricomprendere le restrizioni agli investimenti di natura ESG nel monitoraggio della conformità delle istruzioni che provengono dal gestore (sia esso management company o investment manager). Appare significativa l’enfasi posta sul ruolo del depositario che, come noto, non è un soggetto direttamente obbligato dall’SFDR o dal Reg. Tassonomia per lo svolgimento delle sue funzioni.

Da ultimo, le Autorità nazionali dovrebbero prevedere diverse tipologie di azioni volte ad assicurare che il portafoglio gestito rifletta il nome, l’obiettivo di investimento, la strategia e le caratteristiche evidenziate nella documentazione agli investitori. Sul punto, ESMA raccomanda alle Authority di valutare se effettuare direttamente analisi di conformità con i requisiti per gli investimenti sostenibili del portafoglio stesso, eventualmente prendendo contatti col management del gestore al fine di richiedere spiegazioni e/o documenti volti a validare la composizione del loro portafoglio. È dunque auspicabile che ogni gestore abbia al proprio interno personale in grado di far fronte ad eventuali richieste dell’Autorità tenuto conto che, sul punto, anche le Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali pubblicate dalla Banca d’Italia l’8 aprile 2022 vanno nella direzione di richiedere la nomina di un ESG officer o, comunque, di un meccanismo di governance interna o esternalizzato dei processi ESG; in aggiunta, gli stessi dovrebbero dotarsi di sistemi di documentazione adatti a ricostruire in modo dettagliato l’operatività dei portafogli gestiti. Oltre a ciò, le Autorità potrebbero adire i depositari per corroborare le proprie analisi sui portafogli e avvalersi della reportistica prodotta a vario titolo dal revisore o dalle funzioni di controllo interno.

4. L’integrazione dei rischi di sostenibilità da parte dei gestori

Non è questa la sede per affrontare il più ampio tema dell’integrazione dei rischi di sostenibilità a livello organizzativo da parte dei gestori[13]. Ci si può limitare a evidenziare che, come noto, le nuove norme comunitarie troveranno applicazione anche per quei soggetti, magari di minori dimensioni, che non offrono fondi lato sensu sostenibili. A tale soggetti, infatti, si applica comunque la disciplina sulla sustainable finance e i fondi dagli stessi gestiti, qualificabili come “pale green”, devono comunque fornire le informazioni richieste dall’art. 6 dell’SFDR.

È proprio da tale ultima disposizione che dovrà prendere le mosse l’attività di verifica della conformità effettuata dalle Autorità nazionali competenti, le quali per tale via potranno controllare la descrizione del modo in cui i rischi di sostenibilità sono integrati nelle decisioni di investimento. Allo stesso modo, esse dovranno assicurarsi che i gestori sottopongano a revisione periodica le politiche e procedure interne rilevanti in materia.

Particolare attenzione, infine, sarà dedicata all’analisi delle seguenti politiche e procedure: (i) due diligence degli investimenti; (ii) risk management; (iii) remunerazioni; (iv) assunzioni e risorse umane; (v) struttura organizzativa e processi decisionali del gestore e dei fondi; (vi) reportistica interna e conservazione delle registrazioni; (vii) conflitto di interessi; (viii) monitoraggio delle deleghe; (ix) contabilità e valutazioni; (x); costi e oneri; (xi) informativa di vigilanza; (xii) funzioni di controllo interno e controlli periodici dei soggetti apicali.

5. Intervento in caso di violazioni: enforcement della normativa

Ultimo argomento toccato dal Supervisory briefing riguarda il mancato rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa in commento. Ad avviso di chi scrive ciò costituisce la novità più rilevante del documento in quanto sono “positivizzate” alcune violazioni rispetto alle quali l’ESMA raccomanda l’irrogazione di misure amministrative; la rilevanza del tema è evidente ed accentuata dal fatto che l’SFDR e il Reg. Tassonomia non prevedono un vero e proprio apparato sanzionatorio per disciplinare le conseguenze patologiche della normativa (in particolare, il greenwashing). Gli esempi non esaustivi citati sono i seguenti:

  1. non è stata predisposta l’informativa richiesta dall’SFDR dopo l’entrata in vigore delle nuove regole;
  2. l’informativa fornita ai sensi dell’SFDR risulta gravemente misleading (circostanza che si può verificare, ad esempio, rilevando un disallineamento tra gli investimenti del fondo e le caratteristiche promosse nella relativa documentazione);
  3. non sono stati integrati i rischi di sostenibilità a livello organizzativo, nonostante il decorso di un appropriato lasso di tempo successivo all’entrata in vigore delle nuove norme;
  4. le relazioni annuali dei prodotti ex 8 o 9 SFDR non incontrano le caratteristiche o gli obiettivi descritti nella documentazione del fondo;
  5. nel caso dei prodotti ex 9 SFDR, le relazioni annuali mostrano che una proporzione significativa degli investimenti non è risultata conforme alla nozione di investimento sostenibile ex art. 2, par. 1, n. 17) SFDR.

6. Conclusioni

Il Supervisory statement chiarisce indirettamente alcuni degli obblighi che gravano sui gestori in un settore che, più di altri, è stato impattato dalla disciplina comunitaria in materia di finanza sostenibile. Posto che le raccomandazioni contenute nel documento sono indirizzate alla Autorità nazionali competenti appare evidente che, a monte, gli intermediari dovrebbero conoscere il loro modus operandi, prestando un’attenzione ancora maggiore alle sfaccettature della disciplina in parola. L’intervento dell’ESMA, in linea con gli obiettivi di convergenza e armonizzazione della vigilanza sul mercato interno, non può che essere considerato come un punto di riferimento sulla base del quale effettuare gap analysis e scelte operative onde scongiurare il rischio di greenwashing e offrire agli investitori prodotti effettivamente sostenibili.

Da ultimo, per quanto questo documento commentato denoti uno sforzo di messa a fattor comune di pratiche di vigilanza tra Autorità di Stati membri, non si può non rilevare che in materia di finanza sostenibile continui a mancare un intento sistematico da parte del legislatore, al punto che il processo di formazione alluvionale di questa normativa rende per gli intermediari difficoltoso, ancor prima che rispettare le regole, conoscerle nel loro complesso.

 

[1] Basi pensare al tema delle c.d. “preferenze di sostenibilità” e del sustainability assessment. Sul punto v. D. Abate e F. Bonardi, “L’introduzione del sustainability assessment nella valutazione di adeguatezza: la consultazione dell’ESMA”, in Diritto Bancario, Approfondimenti, febbraio 2022.

[2] ESMA34-45-1427.

[3] Si fa riferimento alle società di gestione di OICVM e ai GEFIA.

[4] Il primo set di Q&A risale al luglio del 2021.

[5] Al riguardo v. Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore – Relazione annuale, 31 maggio 2022, secondo cui “Sarà fondamentale, allo stesso tempo, evitare fenomeni cosiddetti di greenwashing, indicando chiaramente i soggetti che avranno la responsabilità̀ dei controlli e stabilendo regole di certificazione dei “bilanci di sostenibilità” simili a quelle in vigore per gli ordinari documenti contabili, così come previsto nella proposta di Direttiva sul reporting di sostenibilità (Corporate sustainability reporting directive, CSRD)”. Sulle possibili conseguenze del greenwashing si veda anche S. Davini, S. Conti, C. Orlandi, e F. Chrisam, “Eco-mark Era, Green-washing e pubblicità ingannevole”, in Diritto Bancario, Approfondimenti, agosto 2021.

[6] Fissata al 1° agosto 2022.

[7] Cfr. Supervisory statement, par. 19.

[8] Orientamenti ESMA sulle comunicazioni di marketing a norma del regolamento relativo alla distribuzione transfrontaliera di fondi. Per un’analisi si rinvia a A. Manfroi e F. Bonardi, “L’attività promozionale di OICR da parte dei gestori”, in Diritto Bancario, Approfondimenti, maggio 2022.

[9] Si fa riferimento al regolamento delegato, di prossima emanazione, recante i regulatory technical standards relativi all’SFDR (“RTS SFDR”).

[10] Ref. Ares(2021)7263480 – 25/11/2021.

[11] Il Supervisory briefing, al par. 31, fornisce un elenco non esaustivo di esempio di ciò che può essere considerato accettabile o meno nel nome di un fondo.

[12] Nel Supervisory briefing viene anche dato conto del fatto che, nonostante non vi siano specifici criteri quantitativi minimi previsti per i prodotti finanziari ai fine della disclosure sulle caratteristiche di sostenibilità all’interno dell’SFDR, alcuni Stati membri hanno intrapreso iniziative volte a individuare delle soglie minime nazionali per assicurare che il nome di prodotti finanziari con caratteristiche di sostenibilità non risulti fuorviante per gli investitori. In aggiunta, in molti Stati membri sono state sviluppate delle etichette per i prodotti finanziari sostenibili.

[13] Per un’analisi al riguardo v. D. Varani, D. Lunetta e D. Di Marino, “ESG: impatti sulla gestione collettiva del risparmio”, in Diritto Bancario, Approfondimenti, maggio 2022.

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