Nel seguito si vuole dare spazio ad alcune riflessioni in ordine alla strutturazione di prodotti aventi ad oggetto la “cartolarizzazione” del credito derivante dal c.d. Superbonus (ovvero del credito di imposta concesso in relazione a determinate tipologie di interventi edilizi previsto dal DL Rilancio, dando evidenza, in conclusione, della utilizzabilità delle medesime modalità anche ad altri crediti similari (e.g. sismabonus – ecobonus – etc..)).
Il contributo, è giusto premetterlo, fornisce un inquadramento generale della fattispecie ed indica l’utilizzo di un modello che prevede il ricorso a FIA (fondi di investimento alternativi), esempio che, per esperienza di chi scrive, non è certamente l’unico o necessariamente il più adatto in termini assoluti.
E’ infatti probabile, nel prossimo futuro, una evoluzione nei modelli operativi direttamente connessa al crescente ricorso, da parte del legislatore, a forme di incentivazione economica basate sulla formazione e circolazione di crediti di imposta. In tal senso, necessitando tali crediti di essere finanziati[1], la cartolarizzazione (applicabile come si vedrà ultra, a numerose altre tipologie di credito, soprattutto quelle introdotte nei provvedimenti emanati per fronteggiare l’attuale pandemia ed in ogni caso quali elementi di sistema per la crescita) rappresenta una nuova possibilità di investimento, tesa a favorire il rilancio di specifici settori ovvero agevolare quelli depressi, anche e proprio in considerazione della innovata modalità di circolazione degli stessi che li rende prodotto adatto, appunto, anche ad investitori professionali.
Una seconda considerazione metodologica è da riservarsi all’oggetto dell’investimento quivi esaminato, ossia, il credito previsto dall’art. 119 del DL n. 34/2020 s.m.i (il “DL Rilancio”). In sintesi, e senza pretesa di esaustività, si ricorda che l’art. 119 in commento ha introdotto nel nostro ordinamento nuove disposizioni in merito alla detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, a fronte di specifici interventi eseguiti sugli immobili in ambito di efficientazione energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici, nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici (appunto il cd. “Superbonus”). In particolare, le nuove disposizioni, affiancandosi a quelle già esistenti che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi sugli immobili (i.e. recupero del patrimonio edilizio, il cd. “sismabonus” e il cd. “ecobonus”), individuano le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi per i quali la detrazione spettante è elevata al 110%, nonché l’ambito soggettivo di applicazione della stessa (che è perlopiù riservata, come ampiamente noto, alle persone fisiche ed ai condomìni).
La norma, essenzialmente, è tesa a favorire il generale comparto real estate, che attraversa una profonda crisi e che al contempo necessità di un rinnovamento “tecnologico”, prevedendo la formazione di un credito utilizzabile non esclusivamente da chi sostiene il costo degli interventi, ma trasferibile a terzi senza rischio per l’acquirente, che lo potrà dunque utilizzare ovvero ri-cedere senza dover effettuare alcuna valutazione/analisi sulla sua regolare formazione. Ecco allora che la trasferibilità del credito e l’assenza di incertezze in ordine alla sua fruibilità lo rendono uno strumento adatto anche a forme di investimento simil-cartolari.
E qui entrano in gioco gli strumenti del settore finanziario ed in particolare della gestione collettiva del risparmio. Si noti infatti che la circolazione del credito sottostà a precise regole che ne limitano l’accessibilità a specifici soggetti, in ossequio alle previsioni di cui al Decreto 53/2015 che include nell’attività di concessione finanziamenti anche l’acquisto di crediti a titolo oneroso[2]. Conseguentemente, l’acquisto professionale e con una logica finanziaria di detti crediti a parere di chi scrive deve avvenire attraverso specifici operatori dotati delle adeguate autorizzazioni[3].
Tra questi soggetti sono individuabili i FIA riservati che investono in crediti. Con la locuzione “fondi che investono in crediti”, avendo riguardo all’utilizzo fattone nelle rilevanti disposizioni di cui al Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emanato da Banca di Italia, devono dunque intendersi quei fondi che tipicamente, o meglio, programmaticamente investono essenzialmente (se non proprio esclusivamente, come invece è imposto per la sottocategoria dei “fondi di cartolarizzazione” ex l. 30 aprile 1999, n. 130) in “crediti”, perseguendo quindi una filosofia gestoria di quei crediti eminentemente di tipo conservativo, finalizzata al loro (mero) incasso, al loro recupero, con le modalità che di volta in volta potranno risultare le più adeguate in virtù della natura performing degli stessi[4]. Nel caso di specie, l’attività di tali fondi consisterà, appunto, nell’acquisto, a sconto, di crediti “certi” da parte dei titolari originari da re-immettere sul mercato a valori che consentano al FIA di marginalizzare un ricavo. L’unico rischio per il FIA sarà rappresentato dall’impossibilità di individuare successivi compratori, soggetti cioè che acquistino il credito ad un prezzo inferiore rispetto al suo valore nominale (ma maggiore del valore di carico del FIA) per poterlo utilizzare in compensazione con le proprie imposte.
Altro elemento certamente delicato è la struttura finanziaria dell’operazione, in considerazione delle tempistiche di recupero del credito, aspetto questo che può incidere notevolmente sul prezzo del credito in termini di “costo”, appunto finanziario, dovendo il cessionario considerare necessariamente i tempi di utilizzo previsti dalla norma (come le cinque quote annuali del credito da Superbonus), ovvero anche la “tempistica limite” (come la necessità di utilizzare entro il 31 dicembre dell’anno di acquisto il credito per i canoni di locazione); aspetti questi che ne possono influenzare le capacità di assorbimento.
Ora, a ben riflettere, l’utilizzo di detti strumenti per la gestione del credito è già stato similmente operato dal mercato e, conseguentemente e nel caso in esame, non paiono esservi ostacoli a che un FIA riservato dotato delle opportune autorizzazioni si renda cessionario del predetto credito. E questo indipendentemente dalla natura del credito (in questo caso fiscale). Certo il FIA difficilmente (o perlomeno raramente) lo utilizzerà in proprio e, come detto l’unica (o prevalente) modalità di realizzo non sarà l’incasso, ma per appunto la sua successiva cessione.
Valgano poi una serie di ragionamenti fiscali sul costo di trasferimenti di detti crediti che la stessa Amministrazione finanziaria ha evidenziato essere esclusi da forme di prelievo ai fini dell’imposta di registro ai sensi del disposto combinato dell’art. 7 del DPR n. 131/1986 e dell’art. 5 della Tabella allegata al medesimo DPR n. 131/1986: le modalità di circolazione di tali crediti sono infatti particolarmente agili, non richiedendo formalità pubblicistiche particolari, ma essendo necessario procedere alla comunicazione della cessione, utilizzando esclusivamente i canali telematici della pubblica amministrazione.
L’utilizzabilità del credito in capo all’acquirente, con esclusione da eventuali responsabilità connesse alla errata formazione del credito (che escludono, o quantomeno limitano fortemente, i processi di due diligence), nonché la celerità del processo di cessione, hanno reso tali crediti di estremo interesse anche per la istituzione di FIA interamente dedicati. quanto sopra anche in considerazione della circostanza che il Legislatore ha previsto la possibilità di cessione non solo per i crediti da Superbonus, ma anche per ulteriori tipologie di crediti fiscali “creati” per fronteggiare la pandemia.
Sempre con medesima impostazione, infatti, si considerino similari opportunità di investimento anche con riferimento alle altre famiglie di crediti agevolabili e ci si riferisce in particolare alle ipotesi di cessione dei:
- crediti da locazione di cui all’art. 28 del DL Rilancio, il cui ambito applicativo è stato recentemente esteso dal Decreto Agosto e soprattutto dal Decreto Ristori;
- crediti derivanti dall’esecuzione degli ordinari interventi edilizi sugli immobili (i.e. recupero del patrimonio edilizio, cd. “sismabonus”, cd. “ecobonus”), come previsto dall’art. 121 del DL Rilancio;
- dei crediti afferenti il cd. bonus vacanze.
In definitiva, il Legislatore, se nella precedete esperienza non aveva, sostanzialmente, considerato, anche per ragioni di peso sull’indebitamento pubblico, la possibilità di circolazione dei crediti fiscali quale ulteriore possibilità per creare forme di finanziamento utili anche al perseguimento di finalità ulteriori (e.g. rinnovamento degli immobili), grazie al mutato contesto, ha esteso, con i provvedimenti analizzati, la possibilità di investimento in tale asset class, creando un nuovo mercato di finanziamento utile ai beneficiari di tali crediti, e conseguentemente all’indotto circostante (e.g. imprese di costruzione, proprietari immobiliari).
[1] Il modello tende a favorire l’immediata liquidazione del credito e conseguente generazione di liquidità per sostenere gli interventi. Gli investitori, evidentemente, rientreranno del valore del credito in un maggior lasso di tempo diventando parte sostanziale del meccanismo incentivante.
[2] Non tragga in inganno l’esclusione dal novero delle attività di concessione di finanziamenti dei crediti di imposta sul valore aggiunto relativi a cessione di beni e servizi, che rappresenta una esplicita deroga normativamente prevista.
[3] Stesso tema non si applica, al successivo acquirente qualora sia l’utilizzatore finale del credito;
[4] Paolo Carriere i “fondi comuni di ristrutturazione” – Diritto Bancario -19/04/2016.