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Giurisprudenza

Fondo comune d’investimento: non configurabile una autonoma soggettività giuridica

23 Giugno 2021

Stefano Bego

Cassazione Civile, Sez. V, 30 dicembre 2020, n. 29888 – Pres. Zoso, Rel. Cavallari

La questione attiene la configurabilità o meno della soggettività giuridica in capo al fondo comune di investimento, dirimente per identificare il soggetto passivo dell’ICI (applicabile ratione temporis) a cui imputare i relativi adempimenti fiscali.

La Corte, nel rigettare il ricorso della contribuente, nell’ordinanza in oggetto ripercorre la normativa sul tema, analizzando e confermando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo cui la mancanza di autonomia giuridica dei fondi di investimento faccia traslare sulle società di gestione del risparmio (SGR) l’adempimento dei relativi obblighi fiscali.

Richiamando brevemente i fatti di causa, una SGR impugnava un avviso di accertamento, emesso dal competente ente comunale, relativo ad una maggiore ICI dovuta su alcune aree di cui la ricorrente era intestataria, ottenendo in primo grado una sentenza di parziale accoglimento, con cui veniva ridotto il valore della causa in oggetto.

Seguiva dunque appello principale da parte del Comune e conseguente appello incidentale da parte della contribuente, con vittoria dell’ente comunale al termine del secondo grado di giudizio innanzi la Commissione Tributaria Regionale.

La SGR ricorreva dunque per la cassazione della pronuncia d’appello, lamentando, per quanto di interesse, che la CTR avrebbe errato nel considerare soggetto passivo ICI la medesima ricorrente, in quanto mera società di gestione del risparmio, in luogo dei fondi immobiliari da essa gestiti.

Al fine di un corretto inquadramento della questione, i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto fondamentale determinare se sia possibile o meno configurare un’autonoma soggettività giuridica del fondo di investimento o se questo costituisca un mero patrimonio separato della società che lo ha istituito e che lo gestisce.

Riprendendo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, gli ermellini hanno precisato che i fondi comuni di investimento, in particolar modo i fondi di investimento chiusi, costituiscono patrimoni separati dalla società di gestione del risparmio, con la conseguenza che in caso di acquisto di un bene nell’interesse del fondo, l’immobile che ne è oggetto deve essere intestato alla società promotrice o alla società di gestione, che ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia (Cfr. Cass., Sez. 1, n. 12062 dell’8 maggio 2019) ma che risultano comunque essere privi di autonoma soggettività giuridica.

Rimarcata la complessità dell’argomento, anche per via dell’origine di common law del modello e del fondamento meramente economico del fenomeno, la Corte ha proceduto ad esaminare la normativa rilevante in materia, ritenuta confermativa delle conclusioni della già menzionata giurisprudenza di legittimità.

Ad oggi, a regolare la disciplina dei fondi è infatti il TU Finanza (D. Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58) che, all’art. 1, definiva (nella versione vigente all’epoca dei fatti) il fondo come “il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte”.

Tale definizione, viene completata, per quanto di interesse, dall’art. 36, nel punto in cui prescrive, invece, che ciascun fondo comune “costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società”.

Alle SGR è riservata la promozione, istituzione ed organizzazione dei fondi, nonché la gestione del relativo patrimonio, tanto da far assumere alle società di gestione del risparmio, solidalmente verso i partecipanti al fondo, gli obblighi e le responsabilità del mandatario, come stabilito dal comma cinque dell’art. 36.

Sulla base della ricostruzione normativa esposta, la tesi della società ricorrente, fondata sul parere del Consiglio di Stato n. 108 del 1999, secondo cui il fondo comune d’investimento avrebbe una soggettività propria, distinta da quella dei partecipanti e da quella della società di gestione che lo ha istituito, è stata ritenuta priva di pregio.

A sostegno della tesi secondo cui i fondi comuni non abbiano propria soggettività giuridica soccorre anche il fatto che questi siano, quanto meno parzialmente, privi del potere di autodeterminare le proprie scelte, e soprattutto l’assenza di una struttura organizzativa che, a maggior ragione, impone alla società di gestione di eseguire tutti gli adempimenti fiscali formali e sostanziali.

Infine, da ultimo, la Corte rimarca l’analogia con il trust, nel punto in cui la stessa giurisprudenza riconosce, in tema di ICI, la soggettività passiva dell’imposta nel proprietario o nel titolare di altro diritto reale sui beni gravati dall’imposta, titolare che, in caso di beni immobili conferiti in un trust traslativo, è da individuarsi nel trustee, che vanta il diritto di proprietà sui beni ed è perciò tenuto ad amministrarli e a sostenerne le spese (Cass., Sez. 5, n. 16550 del 20 giugno 2019).

Il Collegio di Legittimità ha pertanto ritenuto infondato il motivo di ricorso formulato.

 


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