Il presente contributo ripercorrere la disciplina del fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e del default dei bond argentini e le vicende giudiziarie che hanno riguardato l’adozione della disciplina di attuazione e i provvedimenti di diniego d’indennizzo adottati dal Ministero dell’economia e finanze.
Premessa
Il Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli atti normativi, con pronuncia n. 54/2024 del 22 gennaio 2024 ha espresso parere, con rilievi, sullo “Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Regolamento per il funzionamento del Fondo per indennizzare le vittime delle frodi finanziarie in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, commi 343 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.
Tale parere segue al parere interlocutorio in data 13 luglio 2023, n. 1018 con cui erano state richieste alcune integrazioni, soprattutto dell’analisi d’impatto della regolazione (c.d. “AIR”) posta a corredo dello schema di regolamento di cui trattasi.
Dopo una gestazione durata circa 18 anni, dovrebbe quindi a breve essere adottato e pubblicato il decreto di attuazione della normativa primaria inerente l’istituzione e funzionamento del fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e del default dei bond argentini previsto all’art. 1, comma 345-nonies della legge n. 266/2005 e che avrebbe dovuto essere adottato nel termine di 30 gg dall’entrata in vigore della legge.
Dal testo del parere 54/2024 si evince che il regolamento stabilisce che il diritto all’indennizzo spetta (i) ai risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario alla data del 1° gennaio 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 266/2005) sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito; (ii) ai risparmiatori che hanno sofferto un danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina avvenuto nell’anno 2001.
La platea degli interessati è ipotizzata in “circa 100 mila investitori vittime del fallimento di Cirio s.p.a., Parmalat s.p.a. e del default della Argentina nel 2001. Tuttavia, non sono invece predeterminabili i risparmiatori potenzialmente interessati in virtù di casi diversi da quelli appena citati”.
A tale ultimo riguardo occorre rilevare che la nozione di “frode finanziaria” di cui alla normativa primaria (art. 1, comma 343, l. n. 266/2005) nello schema di regolamento sottoposto al Consiglio di Stato, a fronte di un rilievo contenuto nel parere interlocutorio 1018/2023 volto a limitarla al reato di truffa, viene inteso nel senso più ampio di “condotte dolose, che abbiano indotto in errore il risparmiatore, costituenti reato ai sensi del Codice penale, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e del Testo Unico Bancario, del Codice civile e della normativa speciale in materia finanziaria”, in quanto “volta a garantire un perimetro più ampio della platea degli interessati all’intervento indennitario conformemente alla voluntas legis”, espressa con le parole “frode finanziaria”, rispetto al perimetro riferibile all’ipotesi del reato di truffa.
Il parere 54/2024 contiene alcuni ulteriori rilievi che si auspica saranno recepiti dall’amministrazione procedente nell’adozione finale del regolamento in questione.
Un primo rilievo è di carattere formale: l’amministrazione ipotizza di adottare il regolamento mediante decreto del Presidente della Repubblica, laddove la fonte primaria contiene esplicito riferimento al diverso strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare.
Un secondo rilievo ha invece portata sostanziale perché riguarda l’illegittimità della previsione di un meccanismo di silenzio-rigetto delle istanze di indennizzo, atteso che, rileva il Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 20, comma 4, della l. n. 241/1990 spetta alla legge prevedere le ipotesi di silenzio rigetto e la legge n. 266/2005 non ne prevede.
Al netto dei rilievi formulati dal Consiglio di Stato è quindi stata definita la disciplina di attuazione delle previsioni di cui all’art. 1, commi 343 e ss della legge n. 266/2005.
Pertanto, dopo la pubblicazione del regolamento in questione (che si spera sia ormai prossima), previa istanza ed accoglimento della stessa, gli aventi diritto potranno finalmente ottenere l’indennizzo dovuto. In caso di provvedimento di diniego sull’istanza d’indennizzo sarà possibile impugnare tale eventuale diniego davanti al Tribunale Amministrativo Regionale competente territorialmente.
Alla luce di quanto precede appare quindi utile ripercorrere brevemente la disciplina del fondo di cui trattasi e le vicende giudiziarie che hanno riguardato l’adozione della disciplina di attuazione e i provvedimenti di diniego d’indennizzo adottati medio tempore dal Ministero dell’economia e finanze.
1. Istituzione del fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e del default dei bond argentini
Con l’art. 1, comma 343, della legge finanziaria 2006 (n. 266 del 23 dicembre 2005) è stato istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, a decorrere dall’anno 2006, un apposito fondo con il fine di indennizzare i risparmiatori che, rimasti vittime di frodi finanziarie, abbiano subito un danno ingiusto, non altrimenti risarcito.
Il fondo è alimentato dagli importi provenienti dai conti correnti e dai rapporti bancari, definiti come “dormienti” all’interno del sistema bancario, assicurativo e finanziario ai sensi dell’art.1, comma 345, della legge finanziaria 2006, nonché dagli importi degli assegni circolari non incassati, delle polizze vite prescritte e dei buoni fruttiferi postali non riscossi (art.1, commi 345-ter, 345-quater 345-quinquies, della legge finanziaria 2006).
Per quanto qui interessa è utile evidenziare che l’art. 1, comma 345, della l. n. 266/2005 prevede che: “Il fondo è alimentato dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario, definiti con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze; con lo stesso regolamento sono altresì definite le modalità di rilevazione dei predetti conti e rapporti”[1].
Più in dettaglio, il predetto comma 345 rinvia ad un regolamento di esecuzione il compito di definire la nozione di conti correnti e rapporti bancari dormienti e quindi di definire, per questo aspetto, l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicabilità della disciplina.
In attuazione della predetta disciplina primaria è stato adottato il DPR 22 giugno 2007, n.116 che all’art. 1, lett. b) definisce: “Dormienti”, i rapporti contrattuali di cui all’articolo 2 in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 2, comma 1;”.
Il successivo art. 2 (ambito di applicazione) del medesimo DPR prevede altresì che: “1. Rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento i seguenti rapporti contrattuali: a) deposito di somme di denaro, effettuato presso l’intermediario con l’obbligo di rimborso; b) deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione; c) contratto di assicurazione di cui all’ articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui l’assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata. 2. L’applicazione del presente regolamento e’ esclusa nei casi in cui il valore dei beni di cui al comma 1 non superi i cento euro”.
2. Ambito soggettivo di applicazione della disciplina del fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e del default dei bond argentini
Ai sensi del comma 343 del medesimo art. 1 della legge n. 266/2005 hanno diritto ad indennizzo a valere sulle risorse del fondo in questione “i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito”.
Il successivo comma 344 ammette all’indennizzo anche i risparmiatori che hanno sofferto un danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina.
Come si è detto, l’ambito soggettivo di applicazione della normativa in esame è cristallizzato alla data dell’entrata in vigore della l. n. 266/2005.
Dal testo del parere 54/2024 si evince che lo schema di regolamento stabilisce che il diritto all’indennizzo spetta (i) ai risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, alla data del 1° gennaio 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 266/2005) sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito (cfr art. 1, comma 343 l. n. 266/2005); (ii) ai risparmiatori che hanno sofferto un danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina avvenuto nell’anno 2001 (cfr art. 1, comma 344 l. n. 266/2005).
Come rilevato dal parere del Consiglio di Stato n. 54/2024 resta però non definita chiaramente la nozione di “frode finanziaria” di cui al citato comma 343 e questo si traduce in una non chiara delimitazione dell’ambito soggettivo di applicabilità della disciplina in questione.
Secondo lo schema di regolamento rientrerebbero nella nozione di frode finanziaria non solo le condanne per il reato di truffa, ma tutte le “condotte dolose, che abbiano indotto in errore il risparmiatore, costituenti reato ai sensi del Codice penale, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e del Testo Unico Bancario, del Codice civile e della normativa speciale in materia finanziaria”.
Si tratta però di definizione dai confini incerti (seppure caratterizzata dall’elemento dell’induzione in errore del risparmiatore), che di certo determinerà difficolta applicative e che richiederà una disamina, caso per caso, della sussistenza o meno dei presupposti per potere formulare istanza d’indennizzo ove non si versi nell’ipotesi tipica del reato di truffa.
Da ultimo è utile altresì ricordare che l’art. 1, comma 345-decies della legge n. 266/2005 prevede che: “Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è stabilita la quota del fondo di cui al comma 343, destinata alla tutela dei soggetti di cui al medesimo comma 343 nonché al comma 344, e sono altresì stabilite la quota del predetto fondo destinata al finanziamento della ricerca scientifica, nonché quella destinata in favore dei soggetti beneficiari degli interventi di cui all’articolo 81, comma 32, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, secondo le modalità stabilite con il medesimo decreto”.
Inutile dire che anche tale decreto, ad oggi, non è stato adottato.
Al riguardo è utile evidenziare che “Anche in assenza di tale decreto (…) il fondo in questione potrebbe (recte: dovrebbe) essere reso operativo (nei limiti e secondo le procedure stabilite dal decreto di cui all’art.1, co.345-novies), a beneficio delle vittime di truffe finanziarie, in attuazione dell’art.1, co.343 e attraverso l’utilizzo delle somme disponibili ai sensi dell’art.1, co.345” (così TAR Lazio, sez. II, 13.03.2023 n. 4279).
3. Diniego delle istanze d’indennizzo in pendenza dell’adozione del decreto attuativo della disciplina primaria riguardante del fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e del default dei bond argentini
Con un gruppo di recenti sentenze[2] il Consiglio di Stato, confermando l’orientamento dei giudici di primo grado, ha ritenuto illegittimi, per difetto di motivazione, i dinieghi di accesso al fondo in questione adottati dal Ministero dell’economia e finanze sul rilievo che il fondo non sarebbe operativo per la sussistenza di problematiche concernenti la sua disciplina di attuazione.
Il riferimento implicito è alla mancata adozione (per fatto imputabile al medesimo Ministero dell’economia e finanze) del decreto attuativo di cui al richiamato comma 345-novies della predetta legge n. 266/2006.
A ben vedere, la posizione del Consiglio di Stato è che è arbitraria ed immotivata l’affermazione del Ministero dell’economia e finanze secondo cui il fondo in questione non sarebbe operativo (con conseguente improcedibilità delle domande di indennizzo a valere sulle risorse disponibili nel fondo stesso), atteso che l’iniziativa per la definizione della normativa di attuazione della normativa primaria che istituisce detto fondo è affidata sempre al Ministero dell’economia e finanze, che tuttavia non ha rispettato il termine per l’adozione della disciplina di attuazione della disciplina primaria riguardante il fondo, fissato in trenta giorni dal predetto art 1, comma 345-novies della l. n. 266/2005.
Il Consiglio di Stato rileva, in questa prospettiva, che “L’oscurità della motivazione nel provvedimento, anche e a maggior ragione a fronte della mancata previa adozione di atti amministrativi aventi o meno natura regolamentare che rendano applicabile la normazione primaria, costituisce la violazione di un obbligo fondamentale da parte della pubblica amministrazione, in uno Stato di diritto, perché non consente al cittadino di comprendere nel loro significato e, se del caso, contestare con gli strumenti previsti dall’ordinamento gli atti lesivi della propria sfera giuridica”.
La giurisprudenza amministrativa al riguardo non ha mancato di rilevare che essendo decorso più che largamente il termine previsto dall’art. 1, comma 345-novies della l. n. 266/2005 (trenta giorni dall’entrata in vigore della disposizione), “il ritardo del Ministero nell’adozione e trasmissione della proposta di decreto costituisce inerzia antigiuridica, da stigmatizzare giacchè protrattasi in violazione dell’obbligo generale di concludere il procedimento, in attuazione e nel rispetto del temine direttamente fissato ex lege” (così TAR Lazio, sez. II, 13.03.2023 n. 4279).
Rimane il fatto che l’annullamento di un provvedimento amministrativo per difetto di motivazione implica la rinnovazione del procedimento che ha dato luogo all’adozione del provvedimento annullato e riespande il potere dell’amministrazione di provvedere.
Nel caso di specie, quindi, l’annullamento, per difetto di motivazione, dei dinieghi d’indennizzo opposti per mancanza della regolamentazione attuativa della normativa primaria non equivalgono in alcun modo all’accoglimento delle istanze originarie, che andranno ora decise alla luce delle previsioni dell’adottando regolamento attuativo.
4. Conclusioni
La prossima adozione del decreto di cui al richiamato art. 1, comma 345-nonies della legge n. 226/2005 finalmente consentirà, dopo molti anni dall’entrata in vigore della normativa primaria, l’accesso dei risparmiatori che ne hanno diritto alle risorse del fondo di cui si è detto dianzi.
In sede applicativa non mancheranno difficoltà interpretative della normativa di riferimento e ciò, ad esempio, per la non del tutto univoca definizione di “frode finanziaria” che si assume nello schema di decreto attuativo e di cui si è detto dianzi.
Quello che rimane certo è che, come rilevato dal TAR Lazio, al Ministero dell’economia e delle finanze è imputabile una “inerzia antigiuridica” nell’adozione del decreto di cui trattasi.
Occorrerebbe quindi valutare se gli aventi diritto non possano proporre, unitamente all’istanza per ottenere indennizzo a valere sulle risorse del fondo, anche domanda di risarcimento, nei confronti dello stesso Ministero, per il danno derivante dalla “antigiuridica inerzia” consumatasi in relazione alla formulazione della proposta prevista dal più volte richiamato art 1, comma 345 novies della legge n. 266/2005.
[1] Merita altresì rilevare che il Ministero dell’Economia e delle Finanze – presso il quale è stato istituito il fondo di cui all’art. 1, comma 343, della legge n. 266/2005 – ha affidato a Consap, a decorrere dal 14 giugno 2010, la gestione delle domande di rimborso di somme affluite al predetto fondo (c.d. “rapporti dormienti”). L’istanza di rimborso dei rapporti dormienti può essere inoltrata dagli aventi diritto, ivi comprese le PA, senza dover ricorrere all’attività di intermediari. Per effettuare una verifica puntuale sull’esistenza di “conti dormienti” intestati a proprio nome al fine di inoltrare, nel caso, domanda di rimborso in tempo utile, si può consultare la banca dati messa a disposizione da Consap spa. Le domande di rimborso possono essere presentate a Consap Spa per via telematica tramite portale unico (http://portale.consap.it/), oppure a mezzo raccomandata a/r ovvero Raccomandata a mano presso la sede della società. Possono richiedere la restituzione di somme affluite al fondo: (i) i titolari (comprese le PA) dei rapporti dormienti di cui all’art. 2 del dpr 22 giugno 2007, n. 116, (depositi di somme di denaro e depositi di strumenti finanziari) e i loro aventi causa (es. eredi) entro il termine di prescrizione di dieci anni decorrenti dalla data di devoluzione delle somme al fondo; (ii) gli ordinanti degli assegni circolari prescritti di cui all’art. 1, comma 345-ter della legge 23.12.2005, n. 266 e i loro aventi causa entro il termine di prescrizione di dieci anni decorrenti dalla data di prescrizione del titolo.
[2] Cons. Stato, Sez, VII, 27.12.2023, n. 11222; Id., 27.12.2023; n. 11220; Id., 22.12.2023, n. 11154; Id. 22.12.2023, n. 11143; Id. 22.12.2023, n. 11139; Id. 22.12.2023, n. 11136; Id. 22.12.2023, n. 11126; Id. 22.12.2023, n. 11124; Id. 22.12.2023, n. 11117; Id. 22.12.2023, n. 11113; Id. 22.12.2023, n. 11111; Id. 22.12.2023, n. 11109; Id. 22.12.2023, n. 11107; Id. 22.12.2023, n. 11104; Id. 22.12.2023, n. 11095 Id. 22.12.2023, n. 111094; Id. 22.12.2023, n. 11092; etc.