In materia di contratto di credito al consumo, concluso nella vigenza della disciplina del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (TUB), artt. 121 e seguenti, l’art. 124, comma 3, va interpretato come previsione di un collegamento negoziale di fonte legale tra i contratti di credito al consumo che abbiano ad oggetto l’acquisto di determinati beni o servizi, contenenti i requisiti ivi indicati, ed i contratti di acquisto degli stessi beni o servizi, a prescindere dalla sussistenza di un accordo che attribuisca al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti dei fornitori.
Questo è il principio affermato dalla Suprema Corte con la pronuncia in esame che, sulla scia di alcuni precedenti (Cass. n. 20477/2014; Cass. n. 19522/2015), ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, secondo i quali per ravvisare il collegamento negoziale di tipo funzionale sarebbe stato necessario riscontrare la volontà di tutti i contraenti di collegare il contratto di credito al consumo al contratto di compravendita, e ha ritenuto, invece, che ciò sia una conseguenza legale della previsione di cui all’art. 121 TUB.