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Giurisprudenza

Fumus di nullità dei finanziamenti concessi da banca popolare per l’acquisto di azioni della stessa in violazione dell’art. 2358 c.c.

22 Giugno 2016

Francesca Gaveglio, Dottoranda di ricerca in Diritto commerciale, Università Bocconi – Milano

Tribunale di Venezia, ordinanza 29 aprile 2016 – Giud. dott.ssa Anna Maria Marra

Di cosa si parla in questo articolo

L’ordinanza in epigrafe (cfr. contenuti correlati) ha ad oggetto un’ipotesi di concessione di finanziamenti da parte di una banca popolare (nella specie realizzata mediante sistemi di elasticità di cassa: i.e. apertura di credito) finalizzati all’acquisto o sottoscrizione di azioni della banca stessa, in assenza delle condizioni previste dall’art. 2358, commi 2, ss., c.c.

La predetta ordinanza accoglie parzialmente il ricorso ex art. 700 c.p.c., con il quale gli istanti hanno chiesto al Tribunale di Venezia di inibire alla banca la richiesta di pagamento dei saldi passivi, registrati su quattro conti correnti loro intestati, aperti presso la banca stessa. A sostegno della domanda, i ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’art. 2358 c.c. e la conseguente nullità del complesso delle congiunte operazioni di finanziamento e acquisto di azioni operate sui conti correnti (e il conseguente azzeramento dei saldi negativi sul conto).

In punto di valutazione del periculum in mora, il Tribunale ne afferma la sussistenza in ragione dell’intenzione della banca di procedere al rientro dell’esposizione debitoria relativa ai conti correnti, come accertata da una apposita comunicazione di rientro, previamente indirizzata ai ricorrenti; e così pure in considerazione dell’«ingente importo delle scoperture e/o degli indebitamenti», il cui adempimento recherebbe – afferma la pronuncia – imminente ed irreparabile pregiudizio per i ricorrenti, non solo di carattere patrimoniale, ma anche esistenziale (organizzazione di vita).

L’analisi della sussistenza del fumus boni iuris si compone invece di un insieme più articolato di passaggi argomentativi; i quali ruotano tutti intorno ai termini di rilevanza, nella fattispecie in esame, della disciplina di cui all’art. 2358 c.c.

1. Applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle società cooperative

In via preliminare, il Tribunale prende posizione circa la questione dell’applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle società cooperative, in forza del richiamo contenuto nell’art. 2519 c.c., il quale stabilisce che alle società cooperative si applichino le disposizioni sulla società per azioni, «in quanto compatibili».

La soluzione positiva del quesito si affida – quasi si trattasse di una valutazione di fatto, tale da poter essere oggetto di confessione – al solo rilievo del fatto che la precedente condotta dell’intermediario (e nella specie, la previsione di apposite poste contabili nella relazione finanziaria semestrale consolidata, nella nota informativa sugli strumenti finanziari deposita presso l’Autorità di Vigilanza, etc.) è idonea a esprimere la convinzione dell’ente di essere in concreto assoggettato alla disciplina di cui all’art. 2358 c.c.

Sul punto, può osservarsi che un simile ragionamento realizza, nei fatti, una piena elusione dell’analisi del problema – che pure l’estensione segnala come sussistente, e centrale – dell’effettiva compatibilità (ex art. 2519 c.c.) delle disposizioni di cui all’art. 2358 c.c. con la dimensione tipologica della società cooperativa, come in particolare connotata dal carattere della mutualità; nonché, in via ulteriore, con la disciplina settoriale in materia di impresa bancaria, sub specie delle banche popolari.

Ciò detto, potrebbe pure ipotizzarsi che la trascuratezza del passaggio argomentativo sia dipesa dalla natura del giudizio (dalla sua programmatica sommarietà). Resta comunque facile previsione quella secondo cui proprio la soluzione di questo profilo verrà a costituire il reale baricentro dei futuri giudizi di merito (relativi a questa singola fattispecie, così come a quelle analoghe, atteso che una simile prassi mostra, com’è noto, il carattere della serialità).

2. Prova della correlazione tra i finanziamenti e l’acquisto o sottoscrizione di azioni proprie

Una volta ammessa l’applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle società cooperative, la configurabilità di una violazione del divieto di assistenza finanziaria postula l’accertamento del fatto che i finanziamenti concessi dalla società siano specificamente finalizzati all’acquisto di azioni della stessa.

La pronuncia ha inteso raggiunta la prova della correlazione tra i finanziamenti e l’acquisto o sottoscrizione di azioni sulla base della considerazione della «stretta contiguità temporale» tra l’apertura dei conti con concessione di elasticità di cassa e l’acquisto o sottoscrizione di azioni della banca, nonché della «permanenza di tale elasticità e [del]la prosecuzione di ingenti acquisti o sottoscrizioni di azioni». Tali dati fattuali, riscontrati in riferimento a due dei quattro conti correnti cui si riferisce il procedimento in discorso, integrano – nell’opinione del giudicante – i requisiti della gravità, precisione e concordanza (ex art. 2729 c.c.) in ordine al collegamento delle operazioni di finanziamento e degli acquisti di azioni della banca.

3. Conseguenze della violazione della violazione dell’art. 2358 c.c.; legittimazione ed interesse ad agire

Quanto alle conseguenze della violazione del divieto di cui all’art. 2358 c.c., il Tribunale aderisce all’orientamento – che ha trovato in dottrina un discreto supporto, per lo più nel periodo anteriore alle modifiche di parziale «liberalizzazione» del 2008 – secondo cui, in assenza delle condizioni di cui all’art. 2358, comma 2 ss., c.c., la concessione di finanziamenti per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie (integrando appunto una violazione del divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358, comma 1, c.c.) determina la nullità virtuale dell’operazione. Ciò detto in punto di fattispecie, va poi osservato – in tema di regime disciplinare dell’invalidità – che tale nullità non presenta in sé ragioni di deviazione dal generale principio civilistico (art. 1421 c.c.) secondo cui la legittimazione a far valere il vizio spetta a chiunque vi abbia interesse. Legittimazione che il Tribunale ritiene sussistere in capo ai ricorrenti, alla stregua della considerazione che gli stessi – in qualità di acquirenti e sottoscrittori di azioni con l’impiego dei prestiti concessi dalla banca – sono portatori dell’interesse alla «regolarità dell’operazione» e «all’effettività del patrimonio» della società di cui hanno acquistato le azioni (che, per l’appunto, è l’interesse tutelato dalla norma imperativa). In punto di interesse ad agire, non vi è poi dubbio che l’interesse dei ricorrenti, richiesti del pagamento dei saldi passivi, consista nell’ottenimento della dichiarazione di nullità del complesso di operazioni illecite (finanziamenti della banca funzionali all’acquisto di azioni della stessa); a sua volta strumentale alle correlative pretese restitutorie (ed eventualmente pure risarcitorie).

4. Prova della sussistenza delle condizioni derogatorie del divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c.

Con riferimento al tema dell’identificazione del soggetto tenuto alla prova della concreta sussistenza dei requisiti di cui al comma 2 dell’art. 2358 c.c., la pronuncia viene ad allocare il relativo onere sulla società. Da un lato, si afferma che le condizioni in discorso rimuovono il divieto fissato dal comma precedente, operando così come fatto impeditivo della nullità; dall’altro, viene richiamato il generale principio della vicinanza alla prova. Nel caso di specie, tale onere non risulta assolto dalla banca: in particolare, la stessa ha mancato di provare che la concessione dei finanziamenti sia avvenuta nei limiti degli utili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato e che in bilancio sia stata iscritta una riserva indisponibile di importo pari all’ammontare dei finanziamenti concessi.

Su queste basi, ravvisato il fumus boni iuris delle doglianze dei ricorrenti, il Tribunale ha quindi concesso l’inibitoria nei confronti della banca del pagamento dei saldi passivi richiesti generatisi su due (dei quattro) conti correnti intestati o cointestati ai ricorrenti; per i residui due conti non risultando invece provata la connessione tra finanziamento e acquisto.

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