Con risposta all’interpello n. 93 del 5 dicembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla disapplicazione della normativa di contrasto alla compensazione delle perdite fiscali in caso di fusione societaria di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR.
In particolare, la ratio delle limitazioni poste dall’articolo 172, comma 7, del TUIR è di contrastare il c.d. commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa.
In un’ottica antielusiva, i requisiti minimi di vitalità economica, infatti, debbono sussistere non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, così come si ricava dal dato letterale, ma devono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata.
In particolare, si evidenzia che la ratio sottesa alla previsione del c.d. limite patrimoniale al diritto di riporto delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE nell’ambito delle operazioni straordinarie risiede, secondo quanto emerge dalla stessa relazione governativa all’articolo 123, comma 5, del TUIR (ora, articolo 172, comma7, del TUIR), nella volontà del legislatore di “attuare una soluzione equilibrata che pur mantenendo fermo il diritto del riporto delle perdite, eviti che per mezzo della fusione si trasmettano deduzioni del tutto sproporzionate alle consistenze patrimoniali delle società fuse o incorporate”.