“La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano”.
Vicenda
Nel luglio 2004, la società a responsabilità limitata S. S.r.l. si fonde per incorporazione nella società Z. S.r.l. e viene cancellata dal registro delle imprese.
Nel marzo 2008, con atto di citazione, la stessa società S. chiede l’accertamento della simulazione o, in subordine, la revoca ex art. 2901 c.c. di due successivi contratti di compravendita, aventi ad oggetto il medesimo immobile.
Il Tribunale di Tempio Pausania ha accolto la domanda di simulazione assoluta dei due contratti di compravendita mentre la Corte di Appello di Cagliari, sezione di Sassari, ha respinto l’impugnazione dei soccombenti.
La decisione della Corte di Appello
In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto che non fosse inesistente, né nullo, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, proposto dalla società S., sebbene tale società fosse stata cancellata dal registro delle imprese a seguito di fusione per incorporazione nella società Z.
La decisione della Corte di Appello si fonda su due argomenti: (1) la fusione comporterebbe, a norma dell’art. 2504-bis c.c., una mera vicenda evolutivo-modificativa del medesimo soggetto, che permane e conserva la propria identità, pur in un diverso assetto organizzativo; e (2) in ogni caso, l’incorporante Z. si è costituita all’udienza del maggio 2011 innanzi al Tribunale, ratificando l’operato dell’amministratrice dell’incorporata, sanando gli atti compiuti dal falsus procurator.
A seguito del ricorso in Cassazione, su istanza dei ricorrenti la causa è stata rimessa dal Primo Presidente alle Sezioni unite essendosi riscontrato un contrasto di giurisprudenza con riguardo alla legittimazione processuale della società incorporata cancellata dal registro delle imprese.
I motivi del ricorso
Il ricorso è stato presentato, inter alia, per violazione o falsa applicazione degli artt. 1722, comma 1, n. 4 e 2495, comma 2, c.c. nonché degli artt. 83, 163, comma 3, n. 2 e n. 4, e 164 c.p.c., in quanto ,essendo stata cancellata la società fusa per incorporazione ed essendosi, pertanto, estinta, il suo ex amministratore unico non avrebbe potuto agire in giudizio per conto della società, né rilasciare la procura al difensore, ma il giudizio avrebbe dovuto essere, semmai, proposto dalla società incorporante, cui il credito si è trasferito a seguito della fusione.
In sostanza l’atto di citazione e l’intero procedimento sarebbero inesistenti o, in subordine, viziati da nullità assoluta, in quanto la vocatio in ius proviene da soggetto inesistente. Il rapporto processuale non sarebbe stato sanato dalla costituzione in giudizio della società incorporante in primo grado.
La decisione
Al fine di pervenire alla decisione sulla questione, la Cassazione a Sezioni Unite ha prima ricostruito i profili societari delle operazioni c.d. straordinarie, per poi soffermarsi nel dettaglio sulle diverse tesi in merito alla fusione. La giurisprudenza di legittimità ha seguito, nel corso degli anni, orientamenti contrapposti riguardo alla sopravvivenza o definitiva estinzione della società incorporata a seguito della fusione. In particolare, si registrano due tesi: (1) la tesi della natura evolutivo-modificativa con sopravvivenza della società incorporata o fusa[1] e (2) la tesi dell’estinzione con effetto devolutivo-successorio.
Tale questione appare rilevante soprattutto per gli aspetti processuali, in quanto si tratta di stabilire se la società incorporata abbia o meno legittimazione processuale, sia dal lato attivo sia dal lato passivo.
A tal riguardo, secondo il primo orientamento analizzato dalla Corte, (i.e., la tesi della natura evolutivo-modificativa con sopravvivenza della società incorporata o fusa) si ritiene che, ai sensi dell’articolo 2504-bis c.c., la fusione non determini, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crei un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attui l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo. La fusione pertanto non avrebbe riflessi esterni e non comporterebbe alcun effetto per i processi in corso.[2]
Diversamente un altro orientamento, seguendo la tesi dell’estinzione con effetto devolutivo-successorio, assegna rilevanza a fini processuali all’avvenuta cancellazione della società incorporata dal Registro delle Imprese. A tal riguardo, la Cassazione ha avuto occasione di affermare che ove la società sia incorporata in altra, la legittimazione attiva all’impugnazione spetti alla società incorporata[3]. In altre occasioni, si era concluso per l’inammissibilità della domanda proposta dalla società incorporata, in quanto si reputa legittimata all’azione unicamente la società incorporante, ovvero si è affermato che la sola destinataria dell’atto di impugnazione è la società incorporante. [4]
La tesi dell’estinzione della società è stata ripresa altresì anche in relazione alla scissione, ritenuta un fenomeno successorio ed estintivo della società scissa e non solo come un fenomeno comportante una mera modificazione dell’atto costitutivo.[5]
La sentenza delle Sezioni Unite ricostruisce sistematicamente l’istituto della fusione, partendo dalla disciplina dettata dal codice di commercio del 1882, passando all’analisi delle previsioni di cui al codice del 1942 nella versione precedente alla riforma del 2003 nonché, infine, alle novità introdotte con la riforma del diritto societario del 2003. Trattandosi, peraltro, di un’area armonizzata del diritto societario sul piano europeo, la Cassazione ricostruisce il problema anche alla luce di un’interpretazione sistematica secondo il diritto comunitario.
Al termine di tale ricostruzione, la Suprema Corte giunge ad affermare in maniera netta l’estinzione della società incorporata a seguito della fusione.
La fusione, dando vita ad una vicenda modificativa dell’atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, comporterebbe un fenomeno di concentrazione sia giuridica sia economica. La conseguenza di tale concentrazione è che tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa dovranno essere imputati ad un diverso soggetto giuridico, ossia la società incorporante o la società risultante dalla fusione.
A seguito della fusione, per quanto riguarda la società incorporata, che viene cancellata dal registro delle imprese, cessano di esistere la denominazione sociale, la sede sociale, gli organi amministrativi e di controllo, il capitale nominale ecc.
Non avrebbe, pertanto, senso parlare di permanenza di una società, quale mera entità astratta, se tutte le posizioni riferite alla medesima società sono cessate e i rapporti giuridici attivi e passivi sono imputati ad un soggetto diverso.
Occorre, in definitiva, concludere che, dal momento dell’iscrizione della fusione nel Registro Imprese, la società incorporata subisce un fenomeno di estinzione, come evento uguale e contrario all’iscrizione avvenuta all’atto di costituzione della società stessa, di cui all’art. 2330 c.c.
Ovviamente, l’estinzione colpisce solo la società incorporata, mentre la società incorporante (o la società risultante dalla fusione) permane come soggetto giuridico in capo al quale proseguono, a norma dell’art. 2504-bis c.c., tutti i rapporti giuridici anteriori alla fusione.
Infine, le Sezioni Unite hanno evidenziato che la fusione realizza una successione a titolo universale, paragonandola alla successione mortis causa. La fusione produce pertanto, da un lato, l’estinzione della società incorporata e, dall’altro, la contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati.
Dal punto di vista degli effetti processuali, la successione dell’incorporante nei rapporti giuridici dell’incorporata comporta la legittimazione attiva e passiva dell’incorporante con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; mentre la società incorporata perderebbe la propria autonoma legittimazione processuale, sia attiva sia passiva, non potendo quindi intraprendere un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando, tuttavia, la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c.
Per le ipotesi, infine, di fusione avvenuta in corso di causa, le Sezioni Unite affermano che l’interruzione del processo non è necessaria, proseguendo esso naturalmente in capo alla società incorporante, come si evince dalla ratio degli artt. 2504-bis c.c. e 299 e ss. c.p.c.
Considerazioni
La sentenza in commento, da un lato, conferma orientamenti già espressi in passato, con riferimento alla mancata interruzione dei processi civili, principio già affermato nel 2006 dalle sezioni unite della Corte di Cassazione.[6] Tuttavia, in tale occasione la Corte di Cassazione aveva manifestato un’adesione alla tesi della natura modificativa della fusione.
Con la decisione in commento, la Suprema Corte rigetta l’orientamento della dottrina che riteneva la fusione un fenomeno di vita delle società, ben distinta dalla estinzione e dalla successione.[7] Le argomentazioni della Corte appaiono condivisibili, poiché ricostruiscono il fenomeno della fusione in maniera coerente in un’ottica di chiarezza e semplificazione. Riprendendo il ragionamento della Cassazione, se nessuna posizione giuridica soggettiva residua in capo alla società incorporata, non ha significato affermare la permanenza di un soggetto diverso, privo di qualsivoglia rapporto giuridico o situazione soggettiva nella propria sfera giuridica: la società incorporata è pertanto giustamente da considerare estinta.
[1] Santagata, Le fusioni, in Trattato Colombo Portale, VII, 2, 1, Torino, 2004, 93 ss.; Simonetto, Trasformazione e fusione, in Commentario del Codice Civile diretto da Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1976, 230 ss.; Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2011, 548 ss.; Serra, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato Rescigno, 17, Torino, 1985, 340 ss.
[2] Cass. civ., Sez. II, Sent., 13/08/2004, n. 15737; Cass. civ., Sez. I, Sent., 29/12/2004, n. 24089; Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 15/02/2013, n. 3820; Cass., Sez. Un., ord., 8 febbraio 2006, n. 2637, in Società, 2006, 4, 459 nota di DIMUNDO; Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 16 settembre 2016, n. 18188; Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 17 settembre 2010, n. 19698; Cass. civ., Sez. III, Sent., 23/06/2006, n. 14526; Cass. civ., Sez. VI – 5, Ord., 16/05/2017, n. 12119; Cass. civ., Sez. V, Sent., 10/12/2019, n. 32208; Cass. civ., Sez. III, Sent., 10/12/2019, n. 32142.
[3] Cass. civ., Sez. I, Sent., 19/05/2020, n. 9137.
[4] Cass. 15 febbraio 2013, n. 3820; Cass. 24 maggio 2019, n. 14177.
[5] Cass. 21 febbraio 2020 n. 4737; Cass. 19 giugno 2020 n. 11984.
[6] Cass., Sez. Un., ord., 8 febbraio 2006, n. 2637, cit.
[7] Sul punto, tra i tanti, Tantini, Trasformazione e fusione di società, in Trattato Galgano, VII, Padova, 1995, 282; Lucarelli, La nuova disciplina delle fusioni e scissioni: una modernizzazione incompiuta, in Riv. Società, 2004, 1376; Gaeta, La fusione per incorporazione non è vicenda interruttiva del processo, in Dir. Fall, 2007, II, 401 e ss.