L’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 486/2023, ha chiarito se sia consentita la retrodatazione fiscale ai sensi dell’art. 172, c. 9, del TUIR, in ipotesi di fusione transfrontaliera per incorporazione di una società italiana da parte di una controllante diretta estera.
Ha inoltre risposto al quesito relativo alla possibilità che, in conseguenza della fusione per incorporazione della società italiana, e la conseguente “trasformazione” della società italiana in stabile organizzazione in Italia dell’incorporante estera, non si determini l’interruzione del regime di tassazione consolidata cui attualmente aderisce tale società in qualità di consolidata.
Primo quesito
Per l’Agenzia delle Entrate, nella misura in cui la prospettata fusione comporti la decorrenza retroattiva degli effetti contabili dell’operazione, per la stessa dovrà operare la retrodatazione fiscale disciplinata dal comma 9 dell’art. 172 del TUIR, per effetto del generale richiamato operato dall’art. 179, co. 1, del TUIR.
Relativamente all’art. 172 TUIR, l’Agenzia delle Entrate aveva già precisato, nella Risposta n. 405 del 10 ottobre 2019, che il legislatore tributario ha previsto la facoltà di retrodatare gli effetti fiscali della fusione per facilitare la predisposizione della dichiarazione dei redditi.
La retrodatazione contabile e quella fiscale rispondono, pertanto, ad esigenze di semplificazione tra loro strettamente interconnesse, consistenti nella possibilità offerta alle società partecipanti a un’operazione di fusione, di determinare in modo unitario il risultato civilistico e fiscale nel periodo compreso fra l’inizio dell’esercizio (e del periodo d’imposta) e la data di efficacia reale della fusione, attraverso l’elaborazione di un unico bilancio e di un’unica dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta in cui ha efficacia la fusione. Pertanto, la retrodatazione degli effetti fiscali di un’operazione di fusione deve operare laddove, in conformità ai principi adottati per la redazione del bilancio d’esercizio, sia consentita e praticata la retrodatazione degli effetti contabili dell’operazione.
Con riferimento al caso di specie, la prospettata fusione descritta nell’istanza non comporterà la perdita della residenza fiscale in Italia della società italiana incorporata, nell’esercizio in cui si perfezionerà l’operazione, inoltre tutti gli asset della stessa società confluiranno nel patrimonio della stabile organizzazione del soggetto incorporante, situata nel territorio dello Stato italiano, che verrà ad esistenza a seguito della prospettata fusione.
In particolare, considerato che le attività e le passività che prima del perfezionamento dell’operazione fanno parte del patrimonio della società italiana incorporata, confluiranno interamente nel patrimonio della stabile organizzazione che l’incorporante costituirà in Italia in esito all’operazione di fusione.
Pertanto, non si concretizzano i presupposti realizzativi di cui all’art. 166 del TUIR.
Non sussisterà quindi la necessità che il periodo di imposta della società incorporata, dal 1° gennaio 2023 alla data di efficacia giuridica della fusione, accolga, oltre agli accadimenti gestionali, anche i plusvalori/minusvalori latenti dei beni che non confluiscono nella stabile organizzazione della incorporante non residente.
Ne consegue che risulta percorribile la strada del consolidamento del risultato reddituale della società incorporata residente fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione, con quello successivamente prodotto nel medesimo esercizio dalla stabile organizzazione dell’incorporante.
In conclusione, la retrodatazione fiscale, nel caso di specie, ad esito dell’incorporazione, potrà concretamente realizzarsi, in quanto l’operazione, oltre a qualificarsi sul piano-giuridico formale come fusione, non si atteggia sul piano pratico quale evento realizzativo ai fini fiscali.
Secondo quesito
Ricorda l’Agenzia che le operazioni straordinarie possono determinare o meno l’interruzione anticipata del regime del consolidato nazionale prima del compimento del triennio.
Con specifico riferimento all’interruzione della tassazione di gruppo, l’art. 124 del TUIR disciplina gli effetti che si verificano ”se il requisito del controllo, così come definito dall’articolo 117, cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio”.
Nel caso di specie, l’operazione prospettata prevede l’incorporazione di una società consolidata in altra, non inclusa nella tassazione di gruppo.
Pertanto, la fattispecie sarebbe riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 124, comma 5, primo periodo, TUIR, nonché dell’art. 13, comma 1, lett. f) del Decreto Attuativo, il cui dato testuale prevederebbe l’interruzione del rapporto di consolidamento.
Tuttavia, il Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015 (c.d. Decreto Internazionalizzazione) ha apportato una serie di significative modifiche sostanziali al regime di consolidato fiscale, volte ad ampliarne l’ambito applicativo, con il fine di adeguare il medesimo alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Come chiarito nella circolare n. 40/E del 26 settembre 2016, i soggetti residenti in Stati UE/SEE, controllati ai sensi dell’art. 2359, comma 1, numero 1, del codice civile da soggetti residenti nel territorio dello Stato o in Stati UE/SEE o in Stati extra UE con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione che consenta un adeguato scambio di informazioni, possono esercitare l’opzione per il consolidato in qualità di controllate mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1bis dell’articolo 120 del TUIR.
Si considerano controllate le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato dei soggetti residenti in Stati UE/SEE, se:
- rivestono una forma giuridica analoga alle forme di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
- hanno i requisiti di cui al medesimo comma 1: la controllante residente nel territorio dello Stato o in altri Stati UE/SEE o in uno Stato extra UE convenzionato partecipi al capitale sociale e all’utile di bilancio della controllata UE/ SEE per una percentuale superiore al cinquanta per cento.
In conclusione, secondo l’Agenzia, poiché:
- La società estera è costituita in una forma giuridica analoga alle forme di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
- la controllante estera manterrà, ad esito della fusione, una partecipazione che soddisfa il requisito del controllo ai sensi dell’art. 2359, comma 1, 1, del codice civile;
- nella stabile organizzazione italiana della controllante estera confluirà esclusivamente l’intero patrimonio della società incorporata, suscettibile, pertanto, di produrre i medesimi risultati fiscali che sarebbero stati trasferiti al consolidato in assenza di fusione; ciò nel presupposto che il fondo di dotazione ed il reddito della stabile siano determinati nel rispetto del comma 2 dell’articolo 152 del TUIR, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
In questo caso, non si interromperà il rapporto di consolidamento tra la consolidante designata e la ”nuova” stabile organizzazione della società estera, a seguito della fusione prospettata.