Il presente contributo affronta il tema dell’escussione delle garanzie autonome a tutela di contratti internazionali e dell’individuazione della giurisdizione sulle domande cautelari alla luce dei nuovi orientamenti della giurisprudenza.
1. Abstract
Il presente contributo prende le mosse da alcune controversie riguardanti l’escussione da parte di enti pubblici di paesi europei, quali committenti beneficiari, delle garanzie autonome prestate in loro favore da appaltatori italiani a garanzia della corretta esecuzione di contratti di appalto.
In queste occasioni, le imprese italiane instauravano in Italia procedimenti cautelari volti ad ottenere l’inibitoria dell’escussione o del pagamento delle garanzie e delle controgaranzie. Esamineremo, quindi, due ordinanze del Tribunale di Roma e una del Tribunale di Milano che hanno escluso la sussistenza della giurisdizione italiana in relazione alle domande cautelari relative alle garanzie principali[1]. Uno dei provvedimenti del Tribunale di Roma è stato poi oggetto di reclamo avanti al Collegio, il quale ha escluso la giurisdizione italiana anche in relazione alle domande relative alle controgaranzie[2]. Quest’ultimo orientamento è stato espresso anche da una successiva ordinanza, sempre del Tribunale di Roma, che ha escluso la giurisdizione italiana in relazione alla domanda di inibitoria riferita alla controgaranzia[3].
Il nuovo orientamento rappresenta una novità rispetto alla posizione tradizionale sulla sussistenza della giurisdizione italiana e ha fornito una lettura della fattispecie maggiormente orientata all’attuazione dei principi stabiliti dal legislatore europeo, nel Regolamento 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (il Regolamento). In particolare, sono stati valorizzati i principi di prevedibilità del risultato dell’applicazione delle norme sulla competenza giurisdizionale e del rispetto dell’autonomia delle parti relativamente alla scelta del foro competente nello spazio giuridico europeo.
2. La fattispecie di riferimento
Quando le imprese italiane si aggiudicano contratti di appalto all’estero, generalmente devono consegnare al committente alcune garanzie per la corretta esecuzione. Si tratta, di solito, di contratti autonomi di garanzia, affermatisi ormai da tempo nella prassi internazionale, che, in caso di inadempimento dell’appaltatore alle proprie obbligazioni, assicurano il tempestivo versamento da parte del garante di una somma di denaro predeterminata in favore del committente. Essi possono essere di diversi tipi, a seconda del momento contrattuale in cui vengono rilasciati e, quindi, dell’obbligazione che garantiscono (ad es. bid bond, advance payment bond, performance bond).
La loro diffusione è confermata anche dalla disciplina di soft law delle Uniform Rules for Demand Guarantees (URDG 758) adottata dall’Executive Board dell’International Chamber of Commerce, che nel tempo è diventata uno standard di riferimento per gli operatori del settore e che spesso è richiamata nel testo stesso delle garanzie, integrando per scelta delle parti la disciplina contrattuale.
Nei casi in esame, pressoché speculari, il meccanismo è quello classico quadrilaterale: le garanzie principali vengono emesse da un ente che ha sede nello stesso Stato del committente, Stato (membro dell’Unione Europea) in cui il contratto di appalto deve essere eseguito. Contestualmente, un soggetto che opera nel paese dell’appaltatore rilascia, nell’interesse di quest’ultimo e in forza del mandato sottoscritto, delle controgaranzie a favore del garante principale.
Tutti i rapporti menzionati (l’appalto, il rapporto di garanzia e quello di controgaranzia) sono regolati dalla legge dello Stato del committente, individuato in ciascuno di essi anche quale foro competente per le controversie. Fa eccezione solo il rapporto di mandato tra appaltatore e controgarante, regolato dalla legge dello Stato di origine dei medesimi, l’Italia, cui a volte viene espressamente demandata dalle parti anche la competenza giurisdizionale.
L’escussione delle garanzie da parte del beneficiario determina pressoché automaticamente l’escussione delle controgaranzie da parte del garante e la rivalsa del controgarante italiano nei confronti del contraente. L’impresa, allora, quando ritiene che l’escussione sia abusiva, tenta di bloccare il pagamento instaurando in Italia un procedimento cautelare che fa leva sull’exceptio doli, e chiama in causa tutti i soggetti coinvolti per chiedere l’inibitoria dell’escussione o del pagamento delle controgaranzie e delle garanzie (e a volte della rivalsa).
3. L’orientamento tradizionale della giurisprudenza
Il fatto che il rapporto di mandato coinvolga un soggetto italiano quale controgarante è stato per lungo tempo ritenuto sufficiente ad attrarre per connessione la competenza del giudice italiano anche sulle domande cautelari relative alle garanzie principali e alle controgaranzie.
La sussistenza della giurisdizione italiana su tutte le domande è stata confermata dalla Corte di cassazione, con la pronuncia a sezioni unite n. 5765 del 12 aprile 2012. A seguito dell’escussione, da parte di una società iraniana, di una garanzia emessa da una banca iraniana, a sua volta controgarantita da una banca italiana su richiesta dell’appaltatore anch’esso italiano, quest’ultimo aveva convenuto avanti al giudice italiano sia la committente che le banche (garante e controgarante), per chiedere l’accertamento dell’abusività dell’escussione.
La Corte ha affermato che la giurisdizione del giudice italiano va pacificamente riconosciuta in ordine alla domanda proposta nei confronti della banca controgarante, trattandosi di istituto di credito italiano. Per quanto riguarda la domanda proposta nei confronti della committente e della garante principale, in assenza di specifiche convenzioni sulla giurisdizione tra Italia e Iran, la questione va risolta sulla base delle norme di diritto internazionale privato italiano, di cui alla L. 218/1995.
L’art. 3, dopo aver stabilito che la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è residente o domiciliato in Italia, rinvia, nel comma 2, ad altre norme regolatrici della competenza, distinguendo a seconda che si verta in materie comprese o escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 (la Convenzione). Nel caso all’esame della Corte, si tratta di materie comprese nell’ambito di applicazione della Convenzione, per cui, anche se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, occorre applicare i criteri stabiliti dalle sezioni 2°, 3° e 4° del titolo 2 della Convenzione.
In particolare, l’art. 6 n. 1 della Convenzione stabilisce che il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, nell’ipotesi di pluralità di convenuti, può essere citato dinnanzi al Giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi. Secondo la Corte, si tratterebbe di un’ipotesi di cumulo soggettivo per il quale l’art. 33 c.p.c. consente la proposizione di domande contro più persone, che a norma degli artt. 18 e 19 c.p.c. dovrebbero essere proposte davanti a Giudici diversi, davanti al Giudice del luogo di residenza o di domicilio di una di esse per essere decise nello stesso processo, se si tratta di domande connesse per l’oggetto o per il titolo.
Tra le domande proposte dall’attrice nei confronti di tutte e tre le convenute sussisterebbe tale connessione, poiché esse mirano all’accertamento della indebita escussione delle garanzie e controgaranzie per la corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore e del comportamento doloso della committente e della garante principale che avrebbe comportato, a catena, la rivalsa della controgarante. Il cumulo soggettivo non è nemmeno pretestuoso, ossia realizzato al solo fine di determinare lo spostamento della competenza giurisdizionale per ragioni di connessione, perché dalla prospettazione della domanda risulta che ciascun convenuto non è estraneo alla pretesa fatta valere in giudizio.
4. Il nuovo orientamento dei giudici di merito relativamente a vicende che coinvolgono paesi dello Spazio Giuridico Europeo
Negli ultimi anni, i Tribunali di Roma e di Milano si sono finalmente discostati da questo orientamento, in diversi procedimenti cautelari avviati in relazione a garanzie rilasciate nel contesto di contratti di appalto da eseguirsi in uno Stato membro dell’Unione Europea.
Esaminando il complesso delle pattuizioni contrattuali nei diversi rapporti coinvolti e facendo leva sui principi di prevedibilità del risultato dell’applicazione delle norme sulla competenza giurisdizionale e del rispetto dell’autonomia delle parti relativamente alla scelta del foro competente nel contesto dello spazio giuridico europeo, i giudici hanno escluso la sussistenza della giurisdizione italiana in relazione alle domande cautelari relative alle garanzie principali e in due casi anche in relazione alle domande relative alle garanzie principali.
Dopo un breve riepilogo delle disposizioni rilevanti, esamineremo il nuovo orientamento giurisprudenziale espresso dalle Corti.
a. Le disposizioni del Regolamento
Le vicende in esame presentano elementi di collegamento con l’ordinamento di un altro Stato membro dell’Unione Europea; quindi, l’individuazione della giurisdizione deve avvenire sulla base dei principi espressi nel Regolamento.
In primo luogo, l’art. 35 stabilisce che i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti all’autorità giurisdizionale di detto Stato anche se la competenza a conoscere del merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. Dunque, i provvedimenti cautelari possono essere emessi dall’autorità giurisdizionale competente a conoscere il merito della vicenda, oppure dall’autorità del luogo in cui la misura deve essere eseguita, con limitazione dell’efficacia, in quest’ultimo caso, al territorio dello Stato membro richiesto (considerando n. 33).
Quanto all’individuazione del giudice competente a conoscere del merito, secondo la disciplina prevista dall’art. 4, le persone sono generalmente convenute davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui sono domiciliate e possono essere convenute davanti alle autorità di un altro Stato membro solo nel rispetto delle disposizioni dello stesso Regolamento, che fissa alcune competenze speciali ed esclusive.
Tra queste, l’art. 8 stabilisce alcune competenze speciali che permettono, per quanto rileva nei casi in esame, di convenire un soggetto domiciliato in uno Stato membro:
- in caso di più convenuti, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui uno degli altri convenuti è domiciliato, se tra le domande esiste un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica per evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili derivanti da una trattazione separata,
- qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale, a meno che quest’ultima non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dalla sua autorità giurisdizionale naturale.
Inoltre, l’art. 25 del Regolamento prevede che, se le parti hanno espressamente convenuto la competenza di un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro a conoscere le controversie derivanti da un determinato rapporto giuridico, quest’autorità sarà competente in via esclusiva, salvo diverso accordo tra le parti.
L’interpretazione delle disposizioni appena richiamate deve avvenire tenendo conto anche dei principi affermati nei considerando del Regolamento. Tra questi evidenziamo:
- il considerando n. 15, secondo cui le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità e si basano sul principio generale della competenza dell’autorità giurisdizionale del domicilio del convenuto, che dovrebbe valere in ogni ipotesi, salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento (di cui al considerando 19);
- il considerando n. 19, secondo cui, fatti salvi i criteri di competenza esclusiva previsti dal Regolamento, deve essere rispettata l’autonomia delle parti relativamente alla scelta del foro competente per i contratti non rientranti nella categoria dei contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro in cui tale autonomia è limitata;
- il considerando n. 22, che fissa l’obiettivo di migliorare l’efficacia degli accordi di scelta esclusiva del foro e di impedire tattiche processuali scorrette;
- il considerando n. 26, che stabilisce la fiducia reciproca nell’amministrazione della giustizia all’interno dell’Unione.
b. L’incompetenza del giudice italiano sulla domanda relativa alla garanzia principale
Per valutare la sussistenza della giurisdizione italiana, i Tribunali hanno ricostruito i rapporti tra le domande, di analogo contenuto, formulate al livello “superiore” ossia quello relativo al rapporto tra il contraente, il beneficiario e il garante principale, e al livello “inferiore”, cioè quello relativo al rapporto fra il contraente ed il controgarante.
Secondo i giudici, la domanda avente per oggetto l’accertamento del carattere abusivo dell’escussione della garanzia principale e la conseguente inibitoria non richiede alcuna valutazione del rapporto di controgaranzia. Al contrario, la domanda riguardante l’inibitoria dell’escussione (o del pagamento) della controgaranzia richiede l’esame di tutte le questioni relative all’eventuale carattere abusivo dell’escussione della garanzia principale. Tuttavia, questa valutazione può essere effettuata in via incidentale, non richiedendo che entrambe le domande siano affrontate nella stessa sede.
I giudici, poi, hanno escluso la sussistenza di un rapporto di connessione rilevante ai sensi dell’art. 8, n. 1) del Regolamento, che potrebbe comportare una deroga al foro pattuito dalle parti attraendo avanti al giudice italiano le domande relative alle garanzie principali.
Innanzitutto, hanno richiamato i principi ispiratori del Regolamento espressi nei considerando e ne hanno derivato la necessità di dare prevalenza al foro prescelto dalle parti, l’inammissibilità di deroghe che non siano riconducibili ad una scelta confliggente operata dalle medesime parti o alla previsione normativa di una giurisdizione esclusiva, l’esclusione di una interpretazione delle ragioni di “opportunità” che possono fondare la connessione che sia tale da vanificare la scelta operata dalle parti.
Inoltre, hanno esaminato il complesso delle pattuizioni contrattuali nei diversi rapporti intercorsi tra le parti e finalizzati alla costituzione di garanzie in relazione al contratto di appalto stipulato tra committente e appaltatore. La vicenda vede l’intervento quale garante di un ente insediato sul territorio di esecuzione dell’appalto e non avente alcun rapporto diretto con l’appaltatore contraente e ciò è evidentemente funzionale, secondo la volontà delle parti, ad assicurare il più stretto collegamento fra la garanzia principale e la giurisdizione del committente e a separarne le sorti rispetto al rapporto di mandato in base al quale la garanzia è stata ordinata, intercorrente fra l’appaltatore e il controgarante italiani. Inoltre, il committente è del tutto estraneo alle previsioni convenzionali in tema di giurisdizione operanti fra il garante e il controgarante e tra il controgarante e l’appaltatore.
Dunque, se tra i contratti di garanzia e controgaranzia può ritenersi sussistente un rapporto di connessione oggettiva tra titoli, questa va ravvisata nel rapporto di accessorietà della controgaranzia rispetto alla garanzia principale prestata in favore del committente. Ne consegue che non è possibile ritenere che la giurisdizione italiana, convenzionalmente determinata nei contratti stipulati dall’impresa con il controgarante italiano, possa determinare l’attrazione della giurisdizione anche in relazione ai rapporti di garanzia instaurati nell’altro Stato membro, ma, semmai, il contrario. Però, secondo i giudici di prima istanza, visto che le parti dei rapporti di mandato hanno espressamente convenuto la giurisdizione del giudice italiano, dovrebbe valutarsi se tra le domande esista un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione e una decisione unica ai sensi dell’art. 8 n. 1 del Regolamento.
In realtà, la trattazione da parte di diversi giudici delle domande di inibitoria relative alle garanzie principali e alle controgaranzie è sicuramente possibile in astratto, dato che ogni valutazione dei rapporti connessi può avvenire in via incidentale senza che ci sia il rischio di pronunce incompatibili, ma solo il rischio di pronunce difformi sulla legittimità o meno dell’escussione. Tuttavia, il fatto che le parti del contratto di mandato abbiano scelto espressamente la giurisdizione del giudice italiano non può che essere il frutto di una scelta consapevole di vedere assumere decisioni difformi sulla legittimità o meno dell’escussione e, quindi, il rischio per l’ente controgarante di essere costretto a pagare la somma oggetto della controgaranzia senza potersi rivalere nei confronti dell’impresa, laddove il giudice straniero non conceda alcuna inibitoria mentre il giudice italiano accolga la domanda di inibitoria della rivalsa nei suoi confronti da parte del controgarante. Tale scelta dovrà, quindi, prevalere su qualsiasi altra ragione di opportunità.
In conclusione, i giudici:
- hanno escluso la sussistenza della giurisdizione italiana in relazione alla domanda cautelare di inibitoria dell’escussione e del pagamento della garanzia principale, evidenziando che, peraltro, tale provvedimento non sarebbe nemmeno destinato ad essere eseguito sul territorio italiano, come richiesto alternativamente dall’art. 35 del Regolamento.
- hanno confermato la giurisdizione italiana in relazione alle domande aventi ad oggetto i rapporti di controgaranzia, che sussisterebbe anche ai sensi dell’art. 35 del Regolamento in quanto il provvedimento dovrebbe essere eseguito in Italia da parte dell’ente italiano.
c. L’incompetenza del giudice italiano sulla domanda relativa alla controgaranzia
In sede di reclamo proposto avverso uno dei provvedimenti esaminati, il Tribunale di Roma si è spinto ancora oltre, portando alle logiche conseguenze il ragionamento svolto dal giudice di prime cure e affermando il difetto di giurisdizione del giudice italiano anche in relazione alle domande cautelari aventi ad oggetto il contratto di controgaranzia emesso dalla banca italiana in favore della banca garante principale[4]. Il principio è stato poi confermato da un’altra ordinanza sempre del Tribunale di Roma in un procedimento cautelare di qualche mese successivo, che ha escluso la propria competenza su tutte le domande pur basandosi sulle motivazioni esaminate nel paragrafo precedente e non su quelle, parzialmente differenti, esposte nella decisione del reclamo che ora esamineremo[5].
Il provvedimento del Collegio in sede di reclamo ha una motivazione articolata. Il punto di partenza è sempre lo schema dei rapporti contrattuali coinvolti nella vicenda secondo la nota configurazione quadrilatera che prevede il rilascio della garanzia principale da parte di un soggetto che ha sede nello stesso paese del committente beneficiario e il contestuale rilascio di una controgaranzia da parte di un soggetto con sede nel paese dell’impresa appaltatrice, con la quale il controgarante garantisce specularmente il garante principale.
Il Collegio, nel riesaminare la decisione del primo giudice, ha ritenuto che la stretta relazione esistente tra garanzia principale e controgaranzia, in cui le sorti della seconda dipendono automaticamente da quelle della prima, debba essere configurata in termini di subalternità della controgaranzia rispetto alla garanzia principale. Va riconosciuta, quindi, l’esistenza di un rapporto di connessione per accessorietà tra la domanda di inibitoria relativa alla garanzia principale e quella relativa alla controgaranzia. Tutte le domande mirano all’accertamento dell’indebita escussione delle garanzie principali da parte del beneficiario e della conseguente indebita escussione delle controgaranzie. In entrambi i casi, rileva il collegio, “il fattore alla base della verifica del carattere abusivo dell’escussione tanto della garanzia, quanto della controgaranzia è unico: l’exceptio doli del beneficiario”.
Tale rapporto di connessione, quindi, pur essendo idoneo a derogare la giurisdizione convenzionale esclusiva, non andrebbe inquadrato nell’ipotesi generale prevista dall’art. 8, n. 1 del Regolamento, ma sarebbe un vincolo di accessorietà idoneo a legittimare l’attrazione della domanda accessoria dinanzi al foro convenzionale esclusivo della domanda principale.
La regola dell’attrazione della domanda accessoria davanti al giudice competente per la causa principale, prevista nel nostro ordinamento dall’art. 32 c.p.c. in relazione alla domanda di garanzia e, in termini più generali dall’art. 31 c.p.c. con riferimento a tutte le domande accessorie, trova applicazione anche nelle fattispecie disciplinate dal Regolamento. Secondo i giudici del reclamo, infatti, il principio è espresso dalle due ipotesi di cui all’art. 8, n. 2 del Regolamento laddove prevede che una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta anche “davanti all’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta la domanda principale” qualora si tratti di chiamata in garanzia o altra chiamata di terzo, a meno che la domanda principale “non sia stata proposta solo per distogliere colui che è stato chiamato in causa dalla sua autorità giurisdizionale naturale”.
Dunque, se vengono proposte una domanda principale e una domanda accessoria nei confronti di più convenuti e si è in presenza di più clausole di proroga della giurisdizione tra loro confliggenti nella scelta del giudice nazionale, la giurisdizione non si radica dinanzi all’autorità giurisdizionale di un qualsiasi Stato membro tra quelli convenzionalmente designati dalle parti, bensì dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro a cui le parti del rapporto principale hanno devoluto la giurisdizione.
Il rapporto di accessorietà sussiste non solo tra la domanda principale e quella di garanzia, ma anche nel caso di una garanzia autonoma principale a cui accede una seconda controgaranzia in rapporto di evidente subordinazione. Nel caso di specie le parti della garanzia principale hanno concordato la giurisdizione di un altro Stato membro, mentre quelle della controgaranzia hanno convenuto la giurisdizione italiana. Allora, è la domanda accessoria di inibitoria della escussione della controgaranzia che, se proposta congiuntamente a quella principale, deve essere necessariamente attratta dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato membro competente sulla domanda principale.
Una diversa conclusione sarebbe contraria ai principi ispiratori del Regolamento, già richiamati nell’ordinanza reclamata, perché comporterebbe che il beneficiario della garanzia principale, nonostante abbia chiesto ed ottenuto una garanzia rilasciata da un soggetto con sede nel proprio paese e che prevede la giurisdizione del giudice di quello Stato, possa subire ugualmente una deroga alla giurisdizione convenzionale esclusiva, attraverso la previsione di una clausola confliggente contenuta in un separato contratto rispetto al quale esso è rimasto del tutto estraneo. Pertanto, va data prevalenza al foro prescelto dalle parti a cui non possono ammettersi deroghe se non riconducibili ad una scelta confliggente operata dalle stesse parti o alla previsione normativa di una giurisdizione esclusiva.
In questa prospettiva, il Tribunale non può neppure operare una separazione delle domande mediante il riconoscimento della giurisdizione italiana per quella accessoria e il disconoscimento per quella principale. La clausola con la quale le parti del rapporto principale di garanzia hanno convenuto la giurisdizione del giudice dello Stato membro del beneficiario determina l’attrazione dinanzi a quel foro della giurisdizione anche sulle domande che si fondano sul rapporto subordinato di garanzia.
Il Collegio, dunque, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano su tutte le domande connesse per accessorietà proposte dinanzi al giudice italiano.
5. Commento
L’orientamento espresso dai provvedimenti esaminati è senz’altro condivisibile, perché tiene conto dell’evoluzione del sistema giuridico europeo e fornisce l’unica interpretazione ragionevole delle norme comunitarie che regolano l’individuazione della giurisdizione in materia civile e commerciale alla luce dei principi e degli obiettivi espressi dal legislatore europeo nel Regolamento in tutti i casi in cui sussistano degli elementi di collegamento con altri Stati membri.
Non si può, oggi, non tenere conto di questa evoluzione che potremmo definire “culturale”, espressa a livello europeo nell’elaborazione dei principi esaminati per l’individuazione del giudice competente e che si basa sulla fiducia reciproca nell’amministrazione della giustizia tra gli Stati membri nel contesto dello spazio giudiziario europeo. In questi casi, non potrà più essere applicato l’orientamento tradizionale, che era stato inizialmente elaborato in vicende che vedevano coinvolti soggetti di Stati terzi non appartenenti all’Unione Europea, ma che era poi stato mantenuto anche in controversie tra soggetti appartenenti a diversi Stati membri.
Nel generale apprezzamento per l’orientamento espresso nei provvedimenti esaminati, solleviamo alcuni ulteriori spunti di riflessione.
Il primo riguarda la fattispecie concreta e la configurazione dei rapporti tra le parti. I giudici ne hanno ben contezza avendola più volte descritta nei provvedimenti, ma nell’argomentare la decisione a volte scontano alcune imprecisioni. Il rapporto di controgaranzia è quello più bistrattato o perché sovrapposto al rapporto di mandato o perché ne vengono confuse le previsioni.
Il Giudice del reclamo, ad esempio, ripete più volte che le parti del contratto di controgaranzia hanno convenuto la giurisdizione italiana. In realtà, non è così: anche le controgaranzie, le cui parti del rapporto sono il controgarante (ente italiano) e il beneficiario (il garante principale straniero), generalmente individuano quale giudice competente per ogni controversia quello del luogo di esecuzione dell’appalto e sede del garante principale. Sono rari i casi in cui il garante principale, che ne è il beneficiario, acconsenta a ricevere una controgaranzia la cui sorte è legata automaticamente a quella della garanzia principale, ma che preveda un diverso foro competente a dirimere le controversie. Ciò che interessa al garante principale, infatti, è poter legare le sorti della controgaranzia a quelle della garanzia principale in caso di escussione di quest’ultima da parte del beneficiario, per essere immediatamente garantito.
Quindi, l’unico rapporto in cui è prevista la giurisdizione italiana è quello di mandato tra contraente e controgarante, sulla base del quale le garanzie sono state emesse e che, pur riproducendo il contenuto della controgaranzia che l’ente italiano si impegna ad emettere in favore dell’ente straniero, non individua lo stesso rapporto.
Una seconda considerazione riguarda il rapporto tra l’art 25 e l’art. 8 n. 1 del Regolamento, laddove i giudici hanno affermato che la sussistenza di un rapporto di connessione sarebbe suscettibile di comportare una deroga al criterio del foro convenuto dalle parti. La lettura dei considerando del Regolamento, però, pone alcune perplessità rispetto a quest’affermazione.
Infatti, se il considerando 15 ammette la deroga del foro generale del domicilio del convenuto in ragione sia della materia del contendere (per competenze speciali o esclusive individuate nel Regolamento stesso) sia dell’autonomia delle parti, il considerando 19 limita la deroga al foro scelto dalle parti soltanto in virtù dei criteri di competenza esclusiva previsti dal Regolamento, tra i quali non rientrano le ragioni di connessione previste dall’art. 8. La scelta delle parti, quindi, dovrebbe prevalere in ogni caso, salvo che nelle ipotesi in cui si tratti di contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro o in cui il Regolamento abbia stabilito delle competenze esclusive e salva l’ulteriore ipotesi di una scelta confliggente operata dalle stesse parti.
Infine, un’ulteriore considerazione riguarda la possibilità di applicare i principi affermati dalle Corti di merito in relazione a casi in cui sono coinvolti soggetti appartenenti a Stati membri anche nei casi in cui siano coinvolti enti appartenenti a Stati terzi.
Questa opzione sembrerebbe percorribile sulla base dell’ormai consolidato orientamento della Corte di cassazione sull’interpretazione quale rinvio “mobile” del rinvio contenuto nell’art. 3, 2° comma, della L. 218/1995 alla Convenzione di Bruxelles e, in particolare, ai criteri di cui alle sezioni 2°, 3° e 4° del titolo 2 della stessa. Dunque, quando si tratta di una delle materie già comprese nell’ambito di applicazione della convenzione di Bruxelles del 1968, la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento n. 1215 del 2012 che ha sostituito il Regolamento n. 44 del 2001, a sua volta sostitutivo della Convenzione. Tra i criteri richiamati, rientrano anche le competenze speciali corrispondenti all’articolo 8 del Regolamento, sulla base delle quali le ordinanze richiamate hanno escluso la sussistenza della giurisdizione italiana. Ad oggi, tuttavia, non risultano precedenti che affrontino la questione.
In conclusione, anche se probabilmente ci vorrà del tempo affinché la lettura maggiormente in linea con la normativa comunitaria prenda piede quanto meno nella forma “lieve” in relazione alle domande sui rapporti di garanzia, è un orientamento assolutamente innovativo di cui dovranno tenere conto sia le imprese italiane che si aggiudicano dei contratti di appalto all’estero sia gli istituti garanti e controgaranti, nella redazione della documentazione contrattuale e nella complessiva valutazione dei rischi relativi al rapporto.
[1] Tribunale di Roma, ordinanza 10 agosto 2019, dott. Vittorio Carlomagno; Tribunale di Roma, ordinanza 3 ottobre 2019, dott.ssa Laura Centofanti; Tribunale di Milano, ordinanza 16 settembre 2002, dott. Claudio Antonio Tranquillo.
[2] Tribunale di Roma, ordinanza 11 ottobre 2019, G.r. dott. Fausto Basile.
Segnaliamo che tutti i procedimenti di cui alla nota 1 e alla nota 2 ci hanno visti direttamente coinvolti come difensori dell’ente beneficiario delle garanzie principali, un ente pubblico polacco.
[3] Tribunale di Roma, ordinanza 11 febbraio 2020, dott. Vittorio Carlomagno (procedimento che coinvolgeva un ente pubblico ceco).
[4] Tribunale di Roma, ordinanza 11 ottobre 2019.
[5] Tribunale di Roma, ordinanza 11 febbraio 2020.