La presente nota è volta a fornire alcune brevi osservazioni in merito al contenuto della risposta dell’Agenzia delle Entrate ad istanza di interpello n. 631 del 29 settembre 2021, avente ad oggetto l’applicabilità del regime di esenzione IVA a determinati servizi di consulenza forniti da un advisor ad una SGR nel contesto della gestione di FIA.
I chiarimenti forniti dall’amministrazione finanziaria risultano di interesse in quanto dall’applicazione dei principi ivi riportati potrebbe derivare dal punto di vista sostanziale un risparmio finanziario in termini di IVA per il settore del risparmio gestito con particolare riguardo alla fase iniziale di strutturazione e raccolta dei FIA (fund raising) nel corso della quale ricopre un ruolo fondamentale l’attività dei c.d. placement agent.
1. La fattispecie oggetto dell’istanza di interpello
Nella fattispecie in esame, l’istante è una società di gestione del risparmio (“SGR”) in procinto di ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di gestione collettiva del risparmio ai sensi degli articoli 34 e 35-undecies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“TUF”) da realizzarsi attraverso l’istituzione, gestione e commercializzazione di organismi di investimento collettivi del risparmio alternativi di cui all’articolo 1, lett. m-ter), del TUF (c.d. “FIA”).
La SGR ha stipulato con un advisor un contratto di consulenza al fine di ricevere assistenza e supporto con riferimento alle strategie di gestione e commercializzazione del FIA. In particolare, i presenti servizi consistono nella (i) definizione della strategia e delle politiche di investimento del FIA per quanto riguarda, inter alia, le caratteristiche delle società target e l’identificazione dei settori più coerenti con tale strategia; e (ii) pianificazione e attuazione di talune attività connesse con la commercializzazione delle quote del FIA.
Le attività dell’advisor sono remunerate con una c.d. retainer fee e una c.d. success fee, quest’ultima determinata sulla base della raccolta effettiva del FIA e corrisposta al netto della retainer fee.
Nella risposta viene evidenziato, inter alia, che nello svolgimento dei servizi oggetto del contratto, l’advisor non eserciterà attività riservate dalla legge a soggetti iscritti in albi o elenchi.
A tal proposito, la SGR chiede all’amministrazione finanziaria se i servizi di consulenza resi dall’advisor possano beneficiare del regime di esenzione da IVA di cui all’articolo 10, primo comma, n. 1), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, il “Decreto IVA”) ovverosia se sia possibile ricondurre detti servizi tra quelli di “gestione di fondi comuni di investimento”.
2. La nozione di “gestione di fondi comuni di investimento” nella normativa interna e secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la prassi dell’amministrazione finanziaria
All’articolo 10, primo comma, n. 1) del Decreto IVA troviamo un’eccezione al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso: secondo tale eccezione “le prestazioni di servizi concernenti … la gestione di fondi comuni di investimento” si qualificano come operazioni esenti da IVA. Il dettato normativo italiano è in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE.
A tal proposito, è opportuno tenere in considerazione due aspetti: il primo riguarda l’interpretazione restrittiva della presente deroga; il secondo fa riferimento all’assenza nel nostro ordinamento (così come in quello comunitario) di una definizione di “servizi di gestione di fondi comuni di investimento”.
In tale contesto, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE (“CGEU”) ha più volte affermato che “rientrano nella “gestione” di un fondo comune d’investimento non solo la gestione degli investimenti, comprendente la scelta e la cessione degli elementi patrimoniali oggetto di tale gestione, ma anche le prestazioni di amministrazione e contabilità, quali la determinazione degli utili e del prezzo delle quote o delle azioni del fondo, le valutazioni dei patrimoni, la contabilità, la preparazione di dichiarazioni per la distribuzione degli utili, il rilascio di informazioni e di documenti per i conti periodici e per le dichiarazioni fiscali, statistiche e IVA, nonché la preparazione e la previsione di utili”[1].
Con riferimento all’applicazione del presente regime di esenzione IVA ai servizi di “gestione di fondi comun di investimenti” prestati da un soggetto terzo (rispetto alla SGR), la CGEU ha chiarito inoltre che, l’attività di “gestione di fondi comuni di investimento” … “è definita in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non del prestatore o del destinatario del servizio”[2].
In particolare, l’esenzione può trovare applicazione nel caso in cui i servizi prestati dal terzo formino “un insieme distinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali” dell’attività di gestione di un fondo comune di investimento[3].
Un altro aspetto che in tale contesto assume particolare rilevanza è la nozione di “fondi comuni di investimento”. A tal proposito, la CGEU ha chiarito che in tale definizione sono ricompresi gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (c.d. OICVM, disciplinati dalla direttiva 85/61/CEE), che hanno per oggetto esclusivo “l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi”; nonché quelli che, pur non costituendo OICVM, “presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano, quindi, le stesse operazioni, o quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi”[4].
Da ultimo è opportuno notare come nella giurisprudenza della CGUE sia stato affermato il principio secondo il quale il regime di esenzione IVA dei servizi di “gestione dei fondi comuni di investimento” risulti applicabile anche senza “esternalizzazione” a favore del prestatore del servizio o autorizzazione ai fini regolamentari dello stesso[5].
Con diversi documenti di prassi, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito ai principi e ai criteri da tenere in considerazione al fine di individuare le attività che si possono ricondurre all’interno dei servizi di “gestione dei fondi di investimento” recependo, sostanzialmente, gli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati[6].
Nella più recente prassi in materia (cfr. risposte ad istanza di interpello n. 628 del 28 dicembre 2020 e n. 527 del 6 agosto 2021), l’Agenzia delle Entrate ha ricondotto nell’ambito del regime di esenzione IVA alcune fattispecie di servizi di consulenza resi a favore di SGR frequentemente riscontrabili nelle strutture internazionali (e.g. intervento di advisory company localizzate in paesi diversi da quelli di residenza della SGR) ovvero nei casi in cui la politica di investimento del FIA richieda consulenze tecniche di elevato profilo in termini di know-how (si pensi, ad esempio, ai settori ad alto contenuto scientifico/tecnologico quali tech, digital, ICT o healthcare).
In tali circostanze, l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che i servizi c.d. di origination, assessment, valuation, due diligence emonitoring degli investimenti effettuati e/o potenziali possano essere qualificabili come prestazioni “intrinsecamente connesse e complessivamente funzionali alla attività di gestione propria della SGR” e pertanto riconducibili nella nozione di “gestione di fondi comuni di investimento” esente da IVA.
3. Conclusioni dell’Agenzia delle Entrate nella risposta ad istanza di interpello n. 631 del 29 settembre 2021 e risvolti pratici
Con la risposta in oggetto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che anche i servizi di consulenza forniti alle SGR e finalizzati all’istituzione e commercializzazione dei FIA sono riconducibili tra quelli di “gestione del fondo comune d’investimento” che beneficiano del regime di esenzione.
Nel caso di specie tale regime è stato ritenuto applicabile una volta che la SGR sia stata autorizzata ad operare come SGR gestore di FIA e nel presupposto che il fondo di investimento in questione sia equiparabile agli OICVM (fattispecie quest’ultima che chi scrive ritiene verificata, cfr. anche cfr. sentenza CGUE 9 dicembre 2015, causa C-595/13, Fiscale Eenheid).
Non dovrebbero esserci dubbi in merito al fatto che la fattispecie descritta nella risposta faccia riferimento alla struttura contrattuale tipica dei servizi resi dai c.d. placement agent laddove l’attività dell’advisor si concretizza, solitamente, in due fasi:
- definizione della strategia e delle politiche di investimento del FIA circa la selezione delle società target (servizio di consulenza “generico”); e
- pianificazione di attività di commercializzazione delle quote del FIA (incontri con potenziali investitori, strategia di approccio, predisposizione di questionari di due diligence e documentazione informativa e di marketing svolti nel contesto dell’attività di fund raising).
In applicazione dell’interpretazione resa dall’amministrazione finanziaria, si dovrebbe poter concludere che i corrispettivi dovuti all’advisor/placement agent siano esenti da IVA. In particolare, secondo l’Agenzia delle Entrate, sarebbero esenti tutti i corrispettivi, non soltanto la c.d. success fee parametrata alla raccolta effettiva del FIA.
Vale la pena segnalare alcune precedenti interpretazioni della prassi con le quali l’amministrazione ha distinto tra (i) servizi “generici” e (ii) servizi “essenziali” alla gestione di fondi comuni di investimento, ritenendo i primi imponibili IVA ed i secondi esenti. In particolare, con riferimento al ruolo delle banche depositarie, è stato precisato che non rientrano nella nozione di “gestione di fondi comuni di investimento” i servizi “generici” di custodia del patrimonio e le funzioni di controllo e di sorveglianza svolti dalle banche depositarie mentre il servizio di determinazione del valore della quota di ciascun fondo, delegato dalla SGR a un soggetto terzo (tra cui la banca depositaria), può fruire del regime di esenzione poiché costituisce una funzione specifica ed essenziale riconducibile alla complessiva gestione dei fondi comuni d’investimento[7].
Seguendo tale ultima impostazione interpretativa, sarebbe stato ragionevole distinguere, anche nel caso di cui alla istanza di interpello in esame, tra le seguenti fattispecie:
- per la componente commissionale relativa ai servizi “generici”, aventi natura meramente consulenziale, remunerata tramite la retainer fee, l’applicazione dell’IVA con aliquota ordinaria;
- la componente commissionale relativa all’attività di vera e propria intermediazione, solitamente remunerata tramite success fee in percentuale sul commitment raccolto, quale fattispecie esente in quanto qualificabile nell’ambito dei servizi di “gestione di fondi comuni di investimento” esenti IVA ovvero delle prestazioni di “mediazione, intermediazione e mandato” anch’esse esenti da IVA in base al combinato disposto dei numeri 4) e 9) dell’articolo. 10, primo comma, del Decreto IVA.
Ad ulteriore riscontro della precedente distinzione tra i regimi IVA delle diverse componenti della placement agent fee era possibile fare riferimento anche a posizioni di prassi dell’amministrazione finanziaria del Regno Unito (cfr. VAT Notice n. 701/49 del 27 febbraio 2019, paragrafo 6.10), la quale ha precisato che, ai fini IVA: “if you arrange the issue or placements of securities, whether as offers for sale, rights issues, cash offers, vendor placings or bids with underwritten cash alternatives, including the service of co-ordinating an issue when a number of participants are involved in the share or other placings, your service is exempt. The provision of advice is taxable”.
Da ultimo, preme sottolineare come la novità interpretativa in commento non dovrebbe influire in merito alla qualifica ai fini IVA dei servizi c.d. di “segnalazione di pregi” i quali sono generalmente considerati imponibili. Difatti, tali servizi si caratterizzano per una minore “pervasività” del consulente nel contesto della più complessa attività di fund raising così come descritta anche nella risposta in esame.
Tantomeno tale servizio risulterebbe conforme alla definizione di “negoziazione”/”mediazione” (anch’essa esente IVA) fornita dalla CGUE (cfr. sentenza del 7 marzo 2013, causa C-275/11, GfBk) e dalla prassi della Commissione Europea (cfr. Working Paper del Comitato IVA n. 849 del 22 aprile 2015), secondo cui:
- “il concetto di “negoziazione” si riferisce ad un servizio reso da un intermediario come una distinta attività di mediazione, il cui scopo è quello di fare tutto ciò che è necessario perché due parti concludano un contratto, senza che l’intermediario abbia alcun interesse proprio nei termini del contratto.
- i servizi consistenti nella fornitura di consulenza d’investimento in materia di titoli devono essere visti come attività di negoziazione soltanto quando l’attività soddisfa le condizioni di una distinta attività di mediazione;
- un servizio di consulenza in materia di investimenti in titoli in cui il prestatore del servizio di consulenza non è coinvolto nella negoziazione e conclusione del contratto tra il cliente e la parte che promuove i titoli non rientra nel campo di applicazione dell’articolo 135 (1) (f), della direttiva IVA”(i.e. l’esenzione prevista dal combinato disposto dei numeri 4) e 9) dell’articolo. 10, primo comma, del Decreto IVA).
Nella pratica, solitamente, i prestatori di tali servizi di “segnalazione di pregi” si limitano ad una mera segnalazione di potenziali investitori: non risulterebbe dunque possibile riscontrare alcuni dei requisiti per l’applicazione di uno dei regimi di esenzione IVA citati (“gestione di un fondo comune di investimento” ovvero “negoziazione”/”mediazione”).
[1] Cfr. CGEU, sentenza del 17 giugno 2021, cause riunite C-58/20 e C-59/20, K e DBKAG, punto 50; sentenza del 9 dicembre 2015, causa C-595/13, Fiscale Eenheid, punto 73; sentenza del 13 marzo 2014, causa C464/12, ATP Pension Service A/S, punto 68; sentenza del 7 marzo 2013, causa C-275/11, GfBk, punto 27; sentenza del 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National, punti 26, 63 e 64.
[2] Cfr. CGEU, sentenza del 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National, punto 66; sentenza del 7 marzo 2013, causa C-275/11, GfBk, punto 20.
[3] Cfr. CGEU sentenza del 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National; sentenza del 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank; sentenza del 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP PensioneService A/S.
[4] Cfr. CGEU sentenza del 28 giugno 2007, causa C-363/05; sentenza del 19 luglio 2012, C-44/11; sentenza del 7 marzo 2013, C-424/11; sentenza del 13 marzo 2014, causa C464/12 e sentenza del 9 dicembre 2015, causa C-595/13.
[5] Cfr. CGUE sentenza del 7 marzo 2013, causa C-275/11, GfBk, punti 20 e 32 e conclusioni Avvocato Generale secondo cui “nella misura in cui il termine “gestione” include servizi che non comportano il cambiamento di situazioni giuridiche, l’assenza di un’autorizzazione che permetta la delega alla GfBk non condiziona l’applicazione dell’esenzione prevista nel citato articolo”.
[6] Cfr. risoluzione n. 75/E del 20 aprile 2007, risoluzione n. 97/E del 17 dicembre 2013 e risoluzione n. 61/E del 8 agosto 2018, risposta n. 65 del 20 febbraio 2019.
[7] Cfr. risoluzione n. 97/E del 17 dicembre 2013 e risoluzione n. 26/E del 6 aprile 2018.