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L’obbligo di fornire informazioni desumibile dagli artt. 21 del Testo Unico della Finanza e 28 del Reg. Consob n. 11522/1998 è un obbligo “attivo”, composto da un contenuto oggettivo, caratterizzato da un nucleo di dati oggettivamente riferibile agli investimenti che si intendono proporre contrattualmente ed eseguire, ed uno soggettivo, che condiziona la valutazione dell’assolvimento dell’obbligo, ma non lo esaurisce.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17290 del 24 agosto 2016 si occupa della validità di un contratto di gestione di portafogli di investimento, stipulato da più soggetti per il tramite di un promotore finanziario, (ma trattato effettivamente da uno solo degli stipulanti) e della diligenza adottata dall’intermediario nello svolgimento del citato contratto.
Con riferimento all’adeguatezza dell’informazione, la Suprema Corte specifica che la stessa va rapportata al rappresentato e non al rappresentante (l’attività decisionale era in capo all’ “investitore principale”, ma tutti gli intestatari avevano preso visone e ricevuto il documento sui rischi degli investimenti).
Il fulcro del problema riscontrato era però quello del profilo di rischio dell’investitore (le informazioni sulla propensione del rischio non erano state fornite all’intermediario) e della mancata indicazione del grado di rischio per ciascuna linea di gestione. Sul punto, la Cassazione, sottolineando la necessità di un obbligo “attivo” da parte dell’intermediario nel fornire le informazioni, nel caso di specie ha chiarito che le previsioni delle condizioni generali di contratto si palesano come mera indicazione del limite contrattuale, sussistendo una chiara mancanza del contenuto descrittivo informativo in ordine agli investimenti.
L’indicazione del limite estremo del rischio connesso alla gestione può pertanto essere uno dei criteri della preventiva valutazione dell’adeguatezza ma non è idoneo a integrare, isolatamente, l’obbligo di assumere le informazioni necessarie al fine di formulare proposte di investimento adeguate.