Il quadro normativo e regolamentare in materia di gestione collettiva del risparmio è stato di recente innovato ad opera del recepimento in Italia della Direttiva 2011/61/EU (meglio nota come AIFMD) e del Regolamento Delegato (EU) 231/2013 (il Regolamento Delegato), tenuto peraltro conto di quanto espresso nelle Guidelines on key concepts of the AIFMD emanate dall’ESMA il 13 agosto 2013[1].
In punto di premessa, giova rammentare che la AIFMD si inserisce all’interno di un processo di strutturale riforma dei mercati finanziari e dell’offerta di prodotti finanziari e servizi di investimento avviato dal legislatore comunitario contestualmente al conclamarsi della crisi finanziaria internazionale che ha investito a livello trasversale tutti i comparti del risparmio amministrato, gestito e previdenziale; la particolare novità della AIFMD, dedicata, come noto, ai fondi di investimento c.d. “alternativi” (FIA) – solitamente riconducibili ai fondi di private equity e venture capital, hedge funds, fondi immobiliari, infrastrutturali e a tutti i veicoli di investimento che perseguono una strategia di impiego di capitali finalizzata ad obiettivi di rendimento e di assunzione del rischio non rientranti nel perimetro di applicazione della Direttiva 2009/65/EU (meglio nota come UCITS IV)[2] – deriva dal diverso approccio adottato dal legislatore, il quale non ha inteso regolamentare direttamente i fondi e/o veicoli di investimento, ma rivolgersi ai gestori dei FIA attraverso un coacervo di norme concernenti l’accesso al mercato (i.e. autorizzazione), il funzionamento e la trasparenza dei comportamenti[3].
Il quadro normativo domestico di attuazione della AIFMD è giunto a definizione il 3 aprile 2015, a seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni attuative del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e s.m.i. (il Testo Unico della Finanza), come emendato ad opera del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 44. Segnatamente, la Banca d’Italia e la CONSOB, nell’ambito delle rispettive competenze, hanno operato emendamenti al:
- Provvedimento della Banca d’Italia del 19 gennaio 2015 (il Regolamento OICR), recante il nuovo “Regolamento sulla Gestione Collettiva del Risparmio”, che ha abrogato e sostituito il Provvedimento della Banca d’Italia del 8 maggio 2012 e s.m.i.;
- Provvedimento congiunto Banca d’Italia – CONSOB del 19 gennaio 2015 (il Regolamento Congiunto), di modifica del “Regolamento congiunto in materia di organizzazione e procedure degli intermediari” del 29 ottobre 2007.
Gli emendamenti al suddetto quadro regolamentare si sono esauriti con l’emanazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze del Decreto Ministeriale n. 30 del 5 marzo 2015, che ha novellato il precedente Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 228/99.
Nel seguito si offre una panoramica delle principali novità dei citati provvedimenti limitatamente agli aspetti organizzativi, a cui le SGR sono state chiamate ad adeguarsi prontamente al fine di avviare o proseguire lo svolgimento dei propri servizi ed attività nei confronti di FIA conformemente alle nuove norme citate. E’ appena il caso di sottolineare, invero, che nell’ambito della normativa di secondo livello si è palesata la necessità di definire un corpus regolamentare omogeneo sia con riferimento ai GEFIA che ai gestori di fondi diversi dai FIA (c.d. OICVM), dal momento che una medesima SGR può gestire entrambe le tipologie di prodotti[4]; tale obiettivo è stato raggiunto dalle Autorità regolatrici facendo ampio ricorso alla tecnica del rinvio normativo, che ha espressamente esteso l’applicazione anche ai gestori di OICVM degli articoli del Regolamento Delegato.
I requisiti generali di organizzazione
Il Regolamento OICR ed il Regolamento Congiunto, sul solco della disciplina previgente, ricalcano una precisa e dettagliata disciplina organizzativa dei GEFIA volta ad assicurare la sana e prudente gestione, il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale di questi nell’ambito della prestazione dei servizi autorizzati.
Sulla base del nuovo assetto regolamentare, dunque, le SGR sono tenute ad adottare (i) dispositivi di governo societario solidi e strutturati[5]; (ii) un sistema di gestione del rischio dell’impresa efficace ed efficiente; (iii) misure che assicurino che i soggetti rilevanti conoscano le procedure da seguire per il corretto esercizio dei propri compiti e l’assunzione delle relative responsabilità; (iv) idonei meccanismi di controllo interno volti a garantire il rispetto delle decisioni e delle procedure a tutti i livelli gerarchici e funzionali; (v) politiche e procedure volte ad assicurare che il personale sia provvisto delle qualifiche, delle conoscenze e delle competenze necessarie per l’esercizio delle responsabilità loro attribuite; (vi) a tutti i livelli pertinenti, un sistema efficace di segnalazione interna e di comunicazione delle informazioni; (vii) criteri e procedure volti a garantire che l’affidamento di funzioni multiple ai soggetti rilevanti non impedisca e non sia tale da potere probabilmente impedire loro di svolgere in modo adeguato e professionale una qualsiasi di tali funzioni; (viii) procedure e sistemi idonei a tutelare la sicurezza, l’integrità e la riservatezza delle informazioni, tenendo conto della natura delle informazioni medesime; (ix) politiche, sistemi, risorse e procedure per la continuità e la regolarità dei servizi[6]; (x) politiche e procedure contabili che consentano di fornire tempestivamente alle autorità di vigilanza documenti che presentino un quadro fedele della posizione finanziaria ed economica e che siano conformi a tutti i principi e a tutte le norme anche contabili applicabili.
I meccanismi di governo societario
In linea di prima analisi, uno degli aspetti di maggiore rilevanza tra gli emendamenti realizzati ha riguardato proprio i compiti ed i ruoli degli organi aziendali, per i quali è stato condotto un raccordo tra le definizioni contenute nei testi comunitari (i.e. senior management e management body) e nel Regolamento Congiunto (i.e. organo con funzione di supervisione strategica ed organo con funzione di gestione, organo di controllo) al fine di renderle maggiormente aderenti con il sistema civilistico nazionale. In tale ambito, sono state delineate le responsabilità degli organi in continuità con quanto previsto dalla disciplina vigente.
Tanto premesso, i GEFIA sono tenuti a:
a) definire una ripartizione di compiti tra organi aziendali e all’interno degli stessi tale da assicurare il bilanciamento dei poteri e un’efficace e costruttiva dialettica;
b) adottare idonee cautele, regolamentari e organizzative, volte a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli sulla gestione derivanti da un eventuale accentramento di funzioni[7] in capo al medesimo soggetto;
c) assicurare una composizione degli organi aziendali, per numero e professionalità, che consenta l’efficace assolvimento dei compiti attribuiti.
Da ultimo, il processo della formazione delle decisioni in seno agli organi aziendali deve essere dettagliatamente riflesso nei verbali delle rispettive riunioni.
A) Gli Organi Sociali
Organo con funzione di supervisione strategica
Secondo le norme contenute nel Regolamento Congiunto, l’organo con funzione di supervisione strategica:
(i) individua gli obiettivi e le strategie della SGR, definendo le politiche aziendali e quelle del sistema di gestione del rischio e ne valuta periodicamente la corretta attuazione e la coerenza con l’evoluzione dell’attività;
(ii) approva la struttura organizzativa della SGR, ivi inclusa l’attribuzione di compiti e responsabilità, le procedure aziendali e le funzioni di controllo e ne valuta periodicamente l’adeguatezza;
(iii) valuta che il sistema di flussi informativi adottato dalla SGR sia adeguato, completo ed efficace.
Organo con funzione di gestione
L’organo con funzione di gestione, con riferimento ai servizi prestati dalla SGR, inter alia:
(i) attua le politiche aziendali, inclusa la politica di gestione del rischio, definite dall’organo con funzione di supervisione strategica e ne verifica l’adeguatezza e l’efficace implementazione;
(ii) cura costantemente l’adeguatezza dell’assetto delle funzioni aziendali e della suddivisione dei compiti e delle responsabilità;
(iii) definisce i flussi informativi volti ad assicurare agli organi aziendali la conoscenza dei fatti di gestione rilevanti;
(iv) riferisce all’organo con funzione di supervisione strategica e all’organo di controllo periodicamente, e comunque almeno ogni due mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione.
Organo con funzioni di controllo
All’organo con funzioni di controllo sono attribuiti compiti e poteri necessari al pieno ed efficace assolvimento dell’obbligo di rilevare le irregolarità nella gestione e le violazioni delle norme disciplinanti la prestazione dei servizi.
Nello svolgimento dei propri compiti l’organo con funzioni di controllo può avvalersi di tutte le unità operative aventi funzioni di controllo all’interno dell’azienda.
B) Le funzioni di controllo aziendale
I GEFIA istituiscono e mantengono funzioni permanenti, efficaci e indipendenti di controllo di conformità alle norme (c.d. compliance) e, se in linea con il principio di proporzionalità[8], di gestione del rischio dell’impresa (c.d. risk management)[9] e di revisione interna (c.d. internal audit)[10]. Tutte le funzioni aziendali di controllo, indipendentemente dall’assetto delle funzioni di controllo adottato dalla SGR[11], devono comunque essere assistite dall’indipendenza gerarchica e funzionale, disponendo dunque delle risorse e delle competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti, nonché essendo organizzativamente distinte dalle aree soggette a controllo e remunerate in modo tale da non comprometterne l’obiettività.
In aggiunta alla generale tripartizione delle funzioni di controllo di secondo livello, non può fare a meno di rimarcare come il novellato quadro normativo richiede alle SGR anche l’adozione di una funzione di valutazione dei beni in cui investono gli OICR. Ebbene, anche in tale ambito è richiesto che detta funzione di valutazione deve possedere come pre-requisito fondamentale l’indipendenza gerarchica e funzionale dalla funzione di gestione, con ciò intendendo che la medesima può essere posta in capo ad un’altra funzione di controllo, ricorrendone i presupposti in funzione della proporzionalità, ma non a soggetti dotati di deleghe operative[12].
C) L’esternalizzazione di funzioni operative essenziali o importanti
Quando i GEFIA affidano ad un terzo l’esecuzione di funzioni operative essenziali o importanti[13] sono tenuti ad adottare misure ragionevoli per mitigare i connessi rischi. In tal senso, il legislatore ha disposto che l’esternalizzazione non può in alcun modo ridurre l’efficacia del sistema dei controlli né impedire alle Autorità di vigilanza di controllare il corretto adempimento del complesso degli oneri imposti.
I principi generali in materia di delega di funzioni sono disciplinati dall’articolo 75 del Regolamento Delegato, cui si fa esplicito rinvio. In ogni caso il gestore deve essere in grado di dimostrare che il delegato è qualificato e capace di esercitare le funzioni delegate con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. A tal fine il gestore adotta particolari cautele nel processo di selezione del delegato. Il gestore, inoltre, deve essere in grado di controllare in modo effettivo in qualsiasi momento il compito delegato, di dare in ogni momento istruzioni al delegato e di revocare la delega con effetto immediato per proteggere gli interessi dei clienti.
In tale materia interviene una seconda novità di portata particolarmente ampia. Invero, diversamente dal regime previgente, si prevede che le SGR che intendano fare ricorso all’esternalizzazione di funzioni aziendali operative essenziali o importanti o servizi, ne debbono informare preventivamente la Banca d’Italia e la CONSOB. Entro 30 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, la Banca d’Italia e la CONSOB possono avviare d’ufficio un procedimento amministrativo di divieto che si conclude nei successivi 60 giorni[14].
Merita una precisazione la circostanza per cui la delega non ostacola l’effettiva supervisione della SGR sulle funzioni delegate, né deve compromettere la capacità dello stesso di agire nel miglior interesse dei FIA e dei clienti.
Il contratto di conferimento dell’incarico di gestione di FIA prevede che lo stesso abbia una durata determinata, non abbia carattere esclusivo e possa essere revocato con effetto immediato dal gestore delegante, senza inficiare la continuità e la qualità del servizio prestato. A tal fine i gestori conservano la possibilità di effettuare operazioni sugli stessi mercati e strumenti finanziari per i quali è concessa la delega.
Della delega e dei suoi contenuti è data informazione nel prospetto d’offerta, ove previsto.
Infine, la SGR deve essere in grado di giustificare la complessiva struttura delle deleghe conferite a terzi sulla base di ragioni obiettive e documentabili. Le ragioni obiettive della delega sono indicate nell’articolo 76 del Regolamento Delegato.
I presidi in materia di gestione dei conflitti di interesse
I gestori considerano, tra le circostanze idonee a far sorgere un conflitto di interessi, le situazioni, anche emergenti in fase di costituzione di un FIA, che possano dare origine a un conflitto tra: (i) gli interessi del gestore, compresi i suoi soggetti rilevanti o qualsiasi persona o entità avente stretti legami con il gestore o un soggetto rilevante, e gli interessi del FIA gestito dal gestore o gli interessi dei partecipanti a tale FIA; (ii) gli interessi del FIA, ovvero dei partecipanti, e gli interessi di altri FIA o dei rispettivi partecipanti; (iii) gli interessi del FIA, ovvero dei partecipanti, e gli interessi di un altro cliente del gestore; (iv) gli interessi di due o più clienti del gestore.
A tal fine, i gestori devono tenere distinti i compiti e le responsabilità che possono essere considerati incompatibili fra loro o che appaiono idonei a creare sistematici conflitti di interesse. Nel caso in cui tali conflitti non possano essere gestiti tramite efficaci misure organizzative, si applica l’articolo 34 del Regolamento Delegato in conformità alla politica di gestione dei conflitti di interesse disciplinata dall’articolo 48 del medesimo Regolamento.
La politica di gestione dei conflitti di interesse è disciplinata dall’articolo 31 del Regolamento Delegato. I gestori formulano per iscritto, applicano e mantengono un’efficace politica di gestione dei conflitti di interesse in linea con il principio di proporzionalità. Oltre a ciò, la politica di gestione dei conflitti di interesse deve definire le procedure da seguire e le misure da adottare per gestire tali conflitti.
Le politiche e prassi di remunerazione ed incentivazione
Un ulteriore aspetto di maggiore rilievo e di carattere innovativo riguarda la previsione, contenuta già nel Regolamento Delegato e con effetto immediatamente cogente, secondo la quale i GEFIA si devono attenere a principi e criteri al fine di assicurare che il sistema di remunerazione ed incentivazione del personale rilevante sia coerente con la strategia, gli obiettivi e i valori aziendali, gli interessi del gestore e dei FIA gestiti o degli investitori di tali fondi, a ciò richiamando (i) il collegamento con i rischi dei FIA, (ii) la compatibilità con i livelli di capitale e liquidità, (iii) l’orientamento al medio-lungo termine, (iv) il rispetto delle regole, (v) la prevenzione di possibili conflitti di interesse.
Tali nuovi principi e criteri, a cui le SGR diverse dai GEFIA sotto soglia devono ispirarsi e dotarsi entro il 31 dicembre 2015, devono tener conto di quanto segue:
(1) si considera “remunerazione” ogni forma di pagamento o beneficio corrisposto dal gestore al proprio personale, direttamente o indirettamente, in contanti, strumenti finanziari – ivi comprese quote o azioni del FIA gestito – o beni in natura (fringe benefits), in cambio delle prestazioni di lavoro o dei servizi professionali resi;
(2) per “remunerazione variabile” si intende ogni pagamento o beneficio che dipende dalla performance del gestore o dei FIA, comunque misurata (es. risultati dei FIA gestiti, risultati complessivi del gestore, etc.), o da altri parametri (es. periodo di permanenza). E’ escluso il pagamento del trattamento di fine rapporto stabilito dalla normativa generale in tema di rapporti di lavoro. Sono remunerazione variabile anche: i) i “carried interests”, vale a dire le parti di utile di un FIA percepite dal personale per la gestione del FIA stesso; ii) i “benefici pensionistici discrezionali”, intendendo per tali quelli accordati dal gestore a una persona o a gruppi limitati di personale, su base individuale e discrezionale, esclusi i diritti maturati ai sensi del sistema pensionistico adottato dall’ente per la generalità del personale.
Dalla nozione di remunerazione variabile possono essere esclusi i pagamenti o benefici marginali, accordati al personale su base non discrezionale, che rientrano in una politica generale del gestore e che non producono effetti sul piano degli incentivi all’assunzione o al controllo dei rischi.
I gestori di FIA adottano politiche e prassi di remunerazione e incentivazione che riflettono e promuovono una sana ed efficace gestione dei rischi e che non incoraggiano un’assunzione di rischi non coerente con i profili di rischio, il regolamento, lo statuto o altri documenti costitutivi dei FIA gestiti. La politica di remunerazione e incentivazione è altresì coerente con i risultati economici e con la situazione patrimoniale e finanziaria del gestore e dei fondi gestiti. Tale disciplina è dettata dall’articolo 107 del Regolamento Delegato.
Gli organi sociali sono direttamente coinvolti in tal senso. L’organo con funzione di supervisione strategica elabora e riesamina, con periodicità almeno annuale, la politica di remunerazione e incentivazione ed è responsabile della sua corretta attuazione. Esso assicura, inoltre, che la politica di remunerazione e incentivazione sia adeguatamente documentata e accessibile all’interno della struttura aziendale. L’assemblea dei soci, invece, approva la politica di remunerazione e incentivazione nei casi previsti dall’Allegato 2 al Regolamento Congiunto e secondo quanto ivi stabilito.
Inoltre, le politiche e prassi di remunerazione e incentivazione dovranno trovare riscontro nelle caratteristiche, la dimensione propria e quella dei FIA gestiti, l’organizzazione interna, la natura, la portata e la complessità delle loro attività.
Per quanto attiene ai gestori di FIA significativi per le loro dimensioni o per le dimensioni dei FIA che gestiscono, per la loro organizzazione interna e la natura, la portata e la complessità delle loro attività, istituiscono (all’interno dell’organo con funzione di supervisione strategica) un comitato remunerazioni, a cui sono attribuiti i compiti individuati dall’Allegato 2 al Regolamento Congiunto. Tale organo si compone di soli consiglieri non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti. Al comitato partecipano, o forniscono supporto, esperti in tema di gestione del rischio e della liquidità.
La remunerazione dei consiglieri non esecutivi è di norma fissa. La remunerazione variabile, ove presente, costituisce una parte non significativa della remunerazione totale. Con riguardo alla remunerazione dei componenti dell’organo con funzione di controllo è invece esclusivamente fissa. Allo stesso modo la remunerazione del personale delle funzioni aziendali di controllo è prevalentemente fissa; la remunerazione variabile, eventuale, è coerente con il conseguimento degli obiettivi legati alle relative funzioni e indipendente dai risultati conseguiti dai settori della società soggetti al proprio controllo.
Conclusioni
Attraverso la AIFMD il legislatore comunitario ha perseguito l’obiettivo di definire un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato in un contesto di forte eterogeneità degli operatori del settore, al fine di accrescere la protezione degli investitori e l’integrità dei mercati. In Italia, il recepimento della AIFMD ha comportato modifiche al Testo Unico della Finanza e richiesto interventi sulla normativa secondaria che in modo evidente esige che i GEFIA (e dunque anche le SGR) conducano una nuova (e forse ennesima) lettura e revisione critica della propria architettura organizzativa, dei principi di corporate governance aziendale nonché dell’assetto sistema dei controlli interni per poter svolgere il servizio di gestione collettiva del risparmio. Ebbene, la portata delle nuove previsioni implicano in modo evidente ulteriori oneri di rinnovamento e/o adeguamento strutturale per le SGR, che, ad avviso di chi scrive, non devono tradursi in una sterile conformità di principio, sovente rimessa a presidi formali non efficienti né tantomeno efficaci, quanto, viceversa, nell’opportunità di beneficiare di un riconoscimento diffuso a livello comunitario cui faranno seguito indubbi vantaggi in relazione all’offerta delle quote dei fondi gestiti.
[1] Per completezza, si ricorda che il quadro normativo comunitario relativo ai gestori alternativi è stato completato dai Regolamenti (UE) n. 345/2013 e n. 346/2013, che hanno disciplinato i gestori di fondi europei di venture capital (c.d. “EuVECA”) e per l’imprenditoria sociale (c.d. “EuSEF”), che possono essere gestiti da gestori c.d. “sotto soglia” a cui, ai sensi della AIFMD, si applica un quadro regolamentare semplificato.
[2] In estrema sintesi, la finalità dell’intervento del legislatore comunitario si può ricondurre a:
- scongiurare il rischio di instabilità dei mercati (Considerando n. 2 AIFMD);
- minimizzare i rischi per gli investitori (Considerando n. 3 AIFMD);
- incentivare il ricorso all’investimento nei fondi di investimento alternativi (Considerando n. 1 Regolamento Delegato);
- favorire la commercializzazione transfrontaliera dei FIA e la libera circolazione dei prodotti e dei gestori (Considerando n. 4 AIFMD).
[3] Come si evince dalla relazione finale dell’ESMA del 16 novembre 2011, la notevole varietà dei FIA – da un lato – e la constatazione – dall’altro – che qualunque tentativo di regolamentazione dei FIA sarebbe stato vano, hanno indotto il legislatore comunitario ad intervenire direttamente sui GEFIA e ad affidare ai singoli Stati membri il compito di regolamentare i FIA stabiliti sul proprio territorio di riferimento.
[4] Ad onor del vero, è lapalissiano osservare che, nel caso in cui l’autorizzazione alla prestazione di gestione collettiva del risparmio sia stata inizialmente rilasciata ad una SGR limitatamente ad alcune tipologie di OICR (es. OICVM) e il gestore intenda gestire anche FIA, la normativa di settore non richiede una nuova autorizzazione, bensì una comunicazione alla Banca d’Italia, dalla quale peraltro risulti evidenzia del contestuale adeguamento ai presidi organizzativi previsti in materia di GEFIA, impregiudicato il potere dell’Autorità di avviare un procedimento di ufficio di diniego.
[5] A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, è richiesto che i processi decisionali e la struttura organizzativa siano specificati in forma chiara e documentata ed i rapporti gerarchici e la suddivisione delle funzioni e delle responsabilità siano correttamente individuate.
[6] Per tali si intendono servizi e le attività di investimento, i servizi accessori e il servizio di gestione collettiva del risparmio.
[7] Strategica, di gestione, di controllo.
[8] Come noto, la proporzionalità è un principio introdotto a livello comunitario già nella prima stesura della Direttiva 2004/39/EU (meglio nota come MiFID) a cui si ispirano i soggetti di dimensioni più ridotte nel postulare la loro organizzazione aziendale, Segnatamente, il principio in narrativa consente agli intermediari autorizzati di modulare le regole in materia di organizzazione, corporate governance ed il sistema dei controlli interni in via proporzionata – o per meglio dire gradata – rispetto alla natura, alla dimensione ed alla complessità dell’attività svolta, nonché alla tipologia ed alla gamma dei servizi prestati (i.e. numero e dimensione dei fondi gestiti).
[9] La funzione di gestione del rischio: a) collabora alla definizione del sistema di gestione del rischio dell’impresa; b) presiede al funzionamento del sistema di gestione del rischio dell’impresa e ne verifica il rispetto da parte del gestore e dei soggetti rilevanti; c) verifica l’adeguatezza e l’efficacia delle misure prese per rimediare alle carenze riscontrate nel sistema di gestione del rischio dell’impresa; d) presenta agli organi aziendali, almeno una volta all’anno, relazioni sull’attività svolta e fornisce loro consulenza nell’ambito delle proprie competenze.
[10] La funzione di revisione interna (internal audit): a) adotta, applica e mantiene un piano di audit per l’esame e la valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia dei sistemi, dei processi, delle procedure e dei meccanismi di controllo del gestore; b) formula raccomandazioni basate sui risultati dei lavori realizzati conformemente alla lettera a) e ne verifica l’osservanza; c) presenta agli organi aziendali, almeno una volta all’anno, relazioni sulle questioni relative alla revisione interna.
[11] Conformemente al principio di proporzionalità e se è costantemente assicurata l’adeguatezza e l’efficacia del sistema dei controlli, la scelta più idonea e rispondente ai criteri di efficienza ed efficacia potrebbe riguardare: a) l’accentramento delle funzioni di gestione del rischio e di controllo della conformità in un’unica funzione; b) la funzione di audit interno potrebbe non essere istituita. Tale assetto dovrebbe comunque essere valutato dalla SGR in funzione anche dell’applicazione della normativa in materia di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo – la quale, come noto, richiede di per sé l’istituzione di una specifica funzione antiriciclaggio dedicata ai controlli in materia – nonché ai presidi derivanti dall’eventuale adozione del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e s.m.i..
[12] E’ doveroso sottolineare come la funzione di valutazione dei gestori “sotto soglia”, ai sensi del Titolo V, Capitolo IV del Regolamento OICR, non debba seguire pedissequamente il carattere di indipendenza.
[13] Per tali si intendonole funzioni operative per le quali un’anomalia nella sua esecuzione o la sua mancata esecuzione comprometterebbero gravemente la capacità del gestore di continuare a conformarsi alle condizioni e agli obblighi della sua autorizzazione o comprometterebbero gravemente i suoi risultati finanziari o la solidità o la continuità dei suoi servizi ed attività di investimento.
[14] Anche tale adempimento non si applica ai gestori c.d. sotto soglia.