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Approfondimenti

Gli interessi degli amministratori bancari e la gestione dei rapporti con le parti correlate ed i soggetti collegati

15 Gennaio 2018

Massimo Lembo, Professore a contratto di diritto dei prodotti bancari e assicurativi, Università di Udine

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

La ratio di questa normativa è essenzialmente quella di evitare che gli eventuali interessi personali di una serie di soggetti che ricoprono un ruolo particolarmente significativo all’interno dell’organizzazione aziendale possa influire, condizionando, le decisioni arrecando, anche solo potenzialmente, danno all’azienda, ai suoi soci, ai suoi creditori. In sostanza, ogni decisione relativa ad operazioni poste in essere con questi soggetti, deve essere assunta in modo imparziale e ciò si ottiene intervenendo sugli eventuali interessi di costoro, individuandoli, se possibile evitandoli, monitorandoli ed esplicitandoli.

Il quadro normativo

Nella esposizione, esamineremo quella che può considerarsi la “filiera” dei conflitti di interessi, intesi nella accezione più estesa; la normativa interessante a tal fine si articola in più fonti, di vario rango, alcune – come si vedrà – di derivazione comunitaria.

  • A livello di norme primarie nazionali, si parte dall’art. 136 t.u.b. (norma di carattere speciale), passando attraverso gli artt. 2391 e 2391 bis cc. [1] (norme di carattere generale, quantomeno la prima) per giungere all’art. 53 t.u.b. (anche questa norma speciale) ed all’art. 148 t.u.f per gli amministratori indipendenti;
  • A livello delle disposizioni secondarie di applicazione, emesse da regolatori differenti, e portando ad un intersecarsi delle varie discipline di settore (Bankitalia, circolari n. 263 per i soggetti collegati e n. 285 (per il governo societario e Consob, regolamento n. 17221 per le parti correlate [2] oltre al regolamento congiunto Consob-bankitalia del 29.10.2017 in tema di conflitto di interessi – artt. 23-26), viene definito il quadro normativo complessivo [3], quadro – come si vedrà – da interpretarsi in un’ottica finalistica per non rischiare censure da parte delle autorità di Vigilanza.
  • Rilevano anche lo Statuto ed il codice etico della società.

Per la migliore comprensione dell’intera materia, occorre avere anche presente che sono intervenute, recentemente, due ulteriori normative.

  1. La legge 7.10.2014 n. 154 (c.d. legge di delegazione europea 2013) ha delegato il Governo – tra l’altro – “al fine di assicurare l’efficace recepimento della direttiva 2013/36 UE [4] e del regolamento UE n. 575/2013 [5] nonché di rafforzare i presidi relativi ai conflitti di interesse degli intermediari……. stabilire a carico dei soci e degli amministratori degli intermediari l’obbligo di astenersi dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto e prevedere la nullità delle previsioni contrattuali in contrasto con le disposizioni in materia di remunerazione o di incentivazioni previste dalla disciplina secondaria di attuazione dei testi unici di cui ai decreti legislativi 1 settembre 1993, n. 385, e 24 febbraio 1998, n. 58” (art. 3 comma 1 lettera f). Ci si attendeva, quindi, e si attende ancora, un intervento sull’art. 136 t.u.b., sull’art. 2391 c.c. e sulla normativa delle operazioni con parti correlate e soggetti collegati sia a livello primario che regolamentare. In merito, il d. lgs. 12.5.2015 n. 72 di recepimento della legge delega ha stabilito in capo all’amministratore, ma anche al socio, fermi gli obblighi di cui all’art. 2391 cc. comma 1, l’obbligo di astensione nelle decisioni in materia di politiche di remunerazione ed incentivazione in cui i predetti abbiano un interesse in conflitto per conto proprio o di terzi (si pensi ad una deliberazione che elevi il rapporto tra la componente variabile e quella fissa della remunerazione) [6]. La circolare bankitalia n. 285 in tema di governance societaria ha precisato che, relativamente agli interessi degli amministratori per i sistemi tradizionale e monistico, si dà applicazione agli artt. 2391 e 2409 noviesdecies cc. mentre le banche adottano, in caso di attribuzione al consiglio di sorveglianza della funzione di supervisione strategica, idonee disposizioni statutarie che assicurino adeguata trasparenza e sostanziale correttezza (che va ben oltre con il rispetto di un prezzo di mercato) nell’assunzione delle deliberazioni riguardanti operazioni per le quali i consiglieri di sorveglianza abbiano interessi per conto proprio o di terzi. In queste circostanze i consiglieri devono dare notizia di tale interesse precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata; la deliberazione deve inoltre adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione.
  2. Il decreto legislativo di modifica al testo unico bancario (in recepimento della direttiva 2013/36/UE nota come CRD IV) con annesso provvedimento attuativo il quale – tra l’altro – ha introdotto la possibilità da parte della Vigilanza di rimuovere (removal) gli esponenti aziendali qualora la loro permanenza in carica sia di pregiudizio alla sana e prudente gestione della banca e non sia possibile pronunciarne la decadenza per la perdita dei requisiti [7], ha implementato l’art. 53 t.u.b. con i commi 4 quinquies e 4 sexies in tema di sistemi di remunerazione ed incentivazione. Con l’aggiornamento di fine dicembre 2010 della circolare n. 263 (nuove disposizioni di vigilanza prudenziale delle banche), in tema di concentrazione dei rischi, era emerso il nuovo concetto di soggetti connessi [8]; esistono due differenti tipi di connessione: a. la prima di tipo giuridico, b. la seconda di tipo economico. La prima ricorre al possesso della maggioranza assoluta del capitale o del diritto di voto (caso non ricorrente nelle cooperative), la seconda è più problematica nella individuazione e richiede approfondimenti che la banca deve svolgere, storicizzare e poter dimostrare di avere effettuato. Verosimilmente, il sistema si è orientato verso un questionario mirato ed in caso di accertamento della connessione ha creato un “Gruppo” ai fini della concentrazione dei rischi. La compilazione del questionario, la veridicità dei contenuti e le omissioni sono sotto la responsabilità dell’esponente firmatario.
  3. La Direttiva 2017/828 (SRD II) del 17.5.2017 ha modificato la precedente 2007/36 in relazione all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti delle società quotate con particolare riferimento alle operazioni con parti correlate (art. 9 quater); in particolare, le società quotate devono divulgare al pubblico le operazioni che hanno la maggiore probabilità di creare rischi agli azionisti di minoranza al momento della loro conclusione. La delibera Consob n. 17221/2010 andrà resa compatibile con il disposto della SRD II [9].

Ulteriori disposizioni in tema di interessi degli esponenti aziendali potrebbero essere inserite nel codice etico della banca.

Per una visione ancora più ampia del mondo dei conflitti di interesse andrebbe anche considerato il disposto di cui all’art. 6 comma 2 bis del t.u.f. e del regolamento congiunto in tema di servizi di investimento, tra la Consob e la Banca d’Italia del 29.10.2007, art. 23 [10].

Le normative interne di settore

Avuto presente quanto disposto nella circolare bankitalia n. 263/2006 (titolo V°, capitolo 5) la totalità delle banche ha adottato, nel tempo, con delibera consiliare un “set” di documenti:

  1. Una normativa redatta ai sensi dell’art. 136 t.u.b e dell’art. 2391 cc.;
  2. Un documento che disciplina le operazioni con le parti correlate (la cui normativa, cronologicamente emanata per prima rispetto a quelle indicate ai punti c. e d., solo parzialmente, o in via residuale, si applica alle banche di credito cooperativo);
  3. Un parallelo documento (Politiche o policy) che disciplina le attività di rischio ed i conflitti di interesse nei confronti dei soggetti collegati incentrato principalmente sulla propensione al rischio dichiarata dalla banca, sull’individuazione dei settori di attività e le tipologie di rapporti di natura economica in relazione ai quali possono determinarsi conflitti di interesse e sui flussi informativi aziendali allo scopo stabiliti (direi quasi “progettati”), essenzialmente per fornire dei report sulle operazioni registrate nel periodo e per le trimestrali segnalazioni di vigilanza. Sul contenuto di questo documento è richiesto un parere del Collegio Sindacale. I flussi informativi dovranno stabilire quantomeno: a. il mittente della comunicazione (non necessariamente il proponente dell’operazione), b. le tipologie di operazioni, c. la tempistica o la frequenza dell’informazione, d. i destinatari dell’informazione.
  4. Un ulteriore documento (Procedure operative) che disegna le procedure deliberative in materia di attività di rischio e conflitti di interesse e che si integra con il precedente.

Il tutto andrebbe ben supportato da adeguate procedure informatiche utili alla reportistica ed allo svolgimento dei controlli.

Più in dettaglio, ogni banca – sotto la responsabilità del Consiglio di Amministrazione e del collegio sindacale – dovrà attivare un processo che preveda i seguenti punti:

  1. Fissazione di limiti prudenziali (ancorché differenziati) vista la “prossimità” di alcuni soggetti ai centri decisionali della banca [11];
  2. Definizione di procedure deliberative (coordinamento con l’iter previsto dall’art. 136 t.u.b. ove applicabile);
  3. Individuazione di idonei assetti organizzativi;
  4. Creazione di presidi di controllo interni;
  5. Realizzazione di comunicazioni (assemblea dei soci) e segnalazioni (banca d’Italia) esterne.

Il processo, come si vedrà, poggia sul ruolo fondamentale assunto dagli amministratori indipendenti i quali, pur non essendo una funzione di controllo, per certi aspetti potrebbero essere visti come tali. In realtà, l’amministratore indipendente garantisce la terzietà, che è una cosa diversa.

L’articolo 136 t.u.b.

La legge n. 221/2012 è in vigore dal 3 gennaio 2013 ed ha modificato, in senso restrittivo il precedente quadro normativo molto più ampio. L’intervento è avvenuto in ottica di semplificazione e, soprattutto, di razionalizzazione alla luce delle discipline nel frattempo intervenute in tema di soggetti considerati di vertice.

  1. In primo luogo, non vi è dubbio che si sia ristretto il perimetro di operatività della norma che viene circoscritta alle obbligazioni dirette e indirette degli esponenti aziendali con la banca in cui rivestono tali qualifiche (escludendo quindi l’estensione alle altre società del Gruppo) con la ulteriore conseguenza che, nei Gruppi bancari, non è più richiesto l’assenso preventivo (c.d. iter rafforzato) della Capogruppo per le obbligazioni contratte dagli esponenti con altre società del Gruppo fatte comunque salve le norme sulle operazioni con parti correlate e le regole sui soggetti collegati verso cui “virano” coloro che non sono più attratti dal disposto dell’art.136 (ed i relativi iter autorizzativi); interpretare diversamente significherebbe togliere significato alla modifica legislativa. Viene poi da pensare che, ogniqualvolta sussistano i presupposti per definire l’esponente aziendale “titolare effettivo” di una posizione nella accezione della disciplina antiriciclaggio, o più in genere se si ricada negli obblighi di adeguata verifica (artt. 15 e ss. d. lgs. n. 231/2007) scatti l’applicabilità dell’art. 136 t.u.b.
  2. La lettura del comma 1 dell’articolo 136 t.u.b. consente di ritenere delegabile, ad esempio al Comitato esecutivo, l’approvazione secondo l’iter previsto dalla norma.
  3. Continua a ritenersi non ammissibile una ratifica a posteriori dell’operazione che non abbia rispettato la scansione cronologica prevista dalla norma.
  4. Non è cambiata l’interpretazione da darsi al concetto di obbligazione indiretta [12] per cui rientrano nel perimetro i casi in cui l’esponente, pur non parte formale del rapporto obbligatorio, ne sia il beneficiario sostanziale [13]. A tal fine merita una riflessione il concetto di controllo (anche indiretto) dettato dall’art. 23 t.u.b. (che non coincide con quello di cui all’art. 2359 cc.; si pensi, ad esempio all’art. 2341 bis cc. in tema di patti para sociali) la cui applicazione pare sicura nonché i concetti di partecipazioni indirette (società controllate, fiduciarie o interposizione di persona ma anche negozi stipulati in base ad un mandato senza rappresentanza) e di “concerto” (a seguito di patto para sociale) di cui al precedente art. 22 (peraltro non richiamato dall’art. 139 che sanziona penalmente la violazione degli obblighi di preventiva autorizzazione); ovviamente rientrano, come già rientravano, tutti i casi di interposizione di persona (fittizia o reale che sia, fisica o giuridica) nell’ampia accezione civilistica del termine (estesa alle società fiduciarie ed anche – direi – ai trust) ma anche ove possa configurarsi, in generale, una situazione di influenza dominante con riferimento a partecipazioni di controllo in società. Una zona “grigia” è quella del coniuge e/o dei familiari dell’esponente bancario. La norma primaria non ne parla espressamente; si preferisce la lettura che vorrebbe attratte al disposto dell’art. 136 quelle ipotesi in cui le obbligazioni di questo soggetti possano ricadere nella sfera patrimoniale dell’esponente.
  5. A seguito dell’ultima modifica legislativa, è’ venuta meno, rispetto al passato, tutta la tematica connessa alla comunanza o coincidenza di cariche all’interno di un Gruppo nel senso che chi ricopre funzione di esponente aziendale in società non bancarie ma facenti parte del Gruppo non rientra nel disposto del modificato art. 136 t.u.b. Occorre, peraltro, notare che la mera coincidenza di cariche all’interno del Gruppo non rappresenta (o rappresentava) in sé un fatto patologico ma andava valutata in un’ottica meno formalistica.
  6. Continua a sussistere la portata dell’art. 2391 cc. in presenza di un qualunque interesse che non sia riconducibile al particolare disposto o dell’art. 136 t.u.b. o dell’art. 2391 bis cc., il ché fa pensare a buona parte delle ipotesi previste dagli abrogati commi 2 e 2 bis dell’art. 136) o, più semplicemente, al possesso di una partecipazione di minoranza.
  7. Non appaiono riconducibili alla previsione normativa dell’art. 136 t.u.b. i servizi che non comportano erogazioni di credito, ivi comprese le operazioni di raccolta del risparmio (quali la sottoscrizione di obbligazioni, certificati di deposito, buoni fruttiferi; le operazioni di pronti contro termine; l'apertura di depositi anche in forma di conto corrente di corrispondenza), resi agli esponenti aziendali a condizioni standardizzate in uso per la clientela o idipendenti.

Di particolare interesse è anche il problema legato agli incarichi professionali eventualmente conferiti dalla società ad un suo esponente. Salve eventuali incompatibilità di legge (cf. art. 2399 cc. per i componenti il collegio sindacale), una buona linea guida dovrebbe essere quella che distingue tra incarichi di tipo continuativo (da guardare con forte sospetto soprattutto ove rappresentassero una significativa componente del reddito complessivo dell’amministratore; in ogni caso da deliberare secondo l’iter previsto dall’art. 136 t.u.b.) ed incarichi occasionali che – se adeguatamente motivati – paiono perfettamente legittimi.

L’articolo 2391 cc.

L’art. 2391 c.c. impone di dare notizia [14] (e di spiegare [15]) – e non solo di “comunicare” come nella vecchia formulazione – a tutti gli amministratori ed al presidente dell’organo di controllo, di ogni interesse per conto proprio o di terzi [16]. Potremmo oggi definire “laterale” questo interesse rilevando che è più ampio nell’accezione di quello che esisteva anteriormente la riforma (ove si parlava di interesse in conflitto). Come si configura e si identifica detto interesse ? In via preliminare, occorre dire che può trattarsi di un interesse anche di natura extrapatrimoniale; la soglia giuridica di rilevanza è data dalla idoneità ad interferire sulla decisione collegiale ed ha, di conseguenza, un margine di discrezionalità che caratterizza l’individuazione delle scelte gestionali [17]. Sino a che il dovere di comunicazione non è assolto, l’operazione non è legittimamente deliberabile (senza che possa assumere una qualche rilevanza la tutela della riservatezza dei dati personali – privacy). L’art. 2391 c.c. resta autonomamente applicabile, ad esempio, all’amministratore consulente (legale, dottore commercialista, operatore immobiliare ecc.) dei possibili clienti. Si propende per l’applicabilità di detta normativa anche alle deliberazioni del Comitato Esecutivo, se esistente.

Si nota, inoltre, quanto segue:

  1. è sorta, da tempo, una nuova la figura, vale a dire l’amministratore che potremmo definire “interessato”;
  2. nel secondo comma è stato introdotto l’obbligo di adeguata e meditata motivazione della delibera consiliare (così come ex art. 2497 ter c.c. per l’attività di direzione e coordinamento, ove applicabile); si parla infatti di focalizzare “le ragioni e la convenienza” (da intendersi anche come giustificazione strategica, economicità, opportunità in ottica ex ante) per la società dell’operazione in esame;
  3. poteva affermarsi con certezza l’inesistenza dell’obbligo generale di astensione (salvo il residuale caso dell’amministratore delegato) [18] sostituito dal citato obbligo di disclosure sino al citato d. lgs. n. 72/2015 [19];
  4. il comma 3 dell’art. 2391 cc. stabilisce che in ogni caso, la delibera – qualora possa comportare danno alla società – può essere impugnata entro il breve termine di 90 giorni dalla sua adozione fatti, peraltro, salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti esecutivi della stessa;
  5. l’ultimo comma della norma allude – con riferimento allo sfruttamento di dati e notizie appresi nell’esercizio dell’incarico – agli abusi di informazioni privilegiate ai sensi del t.u.f.

In linea di massima, ogni banca ha adottato dei modelli autocertificativi fac-simile da far sottoscrivere agli esponenti aziendali in occasione della loro nomina o rinnovo con cui dichiarano le eventuali posizioni in cui potrebbero trovarsi in conflitto e si impegnano a comunicare quelle che dovessero sorgere in corso di mandato (questo iter è stato poi adottato per i soggetti “collegati”); e questo in via generale. Inoltre, con riferimento alla singola operazione in cui scatta l’applicabilità dell’art. 2391 c.c., si consiglia di ottenere un’altra dichiarazione nell’ambito della quale l’amministratore interessato dichiara il proprio interesse specificandone la portata (cioè l’estensione) e la natura. Questo al fine di consentire alla banca di assumere una decisione pienamente consapevole e non condizionata. In questa prospettiva, il disposto dell’art. 2391 cc. appare come residuale rispetto a quello degli artt. 53 (che pure dice “…fermi restando gli obblighi previsti dall’articolo 2391 comma 1 cc…) e 136 t.u.b. Quali possono essere i casi più frequenti ? Si pensi agli affini, i conviventi non parenti, le società ove si detiene una partecipazione non di controllo, alcuni incarichi professionali, la partecipazione in una associazione professionale, essere “titolare effettivo” di un rapporto nella accezione della disciplina antiriciclaggio.

Volendo sintetizzare gli obblighi degli amministratori “interessati” occorre ricordare:

  1. l’obbligo di comunicare l’esistenza del proprio interesse (agli altri amministratori ed al collegio sindacale);
  2. la comunicazione – a fini probatori – è più che opportuno avvenga in forma scritta ed in via preventiva rispetto l’assunzione della delibera. Se l’amministratore “interessato” non intervenisse alla riunione in cui verrà assunta la deliberazione, la comunicazione deve avere forma scritta preventiva;
  3. quanto al contenuto della comunicazione, occorre compaiano: i. l’origine (cioè il tipo di rapporto), ii. la natura (cioè l’utilità che l’amministratore potrebbe trarre), iii. i termini (cioè la compatibilità con l’interesse aziendale), iv. la portata dell’interesse (cioè se la realizzazione dell’interesse dell’amministratore dipenda o meno dalla deliberazione dell’organo collegiale) [20].

Si pone, infine, un altro problema di ordine interpretativo, e cioè quali siano i rapporti tra l’art. 136 t.u.b. e l’art. 2629 bis c.c. (omessa comunicazione del conflitto di interessi) [21] che, solo in caso di danni economicamente apprezzabili, patrimoniali e non [22], alla società o a terzi [23], comporta la pena della reclusione da uno a tre anni (quasi speculare alla violazione del 136 che comporta la stessa sanzione oltre alla multa), in tal modo rafforzando la tutela prevista dal 2391 cc. Questo reato è sicuramente applicabile all’amministratore di ogni tipo di banca che non dia notizia agli altri amministratori ed al collegio sindacale di ogni interesse che abbia in ogni operazione della società; in particolare, per l’amministratore delegato, se presente, e solo per questi, sussiste anche l’obbligo di astensione(oggi eccezionale, ieri di portata generale). Si coglie facilmente come vi sia una possibile sovrapposizione di norme di non facile soluzione. Si pensi ad una delibera consiliare che risulti conforme all’interesse di un amministratore assente alla seduta dell’organo e rimasto silente rispetto all’esistenza di un proprio interesse particolare. Laddove da una tale delibera dovesse scaturire un danno in capo alla società, sarebbe concreto il rischio di vedere integrato il delitto di cui all’art. 2629 bis c.c., sebbene il non aver concorso alla delibera stessa precluda, verosimilmente, la rilevanza ex art. 2634 c.c. del fatto in questione. Si è ritenuto, in dottrina, e con un certo fondamento, che la violazione dell’art. 136 t.u.b. assorba quella dell’art. 2629 bis cc. [24].

A.- I soggetti interessati

Gli amministratori indipendenti

Per tali (di cui indirettamente parla l’art. 2387 cc.) si intendono coloro che risultano compatibili con le disposizioni di cui agli artt. 147 bis e ter commi 3 e 4 e 148 comma 3 t.u.f ; semplificando, secondo la circolare bankitalia n. 285/2013, non deve trattarsi di amministratori esecutivi (cioè consiglieri membri del comitato esecutivo) o muniti di deleghe o che svolgano anche di fatto funzioni attinenti alla gestione della banca. L’indipendenza, finalizzata ad un controllo di correttezza ex ante, è un concetto relativo e graduato che postula l’autonomia di giudizio il quale viene pregiudicato sia da rapporti familiari con gli amministratori esecutivi sia da significativi rapporti patrimoniali con la società. L’individuazione non pare molto agevole nelle società cooperative (Banche popolari e banche di credito cooperativo, specialmente queste dove non opera il “voto di lista”) se non ricorrendo ad un criterio di indipendenza economica (compensi percepiti dall’intermediario rapportati al totale dei redditi) e/o finanziaria (soggetti significativamente finanziati dall’intermediario). Allo stato, notevole valenza assume una apposita clausola statutaria. Si segnala, perciò, l’opportunità che lo Statuto della singola banca individui analiticamente i criteri di indipendenza cui fare riferimento (ad esempio, normalmente, si escludono incarichi esecutivi considerati incompatibili con l’accezione di indipendenza così come rapporti di parentela stretta o di coniugio). Il requisito dell’indipendenza, pertanto, si riferisce essenzialmente all’assenza di vincoli con la società e riguarda un modo di essere dell’amministratore rispetto agli interessi di parte che convergono nell’attività sociale e prescinde dalla provenienza della nomina [25]. Con il 1° aggiornamento della circolare Bankitalia n. 285/2013 – disposizioni di vigilanza per le banche – che recepisce la direttiva CRD IV – si è tra l’altro stabilito che il consiglio di amministrazione sia composto da almeno un quarto di amministratori indipendenti per un più efficace contributo alla dialettica ed al confronto interno. Il requisito di indipendenza, unito a quelli di professionalità (per entrambi vale il criterio di proporzionalità) e onorabilità (il requisito di onorabilità è ancora disciplinato dal regolamento ministeriale n. 161/1998) sono richiesti dall’art. 26 del t.u.b. per gli esponenti aziendali, gli stessi soggetti, fatta eccezione per i liquidatori, che ricadono nella disciplina dell’art. 136 t.u.b. L’art. 26 t.u.b., allo stato, non risulta ancora compiutamente dotato di normativa di attuazione per cui, sino all’emanazione, le banche definiscono nei propri statuti un’unica definizione di consiglieri indipendenti, coerente con il ruolo assegnato e ne assicurano l’effettiva applicazione. In particolare, nella delibera consiliare con cui viene valutata l’indipendenza deve, tra l’altro, risultare l’esame di tutti i rapporti creditizi intrattenuti con la banca e riconducibili al consigliere ritenuto indipendente [26]. La BCE, nel novembre 2016, ha lanciato una consultazione sul progetto di guida per la verifica (valutazione) degli esponenti aziendali (ivi compresa l’alta dirigenza) in ordine alle valutazioni su professionalità ed onorabilità, comprendendo anche la possibile rimozione dei membri dell’organo di amministrazione. Il documento è stato emanato in via definitiva il 15.5.2017 ed ipotizza esperienza, capacità, indipendenza mentale, disponibilità di tempo il tutto finalizzato ad una governance sempre migliore [27]. Finalmente, è stato posto in consultazione, fino al 22.9.2017, il regolamento del MEF sui requisiti degli esponenti bancari, di attuazione (non completa) dell’art. 26 TUB (c.d. Fit & Proper) che abrogherà il decreto ministeriale n. 161/1998. Il provvedimento riguarderà gli esponenti aziendali bancari, degli intermediari finanziari, dei Confidi, degli IMEL, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositi; la sua articolazione prevede i seguenti punti principali: a. requisiti di onorabilità e criteri di correttezza [28], b. requisiti di professionalità e criteri di competenza [29], c. requisiti di indipendenza [30], d. disponibilità di tempo e limiti al cumulo degli incarichi, e. responsabili delle principali funzioni aziendali delle banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, f. valutazione dell’idoneità e pronuncia di decadenza. Ne esce anche il concetto di adeguata composizione collettiva degli organi.

Le parti correlate (disciplina Consob)

L’art. 13 del regolamento Consob n. 17221, nell’occuparsi del campo di applicazione della disciplina sulle operazioni con parti correlate, da un lato, ha confermato la definizione di parte correlata secondo i criteri dello IAS 24 paragrafo 9 in tema di informativa di bilancio nella nota integrativa (art. 2427 n. 22 bis cc.) [31], anche se non sembra del tutto pacifica la equiparazione tra definizione IAS e nozione di parte correlata che sicuramente meriterebbe un approfondimento [32], dall’altro, ha espressamente previsto il concorso di norme con l’art. 136 del t.u.b; inoltre, il regolamento stabilisce essenzialmente che:

a. sono fatte salve le disposizioni di trasparenza ed in particolare l’informazione al pubblico sulle operazioni di maggiore rilevanza per le quali va redatto un apposito documento informativo secondo uno schema conforme con gli eventuali pareri degli amministratori indipendenti e degli esperti interpellati; è, infatti, previsto che gli amministratori indipendenti possano farsi assistere – a spese della società – da esperti indipendenti di propria scelta

b. non trovano applicazione le disposizioni in materia di pareri e di esperti indipendenti ma:
b.1 vanno posti specifici presidi a tutela della correttezza dell’operazione qualora non vi siano almeno due amministratori indipendenti non correlati,
b.2 va messa a disposizione del pubblico entro 15 giorni da ogni chiusura trimestrale un documento concernente l’indicazione della controparte, dell’oggetto e del corrispettivo delle operazioni approvate in presenza di un parere negativo,

b.3 per le sole operazioni di maggiore rilevanza un comitato ad hoc (o anche organismo diversamente denominato) composto esclusivamente da amministratori indipendenti non correlati vengano coinvolti nella fase istruttoria con facoltà di chiedere informazioni e formulare osservazioni ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative. Ed in questo specifico ambito emerge una modifica all’iter per le deliberazioni assunte ai sensi dell’art. 136 t.u.b in quanto occorrerà che risulti l’acquisizione del parere obbligatorio di un organismo ad hoc la cui composizione è quella citata. Si ritiene, prevalentemente, che, in caso di parere negativo, sia necessaria una motivazione, anche ai fini di trasparenza e, qualora la società intenda comunque eseguire l’operazione, questa andrà deliberata dall’assemblea. Di interesse è una recente decisione di merito in cui – con riferimento ad una nota società quotata – si è affermato costituisca grave irregolarità, rilevante ai sensi dell’art. 2409 cc., la selezione per l’attività di consulenza legale di uno studio associato, di cui fa parte uno dei consiglieri, senza una previa valutazione critica da parte del Comitato per il controllo interno, in quanto l’attribuzione dell’incarico va qualificata come operazione con parte correlata [33].

Gli obblighi di informazione si sostanziano nella redazione di un documento informativo dell’operazione e dei rischi relativi alla correlazione delle due parti: è sostanzialmente un particolare strumento di trasparenza a presidio del rischio di trasferimento illegittimo di risorse.

Le operazioni con parti correlate

Il regolamento Consob n. 17221 (Regolamento Operazioni con Parti Correlate) all’Allegato 1 prevede che “Un soggetto è parte correlata a una società se:

(a) direttamente, o indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone:

  1. controlla la società, ne è controllato, o è sottoposto a comune controllo;
  2. detiene una partecipazione nella società tale da poter esercitare un’influenza notevole su quest’ultima;
  3. esercita il controllo sulla società congiuntamente con altri soggetti;

(b) è una società collegata della società [34];

(c) è una joint venture in cui la società è una partecipante;

(d) è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società o della sua controllante.”

L’art. 4 comma 1 del regolamento 17221 impone l’adozione di procedure che assicurino la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate.

Infine, occorre ricordare che rientra nel novero delle operazioni con parti correlate anche l’attribuzione di un meccanismo di remunerazione variabile ad amministratori o dirigenti con responsabilità strategiche.

La giurisprudenza più recente ha assunto una posizione molto dura sul tema nei confronti del collegio e dei suoi componenti; in un caso di opposizione ad una sanzione inflitta dalla Consob si sono precisati alcuni aspetti su cui normalmente si incentrano le difese; in particolare, non costituiscono esimenti: a. l’insussistenza di segnali di allarme, b. la presenza di autorizzazioni da parte di altre autorità di settore, c. la presenza di un parere pro veritate fornito dal Comitato di controllo interno. In positivo, la Corte ha precisato che spetta al sindaco valutare la contrarietà agli elementari principi di regolare amministrazione e la rischiosità nonché le operazioni con parti correlate dove spesso emergono indici di elevata rischiosità [35].

I soggetti collegati (disciplina bankitalia)

Con il 9° aggiornamento alla circolare n. 263/2006 del dicembre 2012 (titolo V capitolo V) si è finalmente definito il quadro normativo che comunque traeva origine dalla delibera CICR n. 277 del 2008. Se la già citata disciplina delle operazioni con le parti correlate (lato Consob) era ed è vista nell’ottica dell’informativa al pubblico, della tutela dei soci di minoranza oltre che di presidio di attività a rischio “spinto” di conflitto di interessi, nella visione della Banca d’Italia si mira prevalentemente alla tutela del patrimonio di vigilanza; la questione evidentemente si amplia nel momento in cui alle parti correlate si aggiungono – in ottica omogenea – i soggetti connessi a queste ultime determinando, in sommatoria, i soggetti collegati.

In sintesi, i soggetti collegati sono le parti correlate più i soggetti a questi connessi per legami familiari (anche affini di 2° grado) o societari.

In concreto, le parti correlate sono gravate da un obbligo di collaborazione nell’ottica del loro censimento in modo che la banca possa fornire le informazioni necessarie ad evitare a queste ed ai soggetti connessi e collegati profili di responsabilità. Ciò che si vuole presidiare è il rischio (cioè le attività a rischio) che la “prossimità” di taluni soggetti ai centri decisionali della banca possa pregiudicare alcune scelte relative non solo alla concessione di finanziamenti ma anche ad altre operazioni che comunque riguardano questi soggetti. Tanto è vero che questa disciplina entra tra quelle che sono note come di vigilanza prudenziale e trova, a livello di segnalazioni, disciplina nei recenti aggiornamenti alle circolari bankitalia n. 154 (patrimonio di vigilanza – soggetti collegati) e n. 155 (soggetti collegati su base individuale e su base consolidata).

Con il d. lgs. 12.5.2015 n. 72 hanno assunto l’attuale configurazione l’art 53 comma 4 [36] e comma 4 quater. La banca d’Italia, pertanto, disciplina condizioni e limiti per l’assunzione di attività di rischio nei confronti di coloro che possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza sulla gestione della banca nonché dei soggetti a essi collegati (comma 4); inoltre, la banca d’Italia disciplina i conflitti di interesse tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4 in relazione ad altre tipologie di rapporti di natura economica (comma 4 quater).

Il Regolatore è, quindi, intervenuto ponendo:

  1. limiti prudenziali differenziati per tipologia di parte correlata, da un minimo del 5 ad un massimo del 20% del patrimonio di vigilanza (individuale o consolidato) tenendo conto dei fattori di ponderazione e di ammissibilità delle tecniche di mitigazione dei rischi di cui alla disciplina di concentrazione degli stessi. In caso di superamento dei limiti citati, ipotesi in astratto da evitare e che non può essere riconducibile a cause ascrivibili alla Banca, occorre operare per un rientro nel più breve tempo possibile attraverso una documentazione formale da inviare alla banca d’Italia. Quindi, quale primo criterio per definire le “operazioni di maggiore rilevanza” è l’indice di rilevanza per controvalore inteso quale rapporto tra il controvalore dell’operazione in esame ed il patrimonio di vigilanza del Gruppo.
  2. obblighi minimi in termini di assetti organizzativi e di controllo interno (con riferimento all’adeguatezza dei processi e la conformità dei comportamenti aziendali oltre all’adeguatezza del complessivo sistema dei controlli); il fenomeno deve essere presidiato nel continuo e le funzioni di gestione e di controllo devono avere un’informazione periodica almeno trimestrale sulle operazioni concluse.
  3. procedure deliberative incentrate sulla figura dei già citati amministratori indipendenti (e dei loro pareri motivati) costituiti in un comitato interno all’organo con funzioni di supervisione strategica. In questa materia ogni banca, tenuto conto di questo “set minimale”, può stabilire regole più stringenti anche alla luce del criterio di proporzionalità, operatività, dimensione ed assetti proprietari. Il tutto deve essere oggetto di un iter specifico di approvazione da parte dell’organo avente funzione di supervisione strategica con il parere vincolante degli amministratori indipendenti e dell’organo di controllo. La normativa prevede che la scelta degli amministratori avvenga anche valutando ogni circostanza utile ad assicurare che gli stessi possano svolgere i compiti affidati con autonomia di giudizio sulla gestione sociale contribuendo ad assicurare che essa sia svolta nell’interesse della società ed in modo coerente con gli obiettivi di sana e prudente gestione [37].
  4. si ricorda, inoltre, che le operazioni che ricadessero (anche) nell’ambito dell’art. 136 (posto che non vi è sovrapposizione, o soggettiva o oggettiva tra le due materie) dovranno – come già anticipato – essere precedute dalle disposizioni concernenti la fase deliberativa e pre deliberativa. Ne consegue che l’iter di approvazione ex art. 136 t.u.b. viene implementato di questa fase, ancorché eventuale.

Va da sé che i soggetti collegati debbano essere individuati, censiti ed aggiornati nel tempo e ciò trova disciplina – normalmente – nelle politiche adottate dall’azienda. Un supporto naturale sarà dato dall’Anagrafe della Banca la quale potrà fornire assistenza per quanto attiene le cointestazioni, le connessioni economiche e giuridiche ed ogni tipo di collegamento.

Per concludere sul punto, e con riferimento anche ai citati collegamenti, la Vigilanza espressamente ritiene legittime le “delibere quadro”, cioè attinenti a categorie omogene di operazioni sufficientemente determinate, con la sola avvertenza che possono avere durata limitata nel tempo (cioè possono coprire un periodo di tempo massimo di un anno) ed oggetto di una informativa trimestrale al CdA (oltre ad essere definite nell’operatività).

Infine, le banche devono adottare politiche interne in tema di controlli sulle attività a rischio di conflitti di interesse in senso ampio nei confronti dei soggetti collegati dandone informazione all’assemblea dei soci rivedendole con cadenza almeno triennale. L’elaborazione di tali politiche richiede il contributo di tutte le funzioni che si occupano di controlli interni, in particolare l’internal audit, la compliance ed il risk management. Tale attività, riconducibile alle prerogative e responsabilità dell’organo con funzione di supervisione strategica, per dirsi completata, dovrà tradursi in un complesso corpo documentale formato preferibilmente da:

  • Politiche interne[38] (e su queste politiche interne in materia di controlli sulle attività di rischio e sui conflitti di interesse nei confronti dei soggetti collegati, approvate dal Consiglio di amministrazione e riviste al massimo ogni tre anni, andrà predisposta apposita relazione di conformità)
  • Regolamento procedurale(o altrimenti definito) il quale, preferibilmente, attragga alla delibera o al parere obbligatorio di una funzione centrale l’iter di approvazione di ogni concessione, revisione, autorizzazione allo sconfinamento a favore di soggetti collegati
  • Protocolli (o altri documenti) applicatividi dettaglio del Regolamento.

Le attività a rischio con soggetti collegati vanno tenute in considerazione anche ai fini del processo ICAAP in ottica di adeguatezza patrimoniale.

Altro problema è quello delle operazioni personali per ciò intendendosi quelle poste in essere in qualità di investitori da soggetti che in relazione alla propria partecipazione sociale o ruolo direttivo assumono una posizione di rilevanza per l’intermediario. La definizione di operazione personale si trova nell’art. 18 del citato regolamento congiunto bankitalia-Consob del 2007. La Consob, successivamente [39], ha precisato che:

  1. il soggetto rilevante va individuato in relazione a colui che – di fatto – si possa trovare nella condizione di mettere in pericolo i valori tutelati dalla disciplina (restando, quindi, esclusi, i piccoli soci di una società quotata)
  2. l’operazione personale non concerne quella che risulta regolata da meccanismi idonei ad escludere il rischio di abusi di mercato o di conflitto di interessi (es. sottoscrizione di titoli di stato sul mercato primario).

B.- Il perimetro delle operazioni

Le operazioni rilevanti

La banca d’Italia ha riproposto la distinzione tra operazioni di maggiore rilevanza, di minore rilevanza ed ordinarie che già si trovava nella impostazione della Consob. Spetta, quindi, alla banca (o all’eventuale Capogruppo) definire i criteri per identificare le operazioni di maggiore rilevanza e le deliberazioni che le riguardano nonché identificare i presidi posti a controllo delle operazioni una volta concluse qualora queste dovessero dare luogo a perdite o altri fenomeni pregiudizievoli per la banca, non senza precisare che non cambia la definizione di esponente aziendale di cui all’art. 136 t.u.b. e che la disciplina – a differenza di quanto accade per quella dettata della Consob – trova applicazione per ogni banca. Dell’indice di rilevanza per controvalore si è già detto.

A titolo esemplificativo rientrano nella categoria:

  1. le operazioni straordinarie (se non di competenza dell’assemblea dei soci)
  2. le concessioni di credito
  3. le partecipazioni
  4. gli immobili
  5. gli appalti
  6. gli accordi di natura commerciale
  7. l’emissione di titoli di debito
  8. il riacquisto di strumenti di capitale o para capitale
  9. le consulenze
  10. gli accordi transattivi significativi

Per le sole Banche di credito cooperativo (ed in relazione alla loro connotazione mutualistica), è previsto dalla disciplina di vigilanza la non computabilità nei limiti prudenziali delle attività a rischio nei confronti degli esponenti aziendali che siano soci nei valori massimi consentiti vale a dire il 5% del patrimonio di vigilanza calcolato (annualmente o anche infrannualmente ?) secondo i coefficienti di ponderazione previsti in tema di concentrazione dei rischi (credit risk mitigation – CRM [40]) con l’avvertenza che l’ammontare va suddiviso in due sottoinsiemi, ognuno pari al 5% e senza possibilità di travasi: il primo riferito all’esponente aziendale (plafond personale), l’altro riferito ai suoi soggetti collegati o connessi (Bankitalia, chiarimenti interpretativi del 30.1.2013, documento in cui per la verità si rileva una qualche incertezza interpretativa).

C. – Il processo organizzativo

L’iter deliberativo.

Una volta effettuata:

  1. la corretta classificazione dell’operazione che significa, in primo luogo, stabilirne l’eventuale attrazione all’iter previsto dall’art. 136 t.u.b., secondariamente va accertato se l’operazione possa considerarsi esigua o ordinaria a condizioni standard o di mercato per giungere a focalizzare quelle di maggiore rilevanza. Un tema lasciato alla sensibilità interna alla banca, ma prevista a livello regolamentare interno, è se una operazione classificabile come di minore rilevanza possa essere trattata come di maggiore rilevanza ove il proponente lo ritenesse utile o opportuno. Per converso, una operazione di piccolo importo potrebbe essere attratta solo all’art. 136 t.u.b. senza riguardare l’iter tipico dei soggetti collegati.
  2. la mappatura (censimento) dei soggetti collegati basato su una autodichiarazione dell’interessato; il “perimetro” ovviamente può variare nel tempo e le modalità di aggiornamento devono essere disciplinate in modo chiaro.

si attiva il precedentemente normato iter deliberativo per il compimento delle operazioni distinguendo, preliminarmente, tra:

i.) la fase pre deliberativa, vale a dire la fase istruttoria (caratterizzata dalla individuazione delle funzioni coinvolte (in primo luogo la funzione proponente) e dalla tempestiva informazione preventiva in cui ogni parte correlata/soggetto collegato fornisce alla banca l’indicazione dei propri soggetti connessi); questa fase è fondamentalmente finalizzata a consentire al Comitato o all’Amministratore indipendente (se unico) di formulare il parere preventivo sull’operazione, obbligatorio ma non vincolante [41]; può essere chiesto anche un parere al Collegio Sindacale senza che ciò significhi una delega di responsabilità. Le operazioni compiute sulle quali gli amministratori indipendenti avessero dato parere negativo o formulato rilievi sono portate immediatamente a conoscenza del CdA e, annualmente, a conoscenza dell’assemblea dei soci.

e

ii.) la fase deliberativa (caratterizzata dall’essere arricchita dal citato parere preventivo motivato degli amministratori indipendenti nonché dalla verbalizzazione da cui risultino sia l’opportunità e la convenienza economica dell’operazione, non tanto la regolarità formale; quindi, ad esempio, in caso di operazione creditizia, quello degli amministratori indipendenti non sarà un giudizio sul merito creditizio che sarebbe un’inutile duplicazione dell’analisi compiuta sicuramente più professionalmente dalle strutture interne della banca salvo giustificarla su una base documentale o un’analisi più approfondita).

Si deve tenere conto dei seguenti principi:

iii.) lo spirito della normativa è quello di rafforzare la tutela degli azionisti di minoranza (concetto non applicabile alle cooperative) e dei portatori di interesse attraverso il contrasto ad eventuali abusi connessi ad operazioni con parti correlate (cui, peraltro, non corrisponde un efficace sistema di sanzioni contro le società in caso di mancato rispetto) [42] o soggetti collegati,

iv.) posto che alla base di tutto sta il rafforzamento del ruolo degli amministratori indipendenti (cf. art. 148 t.u.f.) che costituiscono un comitato [43] all’interno (dell’organo con funzione di supervisione strategica e) del processo decisionale delle operazioni con parti correlate/soggetti collegati; il ruolo di costoro è di coadiutori obiettivi del Consiglio di Amministrazione nelle decisioni sulle operazioni che coinvolgono parti correlate e i soggetti collegati finalizzato ad accertare l’esistenza di un concreto interesse per la società;

v.) viene, consequenzialmente, imposto un adeguato regime di trasparenza e di correttezza sostanziale in ordine alla messa a conoscenza di terzi [44] delle operazioni di maggiore rilevanza. L’attuale disciplina è costituita dalla delibera Consob n. 17221 del 12.3.2010 (successivamente modificata con delibera n. 17389 del 23.6.2010) ed in vigore dal 1° dicembre 2010, titolata “regolamento recante le disposizioni in materia di operazioni con parti correlate”. Pare evidente che detta disciplina miri, nel consentire le operazioni con parti correlate e soggetti collegati, ad evitare operazioni in danno dei soci di minoranza, in primis eventuali trasferimenti surrettizi di ricchezza dalla società a soggetti non propriamente terzi (c.d. tunneling).

La tipologia delle operazioni

La normativa distingue le operazioni secondo un criterio dimensionale e, in parte, qualitativo e la singola banca deve provvedere alla loro certa definizione:

1. operazioni di maggiore rilevanza[45]; per le Banche di Credito Cooperativo vale il criterio del 5% del patrimonio di vigilanza, ove superato. Sono di competenza deliberativa del CdA o, in caso di delega espressa e nei limiti di questa, del Comitato Esecutivo. Per una esemplificazione di massima si rimanda a quanto già detto.

2. operazioni di minore rilevanzao anche ordinarie [46]; in particolare, si definiscono ordinarie le operazioni di minore rilevanza rientranti nell’ordinaria operatività della banca se regolate a condizioni di mercato o standardizzate. In tal modo, si superano a monte problemi di conflitti di interesse e si evita di inflazionare l’iter deliberativo. La delega alla deliberazione spetta secondo il sistema dei poteri delegati. La deliberazione è comunque motivata.

Per entrambe le tipologie (sub. 1 e 2) di operazioni, nella fase pre deliberativa viene fornita una informativa al Comitato o all’Amministratore indipendente. Si ritiene preferibile che le operazioni indicate sub. 1 e sub. 2, ancorché la normativa di Vigilanza lo consenta, non prevedano deroghe procedurali in caso di urgenza.

3. operazioni esigue [47] sono quelle definite come tali dalla singola Banca (che si assume la responsabilità della scelta adottata); a queste operazioni – normalmente – non si applicano le procedure deliberative o solo parzialmente.

Viene, infine, individuata una categoria di operazioni esenti da tutti obblighi connessi al regolamento. Ovviamente deve trattarsi di entità considerate ininfluenti e, comunque, rientranti in una declaratoria di principio predefinita.

Ancorché superfluo, occorre ricordare che non è ammesso ricorrere a tecniche di frazionamento per eludere i principi ed i criteri di classificazione sopra indicati.

I presidi di controllo

Alle politiche interne si è già accennato. I presidi di controllo attengono, in forma di monitoraggio, oltre al rispetto della normativa interna, dell’iter, dell’aggiornamento del perimetro operativo (soggetti collegati o parti correlate), del rispetto dei singoli limiti prudenziali (per gruppo di soggetti collegati) [48] e dell’ammontare complessivo delle attività di rischio.

Un presidio particolare va posto per rilevare eventuali perdite o passaggi a sofferenza delle operazioni rientranti nel perimetro.

Normalmente, i presidi saranno, oltre che di primo, di secondo livello (attribuiti alla compliance o al risk management o anche alla Vigilanza Crediti, se presente, secondo la decisione della Banca) e di terzo livello (necessariamente all’internal audit), indipendentemente dal fatto che tutte o alcune di queste funzioni siano in tutto o in parte esternalizzate.

Il Collegio Sindacale, infine, può avvalersi delle funzioni di controllo per le proprie verifiche.

Ciò premesso, un assetto efficace potrebbe essere il seguente:

  1. La Compliance dovrebbe verificare l’efficacia delle procedure nonché – vertendosi in tema di conflitti di interesse – dovrebbe anche effettuare verifiche mirate; inoltre, la Compliance fornisce consulenza agli organi di vertice ed alle strutture della banca in ordine al corretto adempimento degli obblighi previsti dalla normativa specifica.
  2. Il Risk management o funzione di gestione dei rischi dovrebbe misurare i rischi e monitorare principalmente il rispetto dei limiti di rischio, il superamento del limite e la fase di rientro nel limite oltre al livello di assorbimento patrimoniale per gruppo di soggetti collegati; il tutto, almeno trimestralmente.
  3. L‘Internal Audit valuta, invece, la funzionalità dell’intero processo, controllo compreso, con verifiche ex post e riferisce periodicamente agli organi aziendali l’esposizione complessiva della banca ai rischi derivanti da transazioni con soggetti collegati e da altri conflitti di interesse.


[1] Che demanda interamente alla Consob il compito di dare attuazione al disposto normativo.

[2] La delibera Consob del 22.3.2017 n. 19925 è recentemente intervenuta con ulteriori aggiornamenti.

[3] Quadro che, in verità, si estenderebbe anche all’ambito assicurativo con apposite discipline dell’IVASS.

[4] C.d. CRD IV.

[5] C.d. CRR che trova definizione, unitamente alla citata direttiva CRD IV, nella circolare bankitalia n. 285/2013 nelle versioni via via aggiornate.

[6] Art. 6 comma 2 novies t.u.f.

[7] La circolare bankitalia n. 285 detta, nell’ambito della parte concernente la governance societaria, le nuove procedure di verifica dei requisiti degli esponenti aziendali oltre al processo di autovalutazione. Con l’aggiornamento della omologa circolare bankitalia n. 288 del 3.4.2015, (1° aggiornamento dell’8.3.2016), invece, si sono dettate le norme per la procedura di verifica e la documentazione probatoria concernente i requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza (pur in attesa della disciplina attuativa dell’art. 26 t.u.b.) degli esponenti aziendali presso gli intermediari finanziari (settore parabancario, Confidi, Società fiduciarie) ed i Gruppi finanziari. Per le società quotate, i requisiti di onorabilità ed indipendenza sono previsti dagli artt. 147 ter, quater e quinquies; gli amministratori devono possedere i requisiti di onorabilità previsti per gli organi di controllo, a pena di decadenza, ex art. 148 t.u.f..

[8] Decreto CICR del 27.12.2010 (criteri disciplinanti la concentrazione delle esposizioni assunte dalle banche e dai gruppi bancari nei confronti di un cliente o di un gruppo di clienti connessi); i soggetti collegati costituiscono un aggregato che cumula da un lato le parti correlate e dall’altro i soggetti a queste connessi. E’ evidente che si ha una sovrapposizione di norme data da una sedimentazione non ben razionalizzata nel tempo.

[9] MULA, La revisione della direttiva sui diritti degli azionisti: un nuovo approccio dell’UE alla corporate governance delle società quotate in Rivista di diritto bancario, Giugno, 2017.

[10] Il titolo III del regolamento è stato riscritto a seguito delle modifiche apportate il 27.4.2017 al regolamento congiunto ed al regolamento emittenti in sede di recepimento della direttiva 2014/91/UE attuata tramite il d.lgs. n. 71/2016.

[11] Anche se con delibera assembleare viene fissato il massimo concedibile a livello individuale.

[12] Rientrano, ad esempio, tutti i casi di interposizione di persona (sia fittizia che reale) di responsabilità patrimoniale illimitata, di controllo di fatto o di diritto. Si ricorda, peraltro, che la nozione di obbligazione indiretta già trovava disciplina nelle istruzioni di vigilanza al titolo II capitolo 3 paragrafo 4 che faceva essenzialmente riferimento alla situazione di controllo ex art. 23 t.u.b. per le obbligazioni contratte da società mentre, per gli altri casi, si faceva riferimento ad una situazione di fatto comunque riconducibile all’esponente aziendale anche se tramite un soggetto che funge da schermo. La decisione circa l’esistenza o meno del legame indiretto era ed è, in ogni caso, di competenza consiliare; ecco perché va esplicitata ogni forma di interesse. Invece, si definisce obbligazione diretta quella in cui l’esponente aziendale contrae in proprio ed è tenuto a rispondere personalmente (ed, a volte, illimitatamente) con il proprio patrimonio.

[13] Principio evidenziato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12733/1955.

[14] Vanno indicati la natura (patrimoniale o non) l’origine, i termini e la portata.

[15] E’ sostanzialmente la disclosure del diritto anglosassone.

[16] In realtà, l’amministratore unico dovrebbe darne notizia alla prima assemblea utile ma il caso sembra non adattarsi alla realtà delle aziende di credito.

[17] ZAMPERETTI, Il nuovo conflitto di interessi degli amministratori di spa: profili sparsi di fattispecie e di disciplina in Le Società, 2005, 1085 ss.

[18] Anche se risulta che diverse banche imponessero come normativa interna l’obbligo di astensione.

[19] Come già anticipato, in tema di conflitti di interesse, il t.u.b. ed il t.u.f. prevedono l’ipotesi in cui il conflitto di interessi si presenti in capo ai consiglieri delle banche. Infatti, la direttiva CRD IV prevede un obbligo di astensione sia per i consiglieri di banche che per i consiglieri di soggetti finanziari. Detto obbligo è stato recentemente recepito dal d. lgs. 12.5.2015 n. 72 nel nuovo comma 2 novies dell’art. 6 del t.u.f. e nel nuovo comma 4 dell’art. 53 del t.u.b. Queste norme dispongono che i soci e gli amministratori, fermi restando gli obblighi dell’art. 2391 cc., si astengono dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto, per conto proprio o di terzi. L’obbligo di astensione non significa – di per sé – l’obbligo di abbandono della seduta collegiale o l’abbandono temporaneo della sala in cui la stessa si tiene. Eventualmente, questa modalità, è una forma di cortesia nei confronti dell’organo.

[20] La maggioranza delle banche ha predisposto – a tal fine – uno schema di dichiarazione ad uso degli amministratori.

[21] Da intendersi come qualsiasi interesse (cd. full discosure). La portata penale della violazione dell’art. 2391, co., 1c.c. (che non si applica ai sindaci) suggerisce la massima prudenza comportamentale con l’ulteriore motivazione che il reato di cui all’art. 2629 bis c. c. configurerebbe anche elemento di responsabilità penale/amministrativa per la società ex d. lgs. 231/2001. Un richiamo a questo reato compare, infatti, ora nell’art. 25 ter del citato d. lgs. ampliando la gamma dei “reati presupposto”.

[22] Cass. Pen. n. 29605 del 7.7.2014; nel caso esaminato – si trattava di amministratori di banca che avevano omesso di comunicare il conflitto per essere anche soci e collaboratori di fatto di una società di consulenza affidata – si è precisato che a nulla vale la circostanza che il credito concesso dalla banca fosse garantito in quanto il danno previsto dal 2629 bis cc. non deve necessariamente avere natura patrimoniale e, in aggiunta, il dovere di comunicazione è posto per evitare che sia inficiato il rapporto di fiducia tra l’amministrazione e la società.

[23] Qui si tratta di un palese reato di danno e non di mero pericolo come in origine.

[24] LOSAPPIO, Commento al testo unico delle leggi in materia bancaria, Giappichelli, 2013,1704.

[25] MICHIELI, Gli amministratori indipendenti nel comitato parti correlate in Giurisprudenza commerciale, 2014, I, nota 8.

[26] A tal fine si tenga conto del provvedimento Bankitalia dell’1.12.2015 che ha introdotto il procedimento d’ufficio con cui la Vigilanza potrebbe pronunciare la decadenza degli esponenti ai sensi dell’art. 26 t.u.b.

[27] GALLI, Il fit and proper e la suitability degli esponenti aziendali delle banche al tempo delle linee guida BCE ed EBA/ESMA… in attesa del nuovo articolo 26 TUB in dirittobancario.it, giugno 2017.

[28] Del tutto nuovo.

[29] Pure nuovo.

[30] Si avrà una nuova definizione di amministratore indipendente associata a limiti di incarichi e di durata massima nella carica. Inoltre, andrà verificato se il concetto di conflitto di interessi, soprattutto se rilevante, subirà una riformulazione.

[31] La nota integrativa deve indicare……le operazioni realizzate con parti correlate precisando l’importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni qualora le stesse non siano state concluse a normali condizioni di mercato

[32] Per controllo, lo IAS 24 intende il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere i benefici della sua attività. L’art. 2391 bis cc. non richiama il principio contabile IAS ma i principi indicati dalla Consob. A questa normativa vengono quindi demandati i canoni di trasparenza delle operazioni nell’ottica di verificare la rispondenza delle stesse all’interesse della società e, in subordine, di tutto il corpo sociale.

[33] Trib. Parma, 29.3.2013, decr., in Giurisprudenza Commerciale, 2014, II, 95.

[34] Il collegamento societario sussiste solo in presenza di un’influenza notevole ex art. 2359 comma 3 cc.; l’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei diritti di voto (un decimo per le società quotate). La norma, dettata per le spa vale anche per le srl (Cass. 3.5.2017 n. 10726 in dirittobancario.it) .

[35] GALIMBERTI, Sindaci a responsabilità piena in Il Sole 24 Ore, 29.8.2017, pag. 19 a commento di Cass. n. 20437/2017 depositata il 28.8.2017.

[36] La vigente formulazione del (sofferto) comma 4 è la seguente: “la banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, disciplina condizioni e limiti per l’assunzione, da parte delle banche di attività di rischio nei confronti di coloro che possono esercitare direttamente o indirettamente, un’influenza sulla gestione della banca o del gruppo bancario nonché dei soggetti ad essi collegati . Ove verifichi in concreto l’esistenza di situazioni di conflitto di interessi, la banca d’Italia può stabilire condizioni e limiti specifici per l’assunzione delle attività di rischio”. La direzione della riforma abbandona un criterio casistico e mira ad una effettiva tutela contro l’influenza, comunque esercitabile, sulla gestione della banca e del gruppo oltre a riservare alla banca d’Italia un più penetrante potere ove si riscontrassero, nell’ambito delle attività di vigilanza, in concreto situazioni di conflitto di interesse relativamente alle attività a rischio (si pensi ad un rapporto di consulenza) la cui definizione non sembra cambiata rispetto al passato (ed era e resta ancora definito dalle Istruzioni di Vigilanza, circolare n. 229 del 21.4.1999 e successive modifiche).

[37] BANKITALIA, circolare n. 285/2013 parte prima, Titolo IV, Capitolo 1, pag. 16.

[38] Il documento dovrà definire il censimento e l’aggiornamento dei soggetti collegati, il “perimetro” delle operazioni di maggior rilevanza e di quelle ritenute di tipo ordinario, il monitoraggio sui limiti e le conseguenze dell’eventuale sforamento degli stessi.

[39] CONSOB, Comunicazione DIN 11021354 del 23.3.2011.

[40] Avendo presente che non tutte le forme di garanzia sono ammissibili ai fini della mitigazione.

[41] Ove obbligatorio significa che è richiesto per la corretta impostazione della fase deliberativa ma non vincolante nel senso che il soggetto deliberante non è condizionato nella decisione anche se dovrà motivare la stessa in presenza di un parere preventivo negativo o con riserve. Inoltre, di fronte ad un parere positivo dell’Amministratore indipendente, il soggetto deliberante è libero di bocciare la proposta.

[42] LONGO, Definire le sanzioni per chi viola le norme sulle parti correlate in Il Sole 24 Ore, 6.5.2014.

[43] Per le banche di credito cooperativo è possibile un’opzione a favore di un singolo amministratore, purché indipendente, associato alla designazione di un amministratore supplente qualora, sulla singola operazione, possa emergere un impedimento o una causa che ne faccia perdere il requisito dell’indipendenza.

[44] Vanno inserite nella relazione sulla gestione.

[45] Ex art. 3 comma 1 lettera b sono quelle che superano il 5% di almeno uno dei seguenti indicatori: a. capitalizzazione di borsa o patrimonio di vigilanza consolidato della banca, b. del totale dell’attivo della banca, c. del totale del passivo della medesima.

[46] Ex art. 3 comma 1 lettera c. sono quelle diverse dalle operazioni di maggior rilevanza e dalle operazioni di importo esiguo. Sono, quindi, di dimensione inferiore al 5% degli indicatori citati ed è previsto un motivato parere obbligatorio ma non vincolante da parte del comitato indipendente. In particolare, si definiscono ordinarie le operazioni di minore rilevanza rientranti nell’ordinaria operatività della banca (sia affidamenti sia investimenti) se regolate a condizioni di mercato per tassi e durata o standardizzate e rispettino la soglia normativa.

[47] sono quelle definite come tali dalla singola Banca (che si assume la responsabilità della scelta adottata); in ogni caso, dette operazioni non possono superare lo 0,01% del patrimonio di vigilanza della singola banca. A seconda delle dimensioni della banca si trovano soglie di 50.000, 100.000. fino a 250.000€ nel mondo delle BCC (patrimonio di vigilanza inferiore a 500 milioni).

[48] Il rispetto dei limiti deve avvenire in modo continuo. Eventuali superamenti dovranno essere prontamente ricondotti nei limiti con le tempistiche prestabilite dalla Banca e comunicati alla Vigilanza da parte di una funzione appositamente designata nei regolamenti aziendali.

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