[*] Il presente contributo si sofferma sull’applicabilità degli obblighi di comunicazione del titolare effettivo al relativo registro con riferimenti agli istituti giuridici affini ai trust, anche alla luce della recente ordinanza cautelare del Tar Lazio del 7 dicembre scorso che ha sospeso l’avvio dell’attività del registro dei titolari effettivi.
Come noto, il Tar Lazio, con ordinanza cautelare n. 8083 del 7 dicembre 2023, ha sospeso l’efficacia del decreto 29 settembre 2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, recante “Attestazione dell’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva”.
La suddetta ordinanza evidenzia il fumus correlato alle articolate censure formulate da parte ricorrente (Assoservizi Fiduciari) circa i profili di complessità involgenti questioni di “compatibilità eurounitaria”.
In primis, giova evidenziare che l’effetto sospensivo impatta non soltanto sul recente decreto attuativo ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre scorso n. 236, ma anche e soprattutto in via indiretta sull’efficacia degli atti presupposti tra cui, anzitutto, si annovera il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 11 marzo 2022 n. 55[1] il quale – in attuazione dell’art. 21, comma 5 del D.lgs. 231/2007 – vincola a comunicare alle camere di commercio i dati e le informazioni relativi alla titolarità effettiva delle persone giuridiche, dei trust e degli istituti considerati “affini” ai trust, per la loro iscrizione e conservazione nella sezione speciale del registro delle imprese.
Nel dettaglio, l’articolo di legge sopra citato, prevede che con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono stabiliti: a) i dati e le informazioni sulla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica, delle persone giuridiche private e dei trust e degli istituti giuridici affini, stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana da comunicare al Registro delle imprese nonché le modalità e i termini entro cui effettuare la comunicazione; b) le modalità attraverso cui le suddette informazioni sulla titolarità effettiva sono rese tempestivamente accessibili alle Autorità; c) le modalità di consultazione delle informazioni da parte dei soggetti obbligati e i relativi requisiti di accreditamento.
Da un primo esame del corpus normativo, emerge quindi che l’obbligo di comunicare i dati sulla titolarità effettiva impatta certamente sulle imprese dotate di personalità giuridica, sulle persone giuridiche private e sui trust, ma anche sugli “istituti giuridici affini” a questi ultimi.
Lo stesso Decreto MEF 11 marzo 2022 n. 55, all’art. 1, comma 1, lett. g) definisce gli istituti giuridici affini ai trust come gli enti e gli istituti che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust espressi, anche avuto riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell’interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine, secondo l’articolo 22, comma 5-bis, del decreto antiriciclaggio.
Chiaramente, risulterebbe semplicistico limitare alle fonti interne nazionali la definizione e l’inquadramento degli istituti giuridici affini ai trust, posto che proprio l’art. 31, par. 10, della Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, impone agli Stati membri di notificare alla Commissione le categorie, la descrizione delle caratteristiche, i nomi e, se del caso, la base giuridica dei trust e degli istituti giuridici affini disciplinati dalla loro legislazione.
Il medesimo articolo stabilisce che la Commissione pubblichi l’elenco consolidato di tali trust e istituti giuridici affini, secondo quanto notificato dagli Stati membri, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
Tale elenco è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale UE del 27 dicembre 2019 e sostituito poi dal provvedimento 2020/C 136/05, il quale è divenuto l’elenco definitivo che integra e sostituisce il precedente.
In tale Elenco, l’Italia ha notificato due tipologie di istituti affini ai trust: il mandato fiduciario e il vincolo di destinazione.
A parte queste due categorie, dunque, non è fatta menzione, nell’ambito della notifica da parte dell’Italia, di ulteriori e diversi tipi di istituti o amministrazioni fiduciarie analoghe ai trust quanto alla natura, allo scopo o al vincolo di segregazione patrimoniale.
L’articolo stesso della Direttiva, però, non si accontenta della notifica degli Stati membri ma prevede anche che la Commissione UE valuti se gli Stati membri hanno debitamente notificato e assoggettato agli obblighi previsti dalla direttiva i trust e gli istituti giuridici affini disciplinati dal loro diritto.
A tal fine, la Commissione ha pubblicato in data 16.09.2020 una Relazione[2] recante la valutazione della debita individuazione e del debito assoggettamento agli obblighi della direttiva, da parte degli Stati membri, di tutti i trust e gli istituti giuridici affini disciplinati dai rispettivi diritti.
La relazione adempie tale obbligo, sulla base delle notifiche degli Stati membri, ma anche delle analisi elaborate dalla Task Force “Azione finanziaria” (GAFI) e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) e dalla ricerca accademica.
Nell’ambito di tale Relazione, la Commissione EU prende atto che l’Italia rientra tra quegli Stati che hanno notificato istituti giuridici affini non espressamente disciplinati nel loro diritto nazionale, ma basati sul principio generale dell’autonomia delle parti contraenti e delimitati dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
Questo è il caso, ad esempio, del mandato fiduciario notificato dall’Italia: afferma la Commissione che sebbene non vi siano disposizioni nazionali che disciplinano questo tipo di contratto, esso di norma assume la forma di un regime che corrisponde a quello della fiducie, con gli stessi effetti per quanto riguarda la separazione e il trasferimento di beni a un fiduciario a vantaggio di uno o più beneficiari.
A tal proposito – prosegue la Commissione – a loro volta le fiducie figurano tra gli istituti giuridici specificamente identificati dal GAFI e dalla direttiva antiriciclaggio quali “affini ai trust”. Tali istituti giuridici si basano generalmente su un regime che coinvolge tre parti in cui uno o più conferenti trasferiscono beni verso un fiduciario, a vantaggio di uno o più beneficiari individuati. Tale regime comporta la separazione dei beni dai beni personali del conferente. In base a tale istituto, il fiduciario ha l’obbligo di gestire i beni secondo i termini dell’accordo con il conferente.
Sempre nella categoria delle fiducie, secondo la Commissione, rientrerebbe il vincolo di destinazione notificato dall’Italia (articolo 2645-ter del codice civile italiano), che consiste in un regime in cui il titolare di un bene immobile o di beni registrati in registri pubblici istituisce un vincolo su tale bene, in virtù del quale i beni possono essere gestiti e utilizzati solo per uno scopo specifico individuato dal titolare.
Posto quanto sopra, la letteratura individua anche gli istituti giuridici che possono essere considerati affini ai trust in virtù del loro assetto, come ad esempio la tutela, la curatela e l’amministrazione delle successioni. Tuttavia, tali istituti non sono stati notificati dagli Stati membri.
D’altro canto, come riconosciuto dalla GAFI, è possibile utilizzare una serie di altri istituti per dissimulare il rapporto tra il titolare effettivo e i beni, che però non possono essere considerati affini ai trust per quanto riguarda il loro assetto e la loro funzione[3].
Alla luce delle riflessioni contenute nella Relazione, la Commissione conclude che non vi è nella comunità AML/CFT internazionale un’analisi conclusiva ed esaustiva di ciò che costituisce un istituto giuridico legale affine a un trust.
Ciononostante, secondo la Commissione gli istituti giuridici come la fiducie o quelli ad essa assimilabili (quali, ad esempio, il mandato fiduciario) possono essere considerati affini ai trust in virtù della loro funzione, mentre altri istituti, quali la tutela, la curatela e l’amministrazione delle successioni possono essere considerati affini in virtù del loro assetto.
Resta aperto il problema se tale locuzione debba riferirsi esclusivamente al contratto di affidamento fiduciario previsto ex lege o anche ad altre fattispecie fiduciarie non espressamente disciplinate dal nostro legislatore[4].
Al tempo stesso, rileva la Commissione, proprio l’assenza di un approccio comune all’individuazione di istituti affini ai trust non garantisce la certezza del diritto e la parità di condizioni e potrebbe lasciare aperte scappatoie che consentano di utilizzare istituti poco noti in sistemi di riciclaggio di denaro.
Per affrontare questo problema, la Commissione prendeva nel 2020 in considerazione la possibilità di istituire un gruppo di lavoro in collaborazione con il mondo accademico, gli operatori del settore, le unità di informazione finanziaria e le autorità competenti al fine di individuare criteri comuni obiettivi e coerenti per l’individuazione dei pertinenti istituti giuridici disciplinati dal rispettivo diritto.
In definitiva, il quadro attuale sembra propendere per un approccio sostanziale che privilegi l’inquadramento nella categoria degli istituti giuridici affini ai trust di tutti quegli schemi contrattuali ed operativi di fatto assimilabili al mandato fiduciario quanto al determinare effetti giuridici equivalenti riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell’interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine (tra cui quello di segregazione patrimoniale, ma non solo).
Non resta che attendere la sentenza di merito del TAR per comprendere come la complessa materia sarà interpretata ed attuata.
[*] Le opinioni espresse non costituiscono dirette posizioni dell’Organismo.
[1] Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust.
[2] Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Bruxelles, 16.9.2020 COM(2020) 560.
[3] Tra gli esempi di tali istituti figurano i life insurance contracts (contratti delle polizze vita), che si può ritenere svolgano una funzione analoga a quella di un trust. Tuttavia, le disposizioni specifiche relative a tali prodotti esistono già nella direttiva antiriciclaggio e tali contratti dovrebbero pertanto essere trattati separatamente; gli escrow agreements (contratti di deposito fiduciario) sono definiti per determinare i dettagli di una procedura di trasferimento dei beni. L’agente di deposito fiduciario funge da garante di entrambe le parti nella transazione e non ne fa parte lui stesso; i nominees (intestatari) agiscono su istruzioni relative a determinati beni per conto di un titolare effettivo. Il trasferimento di beni richiede un trust, un istituto giuridico affine o un contratto civile per disciplinare il rapporto di intestatario.
[4] L’art. 47 della Proposta di Regolamento UE 2021/0239 stabilisce l’obbligo di iscrizione al Registro dei titolari effettivi anche in caso di intestazione fiduciaria.