Secondo gli Ermellini l’istituto di credito deve adeguare lo sportello in modo che possa beneficiare del servizio anche chi è diversamente abile. L’accesso e la fruibilità del servizio bancomat, in edifici pubblici o privati, deve essere “assicurato” in favore delle persone con disabilità mediante la rimozione di tutti gli ostacoli architettonici e ciò deve avvenire anche in mancanza di “norme regolamentari di dettaglio che dettino le caratteristiche tecniche che luoghi, spazi, parti, attrezzature o componenti di un edificio o parti di questo debbano avere per consentire l’accesso”.
Altrimenti, la persona diversamente abile può legittimamente chiedere la tutela antidiscriminatoria, che ben può essere azionata nei confronti dei privati oltre che delle amministrazioni pubbliche. E’ stato così accolto il ricorso avanzato dal correntista della banca, proposto ai sensi dell’art. 3 della legge 67/2006 contro la discriminazione delle persone diversamente abili.
In particolare, i giudici della Suprema Corte hanno sancito che “in materia di barriere architettoniche – qualora si verta in una situazione di fatto” in cui le leggi “prevedano come obbligatoria l’accessibilità in favore delle persone con disabilità, questa dovrà comunque essere assicurata, anche in mancanza di norme regolamentari di dettaglio che dettino del caratteristiche tecniche che luoghi, spazi, parti, attrezzature o componenti di un edificio o di parti di questo debbano avere per consentire l’accesso”. Ne consegue, hanno precisato i Giudici di piazza Cavour, enunciando un nuovo principio di diritto, che “costituisce barriera architettonica, che va eliminata, l’ostacolo alla comoda ed autonoma utilizzazione, da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria, di un dispositivo bancomat, installato da un istituto di credito nell’edificio privato, ma aperto al pubblico, in cui ha sede una propria agenzia”, in modo tale da “permettere al disabile di espletare il servizio corrispondente”.
Spetterà poi al giudice del merito individuare i criteri tecnici da seguire, magari avvalendosi di altri regolamenti sopravvenuti, se risultano utili; è rimessa alla sua discrezionalità l’adozione di ogni altro provvedimento necessario a far cessare gli effetti della discriminazione. Competerà allo stesso giudice stabilire se il correntista abbia diritto ad essere risarcito dalla banca ex art. 2043 per non aver potuto finora ritirare i soldi allo sportello.