Sommario: 1. La crisi pandemica e la diffusione delle piattaforme di Donation – based Crowdfunding; 2. Il GofundMe quale modello puro di Donation – based Crowdfunding; 3. I possibili profili anticoncorrenziali del GoFundMe.
1. La crisi pandemica e la diffusione delle piattaforme di Donation – based Crowdfunding
Di fronte ad uno stato emergenziale di rilevanza globale, che ha atterrito il sistema sanitario nazionale ed internazionale, si sono diffuse tra il pubblico dei risparmiatori molte iniziative benefiche, promosse da personaggi pubblici che godono di un notevole seguito, volte ad acquisire un capitale da donare interamente alla ristrutturazione delle strutture sanitarie poste in prima fila nella lotta contro il virus.
Tra le tante raccolte fondi pubblicizzate a livello nazionale e finalizzate a coadiuvare lo Stato nel garantire la tutela della salute pubblica, il primo e più diffuso strumento utilizzato è stato il GoFundMe, ovvero una piattaforma di Donation – based Crowdfunding americana che consente alle persone di raccogliere fondi per eventi di natura disparata, tra i quali rientrano anche circostanze difficili come incidenti e malattie, o scopi benefici, qual è stata la raccolta fondi organizzata per incrementare e rinforzare le Unità operative complesse delle strutture sanitarie nazionali nella lotta contro il COVID 19[1].
In questa affannosa gara di solidarietà che ha visto come protagonisti tanto i privati cittadini, quanto le grandi imprese, l’obbiettivo comune perseguito è stato quello di sostenere i reparti ospedalieri nell’approvvigionamento dei dispostivi medici necessari alla sopravvivenza dei contagiati, come ad esempio i ventilatori polmonari, i dispositivi di ventilazione non invasiva, i Monitor e i dispositivi di protezione individuale, ma anche e soprattutto la creazione ex novo di centri Covid.
Le drammatiche circostanze hanno focalizzato le luci della ribalta nell’apprendere ed interpretare il corretto funzionamento delle piattaforme di Crowdfunding, ovveroil processo con cui più persone («folla» o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando come mezzo di acquisizione siti internet («piattaforme» o «portali»)[2].
Tecnicamente il termine Crowdfunding identifica fenomeni diversi, accomunati da due elementi ben distinti che congiungono il passato ed il futuro: un elemento tradizionale costituito dal ricorso al pubblico per raccogliere risorse monetarie per la realizzazione di un singolo progetto (o di un’attività); e un elemento tecnologico, dato dall’impiego di un portale o piattaforma on-line[3].
Si tratta quindi di un modello finanziario che è idoneo ad agevolare l’incontro tra domanda e offerta, con riduzione dei costi rispetto ad altre modalità di sollecitazione[4].
È un servizio innovativo, la cui idea di fondo si basa sulla cooperazione di un numero elevato di persone sconosciute, le quali finanziano collettivamente diversi progetti attraverso l’ausilio di tecnologie piattaforma; Nello specifico, è un nuovo modello finanziario riconducibile nell’alveo dei nuovi strumenti digitali finanziari, al fianco dei robo advisor e del Trading online, nonché di una vasta gamma di sviluppi sostenuti dalle nuove tecnologie, comprese le innovazioni nell’educazione finanziaria e qualsiasi servizio finanziario emergente[5].
Nella sua evoluzione, il Crowdfunding si è affermato come un modello sociale e di sviluppo dei rapporti economici tra i privati, basato sulla volontà di consentire l’affermazione economica di quanti siano in grado di proporre al mercato un prodotto o un’idea innovativi.
In questo senso, l’utilità del Crowdfunding è stata rivenuta nella capacità di «offrire alla platea indistinta dei potenziali contributori un prodotto, quanto più possibile innovativo, così da testarne anticipatamente la capacità di affermazione sul mercato. Il successo del finanziamento è destinato a quelle proposte che dimostrino, con la ragione del sostegno economico offerto dal maggior numero di contributori, di poter essere in grado di affermare le loro ragioni economiche e, così, di stabilizzare la loro produzione, con la conseguente ricaduta positiva in termini sia economici che sociali[6]».
I soggetti coinvolti nel processo di raccolta dei capitali sono, principalmente, gli investitori che finanziano il progetto, i beneficiari del capitale (società ed enti non commerciali, promotori del progetto) e i gestori delle piattaforme o portali on-line specializzati nella raccolta del capitale.
I modelli di Crowdfunding rientrano in due macrocategorie: i modelli di donazione, in cui il contributore sta donando denaro a progetti senza aspettative di rendimento e i modelli azionari, ove invece il partecipante sta investendo denaro in cambio di titoli azionari o di debito nella società.
In base alla tipologia di progetto da sostenere e alla prospettiva di compenso riconosciuto agli investitori, il Crowdfunding può realizzarsi mediante le seguenti sottocategorie dei due modelli operativi illustrati.
Il Crowdfunding finanziario, che rientra nei modelli azionari, si distingue dalle varianti di natura altruistica, che verranno analizzate approfonditamente nel prossimo paragrafo, perché i sostenitori dell’iniziativa intendono ottenere un rendimento sulle risorse investite, la cui alea economica e giuridica dipende dal tipo di operazione di investimento realizzata.
In tale categoria rientrano: il lending-based Crowdfunding (o social lending), ovvero la piattaforma che abbina raccoglitori e prestatori di fondi, che stipulano un contratto di prestito; l’equity-based Crowdfunding, ovverosia il portale che seleziona investitori interessati a diventare soci della società emittente; il debt-based Crowdfunding, il quale ha ad oggetto strumenti finanziari rappresentativi di operazioni con obbligo di rimborso e attraverso il quale sono individuati investitori interessati a diventare creditori della società emittente, ma, a differenza del lending-based, ciò avviene tramite sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito[7].
Di converso, tra i modelli di donazioni rientrano il donation-based Crowdfunding, ovvero quella piattaforma che ha ad oggetto la raccolta di denaro per finalità assistenziali, culturali, sociali, di beneficenza e non prevede contropartita per i finanziatori, che contribuiscono per ragioni etiche o sociali; ed il reward-based Crowdfunding, il quale ha ad oggetto la raccolta di denaro per la realizzazione di un progetto, anche lucrativo, a cui i sostenitori partecipano per beneficiare in anteprima del prodotto o del servizio realizzato[8].
In sostanza, tra i modelli sopraindicati e ciascuno con le proprie caratteristiche, si possono individuare elementi in comune ed essenziali tra le diverse fattispecie, ovverosia: la raccolta di fondi; la partecipazione di una folla di persone indistinta; la rete virtuale e la piattaforma tecnologica che veicola i diversi meccanismi.
Di conseguenza, la dimensione rivoluzionaria del Crowdfunding sembra basarsi sulla natura innovativa del modo in cui genera cooperazione collettiva per finanziare progetti sulla base di una concorrenza aperta, in una sorta di «democratizzazione del capitale e del capitalismo[9] ».
Trattandosi di concorrenza, non è un caso che la piattaforma di GofundMe, così come descritta in premessa, sia stata sottoposta al vaglio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale con il Provvedimento n. 28179 del 22 marzo 2020 ne ha sottolineato la rilevanza di profili anticoncorrenziali che verranno analizzati più approfonditamente nei paragrafi seguenti.
Sin d’ora si può comunque sottolineare che l’istruttoria avviata dall’Antitrust trova la sua ragion d’essere nel fatto che costituendo ilGoFundMe un modello basato sulla rete internet e sulla nuova dimensione della comunicazione e della socialità on line, consente di entrare in contatto con una molteplicità di persone dotate di un bagaglio informativo spesso insufficiente rispetto al tipo di operazione compiuta.
Nel caso di specie, questo deficit informativo è stato ricondotto dall’Autorità alla tragica fase di diffusione della pandemia, che ha inciso profondamente sul grado di percezione del progetto da parte del consumatore, nonché dal fatto che le piattaforme di Crowdfunding spesso operano come mercati aperti non regolamentati, ove è elevato il rischio di frodi a danno della buona fede dei consumatori stessi.
Ciò che quindi l’Autorità ha voluto garantire con questo intervento, è ciò che è stato raccomandato più volte dalla Commissione Europea, nella Comunicazione denominata “Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore più competitivo e innovativo”, dell’8 marzo 2018, la quale sottolinea l’importanza del fatto che «I quadri di regolamentazione dovrebbero garantire un livello elevato di protezione per i consumatori e gli investitori e la resilienza e l’integrità del sistema finanziario»[10].
2. Il GofundMe quale modello puro di Donation – based Crowdfunding
Per definizione il GoFundMe è una delle variazioni più pure del modello di Donation – Based Crowdfunding; quest’ultimo è una forma di raccolta fondi che permette a più persone di mettere in comune risorse e sforzi per finanziare un progetto di utilità sociale, secondo un principio di collaborazione che parte dal basso, connotato dal meccanismo del personal fundraising.
Al riguardo, gli esperti del settore non profit hanno evidenziato come «il successo di un’iniziativa di Crowdfunding, dipende prima di ogni altra cosa dalla mobilitazione della rete sociale che sta intorno a una buona causa; ed in secondo luogo, dalla presenza dell’ente/associazione in rete (sito web, social networks, blogs, ecc.). Per parlare di Crowdfunding in ambito non profit però, è essenziale soffermarsi anche sul concetto di personal fundraising, che molto ha a che vedere con la mobilitazione della rete sociale. Personal fundraising è una modalità di raccolta fondi partecipata che permette, ad individui o gruppi informali, di sostenere una causa attraverso le proprie relazioni personali, utilizzando strumenti della comunicazione online. Ogni personal fundraiser può condividere la propria scelta, definire i propri obiettivi e gestire in maniera autonoma – grazie ad un linguaggio personale e all’uso di widget, blog, immagini, video, social media e interazioni personali – la propria campagna di fundraising[11]».
Il donation-based Crowdfunding non prevede, a fronte del finanziamento effettuato dall’investitore, il riconoscimento di un bene o un servizio valutabile economicamente; La “ricompensa” riconosciuta all’investitore coincide il più delle volte con una gratificazione morale o, talvolta, con un “ringraziamento” mediante la citazione del nome dell’investitore sul sito web che promuove il progetto.
All’interno dell’Unione, gli Stati membri hanno adottato diverse soluzioni regolatorie in materia di Crowdfunding; in alcuni casi il modello in esame è stato ricondotto all’interno di normative riguardanti diverse aree come istituti di pagamento, imprese di investimento e fondi di investimento; in altri, è stata adottata una normativa specifica (come nel caso dell’equity-based Crowdfunding), in altri ancora è stato lasciato il settore non regolato.
In altre parole, il Legislatore italiano ha regolato solo una fattispecie tra quelle sopraindicate, quale quella della partecipazione al capitale, senza però nulla dire sulle altre possibili esplicazioni dello strumento in esame.
Di conseguenza, in questa variante del Crowdfunding, si possono agevolmente rinvenire gli elementi caratterizzanti il contratto di donazione di cui all’articolo 769 del Codice civile, ovvero quel contratto mediante il quale un soggetto – donante – arricchisce il patrimonio di altro soggetto – donatario – senza alcun corrispettivo, ma sorretto dallo spirito di liberalità; ne consegue che con essa si realizza quel particolare effetto economico consistente nell’arricchimento del patrimonio altrui con correlativo depauperamento del proprio[12].
Si tratta quindi di un atto di liberalità che si realizza in via tipica mediante la disposizione di un diritto o l’assunzione di un’obbligazione.
Se per espressa disposizione legislativa la donazione è un contratto che deve rivestire la forma dell’atto pubblico con la presenza dei testimoni, tale struttura non rappresenta però una imprescindibile necessità, ma solo il frutto di una valutazione di opportunità; ed invero, per favorire gli interessi qualificati come preminenti dal Legislatore, il criterio della contrattualità può essere abbandonato e la perfezione del negozio può realizzarsi unilateralmente in forza della volontà del donante[13].
In sostanza quindi, in ossequio alla disciplina codicistica richiamata, la donazione effettuata attraverso le piattaforme di donation Crowdfunding è un contratto unilaterale sorretto dalla sola volontà del donante, ed il cui scopo è quello di partecipare a progetti il cui ammontare complessivo è difficilmente finanziabile da un numero limitato di attori, oppure progetti che altrimenti non vedrebbero la possibilità di essere finanziati[14].
Nello specifico le caratteristiche principali del donation based si possono rinvenire nella/e:
a) flessibilità legata all’ammontare target di raccolta; A differenza dei modelli finanziari, quando l’attività è una donazione e l’obiettivo è di beneficenza o una causa personale, non ci sono limiti minimi di investimento da raggiungere;
b) necessaria presenza di due elementi che connotano la campagna di Donation, ovvero la natura del progetto da sponsorizzare e la capacità comunicativa necessaria;
c) motivazioni chiave che legano i partecipanti a questo tipo di attività;
d) idea di contribuire attraverso collette a progetti di svariata natura senza scopo di lucro che possono avere finalità sociali e umanitarie tanto quanto finalità ludiche o triviali[15];
Il tutto ruota intorno alla piattaforma ovvero un intermediario specializzato nel promuovere il coordinamento di due o più gruppi di soggetti diversi[16].
Come anticipato in premessa, nel periodo storico che ci caratterizza, si è diffuso nel panorama internazionale e locale l’utilizzo del GoFundMe (www.gofundme.com), ovvero quella piattaforma che si pubblicizza come “Il sito di raccolta fondi personale n. 1 al mondo”.
Chiunque cerchi di raccogliere fondi attraverso il sito può avviare una campagna, pubblicizzarla al mondo e raccogliere le donazioni; A differenza di altri siti Web, non è necessario raggiungere un determinato obiettivo per ottenere finanziamenti e si conservano tutte le donazioni ricevute.
Oltretutto, il GoFundMe è in grado dioffrire anche un’opzione per le organizzazioni senza scopo di lucro per raccogliere fondi attraverso il sito, ma in tal caso si richiede che il non profit verifichi attentamente i partecipanti a queste campagne[17].
3. I possibili profili anticoncorrenziali del GoFundMe
A seguito del diffondersi dell’emergenza Covid, si sono attivate sul piano nazionale una serie di campagne per la raccolta fondi in favore degli ospedali e reparti ospedalieri delle zone più colpite dall’emergenza Coronavirus.
Protagonista indiscusso della scena è stata la piattaforma di GoFundMe Ireland Ltd, di seguito più semplicemente GoFundme, gestita attraverso il sito www.gofundme.com (accessibile dall’Italia anche attraverso l’indirizzo it.gofundme.com), nel quale dalle informazioni acquisite d’ufficio dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dalla segnalazione di un consumatore, è emerso che taluni comportamenti assunti nel corso dell’emergenza avrebbero potuto integrare fattispecie rilevanti ai sensi del Codice del Consumo.
In particolare, a seguito dell’analisi del sito emersero comportamenti apparsi contrari alla diligenza professionale e idonei a indurre il consumatore medio all’assunzione di decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso, sulla base di una ingannevole rappresentazione della realtà circa la gratuità dei servizi offerti e di una modalità aggressiva che condizionava la scelta dell’ammontare di commissione prevista su ogni donazione.
Nello specifico l’Autorità sostenne che il sito, approfittando della situazione di allarme sanitario esistente e della conseguente sollecitazione a contribuire con donazioni, promuovesse nella prima schermata la gratuità del servizio, senza nemmeno evidenziare la facoltatività delle commissioni su ogni transazione.
Sulla base di tali evenienze, l’Antitrust contestò che una simile condotta potesse configurarsi come pratica ingannevole, in modo da indurre in errore i consumatori e da far loro assumere decisioni commerciali che altrimenti non avrebbero preso
Sulla base delle informazioni acquisite in atti, in data 22 marzo 2020 l’Autorità avviò il procedimento istruttorio PS11726, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del Codice del Consumo, nonché ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento, al fine di verificare l’esistenza di pratiche commerciali scorrette in violazione degli articoli 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo.
In particolare, i presupposti del procedimento cautelare vennero individuati specificatamente in questi termini; quanto al fumus boni iuris, risultava che il professionista adottava modalità di fornitura del servizio che apparivano ingannevoli e aggressive, in spregio ai diritti dei consumatori, i quali erano sensibilmente influenzati nella loro capacità decisionale, anche alla luce dell’attuale emergenza sanitaria.
Sotto il profilo del periculum in mora, si rilevò l’indifferibilità dell’intervento poiché, nel contesto della tragica fase di diffusione della pandemia in atto, le pratiche contestate potevano indurre in errore i consumatori che intendevano effettuare donazioni circa la gratuità del servizio, condizionandone, attraverso la preattivazione, la scelta in merito all’ammontare delle commissioni che venivano loro addebitate dalla piattaforma sull’importo donato.
A seguito della comunicazione di avvio del procedimento del 22 marzo 2020, il 25 marzo 2020 venne prodotta la memoria difensiva da parte della società GoFundMe.
Quest’ultima, nella sua memoria, dopo aver descritto i meccanismi di funzionamento della piattaforma e aver sostenuto la legittimità del proprio operato, quanto al provvedimento cautelare dell’Autorità affermava che «…non sussiste alcun profilo di ingannevolezza quanto alla gratuità del servizio offerto dalla Piattaforma. Ed invero, il donatore è pienamente consapevole del fatto che il contributo in favore della Piattaforma abbia carattere “facoltativo”, e possa dunque essere concesso esclusivamente a sua discrezione. … Si ritiene inoltre che non possa configurarsi alcun indebito condizionamento nella condotta di GoFundMe, atteso che non è in alcun modo ravvisabile un comportamento sleale della Piattaforma che possa aver avuto l’effetto di esercitare una pressione sul donatore/consumatore in modo da limitarne considerevolmente la sua libertà di scelta. La Piattaforma non ha invero adottato alcun comportamento che possa risultare importuno per il donatore/consumatore o che possa perturbare in qualche modo la sua riflessione sulla decisione di natura commerciale da assumere».
La misura che GoFundMe descriveva nella memoria del 25 marzo 2020, in ottemperanza al provvedimento cautelare dell’Autorità, consisteva nel modificare «… la preattivazione della commissione (“tip”) da incassare, e fissando l’importo indicato nello spazio dedicato alla scelta della commissione con un valore pari a “zero”».
Successivamente, in data 26 marzo 2020, una volta effettuati gli opportuni accertamenti d’ufficio da parte dell’Autorità, risultò implementata la misura di inserimento del valore “zero” nello spazio previsto per il consumatore ai fini della scelta delle commissioni; di conseguenza, in data 27 marzo 2020, con il Provvedimento n. 28204, l’Autorità deliberò che le misure adottate dalla società GoFundMe Ireland Ltd erano idonee a soddisfare i requisiti richiesti con il citato provvedimento cautelare del 22 marzo 2020 ai fini della rimozione del periculum in mora.
In conclusione, la vicenda esaminata è un’occasione per promuovere la figura di un consumatore attento ed informato ed in grado di avere un corretto bagaglio informativo nel momento in cui si accinge all’utilizzo dei nuovi strumenti finanziari digitali, di modo da prevenire le insidie che posso celarsi dinnanzi a tale rivoluzione digitale.
Se nel caso descritto si è trattato di “costi occulti” e quindi di una difformità tra ciò che veniva proposto e ciò che veniva realmente sopportato economicamente dal cliente consumatore, le fattispecie anticoncorrenziali legate alla recente rivoluzione digitale sono molto e particolarmente diffuse, spesso riconducibili al tipo di destinatario preso in considerazione, dato che effettuandosi il servizio per il tramite di piattaforme o portali online, il pubblico che riceve la proposta non può essere predeterminato ab origine e singolarmente preparato al tipo di offerta che gli si presenta[18].
Come dai molti professato e sottolineato l’unica difesa che si può attuare a tutela del pubblico dei risparmiatori è una corretta conoscenza dei principi che presiedono a capo del sistema dell’educazione finanziaria.
[1] La piattaforma di GoFundMe è nata nel 2010 negli Stati Uniti d’America e si configura come la più grande realtà di raccolta fondi sociale del mondo, con oltre cinque miliardi di dollari redistribuiti e una comunità di circa 50 milioni di donatori; in Europa il portale ha già raccolto oltre 150 milioni di euro per cause sociali, nonché lanciato circa ottantamila campagne, per raccogliere i fondi necessari per la realizzazione del progetto promosso.
[2] Definizione tratta dal documento Consob: «Equity Crowdfunding: Cosa devi assolutamente sapere prima di investire in una “ Start-Up Innovativa” Tramite Portali On-Line», consultabile su www.consob.it/ main/trasversale/risparmiatori/investor/crowdfunding/index.html.
[3] Gli esperti del settore sottolineano due tappe storiche di fondamentale importanza per il Crowdfunding: la nascita delle borse valori europee e la costruzione della Statua della Libertà di New York City. Ed invero, l’esempio più famoso viene ricondotto al finanziamento della Statua della Libertà a New York alla fine del XIX secolo, donata dai francesi.Quando la Statua della Libertà arrivò negli Stati Uniti verso la fine dell’Ottocento, mancavano le risorse per finanziare la costruzione del piedistallo che avrebbe dovuto sostenerla. Ci furono vari tentativi per raccogliere la somma necessaria di 100.000,00 dollari, ma nessuno di essi andò a buon fine. Così J. Pulitzer, proprio quello del premio omonimo che allora era editore di un giornale, offrì di pubblicare sul suo quotidiano il nome di chiunque avesse donato del denaro, indipendentemente dalla somma versata. In appena cinque mesi vennero raccolti 102.000,00 dollari da 120.000 donatori che, nella maggioranza dei casi, avevano donato meno di un dollaro ciascuno. Nel corso di quei mesi J. Pulizter non si limitò a pubblicare il nome dei donatori, bensì anche le loro annotazioni, come quella di un gruppo di bambini che inviarono un dollaro, frutto dei loro risparmi che, in origine, avrebbero voluto utilizzare per andare al circo. Sebbene Internet non fosse ancora stato inventato a metà degli Anni ‘80 del XIX secolo, la strategia di J. Pulitzer si può configurare come una prima forma di civic crowdfunding, in cui i cittadini finanziano con le proprie risorse un progetto di pubblico interesse. In aggiunta la pubblicazione delle annotazioni dei singoli finanziatori si prefigura come antesignana di un fenomeno fondamentale del crowdfunding odierno:i commenti dei finanziatori alla singola campagna di crowdfunding che sostengono. Per un maggiore approfondimento si richiama U. Piattelli, Il Crowdfunding in Italia. Una regolamentazione all’avanguardia o un’occasione mancata?, Torino, 2013, pp. 4 ss.
[4] «La parola evoca il ricorso alla folla, che si verifica anche nel più elementare appello al pubblico per finanziarsi, come una colletta. L’impiego di una piattaforma on-line è invece assurto a elemento implicito del termine, perché la pletora anonima e senza limiti dimensionali dei fruitori della rete costituisce il pubblico per antonomasia». N. Ciocca, I por tali per il crowdfunding, in M. Cian e C. Sandei (a cura di), Diritto del Fintech, Padova, 2020, p. 243 ss.; In merito alle caratteristiche del Crowdfunding si richiama G. Ferrarini, I costi dell’informazione societaria per le pmi: mercati alternativi, crowdfunding e mercati privati, in M. Campobasso, V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera, A. Sciarrone Alibrandi, Società, Banche e crisi d’impresa, Torino, 2014, p. 2077 ss., in part. p. 2090 «La specificità del crowdfunding è data, come si può facilmente intuire, dalla possibilità di mobilizzare, per singoli progetti, le risorse finanziarie di grandi masse richiedendo ai singoli contributori versamenti anche molto modesti. Questo è possibile grazie al costo esiguo della sollecitazione via internet e al fatto che – se il messaggio colpisce nel segno e la folla degli aderenti è numerosa – i capitali raccolti possono essere cospicui, proprio perché frazionati tra un grande numero di contributori».
[5] Si tratta di uno tra quegli strumenti digitali finanziari diffusi con la recente rivoluzione, nota come Fintech, intendendosi per tale l’innovazione tecnologica dei servizi finanziari, la quale ha stravolto il modo in cui i servizi tradizionalmente intesi vengono destinati al pubblico degli investitori. Il Fintech realizza quindi una rivoluzione copernicana del sistema finanziario, in cui le competenze e il controllo comportamentale degli intermediari tradizionalmente intesi viene stravolto dall’avvento di nuovi soggetti, la cui azione è finalizzata alla realizzazione di nuovi mercati di beni e servizi e di nuovi rapporti con i destinatari stessi di tali beni.
Tra i vantaggi garantiti dall’avvento della digitalizzazione nel sistema finanziario è necessario richiamare P. Lucantoni, La raccolta di capitali tramite portali: l’equity-crowdfunding, in E. Corapi e R. Lener (a cura di),I diversi settori del Fintech. Problemi e prospettive, Padova, 2019, p. 129 ss. secondo cui:«La digitalizzazione semplifica indubbiamente l’accesso ad un determinato servizio finanziario. Alcuni strumenti, come il trading on-line e i robo-advisor, ad esempio, hanno fatto acquisire la possibilità al cliente di poter godere dei servizi, rispettivamente, di ricezione e trasmissione di ordini e di consulenza in materia di investimenti comodamente da casa o nel diverso luogo in cui lo stesso si trova; Altri, come appunto il Crowdfunding, hanno facilitato l’accesso ai servizi di finanziamento, individuando “nuovi” finanziatori fra la “folla” dei risparmiatori»; .; Ed ancora, sui vantaggi dell’innovazione tecnologica si richiama A. Trosi, Banca e industria: I nuovi paradigmi tecnologici, in F. Capriglione, Liber Amicorum Guido Alpa, Padova, 2019, p. 393 ss., in part. p. 399, secondo cui «le innovazioni in questione mirano, come si è detto, ad aumentare il livello di competitività del nostro sistema industriale, inteso nel suo complesso, agendo in via simultanea sulla velocità (i.e. riduzione dei tempi di immissione sul mercato dei prodotti), sulla qualità (mediante un attento monitoraggio delle performance produttive) e sui costi, con particolare riferimento alla valorizzazione delle economie di scala anche per piccole produzioni di nicchia».
[6] L’A. sostiene che questa campagna di reperimento di massa delle risorse, che diventano tanto più numerose quanto maggiore è la diffusione del progetto, è resa possibile soprattutto grazie all’uso delle reti informatiche, che operano come moltiplicatore dei contatti con la platea dei potenziali sostenitori, anche oltre i limiti oggettivi di diffusione del prodotto con mezzi classici. Il crowdfunding, in tutte le sue manifestazioni, veicola quindi la possibilità per i contributori di veder realizzato il progetto su cui investono, con esiti diversi dal punto di vista economico, a seconda del modello contrattuale scelto per regolare il rapporto di finanziamento in senso latoe con le relative, differenti, conseguenze fiscali. P. Santin, Il crowdfunding alla sfida delle qualificazioni fiscali, in Rass. Tributaria, 2017, 3, p. 688.
[7] N. Ciocca, I portali per il crowdfunding, cit. p.244.; sulle caratteritiche dei modelli azionari si richiama la Commissione Europea, Il Crowdfunding cos’è? Una guida per le piccole e medie imprese, 2015, p. 15, secondo cui: «Il prestito peer-to-peer (a volte denominato anche crowdlending) è un’alternativa diretta a un prestito bancario con la differenza che, invece di prendere in prestito da un’unica fonte, le imprese possono ottenere prestiti da decine, a volte centinaia di persone disposte a prestare. Gli investitori in questo caso spesso fanno offerte segnalando il tasso d’interesse al quale sarebbero disposti a prestare. I mutuatari accettano quindi le offerte di prestito che presentano il tasso d’interesse più basso. Per fare incontrare i prestatori con i mutuatari si usano piattaforme su internet. Per ogni richiesta di prestito è di rigore la due diligence poiché le piattaforme di crowdfunding hanno il dovere di tutelare gli interessi sia delle imprese sia degli investitori. Le piattaforme chiedono di norma i conti finanziari e un quadro dei risultati d’esercizio.; L’equity crowdfunding consiste nella vendita di azioni della vostra impresa a diversi investitori in cambio del loro investimento. Quella del finanziamento azionario è una pratica ben radicata e il private equity, il venture capital e gli investitori informali (angel) svolgono da tempo un ruolo importante nello sviluppo delle imprese. La principale differenza tra l’equity crowdfunding e questi modelli tradizionali è che invece di instaurare un rapporto uno ad uno esso è aperto a un’ampia gamma di investitori potenziali, alcuni dei quali potrebbero essere anche attuali o futuri clienti. L’equity crowdfunding funziona facendo incontrare le imprese con i potenziali investitori informali tramite una piattaforma su internet».
[8] J. Armour – L. Enriques, The Promise and Perils of Crowdfunding: Between Corporate Finance and Consumer Contracts, settembre 2017, ssrn.com, p. 19 ss.
[9] C. Iosio– G. Valentinuz, Fare impresa con il Crowdfunding, Milano, 2016, p. 37; ed ancora sui vantaggi del Crowdfunding si richiama A. Laudonio, La folla e l’impresa: prime riflessioni, in Convegno annuale dell’Associazioni Italiana dei Professori Universitari di Diritto Commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale”, Roma 21 -22 Febbraio 2014, p. 1 ss., con riguardo in particolare p. 11, secondo cui: «La crescente diffusione tra gli operatori economici dell’appello internautico disintermediato al micro finanziamento diffuso e la sua accentuata diversificazione derivano, da un lato, nell’inaccessibilità giuridico-economica o comunque nella difficoltosa raggiungibilità- di altre e più convenzionali fonti di finanziamento (quali il credito bancario, il venture capital ed i Business angels), e, dall’altro, nell’onerosità legata all’accesso al mercato dei capitali. Non solo rispetto a tali fonti, il crowdfunding, specie nella sua applicazione ad iniziative imprenditoriali, presenta ulteriori e notevoli vantaggi, quali quello di poter saggiare preliminarmente il potenziale successo presso il pubblico del bene o del servizio che si intende realizzare. Si risparmiano così i costi legati al ricorso agli strumenti di analisi del mercato ottenendo al contempo una convalida della bontà del progetto agevolmente spendibile in seconda battuta presso gli investitori professionali. Il contatto sulle piattaforme informatiche contribuisce quindi, a fornire un mezzo utile a colmare almeno in parte il divario informativo che separa gli operatori economici che alimentano l’offerta dai destinatari di essa: procura altresì la possibilità di stabilire con questi ultimi, relazioni di natura collaborativa prima altrimenti precluse. (…) in altre parole il crowdfunding può contribuire in molti modi alla creazione ed all’accrescimento di valore sia sul piano economico-finanziario, ampliando le modalità di reperimento del capitale e riducendone il costo o abbattendo i tempi del processo produttivo, sia sul piano relazionale-cognitivo, in quanto permette di ridurre – se utilizzato efficientemente- una serie di asimmetrie informative e di creare tra richiedente e contribuenti un reticolo di rapporti anche di lungo termine funzionali all’evoluzione dell’attività d’impresa».
[10] Cfr. European Commission, FinTech Action plan: For a more competitive and innovative European financial sector, Brussels, XXX COM (2018) 109/2.
[11] In particolare, secondo gli AA.: “Crowdfunding e personal fundraising quindi, soprattutto in ambito non profit, vanno a braccetto: stimolare la rete sociale significa stimolare i propri donatori e volontari che a loro volta dovrebbero essere indirizzati a stimolare la propria rete sociale facendo quindi, personal fundraising. Stimolare i propri contatti a partire dalla cerchia dei costituenti di un’organizzazione è una delle basi e spesso il punto di partenza per il fundraising all’interno delle organizzazioni non profit di qualsiasi dimensione; e fino ad oggi è sempre stato messo in pratica attraverso relazioni sociali dirette. Con il crowdfunding l’elemento in più diventa il web con tutti i suoi strumenti, in grado non solo di facilitare l’invio del messaggio, ma anche di renderlo accessibile a un numero maggiore di persone facendolo diventare in certi casi, virale.” F. Arbitani – V.Melandri, “Crowdfunding donation” in Italia: la cultura del dono in rete, in Cooperative. Enti non profit, 2015, p. 42 ss.
[12] G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, 9a ed., Torino, 2018, p. 390.
[13] G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 1508.
[14] A favore della teoria della donazione come contratto unilaterale si richiama G. Alpa, Manuale di diritto privato, Padova, 2017, p. 829, secondo cui: « La donazione è quindi un contratto, e non un atto unilaterale come in apparenza potrebbe credersi, considerando il modo nel quale l’atto si esegue; si tratta di un contratto unilaterale, perché crea obbligazioni a carico di una parte soltanto (donante) e vantaggi a favore della controparte (donatario); a titolo gratuito, perché il donante non ha alcun corrispettivo, né il donatario deve accollarsi qualche peso per ottenere la cosa donata».
[15] C. Iosio– G. Valentinuz, Fare impresa con il Crowdfunding, cit. p. 89.
[16] Negli anni recenti la platform economy ha rappresentato, secondo un’espressione usata ormai nel linguaggio corrente, una “innovazione epocale”. Il modello di business centrato sulla piattaforma si è diffuso in molte aree dell’economia. In più l’evoluzione tecnologica ha prodotto una differenziazione tra le varie tecnologie, dalle piattaforme di prima generazione come Google e Yahoo alla creazione dei mercati on line come eBay o Amazon (nella sua originaria configurazione) fino alla più recente generazione che ha interessato l’economia dei servizi (da Uber e Lyft a Airbnb a Taskrabbit alle piattaforme di crowdfunding o social lending solo per fare qualche esempio). Per un approfondimento si veda L. Ammannati, Verso un diritto delle piattaforme digitali?, in B. Russo, L’evoluzione dei sistemi e dei servizi di pagamento nell’era digitale, Padova, 2020, p. 22 ss.; per un corretto inquadramento delle funzioni della piattaforma digitale si richiama F. Ciraci, Mitologie 2.0: Digital Platforms & umbrella terms, in J. Comm. 1 (2013), p. 109 ss., in part. p. 114, secondo cui: «Quello di piattaforma, come quello di web 2.0 o di network, è “termine ombrello”, una sorta di parola passepartout che si riferisce a diversi elementi, non esclusivamente informatici. In ambito digitale, tuttavia, le piattaforme soddisfano alcune caratteristiche standardizzate. Si tratta di software, utilizzabili esclusivamente online, generalmente svolgenti funzioni di semplici applicativi, che sfruttano i principi di convergenza digitale degli ipermedia e di ubiquità della rete, con il fine di mettere in atto pratiche di condivisione di contenuti (sfera multimediale) e di strutture di dati (sfera ipertestuale), in modo da essere utilizzati anche da utenti non esperti di tecnologia e di informatica. Le piattaforme non erogano semplicemente servizi, ma – ed è questo il punto fondamentale – costruiscono sempre una nuova “topica”, ovvero un ecosistema (Simon 2011), la creazione di luoghi ideali (danah boyd li ha anche chiamati networked pubblic), in cui è possibile stringere relazioni di diversa natura, per lo più socio-culturale, economica e politica».
[17] F. Vargas – J. Dasari – M. Vargas, Understanding Crowdfunding: The SEC’s New Crowdfunding Rules and the Universe of PublicFund – raising, in Business Law Today (2015), p. 1 ss.
[18] Per un approfondimento in merito al pubblico dei soggetti coinvolti nelle nuove tecnologie finanziare si richiama R. Magliano, Dall’iperonimo fintech all’iponimo robo advisor: ricognizione dei rischi e delle opportunità per il “consumatore” di strumenti finanziari, in E. Corapi e R. Lener (a cura di), I diversi settori del Fintech. Problemi e prospettive, Padova, 2019, p. 183 ss., in part. p. 185, secondo cui: « Le innovazioni connesse al Fintech non si limitano a favorire strutturalmente il sistema di utilizzazione dei servizi finanziari da parte di una fascia di clientela esperta, ed incline all’uso delle nuove tecnologie, ma ampliano il pubblico dei soggetti coinvolti permettendo, potenzialmente, a chiunque di compiere facilmente operazioni finanziarie con un costo inferiore rispetto a quello degli operatori tradizionali: in questo senso esse favoriscono l’utilizzazione di tali strumenti anche da parte di fruitori con età avanzata e meno alfabetizzati in materia informatica, nonostante abbiano come clientela target quella dei giovani, ed in particolare dei c.d.millennials»