Rispetto al potere di veto di cui all’art. 2 del d.l. 15 marzo 2012 n. 21 (c.d. golden power), ferma restando la necessità di una rigorosa istruttoria ai fini della verifica della presenza di beni strategici e di operazioni riconducibili a quelle individuate dalla legge, la successiva decisione dello Stato di esercitare o meno i poteri speciali, attraverso l’imposizione di “prescrizioni”, “condizioni” ovvero opponendosi all’operazione di cessione di società italiane a società straniere, si connota per una amplissima discrezionalità, in ragione della natura degli interessi tutelati, attinenti alla sicurezza nazionale.
In tal senso, le valutazioni sottese alla decisione di procedere al concreto esercizio dei poteri speciali costituiscono scelte di alta amministrazione, come tali sindacabili dal giudice amministrativo nei ristretti limiti della sussistenza di una manifesta illogicità delle decisioni assunte.
Resta inteso che l’esercizio dei poteri speciali della disciplina dei golden power, ponendo delle limitazioni ai principi comunitari della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali, non può riguardare operazioni diverse da quelle previste dalla legge ovvero asset non individuati tra quelli “strategici”.