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Greenwashing: AGCOM valuta un caso di marketing ingannevole

31 Gennaio 2024
Di cosa si parla in questo articolo

L’AGCOM, con provvedimento n. 31025 del 16 gennaio 2024, ha affrontato un caso di potenziale ingannevolezza, per il consumatore, delle asserzioni commerciali di un professionista in tema di sostenibilità ambientale (cd. greenwashing) e di integrale produzione agricola propria delle materie prime impiegate.

In relazione alla tematica delle asserzioni ambientali (c.d. green claims o environmental claims), l’AGCOM sottolinea che il ruolo dei consumatori e delle loro scelte di consumo verso prodotti più sostenibili da un punto di vista ambientale, riveste un rilievo centrale nell’ambito della transizione ecologica oggetto del Green Deal Europeo.

Pertanto, è importante per AGCOM contrastare l’uso da parte delle imprese di asserzioni ambientali false o fuorvianti, in modo da garantire ai consumatori di ricevere informazioni chiare, attendibili, comparabili e verificabili, tali da permettere loro di prendere decisioni più sostenibili sotto il profilo ambientale e ridurre il rischio di un marketing ambientale omissivo e ingannevole (c.d. greenwashing).

Peraltro, la crescente sensibilità dei consumatori verso le tematiche ambientali nel compiere le proprie scelte di natura economica, rende la sostenibilità ambientale altresì un importante parametro concorrenziale.

Nel caso di specie, tuttavia, non sono emersi, per AGCOM, elementi tali da integrare un caso di greenwashing, e da far ritenere pertanto ingannevoli le asserzioni di sostenibilità ambientale utilizzate dal Professionista nel proprio sito e nel Bilancio di sostenibilità 2021.

Tali asserzioni rappresentavano infatti – in modo non equivoco – il mero intento di realizzare l’obiettivo della neutralità climatica in un prossimo futuro, rappresentando piuttosto gli sforzi intrapresi dal Professionista nel cammino verso la sostenibilità ambientale.

Inoltre, nel caso di specie, alla luce del particolare contesto in cui si sono collocate le asserzioni ambientali utilizzate dal Professionista e del significato che ne deriva, non si sono ravvisati elementi sufficienti ad accertare l’ingannevolezza delle informazioni sui progetti di compensazione delle emissioni finanziati dal Professionista.

Invece, con riferimento alle asserzioni dell’impresa di integrale produzione propria, e pertanto italiana, delle materie prime utilizzate per la realizzazione dei mangimi biologici, dall’istruttoria era emerso per AGCOM il loro carattere ingannevole e decettivo.

Infatti, il Professionista aveva ammesso l’acquisto sul mercato di parte delle derrate/materie prime in quanto quelle coltivate (direttamente o indirettamente) risultavano insufficienti a coprire il fabbisogno del proprio mangimificio biologico e che le predette materie prime non erano esclusivamente di origine italiana.

Tali asserzioni, rivelatisi ingannevoli, per AGCOM si pongono in contrasto con l’obbligo di diligenza professionale che incombe su ciascun Professionista, specie in considerazione delle sue rilevanti dimensioni ed esperienza nel settore, nonché della sua natura di società “benefit”.

Essi, inoltre, sono apparse idonee ad indurre in errore il consumatore riguardo alle caratteristiche – anche in termini di sicurezza, salubrità e qualità – dei prodotti del Professionista e ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

In considerazione di quanto sopra, tale pratica commerciale è stata ritenuta scorretta da AGCOM ai sensi degli artt. 20, c. 2, e 21, c. 1, lett. b) del D. Lgs. 206/2005 (Codice del consumo), in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio, inducendolo in errore circa una caratteristica rilevante dei prodotti commercializzati dal Professionista.

Inoltre, la condotta posta in essere dal Professionista non appare conforme al livello di diligenza professionale ragionevolmente esigibile in base ai generali principi di correttezza e buona fede ex art. 20, c. 2, del Codice del consumo.

Ciò soprattutto in considerazione della circostanza che il Professionista è una società “benefit”, come tale statutariamente tenuta al perseguimento di finalità non solo di lucro, ma “ultrasociali” di beneficio comune e, tra l’altro, ad operare “in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente”.

AGCOM ricorda, quale chiosa finale, che, per costante giurisprudenza, caratteristica dell’illecito consumeristico è quella di essere illecito di mero “pericolo” con la conseguenza che l’effettiva incidenza della pratica commerciale scorretta sui consumatori non costituisce un elemento idoneo a elidere o ridurre i profili contra legem della stessa, non essendo richiesta l’attualità di una lesione agli interessi dei consumatori, quanto, piuttosto, che una pratica sia idonea a produrla.

Il bene giuridico tutelato, infatti, è soltanto indirettamente la sfera patrimoniale del consumatore: in via immediata, attraverso la libertà di scelta, si vuole salvaguardare il corretto funzionamento del mercato concorrenziale.

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