Un’operazione di scissione societaria, di per sé strumento lecito e neutrale dal punto di vista fiscale, può essere considerata fraudolenta, con riferimento sia ai reati tributari – art. 11. D.lgs. n. 74/2000 – che fallimentari, quando dall’insieme delle operazioni che sono state poste in essere all’interno di un piano strategico è desumibile la finalità di vanificare le legittime pretese dei creditori e dell’Erario.
Attraverso tali operazioni, anche successive alla scissione, può concretizzarsi un ostacolo per la soddisfazione dei crediti di natura tributaria vantati dal fisco nei confronti della scissa ed anche per le pretese creditorie non tributarie, solo parzialmente attenuato dal principio della responsabilità solidale ed illimitata della scissa e della beneficiaria, in quanto tale responsabilità è comunque temporanea.
Come stabilito dall’art.14, comma 1, del D.lgs. n. 472/1997 nel caso della cessione dell’azienda, il cessionario risponde in solido ed in via sussidiaria per il pagamento delle imposte e delle sanzioni solo relativamente alle violazioni commesse nell’anno della cessione e nei due precedenti e per quelle già irrogate o contestate nello stesso arco temporale, ancorché riferite ad anni pregressi.
Inoltre, per i debiti non tributari nella scissione, la solidarietà è limitata anche dal valore del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria ed in via generale al valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto ai sensi degli artt.2506-bis e 2506-quater del c.c.