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Natura reddituale del carried interest: chiarimenti AE

14 Ottobre 2024

Angelica Chiara Tazzioli, Dottoranda di ricerca in diritto tributario – Università degli Studi di Milano-Bicocca

Di cosa si parla in questo articolo

Con la risposta ad interpello n. 166/2024, l’Agenzia delle Entrate si è confrontata con il tema della natura reddituale del carried interest, svolgendo una disamina dei presupposti che possono condurre all’applicazione del meccanismo presuntivo descritto dall’art. 60, D.L. n. 50/2017.

Disposizione quest’ultima che comporta, al ricorrere congiunto dei requisiti prescritti rispettivamente dalle lettere a), b) e c) del suo primo comma, l’automatica assimilazione dei proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati ai redditi di capitale o diversi.

Nella vicenda in esame, era stato posto un quesito in relazione ai titoli partecipativi detenuti dall’Istante – chief investment officer di una società svizzera controllata da una holding inglese – in vista del suo trasferimento in Italia come dipendente di un’altra impresa del gruppo, anch’essa sotto il controllo della holding anglosassone.

Più in dettaglio, il contribuente rappresentava di essere titolare di azioni aventi diritti patrimoniali rafforzati che, nel quadro di un più ampio progetto di co-investimento, gli avrebbero permesso di ottenere un extra rendimento in aggiunta alla retribuzione già riconosciuta per l’attività manageriale prestata. 

A tale proposito, in considerazione del programma di investimento (e del relativo schema di distribuzione dei dividendi), l’Istante riteneva che i proventi da esso generati costituissero reddito di capitale e non già reddito di lavoro dipendente, pur non ricorrendo sub specie tutti i presupposti applicativi sanciti dall’art. 60 cit.

Ferme tali premesse, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto corretta l’impostazione prospettata dal contribuente.

Anzitutto, richiamando alcuni documenti di prassi, l’Agenzia ha evidenziato che la previsione in esame è tesa a garantire un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita di capitale.

In tale circostanza, la carenza di uno o più requisiti stabiliti dall’ art. 60, comma 1, non determina l’automatica qualificazione dei cespiti come redditi di lavoro dipendente, postulando invece lo svolgimento di un’analisi volta ad accertare, caso per caso, l’idoneità dell’investimento a soddisfare la ratio dell’art. 60 cit. 

Rilevano a tal fine la retribuzione del manager (a riprova del fatto che l’eventuale extra rendimento non è finalizzato ad integrare la retribuzione riconosciuta per l’attività lavorativa svolta); l’entità dell’esborso effettuato dal manager in occasione dell’investimento; il contenuto dell’accordo di investimento stipulato tra il manager, la società presso la quale detiene i titoli azionari e l’impresa presso la quale è dipendente. 

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