Introduzione
Il concetto di finanza sostenibile sta progressivamente assumendo rilevanza centrale nell’ambito della regolazione finanziaria a livello europeo.
Da un lato, l’offerta di prodotti di investimento sostenibili o che includono riferimenti a fattori ambientali, sociali e di governance (“environmental, social and governancefactors”, di seguito “ESG”) si è sviluppata spontaneamente, grazie al contributo di produttori sia domestici che internazionali intenzionati a venire incontro alle esigenze di investimento di quella parte di investitori più attenta ai profili di sostenibilità degli investimenti. Secondo Morningstar, dal 2015 ad oggi sono stati lanciati un centinaio di strumenti di questo tipo, disponibili anche sul mercato italiano. Pur nella diversità degli approcci, si può riscontrare in tali prodotti un riferimento alla “responsabilità sociale” (in genere nel nome) oppure il riferimento alla sigla “ESG” o ancora al termine “sustainability” o “etico”. In altri casi è previsto un riferimento a tematiche specifiche come la diversità di genere, l’acqua, i green bond o il cambiamento climatico [1].
Dall’altro lato, un analogo sviluppo delle considerazioni ambientali, sociali e di governance non si è invece ancora affermato spontaneamente nell’ambito dell’attività degli intermediari finanziari che collocano e/o raccomandano tali prodotti sul mercato o vi investono per conto della propria clientela [2].
Al fine di colmare tale lacuna, la Commissione europea è intervenuta con varie misure, rivolte a collocare le considerazioni ESG “al centro del sistema finanziario, al fine di agevolare la trasformazione dell’economia europea in un sistema più “verde”, più resiliente e circolare” [3].
In particolare, nel maggio 2018 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure che danno attuazione agli obiettivi delineati nel “Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile” del marzo 2018 [4], e che si articolano, fra l’altro, in proposte legislative volte a:
- definire una “tassonomia” contenente criteri armonizzati per stabilire se un investimento è ecosostenibile, vale a dire a favore di una o più attività economiche considerate ecosostenibili (ossia che contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di obiettivi ambientali, che non arreca un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali, che è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia); le attività che soddisfano tali criteri saranno individuate progressivamente, tenendo conto delle pratiche e delle iniziative del mercato e con l’ausilio di un gruppo di esperti al fine di fare chiarezza sulle attività considerate ecosostenibili, per consentire agli operatori economici e agli investitori di prendere decisioni più informate [5];
- disciplinare le modalità con cui gli investitori istituzionali integrano i fattori ESG nel loro processo decisionale e ne informano i clienti [6];
- creare nuovi indiciper investimenti a basso impatto di carbonio da inserire nell’ambito del Regolamento (UE) 2016/1011 (c.d. Regolamento benchmark) [7].
È stata da ultimo avviata una consultazione pubblica (conclusasi il 21 giugno 2018) su proposte legislative volte a integrare le considerazioni ESG nei servizi forniti ai propri clienti dalle imprese di investimento [8] e dai distributori di prodotti di investimento assicurativi [9]. Con riferimento alle imprese di investimento, le norme proposte prevedono modifiche al Regolamento delegato (UE) n. 2017/565; esse sono volte, fra l’altro, a: imporre alle imprese di investimento di includere nel report di consulenza una descrizione del modo in cui le preferenze ESG del cliente sono prese in considerazione ai fini della prestazione del servizio; includere i fattori ESG fra i criteri volti a definire gli obiettivi di investimento del cliente; prevedere che i criteri ESG siano considerati nell’analisi della natura dei prodotti consigliati ai clienti. Con riferimento alle imprese di assicurazione, sono state proposte modifiche al Regolamento delegato (UE) n. 2017/2359, al fine, tra l’altro, di includere i fattori ESG nell’ambito delle informazioni da raccogliere dalla clientela ai fini di profilazione e nella dichiarazione di idoneità.
Come si legge nei documenti accompagnatori, tali iniziative mirano, fra l’altro, a rendere chiaro a operatori economici e investitori quali attività sono considerate sostenibili, di modo che gli stessi possano tenerne conto nelle decisioni di investimento. Il sistema così creato permetterebbe di garantire che le strategie di investimento siano orientate verso attività economiche che contribuiscono effettivamente al raggiungimento degli obiettivi ambientali soddisfacendo al tempo stesso gli standard sociali e di governance minimi.
Ulteriore scopo della normativa è quello di rendere possibile l’integrazione delle considerazioni ESG nel processo di investimento e di consulenza nei vari settori del mercato finanziario. Questo dovrebbe garantire che i partecipanti, quali società di gestione di OICVM, GEFIA, imprese di assicurazione, enti pensionistici e i distributori di prodotti assicurativi o i consulenti in materia di investimenti che prendono decisioni di investimento per conto della clientela integrino le considerazioni ESG nei processi interni e ne informino contestualmente i clienti.
La Commissione, nel luglio 2018, ha richiesto ad ESMA ed EIOPA di fornire il proprio parerevolto a supportare l’integrazione dei fattori ESG all’interno della normativa in materia di servizi di investimento (MIFID II) [10], assicurazioni (Solvency II e IDD) [11], fondi comuni (UCITS e AIFMD) [12] e relative norme di attuazione.
Rispettivamente il 26 novembre 2018 [13] e 19 dicembre 2018 [14], EIOPA ed ESMA hanno pubblicato i rispettivi consultation paper, il cui periodo di pubblica consultazione si è concluso. Il technical advice delle due Autorità dovrà essere pubblicato entro il 30 aprile 2019.
Il presente contributo analizza le principali modifiche individuate nei consultation paper di technical advice e i possibili impatti che queste determineranno sull’attività degli intermediari interessati.
Principali modifiche
MIFID II
Le modifiche proposte riguardano innanzitutto l’organizzazione interna degli intermediari. L’ESMA segue, al riguardo, un approccio principle-based, attuato attraverso una modifica dell’art. 21 del Regolamento delegato (UE) n. 2017/565, rubricato “Requisiti organizzativi generali”, che imporrebbe alle imprese di tenere conto, nel conformarsi ai requisiti organizzativi ivi previsti (in materia, fra l’altro, di meccanismi di controllo interno e di conoscenze e competenze del personale) anche dei predetti fattori ESG, ove rilevanti, includendoli nei loro processi, sistemi e controlli interni.
Con riferimento alla funzione di risk management, è previsto che i fattori ESG debbano essere tenuti in debita considerazione nella definizione delle politiche e procedure di gestione del rischio. In tal modo, osserva l’ESMA, è lecito aspettarsi che i fattori in esame siano oggetto di analisi anche da parte delle funzioni di compliance e internal audit, dato che le stesse sono responsabili del monitoraggio dell’adeguatezza delle politiche e delle procedure adottate in tema di risk management.
Riguardo i conflitti di interesse è proposta l’inclusione del nuovo considerando 59-bis nel citato Regolamento 2017/565. Il testo è volto a chiarire che nella individuazione dei conflitti di interessi rilevanti andranno inclusi quelli derivanti dalla distribuzione di titoli che presentano aspetti rilevanti a fini ESG. Inoltre, è chiarito che l’inclusione dei fattori ESG nell’ambito dei servizi prestati non deve condurre al verificarsi di casi di mis-selling.
L’ESMA prende inoltre in considerazione il tema di product governance, proponendo l’inclusione dei principi ESG nel set normativo rilevante in materia (costituito, in particolare, dalla Direttiva delegata (UE) 2017/593 e dagli Orientamenti ESMA). È quindi proposta l’inclusione di un riferimento puntuale ai fattori ESG nelle norme che disciplinano la determinazione e revisione, da parte degli intermediari produttori e distributori, del target market. Tra l’altro, i fattori ESG sono indicati fra quelli da valutare al fine di stabilire se un determinato strumento finanziario risponda alle esigenze, alle caratteristiche e agli obiettivi del mercato di riferimento individuato. Si tratta, anche in questo caso, di un approccio attuato per principi, che lascia agli Stati membri adeguato margine discrezionale nell’individuazione delle misure attuative e negli approcci di supervisione. Nell’individuazione delle preferenze ESG che un determinato prodotto è idoneo a soddisfare, le imprese dovranno utilizzare la “tassonomia” in corso di elaborazione da parte della Commissione. Nelle more della definizione di questa, dovranno essere utilizzati i modelli presenti sul mercato (o i lavori preparatori della Commissione). Si noti, inoltre, che le previsioni in materia di governo dei prodotti non richiedono che il target market debba necessariamente esplicitare quali aspetti ESG sono soddisfatti dal prodotto. È tuttavia richiesto che la presenza o meno di tali aspetti venga valutata caso per caso.
Il technical advice prende infine in considerazione la valutazione dell’adeguatezza, proponendo alcune modifiche agli Orientamenti ESMA in materia [15]. Il primo intervento proposto è volto a rafforzare il principio – già presente negli Orientamenti – che nell’ambito della valutazione degli obiettivi di investimento del cliente dovranno essere incluse anche le preferenze ESG. Il secondo include tali fattori fra i criteri di cui tenere conto nell’ambito della classificazione dei prodotti, in osservanza del principio know your product. Anche in questo caso, le imprese potranno fare riferimento alla tassonomia dei prodotti ecosostenibili. Non sono invece previste modifiche alle disposizioni normative, in quanto già oggetto, come detto, di precedente proposta legislativa da parte della Commissione, volta all’inclusione dei fattori ESG all’interno delle norme che regolano la valutazione di adeguatezza nell’ambito del Regolamento 2017/565.
IDD e Solvency II
Con riferimento al settore assicurativo e riassicurativo, la proposta di technical advice formulata dall’EIOPA segue quanto previsto dall’ESMA in ambito MIFID II, proponendo, in particolare, modifiche alla normativa Solvency II e IDD in materia di:
- organizzazione interna, risk management e conflitti di interesse;
- product governance.
In ambito Solvency II, sono proposte diverse modifiche al Regolamento delegato (UE) 2015/35. È innanzitutto previsto che i “rischi di sostenibilità” rilevanti nell’attività dell’impresa siano identificati e valutati dalla funzione di gestione del rischio. Inoltre, le norme in materia di risk management sarebbero integrate includendo nella disciplina dei “settori di gestione dei rischi” anche considerazioni riguardanti la sostenibilità. La valutazione del fabbisogno di solvibilità globale dell’impresa dovrebbe inoltre comprendere l’effetto dei “rischi di sostenibilità, incluso il cambiamento climatico”.
È poi prevista l’integrazione del cd. “principio della persona prudente”, prevedendosi, da un lato, che nell’ambito della valutazione della sicurezza, della qualità, della liquidità e della redditività del portafoglio debbano essere tenuti in considerazione anche i citati “rischi di sostenibilità”; dall’altro, è previsto che le imprese debbano tenere in considerazione l’impatto a lungo termine degli investimenti e riflettere, ove rilevanti, le preferenze in materia ESG dei contraenti e dei beneficiari.
Con riguardo alla tematica dei conflitti di interesse, l’intervento risulta essere speculare a quanto proposto in ambito MIFID II: è infatti prevista l’introduzione di un nuovo considerando nel Regolamento delegato (UE) 2017/2359, che richiede alle imprese di tenere in considerazione anche i conflitti derivanti dalla considerazione dei fattori ESG nell’attività distributiva; inoltre, il medesimo Regolamento sarebbe integrato con la previsione che fra i fattori da considerare nell’identificazione dei tipi di conflitti che possono insorgere nell’ambito della distribuzione assicurativa andranno inclusi anche quelli derivanti dagli obiettivi ESG dei clienti, ove rilevanti.
Le proposte in tema di product governance, anch’esse inserite in ambito IDD, sono speculari a quelle previste per la MIFID II: con un approccio di principio, l’obbligo di tenere conto dei fattori ESG nella definizione e revisione del target market è quindi inserito nelle norme rilevanti del Regolamento delegato (UE) 2358/2017.
Direttive UCITS e AIFM
Anche in questo caso le proposte di modifica imporrebbero alle imprese di tenere conto, nel conformarsi ai requisiti organizzativi previsti nelle direttive UCITS e AIFM (in materia, fra l’altro, di meccanismi di controllo interno e di conoscenze e competenze del personale) anche dei predetti fattori ESG, ove rilevanti, includendoli nei loro processi, sistemi e controlli interni. È interessante notare come il technical advice enfatizzi, al riguardo, la necessità che i gestori impieghino personale dotato di adeguate competenze, conoscenze e esperienze in materia.
Le proposte di modifica prevedono altresì l’introduzione dei fattori ESG nell’ambito dei processi di investimento adottati dai gestori. Tale effetto è ottenuto includendo i fattori ESG nell’ambito della due diligence che entrambe le Direttive impongono ai gestori prima di effettuare investimenti e in relazione al monitoraggio on-going degli stessi.
Norme analoghe a quelle sopra descritte in ambito IDD e MiFID II sono, infine, previste in tema di conflitto di interessi e risk management.
Prossimi passi e tempistiche
La Commissione europea sceglierà di adottare atti giuridici riconducibili al Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile nella forma del regolamento direttamente applicabile, che assicuri un’armonizzazione completa, eviti divergenze e garantisca quindi maggiore chiarezza, dal momento che la scelta di uno strumento diverso, come ad esempio una misura non legislativa o una direttiva di armonizzazione minima, lascerebbe discrezionalità ai singoli Stati membri con la conseguenza che il mercato unico potrebbe divenire ancor più frammentario.
Secondo il piano d’azione delineato dalla Commissione europea, l’attività dovrebbe intensificarsi nel 2019 con i provvedimenti legislativi sopra richiamati che potrebbero entrare in vigore entro la fine dell’anno ed applicarsi a decorrere dal 2020 in avanti [16].
Impatti sulle imprese
Le innovazioni brevemente descritte richiederanno, se confermate all’esito dell’emanazione dei provvedimenti, significativi sforzi di compliance alle imprese interessate. È intuibile, infatti, come l’integrazione dei fattori ESG inciderà su più aspetti dell’operatività degli intermediari.
È evidente, infatti, come le imprese che non abbiano già operato spontaneamente in tal senso dovranno provvedere a una revisione sostanziale delle loro policy e procedure:
- saranno richieste, innanzitutto, modifiche in materia di prestazione dei servizi di investimento (consulenza e gestione di portafogli), nell’ambito dei quali sarà necessario che i fattori ESG siano integrati in modo da garantire che le preferenze dei clienti in tal senso siano tenute nella dovuta considerazione nell’effettuazione di raccomandazioni e scelte di investimento; a tale riguardo, sarà altresì necessario che i gestori collettivi modifichino le regole che disciplinano il proprio processo di investimento, al fine di integrare un’analisi dei rischi di sostenibilità nelle relative fasi (in particolare nella due diligence preliminare agli investimenti e nel relativo monitoraggio);
- occorrerà, inoltre, procedere all’aggiornamento della policy in materia di conflitti di interesse e della relativa mappatura, al fine di integrare in esse i potenziali conflitti rilevanti in ambito ESG;
- nell’ambito della profilazione della clientela sarà necessario un aggiornamento ai questionari, al fine di prevedere specifiche domande volte a raccogliere le preferenze in materia dei clienti interessati;
- nell’identificazione del target market dei prodotti dovranno essere valutate, se rilevanti, le componenti ESG e sarà quindi necessaria una modifica della relativa policy;
- occorrerà infine prevedere un ampliamento dello spettro delle attività del risk management (e, di riflesso, delle altre funzioni di controllo), che dovranno comprendere anche i rischi legati agli aspetti di sostenibilità degli investimenti.
Saranno poi richiesti investimenti volti a reperire risorse dotate di adeguate competenze in materia (ove non già presenti in organico) e a garantire l’opportuna formazione alle stesse. Analoga formazione è immaginabile debba essere offerta anche all’organo amministrativo degli intermediari. Investimenti potranno essere necessari anche in relazione allo sviluppo delle infrastrutture IT utilizzate per integrare i fattori ESG nei processi aziendali (di rilievo potrebbe essere, ad esempio, l’aggiornamento dei sistemi utilizzati per lo sviluppo delle raccomandazioni nell’ambito del servizio di consulenza).
Come rilevato dall’ESMA, saranno inoltre necessari investimenti volti a reperire i dati rilevanti ai fini dell’integrazione dei fattori ESG nell’attività degli intermediari (si pensi, tra l’altro, alla definizione del target market dei prodotti); tali costi sono destinati tuttavia a ridursi progressivamente, in parallelo allo sviluppo della “tassonomia” dei prodotti sostenibili da parte della Commissione.
Non è però detto che tali investimenti generino solo costi.
Sono le Autorità stesse, nei consultation paper, a evidenziare come una maggiore integrazione dei fattori ESG nei processi dell’impresa, accompagnata a una disclosure al mercato, possa apportare concreti benefici reputazionali e quindi una maggiore attrattività di clientela interessata a tali tipi di prodotti. Le modifiche proposte sembrano infatti idonee a eliminare la discrasia tra mercato dei prodotti, dove i fattori ESG sono ormai largamente tenuti in considerazione, e l’attività degli intermediari, che non necessariamente tiene conto, attualmente, degli interessi della clientela legati a tematiche di sostenibilità.
Pertanto, alla luce degli interventi necessari per adeguarsi al nuovo framework normativo sui fattori ESG, verosimilmente le imprese (sia i distributori che i produttori) saranno indotte a modificare il loro modello di business. Infatti, una volta che gli investitori saranno chiamati ad esprimere più chiaramente le loro preferenze per tali investimenti, ancorché non vi sia un obbligo di (far) investire in questi prodotti, necessariamente le imprese dovranno adeguare la loro offerta commerciale.
[1] http://www.morningstar.it/it/news/168859/sri-esg-o…-tutte-le-etichette-dei-fondi-sostenibili.aspx
[2] In realtà, negli Orientamenti sugli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MIFID II (ESMA35-43-620) l’ESMA accenna agli “investimenti verdi” o “investimenti etici” quali prodotti concepiti per soddisfare gli obiettivi di investimento e le esigenze di una certa fascia della popolazione, senza tuttavia declinarne i contenuti.
[3] v. Relazione alla Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’informativa in materia di investimenti sostenibili e rischi per la sostenibilità recante modifica della direttiva (UE) 2016/2341.
[4] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sul Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (COM/2018/097).
[5] Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (COM/2018/353).
[6] Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’informativa in materia di investimenti sostenibili e rischi per la sostenibilità recante modifica alla direttiva (UE) 2016/2341 (COM/2018/354).
[7] Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/2011 per quanto riguarda gli indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e gli indici di riferimento di impatto positivo in termini di carbonio (COM/2018/355).
[8] Proposta di Regolamento delegato “amending Regulation (EU) 2017/565 supplementing Directive 2014/65/EU of the European Parliament and of the Council as regards organisational requirements and operating conditions for investment firms and defined terms for the purposes of that Directive”.
[9] Proposta di Regolamento delegato“amending Delegated Regulation (EU) 2017/2359 with regard to environmental, social and governance preferences in the distribution of insurance-based investment products”.
[10] Direttiva 2014/65/UE.
[11] Rispettivamente Direttiva 2009/138/CE e Direttiva 2016/97/UE.
[12] Rispettivamente Direttiva 2009/65/CE e Direttiva 2011/61/UE.
[13] Consultation paper on technical advice on the integration of sustainability risks and factors in the delegated acts under Solvency II and IDD (EIOPA-BOS-18/483).
[14] Consultation paper on integrating sustainability risks and factors in MIFID II (ESMA 35-43-1210) e Consultation paper on integrating sustainability risks and factors in the UCITS Directive and AIFMD (ESMA 34-45-569).
[15] Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID II (ESMA35-43-1163 IT).
[16] Naturalmente i provvedimenti legislativi richiamati prevedono, come di consueto, clausole di applicazione differita e regimi transitori più o meni estesi.