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I contratti derivati nella giurisprudenza dell’ACF

18 Gennaio 2024

Vittorio Pisapia, Partner Fondatore, Fivelex Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza gli orientamenti dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) formatisi in materia di contratti derivati.


1.  Premessa: la giurisprudenza dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) nel contenzioso finanziario ordinario e i contratti derivati.

1. L’Arbitro per le Controversie Finanziarie (“ACF”) – istituito con la delibera Consob n. 19602 del 4 maggio 2016 – è ormai un punto di riferimento primario nella materia finanziaria.

In particolare, come precisato anche dalla “Relazione sull’attività svolta” pubblicata sul sito dell’Arbitro (www.acf.consob.it), la giurisprudenza dell’ACF degli ultimi anni si caratterizza per la “tendenza (…) ad una progressiva e costante transizione da un contenzioso seriale, incentrato prevalentemente su casi di misselling originati dalle note crisi bancarie degli anni passati, ad uno più ordinario, che maggiormente riflette la tipologia di controversie che caratterizzano le ordinarie dinamiche relazionali tra intermediari e clienti[1].

In questo quadro, l’ACF ha sviluppato orientamenti che, in diversi casi, sono stati recepiti anche dalla giurisprudenza statuale[2]; tali orientamenti hanno riguardato controversie nell’ambito della prestazione dei servizi di consulenza, di collocamento di strumenti finanziari e di esecuzione di ordini per conto dei clienti, gestioni individuali di portafogli, ecc.

2. Un tema sul quale l’ACF si è pronunciato in diverse occasioni è quello – di rilevante e attuale interesse – dei contratti finanziari derivati; in particolare, l’ACF ha consolidato una propria giurisprudenza in materia di contratti derivati di copertura (Interest Rate Swap), ossia quei contratti stipulati da un cliente per “coprirsi”, appunto, dai rischi del rialzo dei tassi di un contratto di mutuo stipulato a tasso variabile.

Come noto, secondo la nozione datane dalla Cassazione con la sentenza, a sezioni unite, 12 maggio 2020, n. 8770,il cd. interest rate swap (altrimenti, IRS, specie nella sua forma più diffusa o di base: il cd. plain vanilla)” è “quel contratto di scambio (swap) di obbligazioni pecuniarie future che, in sostanza, si traduce nel dovere di un Tale di dare all’Altro la cifra d (dove d è la somma corrispondente al capitale 1 per il tasso di interesse W) a fronte dell’impegno assunto dell’Altro di versare al Tale la cifra y (dove y è la somma corrispondente al capitale 1 per il tasso di interesse Z)”.

3. È altrettanto noto che, in tema di IRS ed elementi essenziali dei relativi contratti (oggetto e causa), negli anni si sono sviluppati due contrapposti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali:

A) secondo un primo orientamento – che trae gli argomenti fondamentali dalle pronunce della Cassazione, s.u., 12 maggio 2020, n. 8770 e 29 luglio 2021, n. 21833la causa del contratto IRS risiederebbe nella gestione di un “rischio razionale; ne deriverebbe che: a) l’accordo dovrebbe investire il Mark to Market (“MTM”) e gli scenari probabilistici; b) la mancanza di tali elementi determinerebbe la nullità del contratto per difetto e/o illiceità (sotto il profilo della non meritevolezza ex 1322 c.c.) della causa o per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto; c) la nullità del contratto comporterebbe, a sua volta, il diritto alle restituzioni e, laddove i flussi per il cliente siano stati negativi, la restituzione della differenza tra quanto pagato dal cliente medesimo e quanto ricevuto dalla banca[3].

B) Secondo altro orientamento, il MTM e gli scenari probabilistici non sarebbero elementi essenziali del contratto e, in particolare, non avrebbero a che vedere con la sua causa; pertanto, la loro mancanza non darebbe mai luogo alla nullità del contratto, ma potrebbe, al più, rilevare sotto altri profili, in particolare quello degli obblighi informativi a carico dell’intermediario[4].

Infatti, in sintesi, per tale orientamento: a) l’oggetto e la causa dello swap sono rappresentati dallo scambio di flussi finanziari; b) ne deriverebbe che l’eventuale mancanza del MTM (ovvero della relativa formula di calcolo), così come degli scenari probabilistici, atterrebbe, non agli elementi essenziali del negozio ma a un profilo di omessa informazione, che in quanto tale può dare luogo alla risoluzione e al conseguente risarcimento del danno, ma non alla nullità.

4. Per cogliere meglio la differenza tra questi due orientamenti e, in particolare, gli argomenti su cui si basa il secondo di essi[5], è anzitutto necessario, in sintesi, soffermarsi sulle nozioni di Mark to Market e di “scenari probabilistici”:

A) secondo la nozione datane dalla Cassazione, il cd. mark to market (MTM) o costo di sostituzione è il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato: così da divenire, in pratica, il valore corrente di mercato dello swap (il metodo de quo consiste, insomma, in una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti)[6].

B) Meno chiara è, invece, la nozione di “scenari probabilistici; tanto che la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziarne la genericità[7] e ha ritenuto che, “in assenza di una migliore specificazione”, per “scenari probabilistici” si devono intendere i dati emergenti dalla curva forward”; la “curva forward è poi definita dalla sentenza della Cassazione n. 21830/2021, come la proiezione futura dei tassi” di interesse, sulla quale le “ipotesi di rischio sono fondate”.

2. La posizione dell’ACF sui contratti derivati: MTM e scenari probabilistici sono estranei all’oggetto e alla causa del contratto derivato.

1. L’orientamento dell’ACF è diametralmente opposto a quello della giurisprudenza della Cassazione e di parte della giurisprudenza di merito.

Al riguardo conviene muovere dalla decisione n. 2678 del 26 giugno 2020, emessa all’indomani della sentenza delle Sezioni Unite 8770/2020.

Con tale decisione l’ACF aveva respinto la domanda di nullità per mancata indicazione di MTM e scenari probabilistici, prendendo posizione sulla sentenza delle Sezioni Unite 8770/2020.

In particolare, l’ACF aveva escluso che le Sezioni Unite del 2020 avessero enunciato una regola valida per tutti i derivati; secondo l’Arbitro, infatti, la Cassazione aveva affermato un principio riferibile solo ai contratti con gli enti locali, e aveva così argomentato:

  1. il Mark to Market esprime solo il valore del contratto in un determinato momento storico, sicché la sua mancata indicazione non si riflette né sull’oggetto del contratto – che resta pienamente determinato – e neppure si traduce in un vizio della causa dello stesso”;
  2. non vi sono motivi per discostarsi da questo orientamento, neppure alla luce della recentissima pronuncia delle Sezioni Unite dell’8 maggio 2020, n. 8770”;
  3. se è vero, infatti, che la Suprema Corte, in passaggio della motivazione, ragionando dei ‘problemi generali della determinatezza (o determinabilità) dell’oggetto del contratto’ assume che esso richieda ‘sia l’indicazione del Mark to Market, sia l’indicazione degli scenari probabilistici, sia dei costi occulti’, vero è anche che la sentenza in questione ha una portata obiettivamente circoscritta ad un problema specifico: ossia, come rende palese anche la regula iuris affermata al § 9.8, quello di stabilire i limiti entro cui agli Enti locali è possibile stipulare derivati di copertura”;
  4. insomma, sotto questo profilo la sottolineatura compiuta dalla Cassazione in ordine al fatto che la necessaria presenza degli elementi indicati è strumentale ‘allo scopo di ridurre al minimo e di rendere consapevole l’ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto costituente una rilevante disarmonia nell’ambito delle regole relative alla contabilità pubblica, introduttiva di variabili non compatibili con la certezza degli impegni di spesa riportati in bilancioappare obiettivamente espressiva del fatto che la regola di validità enucleata dalla Corte si inscriva rigorosamente nel contesto di una più generale ricostruzione dei limiti posti all’esercizio dell’autonomia negoziale degli Enti locali, e alla possibilità di concludere contratti aleatori, sicché essa non sembra possa essere esportata al di fuori di quello specifico contesto, e poi al fine di stabilire un limite generale di validità all’agire negoziale dei privati, e soprattutto (come era nel caso per cui è controversia) di società di capitali”;
  5. d’altronde, se l’indicazione del Mark to Market e degli scenari probabilistici è funzionale solo a rendere consapevole il contraente dell’aleatorietà dello strumento è evidente che – là dove non si ponga anche un problema di compatibilità con le regole di contabilità pubblica e con i limiti agli impegni di spesa propri degli enti pubblici – la mancanza della loro indicazione possa al più far sorgere un problema di consenso non integro, da ricondurre dunque alla tematica più generale dei vizi del consenso e dare ingresso ai conseguenti rimedi, ma non certo un problema di illiceità della causa o di indeterminatezza dell’oggetto contrattuale tale da condurre alla nullità dell’operazione[8].

2. L’ACF ha mantenuto questa posizione anche nel corso di questi anni e pure dopo la sentenza della Cassazione n. 21830/2021.

Infatti ancora di recente l’ACF ha escluso che MTM e scenari probabilistici siano elementi essenziali dei contratti derivati di IRS o siano funzionali alla relativa causa. Si veda, ad esempio, la decisione n. 6827 del 21 settembre 2023, che afferma che, “secondo l’orientamento fatto proprio da quest’Arbitro”, “la mancata indicazione” del MTM e degli scenari probabilistici, “pur ovviamente assumendo rilievo ai fini della verifica del corretto assolvimento da parte dell’intermediario degli obblighi informativi discendenti dalla normativa di settore, non integra di per sé una causa di nullità del contratto derivato per indeterminatezza dell’oggetto, non costituendo essi, invero, elementi essenziali del contratto (ex multis, già decisione n. 315, e poi n. 1286 e n. 1566)[9]. Nel medesimo senso, si vedano le seguenti decisioni: n. 6054 del 9 novembre 2022, n. 5608 del 5 luglio 2022[10], n. 5017 del 22 gennaio 2022[11], n. 4636 del 25 novembre 2021[12], n. 3520 del 9 marzo 2021[13], n. 2973 del 13 ottobre 2020[14], tutte pubblicate sul sito dell’ACF. L’ACF ha affermato la nullità dell’IRS soltanto in mancanza di una elevata correlazione ai fini della causa di copertura[15].

3. L’eventuale rilevanza sul piano degli obblighi informativi a carico dell’intermediario.

1.  Come si è anticipato, la giurisprudenza, anche dell’ACF, che ritiene che MTM e scenari probabilistici siano estranei all’oggetto e alla causa dell’IRS, non esclude che la mancata comunicazione di tali dati possa rilevare sotto il profilo della violazione degli obblighi informativi a carico dell’intermediario.

In questo quadro, l’ACF ha dato rilievo, ai fini dell’assolvimento degli obblighi informativi:

  1. al fatto che sia provato in modo documentale che “il processo di negoziazione del finanziamento a tasso variabile e dell’IRS ad esso collegato si sia protratto per molti mesi, ed abbia visto la partecipazione attiva del legale rappresentante della società ricorrente[16];
  2. allo “scambio di corrispondenza tra le parti, da cui risulta chiaramente come in più occasioni i funzionari del resistente abbiano sottolineato come l’abbinamento dell’IRS al tasso variabile comportasse la sostanziale conversione dell’operazione in un tasso fisso (quello privilegiato dal cliente) e come gli stessi abbiano anche illustrato le differenze, in termini di oneri da sostenere, tra il finanziamento a tasso variabile con collegato IRS ed un semplice finanziamento a tasso fisso[17];
  3. al contenuto della “scheda prodotto dell’IRS, sottoscritta dal legale rappresentante della ricorrente, chiaramente indica(nte) come la soluzione prescelta avesse tra gli svantaggi quello di impedire alla società di beneficiare di eventuali riduzioni dei tassi sul finanziamento[18].

2. Per converso, l’ACF ha ritenuto non assolti gli obblighi informativi quando l’intermediario:

  1. non abbia rilevato il “profilo ovvero” non abbia svolto “la valutazione di adeguatezza[19];
  2. abbia indicatoun importo di commissioni pari a zero quando invece “il mark to market del contratto alla data di sottoscrizione – così come ricostruito dalla Segreteria dell’Arbitro – risultava già negativo” per un importo rilevante rispetto al nozionale”[20].

4. Conseguenze della violazione degli obblighi informativi. Il principio del “più probabile che non”.

1. Le conseguenze della violazione degli obblighi informativi sono, astrattamente: a) la risoluzione del contratto, con i conseguenti effetti restitutori; b) il risarcimento del danno.

Quanto alle conseguenze dell’eventuale risoluzione, un tema che viene in rilievo è quello della natura dei contratti di swap: se si ritiene, infatti, che si tratti di contratti a esecuzione continuata o periodica, ai sensi dell’art. 1458 c.c., la risoluzione avrà efficacia ex nunc, ossia non retroattiva, con la conseguenza che non saranno oggetto di restituzione le prestazioni già eseguite; viceversa, laddove si ritenga che il derivato non abbia tale natura, la risoluzione avrà efficacia retroattiva, con i conseguenti effetti restitutori, salvi gli effetti della prescrizione.

Naturalmente, perché possa essere pronunciata la risoluzione, ai sensi dell’art. 1455 c.c., l’inadempimento della parte non deve essere di scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra.

2. Va peraltro evidenziato che è ricorrente nella giurisprudenza dell’ACF l’applicazione del principio del “più probabile che non”.

In base a questo principio, pur in presenza di violazioni, l’ACF afferma che, “in un’ottica controfattuale sembra altresì doversi rilevare, secondo il principio del “più probabile che non”, che anche in presenza di una ancora più chiara informativa Parte Ricorrente avrebbe comunque accettato e sottoscritto l’IRS che rispondeva alla esigenza di sottoscrivere un finanziamento a tasso variabile con la copertura di un contratto in derivati[21].

5. Conclusioni.

Alla luce delle considerazioni che precedono, emerge come, anche alla luce dell’orientamento espresso dall’Arbitro, la questione dell’estraneità o meno del MTM e degli scenari probabilistici alla causa e/o all’oggetto del contratto IRS sia tutt’altro che definita.

In particolare, ancorché l’ACF appartenga agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, la sua forte componente specialistica e la sua istituzione nell’ambito della Consob, non consente di prescindere dalle analisi e dagli approdi cui, nel corso degli anni, l’ACF è pervenuto.

Nell’ottica di un corretto inquadramento delle problematiche giuridiche e del contemperamento della doverosa tutela del cliente con l’esigenza di evitare conseguenze sproporzionate rispetto a tale interesse, la giurisprudenza dell’ACF si inserisce a pieno titolo nel relativo dibattito, tutt’ora aperto, avente per oggetto i contratti derivati.

 

[1] La dottrina ha osservato che, “nell’ambito della sistematica del diritto dei mercati finanziari, l’ACF è chiamato a svolgere un ruolo peculiare e di grande rilevanza: infatti, l’accessibilità diretta esclusivamente da parte dei consumatori – clienti su base volontaristica, la semplificazione procedurale e, soprattutto, l’onere della prova, costituiscono caratteri concreti estremamente coerenti con un approccio regolatorio che ha come finalità, da un lato, quella di precedere e non di sostituire la garanzia di tutela dei diritti apprestata dalla giustizia ordinaria che è giudice del rapporto e non del sistema e, dall’altra, quella di conformare le condotte degli intermediari a standard idonei a riconciliare gli interessi di tutti gli operatori in modo tale da pacificare il mercato e avere una funzione deflattiva del contenzioso” (Soldati, L’arbitro per le controversie finanziarie (ACF) tra ruolo di regolazione del mercato finanziario e di conformazione degli intermediari, in Contratto e Impresa, 2022, 449 e ss.).

[2] Cfr., solo per fare qualche esempio, Trib. Torino, 14 dicembre 2022, n. 4817, in www.dejure.it, che richiama la giurisprudenza ACF in tema di offerta al pubblico; App. Milano, 25 luglio 2022, n. 2608, in www.dejure.it, in tema di principio di auto-responsabilità, ecc.

[3] Nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Milano, 4 aprile 2023, n.1148, in www.dejure.it.; App. Palermo, 22 settembre 2023, n. 1645, in www.dejure.it.; App. Torino, 7 aprile 2022, n. 391, in www.dejure.it . Si veda, peraltro, di recente Cass., s.u., 23 febbraio 2023, n. 5657, in tema di derivati impliciti, che ha osservato, da un lato, che non va confusa “l’alea economica, insita in ogni contratto, con l’alea giuridica, che del contratto forma invece oggetto e ne è elemento essenziale”, e, dall’altro lato, che un contratto non può ritenersi immeritevole “perché le contrapposte obbligazioni delle parti erano ‘squilibrate’”; dato che “l’intervento del giudice sul contratto non può che essere limitato a casi eccezionali, pena la violazione del fondamentale principio di libertà negoziale”; ne segue che “lo squilibrio (economico) tra le prestazioni se è genetico legittima il ricorso alla rescissione per lesione; se è sopravvenuto legittima il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. L’esistenza di tali rimedi esclude dunque la necessità stessa di ricorrere a fantasiose invenzioni circa la ‘immeritevolezza’ d’un contratto che preveda ‘prestazioni squilibrate”.

[4] In questo senso cfr., tra le altre, Trib. Milano, 28 luglio 2023, n. 6541; Trib. Milano, 6 marzo 2023, n. 1717; Trib. Spoleto, 29 giugno 2023, n. 504; Trib. Pistoia, 22 dicembre 2022, n. 1082, tutte in www.dejure.it.

[5] Gli argomenti del primo orientamento si rifanno in particolare alla sentenza della Cassazione, 29 luglio 2021, n. 21830, che ha affermato quanto segue: “l’indicazione del mark to market, compresa l’esplicitazione della formula matematica per la determinazione del calcolo, costituisce elemento essenziale del contratto IRS. La sua omissione, come pure quella dei metodi (matematici) su cui determinare l’aleatorietà del contratto, genera (al pari della carente esplicitazione dei costi impliciti dello stesso o della prospettazione dei suoi c.d. ‘scenari probabilistici’) l’impossibilità di individuare concretamente (rectius: misurare) l’alea oggetto dell’IRS, così che il corrispondente contratto deve essere sanzionato con la nullità per indeterminabilità dell’oggetto. Invero, in caso di derivati over the counter, la mancata conoscenza del mark to market e/o degli ‘scenari probabilistici’ assume una consistenza ben maggiore poiché l’intermediario è sempre controparte diretta dell’investitore e condivide con quest’ultimo l’alea del contratto; di talché, non essendo revocabile in dubbio la circostanza che il contratto di swap è caratterizzato da un’alea reciproca e bilaterale a carico dei contraenti, deve considerarsi inconcepibile che la qualità e la quantità delle alee, oggetto del contratto, siano ignote ad uno dei contraenti perché rimaste estranee all’oggetto dell’accordo”. Cfr. anche Cass., 7 novembre 2022, n. 32705, Cass., 10 agosto 2022, n. 24654; Cass., 24 luglio 2023, n. 22014.

[6] Cass., s.u., 12 maggio 2020, n. 8770. In particolare, le Sezioni Unite precisano che: a)nei fatti, per MTM s’intende principalmente la stima del valore effettivo del contratto ad una certa data (anche se, in astratto, il mark to market non esprime un valore concreto ed attuale, ma una proiezione finanziaria)”, ed è, “dunque, tecnicamente un valore e non un prezzo, una grandezza monetaria teorica calcolata per l’ipotesi di cessazione del contratto prima del termine naturale”; b) il MTMpiù precisamente è un metodo di valutazione delle attività finanziarie che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante indici di aggiornamento monetario, che consiste nel conferire a dette attività il valore che esse avrebbero in caso di rinegoziazione del contratto o di scioglimento del rapporto prima della scadenza naturale” (Cass., s.u., 12 maggio 2020, n. 8770).

[7] App. Milano, 22 marzo 2021, n. 921, in www.dejure.it.

[8] Decisione n. 2678 del 26 giugno 2020, in www.acf.consob.it.

[9] Decisione n. 6827 del 21 settembre 2023, in www.acf.consob.it.

[10]Né infine, può affermarsi la nullità del derivato per indeterminatezza dell’oggetto, da ricollegarsi alla mancata indicazione della formula matematica di determinazione del mark to market, costituendo del pari orientamento consolidato del Collegio che ‘elementi, quali il fair value del derivato o la formula matematica utilizzata per determinarlo non costituiscono elementi essenziali del contratto, dal momento che essi non sono necessari al fine di determinare le obbligazioni principali assunte dalle parti’ (così, tra le molte, decisione del 5 aprile 2019, n. 1.511)”.

[11]In tale contesto può anche richiamarsi quanto questo Collegio ha già avuto modo di rilevare in precedenti Decisioni in materia di derivati a copertura, laddove ha fatto propria la tesi, che in dottrina viene ricondotta nell’alveo dell’’alea normale’, che nei contratti di interest rate swap il mark to market e i costi impliciti non costituiscono elementi essenziali del negozio e la loro eventuale mancanza viene in rilievo ai fini dell’accertamento del mancato assolvimento degli obblighi informativi, ma non si configura in sé come causa di nullità del contratto (cfr., in questo senso, tra le altre, la Decisione n. 1645 del 18 giugno 2019). Secondo quest’Arbitro, gli elementi essenziali di contratti siffatti sono costituiti dalla durata, dal parametro intermediario, dal parametro cliente e dal valore nozionale, tutti elementi presenti nell’odierna controversia, mentre ‘altri elementi, quali il fair value del derivato o la formula matematica utilizzata per determinarlo non costituiscono elementi essenziali del contratto, dal momento che essi non sono necessari al fine di determinare le obbligazioni principali assunte dalle parti. Piuttosto, la loro mancata indicazione nel contratto o nella documentazione collegata può costituire, in funzione delle circostanze del caso concreto, inadempimento da parte dell’intermediario di un obbligo di informazione. Comunque, in ogni caso, la loro mancanza non determina di per sé la nullità del contratto’ (Decisione n. 1511 del 5 aprile 2019). Per quel che attiene, invece, la mancata indicazione dei costi impliciti, essa in sè può integrare, a parere del Collegio, un’ipotesi di annullabilità e non di nullità, così come riportato già nella Decisione n. 1743 del 23 luglio 2019 (‘certo non può determinare la nullità [del contratto di interest rate swap] nemmeno la non corretta informazione sui costi impliciti, la quale al massimo può determinare solo una non corretta rappresentazione delle caratteristiche essenziali del contratto e dunque al più integrare una ipotesi di errore, rilevante come causa di annullabilità’).
In conclusione, le doglianze addotte in questa sede e relative alla mancata indicazione del mark to market e alla presenza di costi impliciti non rappresentati in sede di sottoscrizione del contratto, così come le altre doglianze connesse a violazioni di obblighi di condotta, non possono dirsi meritevoli di accoglimento sotto il profilo restitutorio, mancando la loro potenziale idoneità ad integrare fattispecie di nullità contrattuale, pur potendo astrattamente risultare meritevoli di accoglimento sotto il profilo risarcitorio laddove integrino violazione degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza nei confronti degli investitori. Parte Ricorrente, tuttavia, che si è avvalsa dell’assistenza di un legale nell’ambito del presente procedimento, non ha formulato una domanda (anche) di tipo risarcitorio, in assenza del che, in ossequio al divieto di extra petitum, resta precluso a questo Collegio di potersi esprimere in merito
”.

[12]Né ad esito diverso si può giungere evocando l’indeterminatezza del mark to market o la presenza di costi impliciti al momento della conclusione del derivato. Anche su tali aspetti il Collegio ha già avuto modo di pronunciarsi più volte sottolineando che il mark to market non costituisce elemento essenziale del contratto (cfr., tra le molte, decisione del 18 giugno 2019 n. 1645) e che del pari non può determinare la nullità dell’IRS neppure la non corretta informazione sui costi impliciti. Determinando una non corretta rappresentazione delle caratteristiche, e poi in particolare un errore sulla sua convenienza, la non corretta informazione su tali aspetti può, infatti, rilevare solo come eventuale fonte di responsabilità dell’intermediario (cfr. decisione 23 luglio 2019, n. 1743)”.

[13]La domanda di nullità per omessa indicazione del fair value dello strumento nella documentazione contrattuale è parimenti da ritenersi non accoglibile, in quanto ciò non può integrare causa di nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, considerato che il fair value non costituisce un elemento essenziale del contratto”.

[14]La mancata indicazione del Market to Market e la mancata rappresentazione di scenari probabilistici non può recare, in sé, quale effetto la nullità contrattuale, non potendosi assegnare ad entrambi la caratteristica di essenzialità in casi della specie. Pertanto, fatte salve la specificità di contesto in cui il contratto derivato sia stato sottoscritto da un ente pubblico (si veda Cass., sez. un., 8 maggio 2020, n. 8770), la loro mancata indicazione non può avere, ad avviso di questo Collegio, quale effetto di carattere generale quello della nullità del contratto derivato, potendo invece rilevare sotto il profilo dell’idonea informativa messa a disposizione, di volta in volta, del cliente (v., in tal senso, già decisione del 16 giugno 2020, n. 2678)”.

[15] cfr. Decisione n. 3673 del 26 aprile 2021: “L’IRS è in grado potenzialmente di assolvere una concreta funzione di copertura solo in quanto presenta una elevata correlazione con il finanziamento sottostante, occorre muovere dall’analisi della struttura del finanziamento chirografario, e porla quindi a confronto con quella del derivato. Procedendo a tale analisi, ad avviso del Collegio è agevole accorgersi come tra la struttura del finanziamento e la struttura del derivato per cui è controversia esista in concreto una rilevante e notevole discrasia, che impedisce di ravvisare esistente la su indicata ‘elevata correlazione’ anche nell’interpretazione meno rigorosa seguita dal Collegio (cfr. decisione n. 1527 del 10 aprile 2019), là dove ha ritenuto che tale concetto non debba essere inteso fino al punto di esigere una assoluta identità degli elementi strutturali dei due contratti”.

[16] Decisione n. 5716 del 28 luglio 2022.

[17] Decisione n. 5716 del 28 luglio 2022.

[18] Decisione n. 5716 del 28 luglio 2022.

[19] Decisione n. 5608 del 5 luglio 2022.

[20] Decisione n. 4636 del 25 novembre 2021.

[21] Decisione, n. 6054 del 9 novembre 2022.

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