Con la sentenza che si riporta, il Tribunale di Milano riconosce che all’intermediario finanziario (nella specie una società di gestione del risparmio) spetta qualcosa che, a ben vedere trascende il diritto alla reputazione economica e commerciale, per collegarsi piuttosto al diritto che, a proposito delle persone fisiche, è detto all’identità personale, ossia il diritto di essere riconosciuti e descritti per quello che si è.
Ciò non significa che debba porsi in secondo piano la prospettiva secondo la quale le persone giuridiche, e più in generale gli enti, le “formazioni sociali”, sono – nel bene e nel male – pur sempre espressione dell’azione, degli interessi, delle aspirazioni di persone fisiche, secondo, d’altra parte, il noto dettato costituzionale (art. 2 Cost.).
Ecco allora che la sentenza si presta ad una lettura su più piani. Essa, a ben vedere, non assegna solo una particolare tutela all’ente, ma anche alle persone fisiche che vivono, lavorano, esprimono la loro sensibilità, la loro “personalità” (v. ancora art. 2 Cost.) all’interno dell’ente. Certo la prossimità dell’ente alla personalità di quanti vi lavorano, è strettamente collegata alla complessità dell’organizzazione dell’ente medesimo, la quale, a sua volta, deriva dalla complessità e dalla articolazione degli interessi intercettati dall’azione dell’ente e – nel caso di una società per azioni che, come nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, gestisce fondi immobiliari di investimento – dal particolare mercato nella quale essa agisce.