1. Premessa
L’art. 7 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (c.d. “Manovra correttiva”, di seguito il “Decreto”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2017 – Suppl. Ordinario n. 20, è intervenuto sulla disciplina dell’ACE di cui all’art. 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (“DL 201/2011”)[1], apportando alcune rilevanti modifiche in relazione ai criteri di calcolo dei seguenti parametri:
- base ACE per i soggetti IRES;
- base ACE per i soggetti IRPEF;
- variazione in diminuzione della base ACE per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione.
Tali previsioni trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 (i.e., 2017 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).
2. Nuovi criteri di calcolo della base ACE per i soggetti IRES
L’art. 7, co. 1, lett. a), del Decreto prevede il progressivo superamento del criterio incrementale su base fissa ai fini del calcolo della base ACE delle società di capitali e degli enti commerciali.
In particolare, in luogo del riferimento fisso al capitale proprio esistente al 31 dicembre 2010, è stata introdotta una base mobile, costituita dalla variazione in aumento del capitale proprio rispetto al dato risultante dal bilancio relativo al quinto esercizio precedente a quello per il quale si calcola il beneficio ACE (cd. criterio incrementale su base mobile)[2].
A titolo esemplificativo, per il calcolo dell’ACE relativa al periodo d’imposta 2017, assume rilevanza la variazione in aumento del capitale proprio rispetto al corrispondente dato di bilancio al 31 dicembre 2012 (anziché al 31 dicembre 2010, come previsto dalla disciplina previgente). Pertanto, la base ACE 2017 sarà costituita dalla sommatoria degli incrementi patrimoniali (al netto dei decrementi) registrati nei periodi imposta 2013-2017. Parimenti, per il 2018, il capitale proprio di riferimento è quello al 31 dicembre 2013 e, conseguentemente, ai fini del calcolo della base ACE, saranno considerate le sole variazioni intervenute nei periodi d’imposta 2014-2018[3].
Di seguito, si riporta una sintesi degli incrementi patrimoniali netti rilevanti ai fini del calcolo del beneficio ACE per i periodi d’imposta 2016 e successivi.
Periodo d’imposta per il quale è calcolato il beneficio ACE | Incrementi patrimoniali netti rilevanti |
2016 | 2011 + 2012 + 2013 + 2014 + 2015 + 2016 |
2017 | 2013 + 2014 + 2015 + 2016 + 2017 |
2018 | 2014 + 2015 + 2016 + 2017 + 2018 |
2019 | 2015 + 2016 + 2017 + 2018 + 2019 |
2020 | 2016 + 2017 + 2018 + 2019 + 2020 |
Peraltro, ai sensi dell’art. 7, co. 4, del Decreto, la norma trova applicazione già in sede di calcolo dell’acconto IRES dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (i.e., 2017 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare)[4].
3. Nuovi criteri di calcolo della base ACE per i soggetti IRPEF
L’art. 7, co. 3, del Decreto sostituisce il comma 552, dell’art. 1, della L. 11 dicembre 2016, n. 232 (“Legge di bilancio 2017”), che a sua volta aveva allineato i criteri di calcolo della base ACE per imprenditori individuali, società in nome collettivo e società in accomandita semplice in contabilità ordinaria alle regole previste per i soggetti IRES[5].
Nello specifico, per effetto della modifica in esame, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (i.e., 2017 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, rilevano ai fini del calcolo della base ACE:
- gli incrementi patrimoniali netti registrati dopo il 31 dicembre 2015, calcolati analiticamente secondo le regole applicabili alle società di capitali (cd. “criterio incrementale”)[6].
- la differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre del quinto periodo d’imposta precedente a quello per il quale si calcola il beneficio ACE (cd. “criterio differenziale”)[7].
In via esemplificativa, con riferimento ai soggetti con periodo d’imposta (non frazionato) coincidente con l’anno solare, per il periodo d’imposta 2017 la base ACE sarà calcolata come sommatoria tra:
- la variazione in aumento del capitale proprio al 31 dicembre 2017 rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2015;
- la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio al 31 dicembre 2012.
Periodo d’imposta in relazione al quale è calcolato il beneficio ACE | Criterio incrementale – incrementi patrimoniali netti rilevanti | Criterio differenziale |
2016 | 2016 | PN 2015 – PN 2010 |
2017 | 2016 + 2017 | PN 2015 – PN 2012 |
2018 | 2016 + 2017 + 2018 | PN 2015 – PN 2013 |
2019 | 2016 + 2017 +2018 + 2019 | PN 2015 – PN 2014 |
2020 | 2016 + 2017 + 2018 + 2019 + 2020 |
L’art. 7, co. 1, lett. b), del Decreto, intervenendo sul comma 6-bis del D.L. 201/2011[8], prevede che, per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo al quinto esercizio precedente.
4. Riduzione della base ACE connessa agli investimenti in titoli e valori mobiliari
Viene dunque superato, anche con riferimento alla predetta causa di sterilizzazione della base ACE, il riferimento temporale fisso al 31 dicembre 2010, previsto dall’originaria formulazione della norma.
Pertanto, sotto il profilo operativo, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (i.e., 2017 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare), per determinare l’incremento dei titoli – che va a neutralizzare le variazioni in aumento rilevanti ai fini ACE –occorre assumere la relativa consistenza nel bilancio dell’anno di riferimento (i.e., bilancio al 31 dicembre 2017) e confrontarla con lo stock risultante dal bilancio relativo al quinto esercizio precedente (i.e., bilancio al 31 dicembre 2012).
[1] Come noto, con l’articolo 1 del D.L. 201/2011 è stato introdotto, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011, un trattamento fiscale agevolato alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva (Aiuto alla Crescita Economica o ACE). Tale regime agevolato consiste in una deduzione dal reddito di società di capitali, società di persone e imprenditori individuali in contabilità ordinaria, commisurata al rendimento nozionale del capitale proprio. Il rendimento nozionale era inizialmente fissato in misura pari al 3%. Per potenziare gli effetti della deduzione ACE l’art. 1, co. 137 e 138 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha previsto un innalzamento del rendimento nozionale rispettivamente al 4%, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, al 4,5%, per il periodo in corso al 31 dicembre 2015, e al 4,75%, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016. Da ultimo, l’art. 1, co. 550, lett. c), della L. 11 dicembre 2016, n. 232, ha previsto che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017, l’aliquota è ridotta al 2,3%, mentre, dall’ottavo periodo di imposta, l’aliquota è fissata al 2,7%.
[2] Il capitale proprio esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio.
[3] Per semplicità espositiva, la tabella di sintesi fa riferimento all’ipotesi di società i cui cinque esercizi precedenti a quello per il quale si calcola il beneficio ACE hanno durata annuale e, in particolare, sono coincidenti con l’anno solare. Infatti, in ipotesi di esercizi sociali di durata superiore o inferiore all’anno, la novella determina potenziali effetti asistematici. Si pensi, ad esempio, alla società Alfa – con periodi d’imposta coincidenti con l’anno solare – acquisita dalla società Beta nel 2017 che, nell’ottica di accedere al consolidato fiscale di Beta sin dalla data di acquisizione, presenti nel 2017 due esercizi sociali (i.e., il primo dal 1° gennaio 2017 alla data di acquisizione e il secondo dalla data di acquisizione al 31 dicembre 2017): in tale ipotesi, l’eventuale conferimento in denaro ricevuto da Alfa nel 2015 assumerebbe rilevanza ai fini ACE sino al periodo d’imposta 2018, in quanto per effetto del frazionamento dell’esercizio 2017, l’esercizio 2015 diverrebbe il «quinto esercizio precedente» nel 2018, mentre il medesimo conferimento avrebbe assunto rilevanza ai fini ACE sino al periodo d’imposta 2019 laddove nel corso dell’anno 2017 la società avesse presentato un unico esercizio sociale..
[4] Resta ferma, in ogni caso, la possibilità di ricorrere eventualmente al metodo previsionale.
[5] Nel regime previgente alle modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2017, la determinazione della base ACE per i soggetti IRPEF era disciplinata dall’art. 8, del Decreto 14 marzo 2012, in base al quale occorreva assumere lo stock di patrimonio netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio.
Sul punto, ai sensi dell’art. 1, co. 552, della Legge di bilancio 2017, ai fini della base ACE si consideravano rilevanti già a partire dall’esercizio 2016: (i) la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 ed il patrimonio netto al 31 dicembre 2010 e (ii) gli incrementi patrimoniali – al netto dei decrementi – verificatisi nel corso del periodo d’imposta 2016.
[6] Per il periodo d’imposta 2016, invece, la base ACE continua ad essere calcolata secondo le regole originariamente introdotte dall’art. 1, co. 552, della Legge di bilancio 2017 (cfr. nota 2).
[7] Pertanto, a decorrere dal 2020, anche per i soggetti IRPEF, il calcolo della base ACE avverrà in base al solo criterio “incrementale” applicato dai soggetti IRES.
[8] Come noto, il suddetto comma 6-bis è stato inserito dall’art. 1, co. 550, lett. d), della Legge di bilancio 2017, a decorrere dal 1° gennaio 2017. Si tratta di una ipotesi di sterilizzazione della base ACE che va ad aggiungersi alle ipotesi già previste nella disciplina previgente (i.e., ordinarie variazioni in diminuzione di cui all’art. 1, co. 5, del D.L. 201/2011 e fattispecie antielusive disciplinate dall’art. 10, co. 2 e 3, del Decreto 14 marzo 2002). La ratio della previsione appare quella di non agevolare l’immissione di risorse evidentemente destinate ad investimenti finanziari, anziché a rafforzare l’apparato produttivo dall’impresa.