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Approfondimenti

I nuovi requisiti degli esponenti aziendali delle banche ed altri intermediari finanziari

28 Gennaio 2021

Marina Brogi, Professore Ordinario di International Banking and Capital Markets, Sapienza Università di Roma; Riccardo Andriolo, Professore a contratto di International Banking and Capital Markets II, Sapienza Università di Roma

Di cosa si parla in questo articolo

Negli ultimi anni, come noto, le banche sono state chiamate ad affrontare dalla crisi dei mutui subprime all’emergenza pandemica da Covid-19, passando (specie quelle con business model “tradizionale”) per le difficoltà derivanti da tassi di interesse negativi. Anche il futuro non appare più semplice: dal deterioramento del credito, cui la BCE ha fatto più volte riferimento nel corso del 2020, alla competizione con nuovi operatori spinti dall’innovazione tecnologica (che viene comunemente individuata con la sincrasi “fintech”), le banche sono chiamate ad affrontare sfide sempre più complesse. Sfide che richiedono un livello di preparazione e professionalità sempre maggiore.

In questo contesto, competitivo e macroeconomico, sempre più sfidante, lo scorso 15 dicembre, è stato pubblicato nella G.U. n. 310, il DM n. 169 che disciplina i requisiti allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali delle banche nonché di altri soggetti operanti nel settore finanziario, ai sensi dell’art. 26 del TUB. Il DM, in particolare, prevede nuovi requisiti (complessivamente considerati di “idoneità”) degli esponenti aziendali delle banche e di altri intermediari finanziari in termini molto più stringenti a quelli sinora previsti dal Decreto 18 marzo 1998 n. 161.

In via preliminare, si ritiene opportuno richiamare, in estrema sintesi, una breve timeline del suo iter approvativo, anche in considerazione della sua lunghezza. Va quindi ricordato che il DM attuta le previsioni normative introdotte con la riforma del 2015 (decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 72, a sua volta attuativo della direttiva 2013/36/UE, nota con l’acronimo inglese CRD IV[1]) e conduce all’allineamento della disciplina interna alle Linee guida sulla valutazione dell’idoneità degli esponenti aziendali dei soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione della cennata direttiva, elaborate dall’Autorità bancaria europea (EBA) con l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), rese pubbliche nel settembre 2017[2], e alla Guida alla verifica dei requisiti di idoneità degli esponenti delle banche pubblicata dalla BCE (“Guida BCE”) nel maggio 2017[3]. Anno in cui lo schema di decreto, che è stato redatto “congiuntamente con la Banca d’Italia”, è stato sottoposto a consultazione pubblica[4], a seguito della quale ha recepito anche le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia con nota del 17 maggio 2018. Il DM è stato emanato il 23 novembre 2020, dopo aver acquisto – in data 6 ottobre 2020 – il parere del Consiglio di Stato n. 1604.

Il DM, in linea con l’art. 26 del TUB novellato a seguito del recepimento della CRD IV, prevede nuovi requisiti (complessivamente considerati di “idoneità”) degli esponenti aziendali delle banche e di altri intermediari finanziari in termini molto più stringenti a quelli sinora previsti. Il DM sembra considerare il mutato contesto competitivo in cui operano le banche e, di fatto partendo dal vecchio adagio “chi sa fa”, statuisce un principio secondo cui solo chi sa fare, può essere chiamato a farlo. Principio questo che appare semplice e lapalissiano, salvo aver verificato, in passato, che non sempre la professionalità è stata considerata quale primo elemento per l’individuazione dei soggetti cui affidare la gestione degli operatori economici.

Come detto, il DM riscrive i requisiti di cui devono essere in possesso gli esponenti non solo delle banche ma, in generale degli intermediari finanziari, dei confidi degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei sistemi di garanzia dei depositanti (sostanzialmente con l’eccezione delle sole SIM, SICAF e SGR). Il testo, in sintesi, delinea una completa e significativa riforma della disciplina, introducendo:

  • la distinzione tra “requisiti”, caratterizzati, in linea con la previgente normativa, da elementi di oggettività e tassatività (i.e. onorabilità, professionalità e indipendenza), e “criteri”, connotati da un margine di discrezionalità più ampio e quindi potenzialmente in grado di cogliere in modo sostanziale la qualità degli esponenti (soprattutto per quanto riguarda i profili di correttezza e competenza);
  • requisiti di professionalità estesi ora agli esponenti di tutte le banche, ivi incluse quelle di minori dimensioni e complessità operativa[5] (il DM 161/1998, ad esempio, prevedeva requisiti di professionalità nelle BCC solo per il presidente ed il direttore generale), sebbene con un principio di proporzionalità;
  • il possesso da parte degli esponenti aziendali di preparazione teorica (studi e/o formazione specifica) e la maturazione di esperienza pratica conseguita attraverso lo svolgimento di attività lavorative precedenti o in corso;
  • nuovi profili di valutazione, quali l’indipendenza di giudizio, l’adeguata composizione collettiva degli organi, la disponibilità di tempo e, per le banche di maggiori dimensioni, limiti al cumulo degli incarichi;
  • la definizione di “amministratore indipendente”, peraltro in termini più stringenti rispetto alle previsioni della BCE[6], necessaria per dare effettiva attuazione alle disposizioni di vigilanza che assegnano un ruolo a questi esponenti e che prevedono criteri di esclusione dell’indipendenza sostanzialmente assimilabili alle società quotate;
  • la valutazione della sussistenza dei requisiti in capo all’organo di appartenenza (in precedenza, la valutazione era effettuata dal CdA anche per i membri del collegio sindacale, sebbene tale soluzione destasse perplessità considerando la natura autonoma ed indipendente dell’Organo di controllo);
  • criteri di adeguata composizione collettiva anche per il collegio sindacale;
  • la “valutazione ex ante” dei requisiti di idoneità nei casi di nomine di pertinenza consiliare (cooptazioni, DG e, per le banche di maggiori dimensioni e complessità operativa, i responsabili delle principali funzioni aziendali);
  • il possibile coinvolgimento degli organi della Capogruppo nell’ambito del processo di verifica;
  • l’insussistenza dei requisiti di onorabilità e dei criteri di correttezza degli esponenti, anche in caso di indagini e procedimenti penali in corso (in questi casi senza però automatismi), di fatto limitando il principio della presunzione di innocenza, ed in quello di informazioni negative sull’esponente da Centrale rischi (“anche quando agisce in qualità di consumatore”). In proposito, va inoltre osservato come tra le fattispecie da prendere in considerazioni rientri anche quello dell’usura che, come osservato, pare penalizzante rispetto ai competitors europei[7].

Come detto il DM traccia un solco in discontinuità rispetto al passato per quanto riguarda i requisiti di idoneità. Di particolare rilevanza appaiono quelli di professionalità: in questo ambito, non si può non partire dal notare un innalzamento del livello per gli esponenti sia con incarichi esecutivi che non esecutivi, per i quali il possesso dell’idonea esperienza (come per i componenti l’organo di controllo) deve essere maturata negli ultimi vent’anni. Invero, con riferimento a quest’ultimo aspetto, considerata la velocità dell’evoluzione del settore di riferimento, un lasso temporale meno ampio non sarebbe sembrato inopportuno. Non si può poi non notare che l’esperienza “di amministrazione o di controllo o compiti direttivi” non possa essere maturata in qualsivoglia impresa ma, alternativamente, “nel settore creditizio, finanziario, mobiliare o assicurativo” oppure “presso società quotate o aventi una dimensione e complessità maggiore o assimilabile (in termini di fatturato, natura e complessità dell’organizzazione o dell’attività svolta) a quella della banca”. Previsione quest’ultima che, se da una parte appare meritevole al fine di portare “a bordo” imprenditori e manager che possono contribuire alla discussione interna all’organo amministrativo (come si dirà oltre), a livello operativo, in assenza di previsioni sulle modalità di valutazione della complessità, rischia di limitare la portata dell’innovazione introdotta. L’affinamento avrebbe potuto essere rappresentato, in futuro, dal considerare non solo le competenze bancarie ma anche i fini statutari della banca specie laddove questi presuppongano una diversificazione delle competenze degli amministratori in virtù della specifica caratterizzazione dell’oggetto sociale, e non solo di dimensione e complessità, in linea peraltro con quanto previsto dal 60-esimo considerando della CRD IV e dalla Circolare 285 di Banca d’Italia.

Sempre con riferimento all’idoneità, va evidenziato come il DM allarghi l’insussistenza del requisito di indipendenza a fattispecie ulteriori rispetto al solo “conflitto di interesse” previsto dalle Linee Guida BCE[8].

Un’importante novità è poi rappresentata dalla cennata previsione dalla composizione collettiva degli organi che – dovendo rispondere alla previsione di una composizione quali-quantitativa ottimale in modo da alimentare il confronto e la dialettica interna agli organi; favorire l’emersione di una pluralità di approcci e prospettive nell’analisi dei temi e nell’assunzione di decisioni; supportare efficacemente i processi aziendali di elaborazione delle strategie, gestione delle attività e dei rischi, controllo sull’operato dell’alta dirigenza; tener conto dei molteplici interessi che concorrono alla sana e prudente gestione della banca – di fatto conferma la necessità che l’attività sia dell’organo amministrativo che di quello di controllo avvenga in modo corale. Una buona governance è infatti assimilabile alla melodia di un’orchestra: il lavoro di squadra e la coralità devono prevalere sulle individualità, anche laddove eccellenti. Ciò rileva a maggior ragione considerando che, in passato, alcuni dissesti del settore bancario siano stati fortemente condizionati da un eccessivo esercizio di potere da parte di un unico “dominus” aziendale. In proposito, va tuttavia sottolineato come la collective suitability, per quanto condivisibile, si non possa sostituirsi ad una adeguata individual suitability degli esponenti aziendali.

Con riferimento alla valutazione fit and proper, si osserva come il DM mantiene, sul piano procedurale, la struttura tradizionale del procedimento come valutazione ex post, finalizzata a un eventuale provvedimento d’ufficio di decadenza, mentre la Guida BCE rifletterebbe “un approccio di tipo essenzialmente autorizzativo (valutazione dell’idoneità ex ante, prima che l’esponente assuma l’incarico)”, sebbene introduca una previsione che tende ad anticipare tale valutazione, richiedendo, “ogniqualvolta sia possibile (es. in caso di cooptazione) la valutazione dell’esponente sia effettuata prima della nomina” (principio che dovrà poi essere meglio declinato nelle disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia). In proposito è il caso di evidenziare, in linea con quanto già sostenuto in precedenza[9], che sarebbe stato opportuno che la valutazione dei requisiti per gli esponenti di banche quotate avvenisse prima della nomina, in modo da evitare l’eventuale effetto prezzi derivante dal cambio post nomina[10].

Non si può poi evitare un commento sulle previsioni concernenti la disponibilità di tempo e, per le banche di maggiori dimensioni, i limiti al cumulo degli incarichi. Invero, questi aspetti non sono una completa novità in quanto rappresentavano dei cardini della valutazione fit and proper (FAP) della BCE. Quello che, invece, risulta una svolta, in quanto previsione inderogabile, è il cumulo degli incarichi che si applica tanto agli amministratori esecutivi quanto a quelli non esecutivi (assimilando a quest’ultima fattispecie anche i componenti del collegio sindacale sulla cui funzione, trattandosi di una peculiarità dei sistemi di governance italiano e portoghese, sembra che il Regulator europeo non abbia esattamente chiaro la funzione e l’attività svolta). Ora, ciascun esponente di banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, a pena di decadenza, non può assumere un numero complessivo di incarichi (incluso quello cui il FAP si riferisce) in banche o altre società commerciali superiori a:

  1. n. 1 incarico esecutivo e n. 2 incarichi non esecutivi;
  2. n. 4 incarichi non esecutivi.

Se il principio di limitare gli incarichi appaia condivisibile, anche quale concreto presidio per soddisfare il time commitment che l’incarico richiede, desta qualche perplessità la mancata previsione, come invece previsto dalla normativa regolamentare applicabile alle società quotate, di considerare l’elemento dimensionale ai fini de quo, salvo considerare come un unico incarico l’insieme degli incarichi ricoperti nel medesimo gruppo. Inoltre, la previsione secondo cui il cumulo di incarichi sembra riferirsi a più banche appare meramente teorica, atteso il permanere del divieto di interlocking. Desta poi ulteriore perplessità la previsione, in quanto apparentemente contraria alla ratio legis, secondo cui il limite de quo non si applica agli esponenti che ricoprono nella banca incarichi in rappresentanza delle Stato o di altri enti pubblici.

In conclusione, il DM, sebbene con ambiti di necessario affinamento, è finalizzato al rafforzamento del profilo non solo degli esponenti bancari ma anche degli organi societari. Non si può non rilevare poi come rappresenti un passo avanti nel processo di “professionalizzazione” degli esponenti bancari, nel solco di una strada già avviata dalla BCE, per permettere alle banche e alle altre financial institution di avere i (pre)requisiti per affrontare le prossime sfide.

Per contro, il DM sembra aver perso l’occasione per introdurre un vincolo di durata massima delle cariche che rappresenta una delle condizioni per una buona governance e per meglio definire l’ambito di applicazione del cumulo degli incarichi con riguardo ai quali, ad esempio, non è chiaro se debbano essere computati anche quelli afferenti la gestione della crisi degli intermediari che, in prima analisi, sembrerebbero da escludersi.

 



[1] Cfr. art. 91 CRD IV (Direttiva n. 2013/36/UE)

[2] EBA – ESMA, Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave (EBA/GL/2017/12).

[3] La riforma si innesta dunque nel più ampio sistema di vigilanza europea, atteso che – ai sensi del regolamento (UE) n. 1024/2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici di vigilanza prudenziale sulle banche – spetta alla BCE la verifica dell’idoneità degli esponenti delle banche e gruppi bancari sottoposti alla sua vigilanza diretta nell’ambito del “Meccanismo di vigilanza unico” (MVU), ancorché, come segnalato nella relazione ministeriale, vi sarebbe una differenza di impostazione nello schema di regolamento rispetto all’approccio della BCE, “che non prevede condizioni minime predefinite (assimilabile cioè ai “requisiti”) ed è quindi più discrezionale, mentre lo schema di decreto, in linea con il testo unico bancario, prevede invece la distinzione, tra requisiti, che rappresentano le condizioni minime necessarie per assumere gli incarichi, e criteri, più valutativi e discrezionali, che devono essere soddisfatti in aggiunta ai primi”

[4] Come osservato (cfr. Parere del Consiglio di Stato) “pur trattandosi di un passaggio procedimentale non obbligatorio, in quanto non previsto dalla legge, esso fa comunque legittimamente parte del procedimento istruttorio ed ha verosimilmente fornito elementi di giudizio utili per la compiuta elaborazione del testo, sicché non si vedono ragioni ostative alla sua indicazione nel preambolo del decreto, per una più completa descrizione del suo iter formativo”.

[5] Banche, attualmente, con un attivo pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro. In proposito, va segnalato come sia in corso una consultazione pubblica delle modifiche della Circolare 285 che porterebbe tale limite ai 5 miliardi di euro.

[6] Quarto grado di parentela in luogo del primo.

[7] “Infatti la disciplina sull’usura sub specie superamento del “tasso soglia” riceve, nei vari Paesi UE, una regolamentazione molto diversificata (e non sempre tale superamento configura un reato). Per la normativa italiana, invece, detto reato si configura automaticamente, anche al lieve superamento di soglie predeterminate (fermo restando l’elemento soggettivo), senza alcuna distinzione rispetto al soggetto finanziatore, sia esso un “usuraio” o un intermediario vigilato, il tutto aggravato dalla circostanza che il nostro è l’unico Paese europeo in cui l’azione penale è obbligatoria. Prevedere che una condanna, anche lieve, per detto reato comprometta il possesso del requisito in esame incide sulle condizioni di parità concorrenziale tra le banche europee nella scelta e composizione dei propri organi.” (ABI, Position paper – Osservazioni allo Schema di Decreto, 22 dicembre 2017).

[8] Guida alla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità, capitolo 4.3.

[9] Brogi in “La Banca nel nuovo ordinamento europeo: luci ed ombre”, a cura di Montaletti P. e Notari M., Giuffrè Ed., 2018.

[10] “In Italia le liste vengono depositate venticinque giorni prima dell’assemblea e in quel lasso di tempo l’Autorità potrebbe forse valutare se i soggetti proposti, almeno sulla carta, sono adeguati. Se la valutazione è successiva l’eventuale cambio diviene più difficile. Considerato il rischio che ci possa essere un effetto sul prezzo del titolo, ritengo difficile che un comitato nomine si prenda la responsabilità di valutare che un amministratore non soddisfi i requisiti del fit and proper” (Brogi, Op.cit.).

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