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Attualità

IBIP complessi: tra rischio di riqualificazione del contratto e divieto di distribuzione

19 Maggio 2021

Andrea Pantaleo, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

La recente riforma sulla distribuzione degli IBIPs (insurance based investment products), in vigore dal 31 marzo 2021, ha modificato sia il Regolamento Consob 20307/2018 che il Regolamento IVASS 40/2018.

La riforma ha introdotto – inter alia – l’obbligo di prestazione del servizio di consulenza per i prodotti assicurativi di investimento complessi ed il divieto di distribuzione di IBIPs inadeguati anche in caso di iniziativa del cliente o di cliente c.d. “insistente” (in verità, divieto espresso in maniera esplicita dal Regolamento IVASS per i distributori del canale assicurativo, ma meno chiaramente per quelli del canale bancario e finanziario ai sensi del Regolamento Consob che, tuttavia, richiamando espressamente l’art. 68-duodecies del Regolamento IVASS, fa proprie le relative disposizioni).

L’attuale assetto normativo, dunque, obbliga gli intermediari sia del canale assicurativo che di quello finanziario e bancario a distribuire gli IBIPs nell’ambito di un servizio consulenziale e, dunque, ne vieta l’intermediazione sotto il regime di appropriatezza (che tiene in considerazione solo l’esperienza e conoscenza del cliente ma non anche – come nel regime di adeguatezza – la situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento) anche nell’ipotesi in cui sia il cliente a richiederne la sottoscrizione. In altri termini, non solo è vietato raccomandare, ma in generale distribuire qualsiasi IBIP che risulti inadeguato rispetto al profilo del cliente, e ciò sia che l’iniziativa provenga dall’intermediario che dal cliente. Da qui una importante conseguenza.

Secondo la vecchia regolamentazione, infatti, era possibile per l’intermediario “superare” una possibile contestazione di inadeguatezza o sostenendo di avere distribuito l’IBIP nell’ambito di un servizio esecutivo in regime di appropriatezza così che l’IBIP, magari non adeguato, risultava comunque appropriato, oppure ricorrendo all’argomentazione per la quale il cliente – anche se informato dell’inadeguatezza – avrebbe comunque insistito per compiere l’operazione – passando dunque ad un regime di appropriatezza – sulla base della sua pregressa operatività o abitudini di investimento.

Alla luce dell’attuale normativa tale approccio non sarebbe più consentito.

Da un lato, infatti, si potrebbe sostenere che il divieto di distribuzione di IBIPs inadeguati rappresenti norma imperativa la cui inosservanza può configurare un’ipotesi di nullità del contratto distributivo, e ciò proprio perché l’obbligo di astensione dalla distribuzione si configura come assoluto e non aggirabile – tantomeno per il mezzo di presunzioni – attraverso l’argomento dell’iniziativa del cliente o della sua autorizzazione alla sottoscrizione del prodotto.

Dall’altro lato, anche ipotizzando che la violazione del divieto di distribuzione di IBIPs inadeguati configuri una fattispecie di responsabilità contrattuale, vi sarebbe un automatismo nella valutazione del nesso causale.

In altri termini il danno dovrebbe ritenersi – sempre e comunque – diretta conseguenza della vendita di un IBIP inadeguato: ove l’intermediario avesse correttamente valutato l’inadeguatezza, l’IBIP non sarebbe stato distribuito ed il danno non si sarebbe verificato. In tale contesto l’intermediario non potrebbe argomentare in punto di iniziativa del cliente – e dunque di passaggio ad un regime di appropriatezza – né ricorrere ad alcun tipo di presunzione circa l’insussistenza del nesso causale tra violazione e danno, sostenendo ad esempio che anche ove informato dell’inadeguatezza, il cliente avrebbe comunque sottoscritto l’IBIP al di fuori del rapporto consulenziale.

Questa impostazione normativa crea peraltro una significativa distinzione – sotto molti aspetti non pienamente giustificabile – tra l’intermediazione degli IBIPs rispetto a quella degli strumenti e prodotti finanziari puri.

Infatti, per quest’ultima categoria – ad eccezione ad esempio degli ELTIF (art. 30 del Regolamento UE 2015/760) e, verosimilmente, degli strumenti a rischio bail-in secondo la disciplina che risulterà ad esito della consultazione MEF di recepimento della direttiva BRRD II – non è previsto alcun obbligo di prestazione del servizio di consulenza né divieto di passaggio ad un regime di appropriatezza, e dunque di intermediazione nell’ambito di un servizio non consulenziale.

Anzi, l’ipotesi del passaggio al regime di appropriatezza è espressamente contemplata e disciplinata da ESMA nelle proprie Q&A in tema di investor protection.

In sintesi, mentre un IBIP può essere distribuito solo nell’ambito di un servizio più tutelante per il cliente come quello consulenziale, un prodotto finanziario puro – anche se per ipotesi più complesso e rischioso di un IBIP – può invece essere intermediato in un regime meno protettivo quale quello di appropriatezza.

Tale scissione tra i due regimi ha una curiosa interrelazione con una delle questioni più dibattute negli ultimi mesi, ovvero quella relativa al rischio di riqualificazione degli IBIPs nell’ipotesi in cui la componente assicurativa del contratto risulti così debole o marginale da determinare – in ragione della prevalenza, o sola presenza, della componente finanziaria – una riclassificazione della polizza come prodotto finanziario puro.

Nel panorama giurisprudenziale di legittimità si è assistito ad una importante pronuncia del 2019 (Cass. 6319/2019) che ha precisato come il rischio demografico – quale rischio del contratto a carico dell’assicuratore – debba essere adeguatamente considerato e valutato nella sua quantificazione dal giudice di merito nell’ambito della valutazione della sussistenza della componente assicurativa del contratto, pena il venir meno di uno degli elementi costituitivi della causa (mista) della polizza e, implicitamente, la riqualificazione del contratto come prodotto finanziario puro.

Al di là delle ovvie e gravi conseguenze della riqualificazione di un IBIP in punto di regime autorizzativo all’intermediazione di prodotti finanziari puri – che riguarda le compagnie assicurative in caso di commercializzazione diretta ed i distributori del canale assicurativo – sembrano quasi paradossali le conseguenze per gli intermediari del canale bancario e finanziario in punto di divieto di distribuzione di prodotti inadeguati.

La riqualificazione di un IBIP in prodotto finanziario puro comporterebbe il venire meno di quel divieto di distribuzione di cui si è discusso prima (che per l’appunto non è previsto per i prodotti finanziari non IBIP) e quindi, nel caso in cui l’IBIP “riqualificato” risultasse anche inadeguato, decadrebbero le ipotesi di nullità del contratto distributivo per violazione di norme imperative o l’automatismo nella sussistenza del nesso causale nelle ipotesi risarcitorie. In altri termini, a parità di rischio di investimento tra un IBIP con rischio demografico sufficiente ed uno che ne è privo, le tutele per l’investitore nei confronti del distributore del canale bancario e finanziario finirebbero per risultare di fatto inferiori.

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