Nell’immediato, gli eventi catastrofici – quale che sia la loro natura – producono asfissia: sottraggono al pensiero di chi li osserva l’ossigeno delle prospettive passata e futura. Com’è naturale che sia, la concitazione febbrile determinata dalla densità delle emozioni appiattisce gli sguardi sul presente e, rispetto a questo, esaspera le reazioni. Il disagio opacizza le lenti dei commentatori.
Così, le giornate del distanziamento sociale, corrente la catastrofe pandemica, sono state fino a ora scandite da un’esplosione di informazioni e commenti rapidi e assai spesso urlati, nervosi, confusi, mescolati, oltretutto, e livellati dalla comunicazione indifferenziata e indifferenziabile della rete.
Occorre però iniziare a guardare avanti, recuperando la serenità necessaria all’analisi profonda e al dialogo scientifico. Mai come oggi, infatti, gli studiosi – non soltanto quelli delle scienze naturali ma anche quelli delle scienze sociali – sono stati chiamati a mettersi al servizio della collettività.
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