Il Consiglio dei Ministri riunitosi giovedì 5 agosto 2021 ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della Direttiva (UE) 2019/2034 relativa alla vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento (“Investment Firms Directive” – IFD), e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2019/2033, relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento (“Investment Firms Regulation” – IFR), nonché modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
Come si legge nel comunicato stampa del Governo, i due provvedimenti definiscono un nuovo regime prudenziale per le imprese di investimento, prevedendo una disciplina differenziata rispetto agli enti creditizi, che tiene conto delle dimensioni, delle attività svolte e dei rischi delle diverse tipologie di imprese di investimento. Le stesse imprese di investimento sono suddivise in quattro categorie.
Il Regolamento 2019/2033 ha modificato la definizione di ente creditizio, che ora comprende, oltre alle banche, anche le imprese che prestano determinati servizi di investimento e hanno un attivo di bilancio pari almeno a 30 miliardi di euro, a livello individuale o consolidato. Una soglia che, attualmente, non viene superata da nessuna società di intermediazione mobiliare (SIM) italiana.
La Banca d’Italia e la Consob sono designate come autorità competenti a esercitare le funzioni e i poteri previsti dalle norme europee, secondo l’attuale riparto di competenze regolamentari e di supervisione previsto dal Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), con riguardo alle SIM. Viene così assicurata continuità con il quadro normativo attuale, considerato che Direttiva e Regolamento di fatto sostituiscono, semplificandolo, quello oggi applicabile alle SIM.