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Il Collegio di coordinamento dell’ABF dichiara la nullità delle clausole contrattuali di c.d. pegno bancario

12 Febbraio 2014
Di cosa si parla in questo articolo
ABF

Con Decisione n. 4808 del 20 settembre 2013 il Collegio di Coordinamento ABF affronta il tema concernete la validità della clausola contrattuale con cui la banca procede alla vendita dei titoli depositati dalla garante presso la banca in un conto di deposito ad essa intestato ed alla successiva compensazione con il proprio maggior credito.

Come evidenzia il Collegio, la clausola in esame, che costituisce un’evoluzione della c.d. clausola di “pegno bancario” che a suo tempo venne inserita nelle Norme Bancarie Uniformi che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, non menzionano il diritto di pegno, ma accanto alla ritenzione prevede che la banca acquisisti un diritto di realizzo, ovvero un diritto a vendere direttamente i titoli e gli altri strumenti finanziari di “pertinenza” del cliente.

Secondo il Collegio le cosiddette clausole di pegno o garanzia bancaria sviluppate in seno alle prassi contrattuali nazionali appaiono non conformi ai principi ed alle regole inderogabili del sistema; in primo luogo non conformi al dovere di servire al meglio l’interesse del cliente e di agire per l’integrità dei mercati.

Nell’assetto attuale, infatti, tali clausole attribuiscono: da un lato, il diritto di ritenzione, che si risolve in un potere di blocco esercitato dalla banca depositaria sugli strumenti finanziari depositati; dall’altro, il diritto di vendere, separato dalla proprietà dei titoli, e quindi concomitante con il diritto naturale di disporre del proprietario.

Attribuire alla banca un diritto di ritenzione accoppiato ad uno jus vendendi equivale a conferire alla banca una posizione di garanzia reale che, almeno in teoria, può essere esercitata in surrogazione dai suoi creditori e ciò manifesta un contrasto netto e palese con quanto disposto dall’art. 22 TUF che impedisce azioni dei creditori dell’intermediario “sugli strumenti finanziari dei singoli clienti a qualsiasi titolo detenuti dalla banca”, i quali sono infatti configurati come patrimonio separato.

In particolare, con riferimento al jus vendendi apparentemente attribuito alla banca, il Collegio osservare che, rimanendo del tutto astratta la causa della attribuzione di una facoltà dominicale, la clausola in esame non possa essere considerata produttiva di effetti giuridici.

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