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Il concetto di “Persona Politicamente Esposta” (PEP): dalle indicazioni del GAFI e dell’Unione Europea al recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio

3 Agosto 2017

Giampaolo Estrafallaces, Consigliere senior della Banca d’Italia

Di cosa si parla in questo articolo

1. L’origine della disciplina dei PEP.

Fra le prime pubblicazioni a diffusione internazionale che hanno affrontato la tematica dei rischi reputazionali e legali connessi alla instaurazione di rapporti con soggetti che ricoprono o hanno ricoperto importanti cariche pubbliche figura “Customer due diligence for Banks”[1], pubblicata nel 2001 dal Comitato di Basilea. In tale occasione il Comitato aveva auspicato – quale presidio di carattere generale – che l’avvio di nuove relazioni con la clientela dovesse essere approvato “da almeno una persona di appropriato livello gerarchico” e, a rimarcare per la prima volta la delicatezza delle relazioni tra banche e PEP, sosteneva il principio che la decisione di allacciare rapporti di affari con clienti a più alto rischio, come le persone politicamente esposte, dovesse essere presa unicamente a livello di alta direzione[2].

Il Comitato aveva formulato una definizione della categoria dei PEP che comprendeva “individui che sono o erano preposti ad alte funzioni pubbliche, come Capi di Stato o di Governo, personalità politiche, quadri superiori della Pubblica amministrazione, della magistratura e delle forze armate, dirigenti di imprese pubbliche e importanti esponenti di partiti politici”[3](cfr. tav.1).

La gravità delle conseguenze – non solo patrimoniali ma anche in termini di perdita di fiducia del pubblico – che un’istituzione finanziaria avrebbe potuto subire a causa dell’eventuale coinvolgimento in episodi giudiziari di cui potevano essere parte in causa clienti che ricoprivano importanti cariche pubbliche induceva il Comitato, già nel 2001, ad una valutazione estensiva del concetto di “persona politicamente esposta” includendovi anche “le persone e le imprese… chiaramente collegate (ad un PEP)”. Conseguentemente il Comitato di Basilea rimarcava l’opportunità che le banche acquisissero dalla clientela un set di informazioni per verificare l’eventuale natura di PEP e la previsione, in tal caso, di controlli sull’origine dei fondi prima dell’avvio del rapporto.

2. La categoria (o le categorie) di PEP secondo le Raccomandazioni e la Guidance politically exposed persons del GAFI.

Nel 2003, al termine del secondo processo di revisione delle proprie Raccomandazioni[4], il GAFI ha formulato nel glossario una propria definizione di PEP ricalcando quella già delineata dal Comitato di Basilea nel 2001. Rispetto a quest’ultima il GAFI introduceva, tuttavia, la previsione che le indicazioni in tema di PEP dovessero valere solo per quelli di altri paesi (foreign PEPs, cfr. tav.1), salvo poi incoraggiare nella nota interpretativa gli Stati ad applicare le cautele anche ai PEP domestici[5].

Un ulteriore elemento di novità era rappresentato dal tentativo della Raccomandazione 6 del 2003 di individuare più precisamente, rispetto alla definizione del Comitato di Basilea, i soggetti “vicini” ai PEP cui applicare le medesime cautele previste per questi ultimi: in luogo di riferimenti generici a persone e imprese collegate (“people and companies that are clearly related to him/her”, Basel Committee on Banking Supervision – October 2001), il GAFI faceva, infatti, espresso richiamo ai membri della famiglia e agli stretti collaboratori dei PEP (family members or close associates of PEPs, cfr. tav.1).

La Direttiva 2005/60/CE (c.d. III Direttiva antiriciclaggio[6]) ha sostanzialmente adottato la definizione fornita dal GAFI nel 2003[7], confermando l’orientamento che circoscriveva la nozione di PEP ai soli soggetti residenti in un altro Stato membro o in un paese terzo[8], evitando di fornire esempi come invece aveva fatto il GAFI, esempi che furono enucleati successivamente nella  Direttiva 2006/70/CE recante misure di esecuzione della Direttiva 2005/60/CE (cfr. tav. 2).

Con le più recenti Raccomandazioni pubblicate a febbraio 2012 il GAFI ha delineato per i PEP tre distinte tipologie in relazione a ciascuna delle quali sono stati formulati alcuni esempi[9]. Si tratta dei:

a) foreign PEPs;

b) domestic PEPs;

c) persons who are or have been entrusted with a prominent function by an international organisation.

Nel primo caso, cioè quello dei foreign PEPs, sono compresi Capi di Stato o di governo, politici di elevato livello, funzionari di grado elevato, appartenenti all’ordine giudiziario, membri delle Forze Armate appartenenti al rango di “official”, dirigenti di società statali, importanti funzionari di partiti politici (Trad. dell’A.)[10]. Sostanzialmente identici sono gli esempi fatti dal GAFI per enucleare la categoria dei domestic PEPs, con la precisazione che in tali casi rilevano le cariche assunte a livello nazionale (domestically). Nell’ambito della terza categoria rientrano, a titolo di esempio, i membri dell’alta direzione di organismi internazionali cioè i direttori, vicedirettori e i membri del board della “international organisation” o coloro che in tale ambito svolgono, comunque, funzioni equivalenti.

Inoltre, il GAFI ha confermato l’estensione delle regole adottate per i PEP nei confronti dei familiari o di coloro che sono stretti collaboratori di PEP[11].

In ogni caso, secondo il GAFI ciò che deve determinare l’inclusione o meno di una persona nell’ambito dei PEP è l’essere o essere stato titolare di prominent public functions[12] cioè la titolarità di una posizione di vertice, con l’esclusione, quindi, della possibilità di ricondurre in tale ambito soggetti che occupano posizioni di medio livello o che si trovino in posizioni definibili “junior”, cioè con poteri, che pur decisionali, sono subordinati nella loro efficacia all’attività di altri soggetti in posizione “senior”[13].

Nell’ambito delle Raccomandazioni di febbraio 2012 le considerazioni del GAFI in ordine ai PEP sono contenute nella Sezione “D – preventive measures”, alla Raccomandazione 12[14] che è stata inclusa fra quelle destinate a rappresentare “additional measures for specific customers and activities”[15]. La Raccomandazione è, infine, accompagnata da una sintetica nota interpretativa.

Le indicazioni del GAFI in materia di PEP si fondano sull’assunto di carattere generale che la natura di politically exposed person al fine di contrastare fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo rileva tanto se riferita al cliente quanto al titolare effettivo[16] e vengono fornite delle regole, in primo luogo, con riferimento ai foreignPEPs,per i quali è previsto che i soggetti destinatari della disciplina antiriciclaggio siano sempre obbligati[17] ad adottare misure aggiuntive rispetto all’ordinaria customer due diligence. Pertanto, le istituzioni finanziarie devono, prioritariamente dotarsi di sistemi di gestione del rischio che consentano di accertare o escludere, sia con riferimento al cliente che al titolare effettivo, la natura di foreign PEPs.

Inoltre, la decisione di avviare o mantenere le relazioni con questi soggetti (come già indicato dal Comitato di Basilea, cfr. paragrafo 1), considerata la delicatezza delle conseguenze derivanti da tale scelta, deve essere rimessa al senior management. Infine, il processo di customer due diligence deve prevedere criteri/disposizioni per:

la comprensione dell’origine delle consistenze patrimoniali dei clienti e dei titolari effettivi PEPs, nonché dei fondi[18] che interessano tali relazioni, secondo un approccio che il GAFI definisce reasonable[19], cioè commisurato ai rischi di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo proprio di tali soggetti;

il monitoraggio costante nel corso del rapporto, condotto con modalità enhanced, cioè rafforzata.

Tali “requirements” non rappresentano, tuttavia, una novità in quanto già previsti dalla Raccomandazione 6 del 2003 (cfr. tav 3).

La novità della Raccomandazione 12 del 2012 rispetto al contenuto della Raccomandazione 6 del 2003 è rappresentata dai riferimenti alle altre categorie di PEP (domestic e international). Per questi, infatti, il GAFI ha previsto che i destinatari della disciplina AML/CFT non applichino automaticamente modalità rafforzate di adeguata verifica come invece per i foreign PEPs ma impone loro il solo obbligo di dotarsi di strumenti per comprendere se il cliente o il titolare effettivo sia o meno un PEP domestic o international: spiega, infatti, il GAFI che soltanto quando tale verifica abbia dato esito positivo, cioè sia stato effettivamente individuato taluno come PEP domestic o international e la relazione d’affari sia connotata da un higher risks, sorge l’obbligo ulteriore di adottare le cautele stabilite per i foreign PEPs. Tale orientamento espresso dal GAFI nella Raccomandazione 12 risulta coerente con uno dei principi trasfusi nelle Raccomandazioni del 2012, in particolare nella Raccomandazione 1[20]: quest’ultima prevede che gli Stati membri identifichino, valutino e comprendano i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo a cui sono esposti, distinguendo poi fra lower risks e higher risks. In relazione ai primi (lower risk), ai singoli Stati sono consentite delle deroghe/semplificazioni rispetto alle indicazioni contenute in alcune delle Raccomandazioni, mentre per i secondi (higher risk) il GAFI ha ritenuto necessario che fosse garantito sempre un regime di antiriciclaggio adeguato, che è sostanzialmente un eufemismo per concludere che nei casi di higher risks nessuna deroga è consentita rispetto al contenuto delle Raccomandazioni. Ne discende che, secondo le Raccomandazioni pubblicate nel 2012, solo i paesi che in sede di self assessment o di mutual evaluation risultavano particolarmente caratterizzati (higher risk) da fenomeni di corruzione, concussione o condotte sostanzialmente equivalenti avrebbero dovuto applicare anche ai PEP domestici o internazionali le cautele proprie dei foreign PEPs.

La stretta connessione fra la tematica del regime antiriciclaggio destinato ai PEP e il concreto livello di rischio del paese chiamato ad applicare tale regime emerge dalla Guidance pubblicata ad hoc dal GAFI a giugno 2013[21], nella quale più chiaramente che in altri luoghi vengono spiegate le ragioni che rendono opportuna una specifica disciplina antiriciclaggio per i PEP. La Guidance, infatti, sottolinea che la posizione dei PEP e la loro influence, intesa come capacità di condizionamento o di sortire effetti in un determinato contesto, sono giudicati dal GAFI fattori tali da poter essere utilizzati per il riciclaggio di proventi delittuosi, come quelli rivenienti dai reati di corruzione e concussione, oppure essere utilizzati per compiere operazioni finalizzate al finanziamento del terrorismo[22].

La Guidance – le cui indicazioni devono ora intendersi in parte superate dalla posizione assunta dall’Unione Europea in tema di PEP con la Direttiva 2015/849/UE- stabilisce che i foreign PEPs devono essere sempre considerati soggetti ad alto rischio e, pertanto, le misure di adeguata verifica nei loro confronti dovrebbero avere sempre forma rafforzata[23]. Al contrario, per i domestic/international PEPs la Guidance assai chiaramente indica come bussola per orientare le scelte in materia, i risultati del risk assessment: “if the risk assessment establishes that the business relationship with the domestic/international organisation PEP presents a normal or low risk, the financial institution and DNFBP is not required to apply enhanced due diligence measures”; invece, se la relazione d’affari presenta un higher risk devono essere adottate le stesse misure dettate per i PEP stranieri come indicato nella Raccomandazione 12[24]. In sostanza la Guidance chiede, in primo luogo, un’analisi del contesto in cui la relazione d’affari si svolge, cioè niente di più e niente di meno di quanto già previsto dal GAFI in tema di adeguata verifica: in particolare, nel paragrafo 15 della nota interpretativa alla Raccomandazione 10[25], si sottolinea come ci siano dei fattori (circumstances) che di per se comportano un innalzamento del rischio e che tali fattori possono essere ricondotti a tre grandi categorie:

  • customer risk factors;
  • country risk factors;
  • product, service, transaction or delivery channel risks (i rischi connaturati al prodotto, al servizio, alla transazione o alla modalità/canale di distribuzione).

Con specifico riferimento ai country risk factors la nota interpretativa formula “…examples of potentially higher-risk situations…” includendovi i casi in cui la relazione banca-cliente si svolga in un paese che, secondo fonti attendibili come rapporti di mutual evaluation, non disponga di un sistema AML/CFT adeguato; oppure in un paese destinatario di sanzioni, misure di embargo o similari imposte ad esempio dalla Nazioni Unite; o in un paese che da fonti attendibili risulti caratterizzato da significativi livelli di corruzione o di altre attività criminali[26]. Volendo esemplificare, si può affermare che, alla luce delle indicazioni della Guidance esiste poco margine per non considerare il domestic PEPs alla stessa stregua di un foreign PEPs in un paese dove – in base ai risultati del self assesment o alle conclusioni della mutual evaluation – fosse emerso che i fenomeni corruttivi rappresentavano uno dei rischi maggiori.

Inoltre, secondo la Guidance, che la relazione intrattenuta con domestic/international PEPs possa essere connotata da higher risk, può emergere oltre che dal National risk assessment anche da un assessment of the business relationship[27], cioè dalle caratteristiche proprie del singolo rapporto d’affari, a prescindere dalla rischiosità o meno del contesto. Tra l’altro il GAFI, con una logica lapalissiana, rammenta che una relazione d’affari con domestic/international PEPs originariamente caratterizzata da lower risk potrebbe nel tempo subire un’evoluzione verso livelli di higher risk divenendo in tal caso applicabili le misure rafforzate prescritte dalla Raccomandazione 12[28].

3. PEP nella IV Direttiva antiriciclaggio e nel Decreto di recepimento. Le ragioni dell’ampliamento del novero dei PEP nell’Ordinamento Italiano.

La Direttiva 2015/849/UE (c.d. IV Direttiva antiriciclaggio), approvata per allineare il quadro normativo europeo alle ultime Raccomandazioni del GAFI risulta orientata, almeno in materia di PEP, ad un approccio estensivo nei confronti di chi ricopra cariche pubbliche o, comunque, amministri beni pubblici. Nella Direttiva, infatti, viene meno la distinzione fra le diverse categorie di PEP che solo tre anni prima aveva caratterizzato gli orientamenti del GAFI, così finendo per includere a pieno titolo nella nozione di PEP anche quelli domestici e quelli internazionali.

Inoltre, la IV Direttiva antiriciclaggio ha adottato un approccio definitorio più articolato riguardo all’espressione prominent public function: un esempio è rappresentato dalla decisione di includere nell’ambito dei PEP non solo i Capi di Stato, Capi di governo, ministri e viceministri o sottosegretari e i parlamentari, ma anche i “membri di organi legislativi analoghi” (cfr. tav.2). Questi ultimi, nel testo del Decreto di recepimento n. 90 del 25 maggio 2017[29] sono stati individuati nei consiglieri regionali, una scelta pressoché obbligata dopo che la legge costituzionale n.3/2001 è intervenuta sul titolo V della Costituzione rafforzando i poteri legislativi delle regioni[30].

Meno coerente con la Direttiva la scelta del legislatore italiano di includere fra i PEP ulteriori categorie che, almeno all’apparenza, non trovano alcun riscontro in quelle delineate nel testo comunitario. La tavola che segue consente di apprezzare l’ampliamento della categoria dei PEP realizzata con il Decreto di recepimento.

L’inclusione fra i PEP, degli assessori regionali, dei sindaci dei capoluoghi di provincia o città metropolitane, dei comuni non capoluogo di provincia con un numero di abitanti non inferiore a quindicimila, dei direttori generali di ASL e di aziende ospedaliere anche universitarie e degli altri enti del servizio sanitario nazionale (cfr. D.lgs 231/2007, articolo 1, comma 2, lett. dd) è una previsione, per ora, tutta italiana, che mal si concilia con la definizione di PEP contenuta nel Glossario generale delle Raccomandazioni del 2012, dove viene precisato che la definizione di PEP non può essere estesa a soggetti che rispetto alle categorie delineate si trovino i una posizione di medio livello (cfr. tav. 1). Tali scelte hanno probabilmente risentito dei risultati dell’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (National risk assessment), condotta nel 2014 da un gruppo di lavoro composto dalle autorità partecipanti al Comitato di Sicurezza Finanziario (ministeri, supervisori, Unità di informazione finanziaria, Forze di polizia), per valutare l’esposizione ai rischi e l’efficacia dei presidi antiriciclaggio di banche, SIM, SGR, intermediari finanziari non bancari, Istituti di pagamento e IMEL, le cui conclusioni sono state compendiate in una Sintesi resa pubblica a dicembre 2014[31].

Quest’ultima, descrivendo un contesto nazionale nel quale la corruzioneè indicata come “…un fenomeno criminale di assoluta rilevanza”, sottolinea che gli episodi di corruzione, secondo non meglio precisate fonti istituzionali, sarebbero stimati in misura pari a 50/60 miliardi di euro sebbene gli stessi estensori della Sintesi abbiano precisato di ritenere tale stima “non sufficientemente attendibile”[32]. Sulla inattendibilità della quantificazione citata sono pressoché tutti d’accordo, basti leggere quanto già evidenziato nella Relazione al Parlamento presentata per l’anno 2010 dal Servizio Anticorruzione e Trasparenza del Ministero per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, che fa riferimento in relazione alla cifra di 60 miliardi di euro quale costo annuo della corruzione in Italiaa “grossolani errori nella quantificazione del fenomeno”, alla “fantasiosità del procedimento usato per calcolarla“, “al disinteresse per il fondamento scientifico” e a “un gioco al rialzo che ha avuto come unico esito quello di un maggiore spazio sui media”[33].

Sul tema si è pronunciato anche il Presidente dell’A.N.AC. – Autorità Nazionale Anticorruzione, che nel 2016 nella sua Relazione annuale ha affermato: “non si tenterà neanche di sfiorare la questione, da più parti sollevata, se la corruzione sia o meno in aumento e se la celebre stima di costo di 60 miliardi di euro sia realistica; si tratta, infatti, di interrogativi che, pur legittimi, non  trovano a oggi risposte affidabili, anche per la mancanza di dati scientificamente validati”[34].

Restano, comunque, dacomprendere le ragioni che hanno indotto a richiamare, nell’ambito del National risk assessment, dati forse sovrastimati e in ogni caso da tempo giudicati poco rigorosi con conseguenze affatto neutre, prima fra tutte, quella di aver contribuito a rafforzare nell’immaginario collettivo, anche internazionale[35], la percezione che in Italia i fenomeni corruttivi abbiano carattere così diffuso da risultare sistematici nei rapporti con la pubblica amministrazione al punto da rendere necessaria, come di fatto avvenuto, l’inclusione nel novero dei PEP anche di figure di medio livello.

Il documento che riassume l’attività di risk assessment elaborato nel 2014 sottolinea, inoltre, che “la percezione del fenomeno è comunque molto elevata e tale assunto è confermato anche dal significativo numero delle persone denunciate per corruzione in Italia, pur tenendo conto che si tratta di un reato soggetto a fenomeni di under reporting”[36]. In tal caso si fa riferimento alle fonti di informazioni generalmente utilizzate per cercare di misurare la dimensione dei fenomeni corruttivi e cioè:

  • gli indicatori di percezione ricavati dall’elaborazione di informazioni raccolte da gruppi più o meno ampi e variegati della popolazione;
  • le statistiche giudiziarie.

Riguardo al primo aspetto (indicatori di percezione), l’autore della Sintesi dopo aver citato una fonte definita “non sufficientemente attendibile” (quella che stima in 50/60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia) ha sostanzialmente cercato altrove più credibili strumenti di misurazione per corroborare le proprie conclusioni, reperendoli, in mancanza di statistiche robuste, nell’ambito della mera “percezione” dei fenomeni corruttivi. Negli ultimi anni si sono infatti moltiplicate le organizzazioni, anche di livello internazionale, che si sono occupate di effettuare surveys e di elaborarne i dati per costruire indicatori di percezione della corruzione per la individuazione della parte sommersa del fenomeno corruttivo, cioè quella che non viene colta mediante le statistiche giudiziarie.

Uno degli indicatori più frequentemente menzionati è il Corruption Perception Index (CPI), citato dalla stessa A.N.AC. nello studio pubblicato nel 2013 “Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia. Modalità di misurazione e prime evidenze empiriche”[37]. L’indicatore viene fornito da Transparency International[38] che descrive il CPI in tal modo: “L’indice di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International misura la percezione della corruzione nel settore pubblicoenella politica in numerosi Paesi di tutto il mondo. Lo fa basandosi sull’opinione di esperti e assegnando una valutazione che va da 0, per i Paesi ritenuti molto corrotti, a 100, per quelli “puliti”[39].

In molti – fra i più autorevoli l’A.N.AC. nel già citato “Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia…” – pur apprezzando l’utilità di tali indicatori ne hanno messo in luce i limiti. L’Autorità anticorruzione ha, ad esempio, ribadito come “le percezioni possono cambiare rapidamente senza alcun fondamento oggettivo a causa di scandali politici che condizionano la percezione ma che non riflettono necessariamente il livello reale di corruzione” e che “è possibile che alcuni intervistati non abbiano l’esperienza e le conoscenze necessarie…”[40]. Se da un lato A.N.AC. manifesta prudenza in merito all’utilizzo di tali indicatori, in altri casi si registra una certa facilità nell’accettarne la significatività. In particolare nel Mutual evaluation report sul sistema AML/CFT italiano pubblicato dal GAFI a febbraio 2016, l’affermazione “corruption in Italy is a significant problem, especially compared to other large high-income countries…”[41] è seguita dal riferimento ai risultati emersi dall’indagine Special Eurobarometer corruption 2013[42]: in base a tale survey il 97 per cento degli italiani intervistati riteneva che la corruzione fosse diffusa nel proprio paese, rispetto a una media europea del 76 per cento, salvo poi sottolineare che, quando agli intervistati italiani è stato chiesto di riferire in ordine a eventuali esperienze dirette in tema di corruzione il rapporto si è invertito in quanto solo il 2 per cento ha risposto di aver ricevuto (o di essersi aspettato di ricevere) la richiesta di pagare una tangente, rispetto a una media europea del 4 per cento.

Quanto alle statistiche giudiziarie, secondo un’analisi quantitativa effettuata da A.N.AC. su dati forniti dall’ISTAT circa le denunce e le condanne per corruzione e concussione, il fenomeno della corruzione nei sei anni dal 2006 al 2011 si sarebbe mantenuto in Italia sostanzialmente stabile, ad eccezione che nel 2009[43]. Tale stabilità, sempre secondo i dati ISTAT elaborati da A.N.AC. risulterebbe particolarmente evidente se si considerano le richieste del Pubblico ministero negli anni 2009, 2010 e 2011: in sostanza, se nel 2009 l’azione penale è stata avviata in 1.205 casi oggetto di denuncia, nel 2010 l’azione è stata avviata in 917 casi e nel 2011 in 749. Al contrario, sono cresciute le richieste di archiviazione da parte del Pubblico ministero da 611 nel 2009, a 614 nel 2010 e a 668 nel 2011. Per il reato di concussione i dati ISTAT evidenziano nel periodo considerato (2006 – 2011) un lieve aumento delle denunce ma anche, a partire dal 2009 una diminuzione delle richieste di avvio dell’azione penale[44] da parte del Pubblico ministero e un aumento delle richieste di archiviazione. Anche i dati relativi ai soggetti condannati con sentenza irrevocabile evidenziano negli anni un trend decrescente per i delitti di corruzione (cfr. tav.5) e sostanzialmente stabile per quelli di concussione (cfr. tav. 6).

Se da un lato, l’uso di tali dati per escludere che quello della corruzione rappresenti un fenomeno reale e preoccupante sarebbe fuorviante quanto, se non più delle fantasiose quantificazioni cui si è fatto riferimento[45], è opportuno chiedersi (è in fondo questo il compito del tecnico) quanto ampio sia, almeno con riferimento alla disciplina AML/CFT, il divario fra la percezione dei fenomeni corruttivi e la loro dimensione reale e, soprattutto, quali conseguenze possano derivare – in termini di appesantimento delle procedure interne di customer due diligence e di valutazioni in ordine alla sussistenza o meno del sospetto – da una eccessiva ampiezza di tale divario. In tale contesto va, pertanto, salutata positivamente la stipula, avvenuta il 26 marzo 2016, del “Protocollo d’intesa tra l’Istituto Nazionale di Statistica e l’ Autorità Nazionale Anticorruzione in materia di integrità, trasparenza e analisi del fenomeno della corruzione”[46] dal quale sono attese valutazioni meno emotive di quelle finora citate.

Il nuovo testo del Decreto antiriciclaggio, inoltre, in coerenza con la IV Direttiva e le indicazioni fornite dal GAFI[47], prevede l’estensione delle misure rafforzate per i PEPs anche ai familiari e alle persone con le quali i PEP intrattengono notoriamente stretti rapporti.

Quanto ai primi, il Decreto stabilisce (articolo 1 comma 2, lettere dd, numero 2) che “sono familiari di persone politicamente esposte: i genitori, il coniuge o la persona legata in unione civile o convivenza di fatto o istituti assimilabili alla persona politicamente esposta, i figli e i loro coniugi nonché le persone legate ai figli in unione civile o convivenza di fatto o istituti assimilabili”, realizzando una sostanziale semplificazione rispetto alla norma precedente secondo la quale rilevava il rapporto di convivenza con un PEP avvenuto nell’ultimo quinquennio (cfr. tav.7). La norma se presa alla lettera, induceva a considerare come PEP tutti coloro che nel quinquennio precedente alla instaurazione del rapporto continuativo o del compimento dell’operazione occasionale erano stati legati a un PEP (o al suo attuale coniuge) o al figlio di un PEP o addirittura al coniuge del figlio di un PEP da un rapporto di convivenza, anche quando tale rapporto fosse poi cessato. Nel nuovo testo del Decreto, invece, il riferimento a coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con un PEP è venuto meno e, pertanto, ai fini della inclusione nella categoria dei PEP rileverà la sussistenza del rapporto di coniugio, convivenza di fatto o rapporto similare al momento della instaurazione del rapporto continuativo o del compimento dell’operazione occasionale.

Quanto ai “soggetti con i quali le persone politicamente esposte intrattengono notoriamente stretti legami” (cc.dd. “close associates”)[48], il testo del Decreto novellato (articolo 1, comma 2, lettere dd, numero 3), all’apparenza, non contiene novità rispetto alle ipotesi già previste nell’Allegato tecnico ora abrogato. Una persona fisica dovrà essere considerata close associates e, quindi essere sottoposta a un regime antiriciclaggio analogo a quello dei soggetti che rivestono “prominent public functions, al realizzarsi una delle seguenti condizioni:

  • se congiuntamente a un PEP ha la titolarità effettiva di una entità giuridica (punto 3.1);
  • se con il PEP abbia uno stretto rapporto di affari(punto 3.1);
  • se ha il controllo totalitario di un’entità giuridica, ma tale controllo sia solo formale e l’entità è notoriamente costituita nell’interesse o a beneficio di un PEP.

La categoria del close associates solo apparentemente si presenta coincidente con quella delineata nel Decreto prima del recepimento delle IV Direttiva antiriciclaggio, ma in realtà questa categoria subisce un ampliamento: mentre, infatti, nel testo ante recepimento la qualifica di close associates poteva scaturire solo dai rapporti con i soggetti che ricoprivano importanti cariche pubbliche (cioè i soggetti elencati al comma 1 dell’articolo 1 dell’Allegato tecnico) e rimaneva ininfluente il rapporto con il familiare del PEP, secondo il testo novellato la natura di close associates potrà discendere anche dal rapporto con un “family member” (cfr. tav.7). A titolo di esempio, mentre prima della recente modifica del Decreto chi intratteneva un rapporto d’affari definibile “stretto” con il familiare di un PEP non necessariamente doveva essere sottoposto a adeguata verifica rafforzata, ora, per effetto delle modifiche introdotte il medesimo soggetto sarebbe inevitabilmente da ascrivere fra i PEP, con un potenziale effetto a cascata che non potrà che sovraccaricare di adempimenti i destinatari della disciplina antiriciclaggio con conseguenze anche in termini di aumento dei costi per la clientela. Quest’ultimo aspetto emerge, tra l’altro proprio dalla Guidance pubblicata dal GAFI in tema di PEP a giugno 2013 laddove si indicano le possibili fonti per individuare le persone politicamente esposte, i loro familiari e stretti collaboratori. La Guidance nel riferire dell’esistenza di databases forniti da operatori specializzati nel trattamento di tale genere di informazioni, dapprima precisa che l’utilizzo di tali banche dati non può da solo considerarsi esaustivo degli adempimenti imposti dalla Raccomandazione 12, e successivamente rileva che i costi per l’accesso a tali basi dati potrebbero essere molto elevati, costi che necessariamente finirebbero per essere traslati sul cliente con un aumento generalizzato dell’onerosità dei servizi offerti[49].

4. Gli adempimenti in materia di PEP: le norme del “nuovo” Decreto antiriciclaggio e le indicazioni della Guidance del GAFI.

Il “nuovo” Decreto antiriciclaggio emendato per effetto del recepimento della Direttiva 2015/849/UE detta la disciplina del processo di adeguata verifica cui devono essere sottoposte le persone politicamente esposte agli articoli 24 e 25 (cfr. tav. 8). Resta confermato l’impianto generale già delineato in precedenza (adozione di procedure per determinare se un cliente sia persona politicamente esposta, valutazione dell’origine del patrimonio e dei fondi, controllo costante[50] e rafforzato), come viene altresì confermata la regola di carattere generale secondo cui colui che abbia cessato di rivestire cariche pubbliche da almeno un anno non dovrà più essere considerato PEP[51].

Nel ribadire che l’instaurazione e prosecuzione di un rapporto continuativo con un PEP dovrà essere sottoposta ad autorizzazione (articolo 25, c. 4, lett. a), il Decreto antiriciclaggio non fa più richiamo alla figura del Direttore generale o “di suo incaricato ovvero di un soggetto che svolge una funzione equivalente” ma più genericamente a “soggetti titolari di poteri di amministrazione o direzione ovvero di loro delegati o, comunque, di soggetti che svolgono una funzione equivalente”. In ogni caso si tratterà di verificare, con riferimento alla possibilità che il potere autorizzativo possa essere delegato, se la Banca d’Italia confermerà le indicazioni già fornite al riguardo nel Provvedimento del 3 aprile 2013 in cui viene spiegato assai chiaramente che, comunque, le figure coinvolte nell’iter autorizzativo devono essere di livello elevato, con l’esclusione della possibilità di delegare soggetti che, comunque denominati, si collochino in posizioni intermedie[52]. Come, infatti, spiega il GAFI nella Guidance emanata ad hoc sui PEP, l’intervento del senior management è finalizzato a garantire che i livelli di gestione più elevati siano consapevoli dell’esistenza di rapporti con i PEP e che in nessun caso vengano avviati rapporti con persone politicamente esposte in assenza di controlli adeguati: in sostanza l’autorizzazione del senior management non avrebbe le caratteristiche di mera formalità ma varrebbe a certificare sostanzialmente la qualità dei controlli effettuati; per questo, soggiunge il GAFI, il senior management deve avere una conoscenza approfondita delle procedure interne di controllo ai fini AML/CFT e del profilo di rischio del cliente PEP[53].

Tra l’altro la necessità di un’autorizzazione del senior management non esclude che del processo decisionale facciano parte strutture collegiali (monitoring committees) che si occupino di seguire le relazioni con i PEP, sia nella fase di instaurazione che nel loro svolgimento e di cui dovrebbero far parte il responsabile della funzione ALM/CFT, il responsabile della compliance e elementi del servizio clienti[54]. In tale contesto la predisposizione di procedure informatiche bloccanti, cioè che impediscano che il rapporto possa operare in assenza di una firma digitale apposta dal soggetto delegato potrebbero assicurare il pieno rispetto della norma e la tracciabilità dell’iter autorizzativo.

Inoltre, mentre il testo del decreto ante recepimento si limitava a chiedere (all’articolo 28 comma 5, lett. b) l’autorizzazione del direttore generale nel solo caso di instaurazione del rapporto continuativo e non anche nelle ipotesi di operazioni occasionali, d’ora in poi dovranno essere sottoposte ad autorizzazione da parte del vertice aziendale anche tali operazioni. Più dettagliate indicazioni sugli adempimenti che devono essere svolti in concreto nell’ambito di una relazione con una persona politicamente esposta possono essere desunte dalla nota interpretativa alla Raccomandazione 10 e dalla Guidance pubblicata ad hoc dal GAFI nel 2013. Più precisamente, il paragrafo 20 della nota interpretativa della Raccomandazione 10 è dedicato all’adeguata verifica rafforzata e descrive “examples of enhanced CDD measures that could be applied for higher-risk business relationships (…)”[55]. In particolare, si fa riferimento alla necessità di ampliare il patrimonio conoscitivo acquisendo informazioni aggiuntive[56] rispetto a quanto avverrebbe nell’ambito di una adeguata verifica ordinaria, anche facendo ricorso a banche dati pubbliche e a Internet nonché all’aumento della frequenza dei controlli.

Quanto alla Guidance, proviamo a riassumerne gli spunti di maggior rilievo almeno ad una prima lettura.

I. Una delle modalità per l’avvio del processo di adeguata verifica è rappresentato dalla compilazione da parte del cliente di un questionario che fra le diverse domande riporta quella relativa alla sussistenza o meno dello status di PEP. A parere del GAFI sebbene tali self-declaration by a customer of their PEP status siano utili in quanto agevolano l’esercizio di eventuali azioni giudiziarie contro quei PEP che hanno scelto di non farsi identificare come tali fornendo dichiarazioni mendaci, i destinatari degli obblighi antiriciclaggio non possono fare affidamento esclusivo su di esse perché un simile modus operandi finirebbe per spostare l’obbligo di individuazione del PEP dalla istituzione finanziaria al proprio cliente. Per di più molti clienti non sono dotati di una preparazione adeguata per determinare se siano o meno persone politicamente esposte, né questo livello di conoscenza viene loro richiesto: pertanto grava sulle banche e sugli altri destinatari degli obblighi raccogliere tutte le informazioni utili a profilare il cliente come PEP. Per fare tutto ciò – ribadisce il GAFI – è necessario un personale ben addestrato e un’efficace sistema di raccolta di informazioni[57].

II. In materia di PEP il tema della “formazione” rappresenta una costante. La Guidance richiama esplicitamente la nota interpretativa della Raccomandazione 18 secondo cui le politiche di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo devono includere programmi di formazione costante dei dipendenti. Questi programmi di formazione devono trattare, anche attraverso la disamina di casi concreti, le modalità per determinare se il cliente sia o meno una persona politicamente esposta[58].

III. Uno degli obblighi (forse il principale) che deriva dall’avere come cliente un PEP consiste nell’applicare (il testo del Decreto antiriciclaggio ante recepimento utilizzava il verbo “adottare”) “misure adeguate per stabilire l’origine del patrimonio e dei fondi impiegati nel rapporto continuativo o nell’operazione”[59]. Solo tenendo presente, come rimarcato dalla Guidance che “Wealth and funds are two different concepts”[60] si potrà adempiere correttamente all’obbligo di adeguata verifica nei confronti di un PEP: non solo, infatti, dovranno essere acquisite informazioni sui fondi utilizzati nello svolgimento della relazione d’affari ma la raccolta delle informazioni dovrà estendersi a contesti, all’apparenza, estranei a tale relazione. L’adeguata verifica di un PEP dovrà, infatti, comprendere lo screening dell’intero patrimonio del PEP quanto a volume e origine, in modo da rendere possibile una valutazione di coerenza delle operazioni poste di volta in volta in essere[61] e le successive decisioni in merito al mantenimento della relazione, alla sua eventuale interruzione, nonché all’eventuale inoltro di una segnalazione di operazioni sospette. Le aree oggetto di analisi in tale contesto sono sostanzialmente quattro: 1) i redditi correnti del PEP; 2) le consistenze patrimoniali e i fondi che provengono da posizioni precedentemente occupate; 3) le attività di impresa; 4) i beni di famiglia[62].

IV. L’individuazione dei fattori da analizzare non risolve tuttavia il problema delle fonti cui attingere le informazioni sull’origine di patrimonio e dei fondi riferibili ad un PEP. La Guidance riconoscendo le difficoltà degli operatori fornisce al riguardo alcune indicazioni. In primo luogo non v’è dubbio che una volta individuato il novero dei PEP risulta utile disporre di un sistema di “asset disclosure”[63]. Tale sistema in Italia poggia su due distinti atti normativi: la Legge n. 441 del 5 luglio 1982 e il Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33. Per quanto riguarda la Legge n. 441 del 5 luglio 1982, recante “Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti“, l’articolo 2 stabilisce che entro tre mesi dalla proclamazione i Parlamentari sono tenuti, tra l’altro, a depositare presso l’ufficio di presidenza della Camera di appartenenza: 1) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri; le azioni di società; le quote di partecipazione a società’; l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società; 2) copia dell’ultima dichiarazione dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Inoltre il successivo articolo 3 prevede che ogni anno, entro un mese dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, i Parlamentari presentino un’attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute nell’anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi annuale. I dati relativi alle dichiarazioni sono riportati, ai sensi dell’articolo 9 in un apposito bollettino pubblicato a cura dell’ufficio di presidenza della Camera di appartenenza.

Il bollettino è tuttavia cartaceo e i cittadini elettori, se ne volessero prendere visione, dovrebbero farlo presso gli uffici della Camera o del Senato. A tale inconveniente ha, tuttavia, supplito il decreto legge 28 dicembre 2013, n. 149 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13) prevedendo (articolo 5, comma 2) che i dati relativi alla situazione reddituale e patrimoniale dei titolari di cariche di Governo e dei parlamentari nonché dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia vengano annualmente pubblicati in un’apposita sezione del portale internet ufficiale del Parlamento italiano.

Inoltre, le disposizioni della legge n. 441/1982 sono state implementate nel 2013[64] con la previsione che tali adempimenti debbano concernere anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato, nonché dei figli e dei parenti entro il secondo grado di parentela, se gli stessi vi consentono. La stessa cosa è prevista per il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari, i consiglieri regionali e i componenti della giunta regionale, i consiglieri provinciali e ai componenti della giunta provinciale, i consiglieri di comuni capoluogo di provincia e per i membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia[65].

Per quanto riguarda il secondo atto normativo su cui poggia il sistema, il Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, recentemente[66] modificato, ha inteso realizzare un sistema analogo a quello del Freedom of information act statunitense (c.d. Foia)[67].

A titolo di esempio, l’articolo 14 del decreto n. 33/2013 prevede che per i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e per i titolari di incarichi dirigenziali a livello statale,regionale e locale, lo Stato, le regioni e gli enti locali pubblichino una serie di documenti e informazioni, come ad esempio i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica e gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici.

Il successivo articolo 15 prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino e aggiornino una serie di informazioni in ordine ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza, fra i quali, oltre agli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione. L’articolo 15 bis prevede, altresì, obblighi di pubblicazione concernenti incarichi di collaborazione, di consulenza o di incarichi professionali conferiti dalle società sottoposte a controllo pubblico: vanno pubblicati, entro trenta giorni dal conferimento, ad esempio, i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, nonché agli incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali; il tipo di procedura seguita per la selezione del contraente e il numero di partecipanti alla procedura.

V.  Dopo aver ribadito che “foreign PEPs are always considered high risk, which means that enhanced ongoing monitoring of the business relationship is always required, as is the case for higher risk domestic/international organisation PEPs”[68], la Guidance fornisce l’elenco di una serie di fattori di cui tener conto per definire il livello di rischio dei domestic/international organisation PEPs. Tale elenco ha oggi un’utilità relativa dato che il legislatore italiano, conformemente alle indicazioni della Direttiva 2015/849 ha sostanzialmente omologato tutte le categorie di PEP prescrivendo per tutti una customer due diligence enhanced a prescindere dalla presenza di higher risk o lower risk. Tuttavia, la Guidance fornisce ugualmente spunti utili. Ad esempio, dovrebbero essere valutati i seguenti fattori:

  • presenza in capo al PEP di business interests legati alle funzioni pubbliche attribuitegli, cioè situazioni di conflitto di interessi;
  • coinvolgimento del PEP nello svolgimento di appalti pubblici, specie quando occupi una posizione tale da poter incidere su più punti chiave del procedimento;
  • appartenenza del PEP ad un paese caratterizzato da carenze strategiche del sistema AML/CFT o caratterizzato da un elevato livello di corruzione;
  • attribuzione al PEP di rilevanti competenze in settori notoriamente esposti a fenomeni corruttivi come quello petrolifero e del gas, l’estrazione mineraria, la costruzione, le risorse naturali, le industrie della difesa, gli sport, i giochi e i giochi d’azzardo.[69]

VI. La Guidance elenca in appendice anche una serie di red flags/indicators per l’individuazione di situazioni connotate da anomalia in cui possono essere coinvolti PEP. Ad esempio:

  • comportamenti che sembrano meramente funzionali a schermare l’identità del PEP come nel caso di utilizzo di familiari stretti come formali intestatari (legal owner) o di strutture societarie senza valide ragioni di business;
  • comportamenti che determinano l’insorgere di un sospetto, come nel caso di richieste rivolte dal PEP circa la policy antiriciclaggio della banca, la reticenza nel fornire informazioni patrimoniali, il disallineamento fra le informazioni fornite e quelle disponibili da fonti pubbliche in ordine all’ammontare degli stipendi e alla consistenza degli attivi, i ricorrenti trasferimenti di fondi da e verso paesi con i quali il PEP non sembra avere rapporti
  • comportamenti sospetti in relazione alla posizione occupata dal PEP come nel caso in cui abbia la possibilità di intervenire sui processi diretti a individuare e impedire episodi di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, o abbia accesso a conti pubblici, oppure cerchi di sminuire l’importanza delle propria funzione

VII. Non mancano nella Guidance raccomandazioni per le Autorità di vigilanza che dovrebbero prestare la massima attenzione per i casi in cui una istituzione finanziaria sia riconducibile a un PEP: secondo il GAFI, infatti, si sono verificati in passato casi di PEP corrotti che hanno acquisito il controllo di una istituzione finanziaria e l’hanno utilizzata per finalità corruttive e di riciclaggio[70].

5. Considerazioni conclusive.

Ancora qualche considerazione solo per manifestare alcune impressioni di sintesi, senza tuttavia la pretesa di giungere a giudizi definitivi sugli orientamenti del legislatore italiano. La scelta di quest’ultimo di ampliare il novero dei PEP fa pensare a quanto sia difficile conciliare tale prospettiva con le indicazioni del GAFI in ordine a eventuali condotte improntate al pregiudizio in tema di PEP: si legge infatti nell’introduzione della Guidance pubblicata dall’organismo internazionale a giugno 2013 che le regole dettate in tema di PEP “…sono di natura preventiva (non criminale) e non devono essere interpretate come finalizzate a stigmatizzare le persone politicamente esposte come coinvolte in attività criminali. Rifiutare un rapporto d’affari con un PEP basandosi semplicemente sul fatto che il cliente è un PEP è contrario alla lettera e allo spirito della Raccomandazione 12” (Trad. dell’A.)[71].

Che uno dei rischi potesse essere una sostanziale discriminazione di tali soggetti, fino a giungere se non alla loro criminalizzazione, quanto meno ad atteggiamenti informati al facile e non ponderato sospetto e al conseguente inoltro di segnalazioni di operazioni sospette meramente tuzioristiche, era cosa già avvertita in sede di redazione della “United Nations Convention against Corruption” di ottobre 2003: si legge, infatti, all’articolo 52 della Convention che il controllo rafforzato sulle relazioni con le persone politicamente esposte “…deve essere ragionevolmente realizzato per individuare le transazioni sospette ai fini della segnalazione alle autorità competenti e non deve essere interpretato in modo da scoraggiare o vietare alle istituzioni finanziarie di fare affari con un cliente legittimo” (Trad. dell’A.).

In tema di ampliamento della nozione di PEP, se è vero che il glossario generale delle Raccomandazioni contiene solo alcuni esempi di ciò che dovrebbe intendersi come una funzione pubblica prominent cioè di primo piano e che quindi l’elenco non è esaustivo proprio per lasciare spazio al legislatore nazionale è altresì vero che nella visione del GAFI la caratteristica prominent dipende da fattori quantitativi (ad esempio numero di abitanti e ammontare del budget gestito), dall’assetto di governo e dall’assetto organizzativo, dai poteri e dalle responsabilità connesse alla funzione pubblica[72].

Sarà, comunque, l’applicazione concreta, con l’eventuale proliferazione delle segnalazioni di operazioni sospette riguardanti i PEP, la dimostrazione dell’efficacia, o meno, delle scelte adottate: sempre che tali segnalazioni non si traducano in una mera trasmissione di informazioni dalla Uif agli organi investigativi ma diano la stura a indagini fruttuose e al recupero di provvista di origine illecita che possa giustificare, quantomeno in parte, impegni e oneri sostenuti dai destinatari della normativa.

 


[1] Di tale documento esiste anche la versione ufficiale italiana intitolata “Dovere di diligenza delle banche

nell’identificazione della clientela” disponibile sul sito del “Comitato” all’indirizzo http://www.bis.org/publ/bcbs85.htm.

[2] In tal senso Customer due diligence for Banks. Final document, Basel Committe on Banking Supervision, October 2001, p. 4.

[3] Customer due diligence for Banks., cit., Basel Committe on Banking Supervision, October 2001, p. 8.

[4] Le Raccomandazioni del GAFI nella loro veste originaria sono state pubblicate nel 1990 e poi riformate una prima volta nel 1996.

[5] “…to individuals who hold prominent public functions in their own country”, FATF- GAFI, The Forthy Recommendations, June 2003, p. 4 delle Interpretative notes. Le Raccomandazioni del GAFI del 2003 sono consultabili in Internet all’indirizzo http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/recommendations/pdfs/FATF%20Recommendations%202003.pdf

[6] Cfr. in particolare Considerando 25,  Direttiva 2005/60/CE.

[7] La finalità perseguita dalla Direttiva era proprio quella di un allineamento alle Raccomandazioni riviste dal GAFI nel 2003. Cfr. Considerando 5: “In particolare, la Comunità dovrebbe continuare a tenere conto delle raccomandazioni del gruppo d’azione finanziaria internazionale (in seguito denominato «GAFI»), che è il principale organismo internazionale per la lotta contro il riciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo. Dato che le raccomandazioni del GAFI sono state notevolmente riviste e ampliate nel 2003, occorrerebbe allineare la presente direttiva a tali nuovi standard internazionali”.

[8] Cfr. articolo 13, comma 4, Direttiva 2005/60/CE: “Per quanto riguarda le operazioni o i rapporti d’affari con persone politicamente esposte residenti in un altro Stato membro o in un paese terzo, gli Stati membri impongono agli enti e alle persone soggetti alla presente direttiva….”.

[9] Questa definizione più articolata della nozione di PEP, come chiarisce il GAFI nella specifica Guidance sui PEP del 2013, è più rispondente agli orientamenti contenuti nell’articolo 52 della United Nations Convention against Corruption (UNCAC) adottata il 31 ottobre 2003 con la risoluzione 58/4: “Article 52 of the UNCAC defines PEPs as individuals who are, or have been, entrusted with prominent public functions and their family members and close associates, and includes both domestic and foreign PEPs.”, FATF Guidance, politically exposed persons (recommendations 12 and 22), June 2013, Chapter I,Introduction, paragraph 3, p. 3. Il testo della Convenzione UNCAC è consultabile all’indirizzo https://www.unodc.org/documents/treaties/UNCAC/Publications/Convention/08-50026_E.pdf.

[10] “(…)for example Heads of State or of government, senior politicians, senior government, judicial or military officials, senior executives of state owned corporations, important political party officials” .

[11] “The requirements for all types of PEP should also apply to family members or close associates of such PEPs”, International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, February 2012, Recommendation 12. Politically exposed persons, p. 16.

[12] International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, cit., General glossary, p. 123.

[13] Tale considerazione, non di secondaria importanza, è un sintomo della volontà del GAFI di contenere l’ampiezza della categoria dei PEPs, volontà che emerge anche in altre occasioni: per tutte, oltre il Glossario generale delle Raccomandazioni del 2012, anche la Guidance pubblicata in argomento a giugno 2013, dove in sede di definizione del concetto di PEPs si ribadisce che questo ”do not cover middle ranking or more junior individuals(…)”. FATF Guidance, cit., Chapter II Definitions, p. 4.

[14] La Raccomandazione 12 si rivolge esclusivamente alle Financial institutions. Tuttavia, le indicazioni in essa contenute trovano applicazione, quanto ai profili di customer due diligence, anche nei confronti dei soggetti individuati dal GAFI come Designated nonfinancial businesses and professions (DNFBPs) in virtù del richiamo esplicito che la Raccomandazione 22, a questi dedicata, opera anche alle indicazioni della Raccomandazione 12.

[15] Per completezza, le altre Raccomandazioni che rientrano in tale gruppo sono la 13 (Correspondent banking), la 14 (Money or value transfer services), la 15 (New technologies) e la 16 (Wire transfers).

[16] Le ragioni di principio, cioè la rilevanza della natura di PEP sia per il cliente che per il titolare effettivo vengono spiegate più precisamente nella Guidance pubblicata dal GAFI a giugno 2013: “Esiste il rischio che PEP corrotti possano eludere i presidi AML/CFT e anticorruzione accendendo rapporti, stabilendo relazioni commerciali o effettuando transazioni tramite legal entities o legal arrangements. Alcuni episodi hanno provato che i PEP corrotti spesso utilizzano legal entities di cui sono titolari effettivi per prendere le distanze dalle transazioni e per accedere al sistema finanziario conservando l’anonimato. Ad esempio avvocati, agenti immobiliari e escrow agents, lobbisti, banchieri sono noti per accedere al sistema finanziario nell’interesse di PEP per nascondere chi controlla gli assets”. Trad. dell’ A. FATF Guidance, cit., Chapter III, The relationship between recommendations 10 (customer due diligence) and recommendation 12, and the specific requirements for PEPS, paragraph 32, p. 9.

[17] Nell’ambito delle Raccomandazioni il GAFI ricorre frequentemente ad espressioni come “…countries should implement”, “…should have…” o “…should be…”, con riferimento alle quali comunque si precisa che, ai fini della valutazione di conformità alle Raccomandazioni, il termine “should” ha lo stesso significato di “must” (è fatto obbligo). International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, cit., General glossary, p. 124

[18] “The term funds refers to assets of every kind, whether corporeal or incorporeal, tangible or intangible, movable or immovable, however acquired, and legal documents or instruments in any form, including electronic or digital, evidencing title to, or interest in, such assets”.International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, cit., General glossary, p. 121. “Il termine fondi comprende beni di ogni tipo, sia materiali che immateriali, tangibili o intangibili, mobili o immobili, comunque acquisiti, e titoli o (altri) strumenti giuridici in qualsiasi forma, inclusi quelli in formato elettronico o digitale, che attestino la sussistenza di un diritto (title) su tali beni” Trad. dell’A. Comunque, come preciserà il GAFI nella Guidance pubblicata ad hoc a giugno 2013 “Wealth and funds are two different concepts”. FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 86, p. 20. Cfr. infra, paragrafo 4.

[19] “The term Reasonable Measures means: appropriate measures which are commensurate with the money laundering or terrorist financing risks”. International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation,The FATF Recommendations, cit., General glossary, p. 123.

[20] Assessing risks and applying a risk-based approach, International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, cit, p. 11.

[21] Consultabile all’indirizzo http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/recommendations/Guidance-PEP-Rec12-22.pdf

[22] FATF Guidance, cit., June 2013, Chapter I, paragraph 1, p. 3.

[23] “Foreign PEPs are always considered high risk and require the application of enhanced due diligence measures, as for all higher risk customers as described in Recommendation 10”. FATF Guidance, cit., Chapter III,  The relationship between recommendations 10 (customer due diligence) and recommendation 12, and the specific requirements for PEPS, paragraph 23, p. 7.

[24] FATF Guidance, politically exposed persons (recommendations 12 and 22), June 2013, Chapter III,  The relationship between recommendations 10 (customer due diligence) and recommendation 12, and the specific requirements for PEPS, paragraph 27, p. 8.

[25] La Guidance (cfr. paragraph 26, p. 8) ripete esattamente il contenuto del paragrafo 15 della nota interpretativa della Raccomandazione 10: rappresenta una costante delle guide del GAFI ripetere concetti già elaborati in precedenti documenti con una tecnica sostanzialmente finalizzata to pad the report out.

[26] The FATF Recommendations, cit.,  Interpretive note to Recommendation 10, paragraph 15, p. 63.

[27] FATF Guidance, cit., Chapter III,  The relationship between recommendations 10 (customer due diligence) and recommendation 12, and the specific requirements for PEPS, paragraph 26, p. 8.

[28] FATF Guidance, cit., June 2013, Chapter III,  The relationship between recommendations 10 (customer due diligence) and recommendation 12, and the specific requirements for PEPS, paragraph 31, p. 9.

[29] In GU n. 140 del 19 giugno 2017. Il decreto è stato adottato dal Governo in base alla delega conferitagli con la Legge 12 agosto 2016 n. 170, “ Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015.” in GU n.204 del 1° settembre 2016.

[30] “Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione” Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 121, c. 2.

[31] Il documento che contiene la sintesi del National Risk Assessment effettuato dall’Italia è consultabile da dicembre 2014 sul sito internet del MEF http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/news/news/Sintesi_NRA_divulgabile_a_soggetti_obbligati_2_dicembre_2014.pdf

[32] Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo – 2014, Capitolo 2 “Sintesi dei principali esiti dell’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo”, paragrafo 2.2.1 “Analisi delle condotte che producono proventi da riciclare”, p. 12.

[33] Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT) Anno 2010, Relazione al Parlamento, Parte III, la mappatura della corruzione e la sua percezione, alcune riflessioni in tema di dimensione quantitativa del fenomeno, p.75.

Tale argomento è stato da ultimo oggetto di un saggio redatto da Luca Ricolfi e Caterina Guidoni, dal titolo “La corruzione ci costa 60 miliardi l’anno”, contenuto ne “Il pregiudizio Universale. Un catalogo d’autore di pregiudizi e luoghi comuni”, Editori Laterza, 2016.

[34] Autorità Nazionale Anticorruzione, Intervento del Presidente Raffaele Cantone, Roma, Senato della Repubblica, 14 luglio 2016.

[35] Va infatti tenuto presente che secondo la metodologia del GAFI il punto di partenza delle attività di mutual assessment è l’autovalutazione effettuata da ciascun paese. “Assessors should use the country’s own assessment(s) of its risks as an initial basis for understanding the risks, but should not uncritically accept a country’s risk assessment as correct, and need not follow all its conclusions”, Methodology for assessing technical compliance with the FATF Recommendations and the effectiveness of AML/CTF systems, Introduction, paragraph 7, p. 6. Infatti il GAFI nel Mutual evaluation report Italia pubblicato a febbraio 2016 rileva con riferimento alla corruzione che “…estimates of its costs and the amount of proceeds that it generates vary widely… making corruption one of the most pressing issues in Italy”, Anti-money laundering and counter-terrorist financing measures Italy, Mutual Evaluation Report, Chapter 1. ML/TF Risk and context, Background and other Contextual Factors  paragraph 58, p.19.

[36] Analisi nazionale, cit, Capitolo 2 “Sintesi dei principali esiti dell’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo”, paragrafo 2.2.1, “Analisi delle condotte che producono proventi da riciclare”, p. 12.

[37] Consultabile all’indirizzo Internet http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/Pubblicazioni/RapportiStudi.

[38] Transparency International è un’organizzazione non governativa che si definisce “…la più grande organizzazione a livello globale che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione. Fondata nel 1993, con sede a Berlino, è diffusa in oltre 100 Paesi del mondo. La sua missione è dare voce alle vittime e ai testimoni di corruzione e collabora con Governi, aziende e con i cittadini per mettere un freno alla piaga della corruzione” cfr. https://www.transparency.it/visione-missione-valori/

[39] Tale definizione si trova in https://www.transparency.it/indice-percezione-corruzione/

La ventiduesima edizione dell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI 2016) ha collocato l’Italia al 60° posto nel mondo in coda ai paesi europei, seguita solo da Grecia e Bulgaria. Il voto assegnato all’Italia è di 47 su 100, in miglioramento di tre punti sulla rilevazione precedente.

[40] “Corruzione sommersa e corruzione emersa in Italia. Modalità di misurazione e prime evidenze empiriche”, A.N.AC. Autorità Nazionale Anticorruzione, dicembre 2013, tabella 1, limiti delle indagini basate sulla percezione e possibili soluzioni, p. 10.

[41] Anti-money laundering and counter-terrorist, cit., Chapter 1. ML/TF Risk and context, Background and other Contextual Factors  paragraph 58, p. 19.

[42] Si tratta di un’indagine condotta nel 2013 dal consorzio TNS Opinion & social su richiesta della Commissione europea, Direzione degli affari interni. I risultati sono stati pubblicati a febbraio 2014. La relazione è consultabile all’indirizzo Internet http://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion/archives/ebs/ebs_397_en.pdf

[43] In tal senso “Corruzione sommersa e corruzione emersa, cit., p.15.

[44] Concussione, numero di casi di avvio dell’azione penale: anno 2009, 529; anno 2010, 501; anno 2011, 437. Elaborazioni A.N.AC. su dati ISTAT.

[45] Il professor Alberto Vannucci ha in proposito fatto riferimento a una certa tendenza a minimizzare l’estensione dei fenomeni corruttivi utilizzando l’espressione “sprezzante negazionismo”. La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, in La legge anticorruzione, AA.VV. a cura di Bernardo Giorgio Mattarella e Marco Pelissero, Torino, 2013.

[46] Il protocollo è disponibile anche sul sito dell’ISTAT all’indirizzo http://www.istat.it/it/files/2016/03/Protocollo-dIntesa-ANAC-ISTAT.pdf.

[47] Il GAFI che nella Raccomandazione 12 utilizza semplicemente l’espressione “family members” ha spiegato nella Guidance del 2013 che tale concetto va circoscritto ai consanguinei del PEP o a coloro che sono legati al PEP da matrimonio o da altre analoghe forme di unione. In ogni caso la relazione rileva solo se unisce “directly” il soggetto al PEP. FATF Guidance, cit., June 2013, Chapter II, Definitions, paragraph 11, p. 5.

[48] Per “close associates” a parere del GAFIdevono intendersi persone strettamente connesse a un PEP in ragione di rapporti professionali o sociali. “Close associates are individuals who are closely connected to a PEP, either socially or professionally”.FATF Guidance, cit., June 2013, Chapter II Definitions, paragraph 11, p. 5.

[49] “Financial institutions, DNFBPs and competent authorities can acquire access to such databases–although the subscription costs may be (too) high for many institutions. As well, the costs of such systems are necessarily passed on to the clients, which will ultimately increase the cost of accessing financial services”, FATF Guidance, cit., Chapter V, Guidance on the use of sources of information for the determination of PEPs, their family members & close associates, paragraph 61, p. 15.

[50] Nella precedente versione si faceva riferimento a un “controllo continuo”.

[51] Tale indicazione era contenuta nell’articolo 1 (comma 4) dell’Allegato tecnico: “Senza pregiudizio dell’applicazione, in funzione del rischio, di obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela, quando una persona ha cessato di occupare importanti cariche pubbliche da un periodo di almeno un anno i soggetti destinatari del presente decreto non sono tenuti a considerare tale persona come politicamente esposta”.

Il Provvedimento della Banca d’Italia emanato il 3 aprile 2013 specifica che “I soggetti cui è demandata l’autorizzazione all’instaurazione dei rapporti decidono in merito all’eventuale successiva perdita dello statusdi persona politicamente esposta e alla conseguente applicazione di misure ordinarie di adeguata verifica”. In sostanza la perdita della natura di PEP non deve determinare automaticamente l’applicazione di misure ordinarie ma andrà valutata l’eventuale permanenza di ragioni che impongono misure rafforzate. Cfr. Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, Parte quarta, Obblighi rafforzati di adeguata verifica, Sezione III. Persone politicamente esposte (PEPs) e persone residenti nel territorio nazionale che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche, p. 26.

[52] “L’avvio o la prosecuzione del rapporto continuativo sono autorizzati dal Direttore generale ovvero da una persona che svolga una funzione equivalente ovvero da persona appartenente all’alta direzione a ciò delegata (ad es. Direttore centrale preposto alla linea di business cui appartiene il prodotto o servizio bancario richiesto)”. Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231. Parte quarta: obblighi rafforzati di adeguata verifica, Sezione III, Persone politicamente esposte (PEPs) e persone residenti nel territorio nazionale che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche, p. 26.

[53] “(…)the objective is to ensure that more senior levels of management are aware of relationships with PEPs and that financial institutions and DNFBPs do not in any circumstance undertake business relationships with them in the absence of adequate controls. To make this assessment, the senior management person(s) involved will need to have a deep knowledge of the institution’s AML/CFT programmes (i.e., the internal control programmes), and a strong understanding of the potential or existing customer’s ML/TF risk profile”, FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 82, p. 19.

[54] “Appropriate arrangements for senior management approval can include having monitoring committees in place – or comparable decision making structures – that review high risk PEP customer and business relationships (both at the customer intake or acceptance stage as well as on an on-going basis). These structures should normally include the AML/CFT head, compliance officers and customer service representatives”. FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 83, p. 19.

[55] Interpretive note to Recommendation 10, paragraph 20, International standards on combating money laundering and the financing of terrorism & proliferation, The FATF Recommendations, cit., p. 65.

[56] Alcuni operatori, al momento dell’adeguata verifica, censiscono nella loro procedura anagrafica i dati identificativi dei componenti del nucleo familiare del soggetto cui è attribuita una prominent public functions anche se costoro non sono clienti. Questa mappatura dei rapporti familiari, attraverso alcuni alert, consente di individuare più agevolmente i family members quando dovessero successivamente presentarsi agli sportelli ad avviare rapporti per proprio conto.

[57] “…, businesses should actively engage with customers and elicit information pertinent to the different elements of the PEP definition. To do this effectively, well-trained staff and effective information gathering is required”. FATF Guidance, cit., Chapter V, Guidance on the use of sources of information for the determination of PEPs, their family members & close associates , paragraph 77, p. 18.

[58] “FATF Interpretative Note to Recommendation 18 requires internal control policies to include ongoing employee training programmes. These training programmes need to address effective ways of determining whether clients are PEP and to understand, assess and handle the potential risks associated with PEPs. Training should also use real life case studies and examples to ensure it is up to date.”, FATF Guidance, cit., Chapter V, Guidance on the use of sources of information for the determination of PEPs, their family members & close associates, paragraph 59, p. 14.

[59] Articolo 24, comma 5, d.lgs 231/2007.

[60] FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 86, p. 20

[61] “The aim is to ensure that the reason for the business relationship is commensurate with what one could reasonably expect from the PEP, given his/her particular circumstances”; “The outcomes of that assessment should determine if the business relationship is to be established or maintained, or whether further steps would be necessary, such as termination of the business relationship and/or filing STRs to the financial intelligence unit (FIU), consistent with Recommendation 20 (reporting of suspicious transactions), FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 89, 90, pagine 20 e 21.

[62] “…the current income of the PEP, sources of wealth and funds which could be explained from previous positions, business undertakings, and family estates.” FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 89, p. 21.

[63] “Many countries with asset disclosure systems have provisions in place on public access to the information in the disclosures, and make disclosures available on-line.”, FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 91, p. 21. Più precise indicazioni sul concetto di “asset disclosure system” si possono cogliere dalla lettura di Using Asset Disclosure for Identifying PEPs (Rossi, Pop, Clementucci, Sawaqed) World Bank, 2012.

[64] La modifica è avvenuta con l’art. 52, comma 1, lettera b  del Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33.

[65] Per i consiglieri regionali, i consiglieri provinciali e i consiglieri di comuni capoluogo di provincia le disposizioni della legge n. 441 si applicano secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli (articolo 11, Legge 5 luglio 1982)

[66] Il Decreto legislativo n.33/2013 è stato recentemente emendato con il Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (G.U. 8 giugno 2016, n. 132).

[67] Il Freedom of informatin act è una legge federale USA del 1966 in materia di libertà di informazione. La Legge, emendata da ultimo nel 1996 è consultabile in Internet all’indirizzo https://www.justice.gov/oip/blog/foia-update-freedom-information-act-5-usc-sect-552-amended-public-law-no-104-231-110-stat

[68] FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 95, p. 22.

[69] FATF Guidance, cit., Chapter VI, Measures applicable to the different types of peps, paragraph 96, p. 22.

[70] FATF Guidance, cit., Chapter VII, Supervision, paragraph 103, p. 24.

[71] FATF Guidance, cit., Chapter I,Introduction, paragraph 2, p. 3.

[72] FATF Guidance, cit., Chapter IV, Scope of Recommendation 12, paragraph 38, p. 11.

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