La quinta sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1162 del 29 novembre 2023, si è pronunciata nuovamente sul tema della responsabilità penale dei sindaci per omesso controllo, in riferimento al concorso di questi ultimi nel reato di bancarotta, con gli amministratori della società poi fallita.
Questo il principio di diritto chiaramente espresso dalla Corte:
Il controllo sindacale, in quanto posto a tutela degli interessi dei soci e di quello preminente) dei creditori, pur non potendo investire in forma diretta le scelte imprenditoriali, non si esaurisce in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori: deve necessariamente sostanziarsi nell’oggettivo riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione ed estendersi al contenuto della gestione sociale e alla conseguente verifica di conformità delle scelte degli amministratori ai canoni d’una buona amministrazione e della loro compatibilità con i fini propri della società.
Pertanto, ove, nell’esercizio dei suoi poteri di controllo e di vigilanza, il Collegio sindacale abbia conoscenza di condotte illecite degli amministratori, ha il dovere di intervenire per impedirne la realizzazione: la relativa omissione determina la sua responsabilità a titolo di concorso nel reato eventualmente commesso all’amministratore, ove l’esercizio dei poteri conoscitivi riconosciuti ai sindaci avrebbe condotto questi ultimi a conoscere delle irregolarità contabili e, conseguentemente, ad attivare le (doverose) procedure di segnalazione (esterna ed interna) e d’inibizione che il legislatore ha messo a disposizione.
Nel caso di specie, il collegio sindacale si era limitato, per ben tre anni, pur a fronte di un conclamato stato d’insolvenza, a sollecitare l’organo amministrativo all’adempimento di quanto necessario in ragione della rilevata situazione finanziaria (le necessarie ricapitalizzazioni e la convocazione dell’assemblea).
Più nello specifico, ed in relazione ai precisi poteri-doveri che il Codice civile impone ai sindaci:
- non aveva convocato l’assemblea ed eseguito le pubblicazioni prescritte in caso di omissione da parte degli amministratori (art. 2406 cod. civ.);
- non aveva richiesto al Tribunale di disporre la riduzione del capitale sociale obbligatoria per legge (artt. 2357, 2359-ter e 2446 cod. civ.);
- non aveva promosso l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori (2393 cod. civ.)
- non aveva sollecitato il controllo giudiziario sulla gestione (2409 cod. civ.).
Secondo il Tribunale di merito, con il quale concorda la Corte nella pronuncia in oggetto, la condotta posta in essere dai sindaci non può essere intesa come diligente adempimento degli obblighi imposti all’organo di controllo e, in sé, non esclude la sussistenza della condotta materiale (omissiva) oggetto dell’imputazione.