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Nel contesto di un’operazione di trasformazione di una società a responsabilità limitata in una società in accomandita semplice, nel caso di specie, la compagine sociale si estende in virtù dell’ingresso di un nuovo socio (accomandatario) e, successivamente, delibera un aumento di capitale, senza però precisare il conferimento prestato dal socio entrante).
Il Giudice del Registro di Roma presenta pertanto domanda di cancellazione d’ufficio dell’iscrizione della delibera che prevedeva l’ingresso del nuovo socio.
Nelle more del procedimento appena citato, la società ottiene però l’iscrizione nel registro pure di un atto pubblico in cui i soci precisano che il conferimento da parte del socio accomandatario è costituito da una prestazione d’opera a favore della società, che non si riflette però in una maggiore capitalizzazione.
Tale ultimo documento non induce però il Giudice del Registro ad accogliere la domanda di cancellazione d’ufficio degli atti già iscritti, in quanto l’apporto di un socio d’opera in una società di persone, benché strumentale al perseguimento dell’oggetto sociale della medesima, non deve necessariamente essere capitalizzato e non è idoneo a costituire garanzia per i creditori sociali in caso di escussione del patrimonio sociale tramite espropriazione forzata.
In altri termini, volendo mutuare la distinzione tra prevista in relazione alle società di capitali dall’art. 2342 c.c., si tratterebbe di un apporto "di patrimonio" e non "di capitale", in quanto non rientrante in ciò che deve essere rimborsato al socio della società al termine delle operazioni di liquidazione. Una eventuale capitalizzazione dello stesso falserebbe inoltre la reddittività dell’impresa.
A sostegno della decisione in parola, sono individuabili alcune precise argomentazioni: i) la difficoltà di procedere alla valutazione di una prestazione dall’incerta esecuzione, con conseguente impatto sull’effettività del capitale; ii) nelle società di persone è consentita ai soci l’organizzazione del patrimonio sociale con maggiore libertà, come confermato dall’art. 2282, comma 2, c.c., che ammette la scelta di imputare taluni apporti a patrimonio; iii) il conferimento d’opera è meritevole di un trattamento peculiare rispetto agli altri conferimenti, in quanto, in mancanza di valutazione, non opera la presunzione di uguaglianza (art. 2253, comma 2, c.c.), bensì la regola della determinazione da parte del giudice secondo equità ex art. 2263, comma 2, c.c.; iv) la disciplina della trasformazione implicitamente ammette che il conferimento d’opera non sia stato in precedenza capitalizzato (art. 2500-quater, c.c.).