La Newsletter professionale DB
Giornaliera e personalizzabile
www.dirittobancario.it
Approfondimenti

Il “consolido” ipotecario: problematiche fallimentari e riflessi penali

15 Luglio 2013

Fabrizio Dotti, Simmons & Simmons

Il presente lavoro intende dare al lettore una panoramica delle maggiori tematiche legali che emergono nell’adozione del cosiddetto “consolido” ipotecario, meccanismo di dilazione dei debiti bancari diffuso nella prassi, specialmente in questi anni di crisi.

Per “consolido” o “consolidamento” (anche se quest’ultimo termine è più spesso utilizzato per designare il decorso del termine di revocabilità di una garanzia) si intende, nel linguaggio bancario, la capitalizzazione di un debito chirografario, normalmente originato da una esposizione a vista” a breve termine, e la sua “trasformazione” in un debito a termine di durata superiore a diciotto mesi.

Tale “consolido” può essere astrattamente realizzato in due modi principali: mediante una semplice capitalizzazione, accompagnata da una rateizzazione del debito o mediante un rifinanziamento del debito originario. Ciò si accompagna spesso alla concessioneda parte del debitore, di una garanzia reale al creditore, di regola un’ipoteca immobiliare.

Due esempi di tali modalità, che potremmo definire rispettivamente “non novativa” e “novativa”, chiariscono in termini pratici di cosa si tratta.

Nel primo caso (da me definito modalità “non novativa”), si immagini che la società Alfa abbia un debito nei confronti della Banca Beta di Euro 1.000.000, per scoperto di conto corrente derivante da un’apertura di credito (sia essa a termine o a tempo indeterminato) che il debitore non è in grado di rimborsare. Alla complessiva determinazione del debito, hanno concorso sia i prelievi dal conto corrente operati dalla società a valere sull’apertura di credito, che gli interessi e le commissioni via via maturati. L’origine del debito in conto corrente può essere, in realtà, anche diversa; ad esempio, può essere dovuta all’addebito di insoluti derivanti da anticipi SBF di fatture poi non pagate dai debitori di Alfa a scadenza, ma il punto non è questo.

Il debitore Alfa non è in grado di restituire immediatamente l’intero debito di un milione e, allora, chiede ed ottiene dal suo creditore Beta di rimborsare in via rateale tale importo. Ad esempio, Alfa ottiene dalla Banca Beta di rimborsare il milione dovuto in cinque anni, con dieci rate semestrali di Euro 100.000 ciascuna; sul debito complessivo così rateizzato, il debitore corrisponderà ogni semestre anche un interesseA garanzia della restituzione del proprio debito, Alfa concede a Beta un’ipoteca su un proprio bene immobile.

Va detto che tale fattispecie è, in realtà, la meno frequente delle due; anticipando un attimo le conclusioni di questo lavoro, si può dire che emerga ictu oculi la circostanza che l’ipoteca non è contestuale al debito garantito e che la garanzia è concessa proprio per rafforzare la posizione del creditore in presenza di difficoltà finanziarie del debitore, con le conseguenze che poi vedremo in materia di caso di successivo fallimento di Alfa.

Nel secondo caso (che io chiamo modalità “novativa”), Alfa chiede ed ottiene dalla Banca Beta un mutuo ipotecario di un milione. Il mutuo viene erogato da Beta dopo l’iscrizione di ipoteca sul bene posto da Alfa a garanzia; nel caso di un mutuo avente le caratteristiche per essere qualificato come “fondiario” ai sensi degli articoli 38 e seguenti del Testo Unico Bancario1l’erogazione avviene dopo dieci giorni dall’iscrizione dell’ipoteca, nella convinzione che dopo tale periodo l’ipoteca benefici dell’impossibilità di assoggettamento a revocatoria fallimentare prevista dall’articolo 39, comma 4, del Testo Unico Bancario.

All’atto dell’erogazione, il mutuo viene contestualmente utilizzato dal debitore per estinguere il debito sul conto corrente, che quindi viene azzerato. Spesso la banca, per ovvie ragioni di cautela, imposta quest’operazione condizionando l’erogazione del mutuo alla consegna, da parte del debitore (nonché mutuatario) di un ordine irrevocabile di giroconto del netto ricavo del mutuo stesso2 dal conto sul quale viene erogato al conto nel quale è contabilizzato il debito da estinguere.

Il mutuo sarà quindi oggetto di ammortamento; il che significa che Alfa, nel nostro esempio, avrà estinto il debito chirografario di un milione, già scaduto ed esigibile, verso la Banca Beta, e sarà tenuto a rimborsare il debito ipotecario di pari importo a rate, in un determinato periodo di tempo, corrispondendo un interesse su tale debito.

In entrambi i casi descritti, la Banca Beta farà affidamento sull’ipoteca immobiliare, quale garanzia della restituzione del debito rateizzato. In caso di mancato rimborso, il creditore potrà dar corso all’esecuzione forzata sull’immobile ipotecato e soddisfarsi sul ricavato a concorrenza del credito dovuto.

Questo meccanismo comporta, tuttavia, rilevanti conseguenze legali nel caso di fallimento del debitore.

Immaginiamo ora per un attimo che, nel momento in cui l’operazione veniva perfezionata, Alfa fosse in situazione di insolvenza o prossima all’insolvenza e che, persistendo tale situazione, la società venga dichiarata fallita nell’arco di tempo di qualche mese.

Nell’ipotesi “non novativa”, non c’è dubbio che l’ipoteca concessa sia suscettibile di revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67, comma 1, della legge fallimentare.

Nel caso specifico, il creditore, vista anche la sua natura di soggetto “sofisticato”, al quale si applica uno standard di diligenza professionale elevato, difficilmente potrà dimostrare la non conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Trattandosi poi di ipoteca concessa per garantire un debito non contestuale, ricorrerà il caso di cui al numero 3 del comma 1 (revocabilità della garanzia data nell’anno antecedente il fallimento, se il debito garantito non era scaduto) o di cui al numero 4 del medesimo comma (revocabilità della garanzia data nei sei mesi antecedenti il fallimento, se il debito garantito era scaduto).

È proprio il caso che lo spirito della norma intende colpire. Il creditore comprende che il debitore è in difficoltà e si fa dare una garanzia su un debito pre-esistentea discapito di tutti gli altri creditori.

Si segnala poi che, secondo un orientamento giurisprudenzialein questo caso la garanzia concessa non contestualmente al sorgere dell’obbligazione potrebbe essere addirittura riconducibile alla categoria degli atti a titolo gratuito e quindi soggetti ad inefficacia ai sensi dell’articolo 64 L.F.3. L’inefficacia può essere dichiarata nei confronti degli atti compiuti nei due anni antecedenti il fallimento.

Da un punto di vista penale, invece, la giurisprudenza ha affermato in talune sentenze che la trasformazione di un credito chirografario in credito privilegiato, con la costituzione effettiva di una garanzia in tempi sospetti ed in presenza dello stato di insolvenza, equivalgono alla “simulazione” di un titolo di prelazione prevista dall’art. 216, terzo comma, della L.F. (c.d. “bancarotta preferenziale”).

L’adozione di una nuova garanzia su un debito che, invece, non è nuovo neppure in parte, conduce, secondo talune corti penali, al medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum previsto dalla norma per il caso di simulazione vera e propria. Di conseguenza, sussistendone tutti gli altri elementi costitutivi della fattispecie, non è da escludere che l’amministratore di Alfa possa vedersi contestato il reato di bancarotta preferenziale di cui al riferito articolo 216, comma 3, L.F.4.Circostanza più difficile, ma che non può escludersi in assoluto, qualora si provi che l’operazione è stata così congegnata dietro espressa indicazione della banca, è che il funzionario della Banca Beta che ha collaborato con il debitore possa vedersi contestato il concorso nel reato commesso dall’amministratore di Alfa.

L’ipotesi “novativa” si presenta come piùsottile. Tuttavia, si può dire, con una buona approssimazione, che la risposta circa la “difendibilità” in sede fallimentare e penale risieda in una valutazione di merito: quanto più l’ipotesi è simile nella sostanza all’ipotesi precedente (come nel mio secondo esempio, volutamente provocatorio, che vede protagonisti la società Alfa e la Banca Beta) tanto più è a rischio di essere trattata nel medesimo modo.

Nell’ipotesi di un consolido realizzato con l’erogazione di un mutuo fondiario, il creditore bancario che fronteggi un’azione tesa a far revocare la garanzia ipotecaria, potrebbe difendersi eccependo l’avvenuta inattaccabilità dell’ipoteca, in virtù della norma di tutela contenuta nell’art. 39, comma 4, del testo unico bancario5Una certa giurisprudenza6 ritiene che il beneficio del cosiddetto “consolidamento breve” e dell’esenzione dei pagamenti di crediti fondiari da revocatoria, derivi dall’ampia definizione di credito fondiario, che sussisterebbe in tutte le ipotesi in cui un finanziamento ipotecato venga qualificato dalle parti come contratto di finanziamento fondiario e rispetti i requisiti ai quali la legge riconnette tale qualifica7.

Tuttavia, ad una lettura maggiormente approfondita, un indirizzo giurisprudenziale più rigoroso rileva che, ciò che va apprezzato nel valutare la qualificazione del “rifinanziamento come fondiario, è lo scopo complessivo del negozio posto in essere dalle parti con il finanziamento fondiario erogato. In particolarela giurisprudenza in questione ritiene che un mero rifinanziamento ipotecario di un debito chirografario, senz’altra finalità, si tradurrebbe in un negozio-procedimento indirettamente (e soltanto) solutorioequivalente ad un pagamento “con mezzi anormali”In altri termini, l’operazione di finanziamento fondiario sarebbe soltanto “simulata”, dato che il mutuatario non conseguirebbe, all’atto pratico, la reale disponibilità della somma mutuata e, pertanto la garanzia ipotecaria verrebbe a garantire sostanzialmente un precedente debito chirografario.

Sulla base di queste considerazioni, l’estinzione del debito chirografario, operata con i proventi del mutuo, in quanto operazione simulata sarebbe revocabile ex articolo 67, comma 1, n. 2 della legge fallimentare. Parimenti, verrebbe meno la natura “fondiaria” dell’ipoteca e, quindi, la tutela contro la revocatoria, accordata dal testo unico bancario, non sussistendo, a tutti gli effetti, una vera operazione di mutuo fondiario (in realtà, dovremmo dire, non sussisterebbe tout court un’operazione di mutuo), alla quale l’ipoteca sarebbe connessa8.

La giurisprudenza maggioritaria9 ritiene che, all’interno dello scopo del credito fondiariopossa anche rientrare la finalità di concedere un prestito in grado di permettere all’impresa mutuataria di superare momenti di difficoltà, offrendo, ad esempio, le disponibilità finanziarie per permettere che i processi di ristrutturazione o di riconversione della produzione avvengano senza procurare squilibri nell’impresa e di intervenire per reintegrare la liquidità di quest’ultima quando sia stata pregiudicata da un eccesso di immobilizzazioni. Rientrerebbero, inoltre, in tali ipotesi anche quelle operazioni aventi lo scopo di sostituire crediti pregressi con crediti nuovi, che quindi risulterebbero esclusi dall’applicabilità della revocatoria fallimentare10.

Ma allora in cosa si differenzia un’operazione di rifinanziamento (legittima) del tipo appena delineato, rispetto ad una operazione che può essere fulminata da revocatoria?

La giurisprudenza ci fornisce una serie di indici, da questo punto di vista.

Anzi tutto, assume rilievo il soggetto (bancario) che effettua l’operazione di rifinanziamento. Se il mutuo ad estinzione del debito pregresso è concesso in toto dalla medesima banca titolare del debito estinto, l’operazione si presta meno a rientrare nell’ambito legittimo sopra identificato. Altro elemento determinante è dato dallo scopo complessivo; un mutuo concesso con plurime finalità (tra le quali, ma non solo, l’estinzione di debiti chirografari pregressi) è molto più in linea con la definizione sopra riportata. Un mutuo che sia destinato integralmente all’estinzione di un debito chirografario è, da questo punto di vista, molto più sospetto.

Pur potendo senz’altro essere un elemento da rilevare, è viceversa incerto il peso che assume, in questa valutazione, il vantaggio per il debitore di ottenere, con il rifinanziamento, la possibilità di un rimborso dilazionato di un debito che, altrimenti potrebbe essere immediatamente esigibile per intero, così come l’eventuale minor onere finanziario sul debito (il mutuo potrebbe ben avere, e di solito ha sempre, un tasso di interesse significativamente inferiore al tasso del debito chirografario rifinanziato).

In sintesi, si può ritenere che l’elemento fondamentale per valutare la legittimità o la “natura simulatoria” del finanziamento, venga identificato nella finalità economica dell’operazione complessiva. Tanto più l’operazione di finanziamento risponde ad una finalità economica sua propria (all’interno della quale può ben essere anche compreso il rifinanziamento di debiti chirografari pregressi), tanto più essa si presta ad essere giustificata e non qualificabile come una mera “aggiunta di garanzia” ad un debito chirografario con problematicità di rimborso.

Dal punto di vista penalistico, va detto anzitutto che esistono ben pochi precedenti al riguardo. Considerata la grande diffusione della prassi del rifinanziamento ipotecario di debiti a breve, è forse già possibile leggere in tale circostanza un elemento positivo (per chi rifinanzia e per chi è rifinanziato).

I pochi precedenti di giudici penali disponibili sottolineano la necessità che l’operazione di consolido a mezzo di rifinanziamento, per non rivestire natura simulatoria, debba avere una sua dignità economica, non potendosi ridurre semplicemente ad un “giroconto” ad apparente estinzione di un debito chirografario, senza nessun ulteriore elemento economico apprezzabile11.

In un singolo caso, la giurisprudenza di merito ha riconosciuto in capo al dipendente di banca un possibile concorso anche nell’eventuale ipotesi di reato di bancarotta per ritardato fallimento compiuto dagli amministratori del debitore fallito (art. 217 L.F.)12.

Va comunque detto che, soprattutto nella giurisprudenza penale, il principio enucleato nella sentenza va poi calato nel caso pratico giudicato dalla corte. Leggendo approfonditamente la (poca) giurisprudenza penale disponibile, viene il dubbio che, in realtà, i giudici abbiano esaminato casiestremi13.

Val la pena di concludere ricordando che, a questo proposito, soccorrono gli strumenti “protettivi” previsti dal diritto fallimentare, quali il piano di risanamento asseverato (art. 67, terzo comma, lettera “d” L.F.), l’accordo di ristrutturazione omologato (art. 182 bis L.F.) o il concordato preventivo.

Tali strumenti presuppongono la sussistenza di un piano economico finanziario, atto proprio a dimostrare l’idoneità delle operazioni poste in essere a permettere il raggiungimento dell’obiettivo dello strumento stesso (il risanamento, nel caso del piano ex art 67 L.F., l’attuabilità dell’accordo, con particolare riferimento al pagamento integrale dei creditori estranei, nel caso dell’accordo ex art. 182 bis L.F. e la fattibilità del piano concordatario, nel caso del concordato preventivo).

La obiettiva finalità economica dell’operazione di rifinanziamento ben potrà emergere nella sua dignità, autonomia e legittimità, mediante l’utilizzo di uno questi strumenti di tutela, che, ricorrendone i presupposti, daranno al creditore il non indifferente beneficio della tutela di diritto dalle azioni revocatorie e da taluni reati fallimentari astrattamente configurabili, nell’ipotesi sfortunata di insuccesso del piano e successivo fallimento del debitore.

 

1

L’articolo 38 del Testo Unico Bancario definisce al primo comma il mutuo fondiario come il finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili concesso da banche. Elementi distintivi della fattispecie sono dunque: la parte finanziatrice che deve essere una banca; il finanziamento che deve avere durata superiore a diciotto mesi, il finanziamento che deve essere garantito da ipoteca di primo grado su bene immobile (salve le eccezioni ammesse dalla Banca d‘Italia in presenza di determinate garanzie integrative) e l’ammontare massimo finanziato che deve essere definito in proporzione al valore della garanzia immobiliare. L’istituto, si caratterizza, inoltre, per le condizioni di favore che sono riconosciute ai crediti e che possono riassumersi brevemente nei seguenti punti:

  • deroghe alla disciplina di diritto comune delle ipoteche (articolo 39 Testo Unico Bancario);
  • estinzione anticipata e risoluzione del rapporto (articolo 40 Testo Unico Bancario);
  • cancellazione delle ipoteche (articolo 40-bis Testo Unico Bancario);
  • procedimento esecutivo (articolo 41 Testo Unico Bancario).


ritorna

2

Per netto ricavo si intende l’importo complessivo del mutuo erogato al netto delle tasse, imposte, commissioni, costi e spese relative alla concessione del mutuo stesso. Tali voci di costo, a cominciare dall’imposta sostitutiva dello 0,25% sul capitale mutuato (prevista dal D.P.R. 601/1973) vengono solitamente trattenute dalla banca all’atto dell’erogazione del mutuo.

 


ritorna

3

Cass. Civ. n. 12507/2010, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che “la garanzia prestata dal terzo non poteva considerarsi una controprestazione in ragione del fatto che essa era sta concessa non già in funzione dell’attivazione dei rapporti di conto corrente, bensì in un momento posteriore alla formazione della maggior parte del debito ed al sorgere della esposizione debitoria”.


ritorna

4

Cass. Pen. n. 16688/2004.


ritorna

5

L’art. 39, comma 4, del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 (c.d. “testo unico bancario”) stabilisce che le ipoteche iscritte a garanzia dei finanziamenti fondiari non sono assoggettate a revocatoria fallimentare quando siano state iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (c.d. “consolidamento breve”). Peraltro, la stessa norma stabilisce un’esenzione da revocatoria fallimentare anche dei pagamenti di crediti fondiari.


ritorna

6

Cass. Civ. n. 11559/2008.


ritorna

7

Si veda la nota 1.


ritorna

8

Cass. Civ. n. 11559/2008; si pensi all’ipotesi, in cui la somma mutuata, accreditata sul conto corrente del cliente, venga contestualmente utilizzata per estinguere pregresse passività del medesimo verso la banca. L’operazione in questione, infatti, non esprimerebbe altro che la realtà del contestuale ritorno della medesima somma alla banca mutuante ed estinzione dei suoi crediti.


ritorna

9

Corte di Appello di Milano del 17 ottobre 2006 come richiamata dalla Cass, Civ. n. 9482/2013.


ritorna

10

Cass. Civ. n. 11559/2008.


ritorna

11

Cfr. Cass, Penale n. 16688/2004 che, pronunciandosi su un’imputazione di concorso in bancarotta preferenziale a carico di due funzionari di banca, dopo aver statuito il principio secondo il quale la concessione di ipoteca in una operazione di rifinanziamento ipotecario poteva considerarsi “simulatoria” di un titolo di prelazione (come previsto dall’art. 216, comma 3 L.F. sulla bancarotta preferenziale), ha rinviato alla Corte di Appello per un nuovo giudizio di merito.


ritorna

12

Tribunale di Brescia del 7 dicembre 2006: gli operatori bancari che deliberando un operazione di finanziamento nel contesto di un fittizio piano di risanamento, volto in realtà ad un duplice scopo preferenziale (simulazione di titoli di prelazione e recepimento di pagamenti violativi della par condicio creditorum) scientemente rafforzino la condotta omissiva degli amministratori, consistita nell’astensione dal ricorso al fallimento in proprio devono ritenersi concorrenti nell’ipotesi (dolosa) di bancarotta semplice nella forma dell’aggravamento del dissesto”Il riferimento parrebbe quindi fatto ad un caso nel quale il piano di risanamento della società era una mera finzione, della quale sarebbe stato complice o quantomeno consapevole partecipante l’operatore bancario che aveva realizzato l’operazione di consolido.


ritorna

13

Lo stesso Tribunale di Brescia, nella sentenza citata in nota 12, pare far riferimento, a proposito del concorso del creditore nel reato di bancarotta preferenziale del debitore fallito, alla necessità che ricorra in capo al creditore “…un “quid pluris” rappresentato dalla cooperazione del creditore alla violazione della “par condicio” nella forma dell’accordo, dell’istigazione, della determinazione e del rafforzamento del proposito delittuoso”.

ritorna

Una raccolta sempre aggiornata di Atti, Approfondimenti, Normativa, Giurisprudenza.
Iscriviti alla nostra Newsletter
Iscriviti alla nostra Newsletter