La sentenza del Tribunale di Milano n. 3070/2016 espone due argomenti meritevoli di segnalazione.
Il primo costituisce una conferma di un orientamento già manifestatosi in giurisprudenza. Esso ha ad oggetto il giudizio di nullità del contratto in derivati, nel caso in cui questo non contenga specificazione dei criteri di calcolo del mark to market (in breve MTM).
Il Giudice, a questo proposito, ha ritenuto che non sia idonea a rendere determinabile il predetto elemento del contratto una clausola del seguente tenore: “la quantificazione del costo di sostituzione sarà effettuato dalla banca sulla base delle condizioni praticate da controparti di mercato su operazioni sostitutive di quella oggetto del contratto risolto e aventi uguali caratteristiche quanto a vita residua e struttura finanziaria, tenuto conto dei valori dei parametri finanziari di riferimento alla data di risoluzione e della durata residua dell’operazione oggetto del contratto risolto”.
Detta clausola, a giudizio del Tribunale, non consente di avere evidenza dei parametri oggettivamente verificabili dalle parti, funzionali alla quantificazione del valore in questione.
A questo fine la stessa sentenza ritiene necessario che sia esplicitata la formula matematica alla quale le parti intendono fare riferimento per procedere all’attualizzazione dei flussi finanziari futuri attendibili in forza dello scenario esistente.
La conclusione raggiunta dalla sentenza è, dunque, la nullità della clausola contrattuale, estesa all’intero contratto ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.; dalla dichiarazione di nullità deriva ulteriormente la condanna a carico della banca alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione del contratto stesso (conf. ex plurimis Trib. Milano, 16 giugno 2015, n. 7398; App. Bologna, 11 marzo 2014, n. 734, entrambe pubblicate in questa Rivista).
La sentenza qui annotata si segnala, inoltre, per aver posto in rilievo il fatto che il contratto in derivati, nelle ipotesi come quella descritta, è nullo anche se le parti non abbiano proceduto ad una chiusura anticipata del rapporto.
Il problema si pone in quanto il MTM opera effettivamente se e nel momento in cui le parti pervengono ad un’anticipata chiusura del rapporto, in tal momento concretizzandosi il valore (in ipotesi negativo per il cliente) del MTM medesimo.
Da tale considerazione può discendere il quesito se l’elemento in questione possa considerarsi meramente accidentale, in quanto la sua reale operatività tra le parti è eventuale.
Siffatto quesito viene risolto dalla sentenza milanese mettendo in luce il fatto che il MTM, rappresentando un differenziale tra contrapposti flussi finanziari, costituisce parte integrante dell’oggetto del contratto.
Ne deriva che il suo valore dev’essere sin dall’origine determinato o determinabile (art. 1346 cod. civ.), indipendentemente dalla circostanza del se e del quando il medesimo divenga effettivamente operante nell’ambito della concreta dinamica negoziale.
I contratti in derivati, in cui il MTM non sia determinabile, sono pertanto da giudicarsi nulli, in base alla conclusione cui perviene la decisione in commento, anche nei casi in cui gli stessi vengano impugnati dopo la scadenza del rapporto contrattuale ed in quelli per i quali non vi sia stata chiusura anticipata del rapporto stesso.
Due ultime notazioni.
Si dà ormai per acquisito il principio per cui la nullità, per i motivi descritti, va applicata a prescindere dalla classificazione del cliente come operatore qualificato.
Sull’argomento si sono espressi ormai molti precedenti (tra i primi cfr. le sentenze dello stesso Tribunale di Milano del 19 aprile 2011, n. 5443 e del 23 marzo 2012, n. 3513, entrambe pubblicate in questa Rivista) al punto che la decisione qui annotata ritiene di dover spendere solo poche parole in merito.
La seconda, ultima, notazione riguarda un profilo processuale.
Applicando i principi espressi dalla sentenza annotata, il Giudice di merito è in condizione di accertare allo stato degli atti, in modo documentale, se vi sia il vizio genetico del contratto, per assenza di determinabilità dell’oggetto.
Così ha fatto, nel caso di specie, il Tribunale di Milano, che, senza istruttoria e con la fase decisoria semplificata ex art. 281sexies cod. proc. civ., ha definito nel marzo 2016 un processo iniziato appena nel 2015.