L’Agenzia delle Entrate, con principio di diritto n. 3/2025, si è espressa sul trattamento, a fini IVA, delle somme scambiate tra due operatori nell’ambito di un contratto di cointeressenza propria.
In sintesi, per l’Agenzia delle Entrate le somme scambiate nell’ambito di un contratto di cointeressenza propria, rappresentando delle cessioni di denaro, non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, dovendo qualificarsi le operazioni come ‘‘fuori campo” ai sensi dell’art. 2, c. 3, lett. a) D.P.R. 633/1972 (Decreto IVA): devono infatti considerarsi trasferimenti monetari e non corrispettivi, mancando una correlazione diretta tra le prestazioni reciproche.
Il contratto di cointeressenza è disciplinato dall’art. 2554, c. 1 C.c., secondo cui le disposizioni relative alla partecipazione agli utili di un’impresa previste dagli artt. 2551 e 2552 C.c. si applicano anche a tale rapporto; il contratto di cointeressenza può essere:
- impropria: con apporto di capitale o lavoro, ove è prevista solo la partecipazione agli utili
- propria: non vi è alcun apporto ed è prevista la partecipazione sia agli utili che alle perdite; è volto alla realizzazione di relazioni di collegamento tra imprese, allo scopo di alleviare la gestione economica dell’impresa da perdite il cui verificarsi appare solo probabile, quindi incerto.
Nel contratto di cointeressenza propria, in sostanza, per la giurisprudenza il contratto assume natura parassicurativa, poiché genera un obbligo di fare reciproco, dove l’impiego di capitale è richiesto solo nell’eventualità di una perdita, e mai come elemento dal quale discende il perfezionamento dell’accordo stesso.
Si distingue peraltro dall’associazione in partecipazione di cui all’art. 2549 C.c. in relazione alla quale vi è sempre un apporto, e la partecipazione agli utili è il ”corrispettivo” di quest’ultimo, mentre nella cointeressenza l’apporto può mancare ove venga prevista la partecipazione sia agli utili che alle perdite.
In conclusione, l’Agenzia afferma che “per quanto riguarda i profili IVA, coerentemente con i principi sopra espressi e tenuto conto delle peculiarità del contratto di cointeressenza propria, contraddistinto anche sotto il profilo civilistico dalla mancanza di un apporto da parte dei cointeressati, si ritiene che le somme attribuite o ricevute nell’ambito di detto schema contrattuale debbano qualificarsi come meri trasferimenti monetari e non possano essere assimilati a corrispettivi, in quanto non è ravvisabile nel contratto di cointeressenza propria contraddistinto dall’aleatorietà una diretta correlazione tra prestazioni reciproche tipica dei contratti sinallagmatici“.