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Giurisprudenza

Il contribuente ha diritto al rimborso dei costi della polizza fideiussoria funzionale al rimborso dell’IVA

2 Aprile 2020

Alessandro Nota

Cassazione Civile, Sez. V, 28 febbraio 2020, n. 5508 ― Pres. Virgilio, Rel. Perrino

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di rimborsi, la Corte di Cassazione, con la pronuncia in oggetto, ha ribadito che l’art. 8, comma 4, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 impone all’Amministrazione Finanziaria di sollevare il contribuente dai costi fideiussori sostenuti per l’ottenimento di un rimborso. La norma ― rileva la Suprema Corte ― ha portata generale e non limitata ai casi di imposta non dovuta o dovuta in misura minore, trovando applicazione anche ai casi di rimborso dell’eccedenza di IVA a credito (di cui agli artt. 30 e 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).

Una diversa interpretazione ― afferma la Corte ― sarebbe contraria alla ratio della disposizione retro citata, ossia la tutela dell’integrità patrimoniale di un soggetto colpito da una pretesa impositiva infondata, ovvero di quel soggetto che vanti una legittima pretesa al rimborso di somme dovute.

L’Agenzia delle Entrate, risultata soccombente nel giudizio di appello relativo alla legittimità del proprio silenzio-rifiuto avverso una istanza di rimborso dei costi sostenuti per una polizza fideiussoria, sottoscritta dal contribuente in occasione di una richiesta di rimborso del credito IVA da questi maturato, ricorreva al giudice di Legittimità affidandosi a due distinti motivi.

Sosteneva anzitutto il ricorrente che l’articolo 8, comma 4, della l. 212/2000, involgesse esclusivamente i costi da fideiussione derivanti dai rimborsi di imposte non dovute o dovute in misura inferiore, e non avesse portata generale.

In secondo luogo, riteneva avesse errato il giudice di merito nel non applicare alla richiesta di restituzione delle predette somme il termine biennale di cui all’articolo 21, d.lgs. 546/1992, essendo queste da ritenersi accessorie alla restituzione dei tributi conformemente all’articolo 19, comma primo, lettera g) del citato decreto legislativo.

Quanto al primo motivo, la Corte ne ravvisa l’infondatezza, avendo l’articolo 8, comma quarto, della l. 212/2000, portata generale: il riferimento ai costi delle fideiussioni che il contribuente “ha dovuto richiedere” non afferisce infatti ad un obbligo giuridico di prestare le garanzie fideiussorie, ma ad ogni onere di ottenere le stesse in funzione degli scopi perseguiti.

Se si adottasse una differente interpretazione, si confliggerebbe infatti con l’orientamento della Corte di Giustizia che, pur riconoscendo agli Stati Membri la libertà di determinare le modalità di rimborso dell’IVA, limita queste ultime nella misura in cui non siano finanziariamente rischiose per il soggetto passivo (in tal senso Cort. Giust. C-387/16, C-254/16, C-107/10).

Con riferimento invece al secondo motivo, ritenuto altrettanto infondato, è stato altresì stabilito che la richiesta di rimborso del costo sostenuto per il rilascio di una polizza fideiussoria non sia soggetta al termine biennale di cui art. 21, comma 2, del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, termine che si riferisce alla restituzione di “tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori” (cfr. art. 19, comma 1, lett. g) del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546). Sul punto gli Ermellini hanno chiarito che la garanzia, in considerazione della sua funzione indennitaria (e non satisfattoria del rapporto d’imposta esistente tra fisco e contribuente), non ha natura accessoria al rapporto d’imposta.

 

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