La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha l’occasione di affrontare nuovamente alcune delicate tematiche relativa al rango da riconoscere al credito del professionista il quale abbia svolto la propria attività in vista della presentazione di un piano di concordato preventivo poi non andato a buon fine.
A tal proposito, la Corte enuclea due distinti profili: in primo luogo, la sorte stessa del credito del professionista e, in secondo luogo, i riflessi del mancato deposito del piano concordatario sui collegamenti di “funzionalità” e “utilità” della prestazione, che costituiscono presupposti per il riconoscimento della prededuzione ex art. 111 l.fall..
Con riguardo al primo profilo i giudici di legittimità hanno confermato il recente orientamento adottato, affermando che “il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, rientra “de plano” tra i crediti sorti “in funzione” di quest’ultima procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, l.fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione “ex post” che la presentazione sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti”.
Con riguardo al secondo profilo, poi, la Corte di Cassazione esclude la rilevanza della mancata presentazione del piano concordatario nella valutazione del rango da attribuire al credito del professionista. In particolare, nella pronuncia in esame si afferma infatti che “i crediti di terzi, scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, sono in astratto prededucibili nel successivo fallimento, per espressa disposizione di legge, anche quando vi sia stata rinuncia al concordato, poiché il requisito della consecuzione tra le procedura dipende soltanto dalla mancanza di discontinuità dell’insolvenza”.