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Giurisprudenza

Il credito del professionista attestatore gravemente inadempiente non può essere ammesso al passivo

11 Gennaio 2019

Vincenzo Pellegrino, collaboratore alla cattedra di diritto fallimentare e diritto bancario presso l’Università degli Studi di Salerno, trainee lawyer in Salerno

Cassazione Civile, Sez. I, 4 maggio 2018, n. 10752 – Pres. Didone, Rel. Ferro

Di cosa si parla in questo articolo

Della riforma della legge fallimentare attuata dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e degli effetti per banche e imprese parleremo nel Convegno del 13 e 14 febbraio. Per maggiori informazioni vedasi la pagina dell’evento indicata tra i contenuti correlati.

Nella procedura di concordato preventivo vi è la necessità che i creditori ricevano una puntuale informazione circa i dati, le verifiche interne e le connesse valutazioni che assumono un ruolo fondamentale nello svolgimento della procedura stessa ed al cui soddisfacimento è deputato a provvedere il professionista attestatore.

Di conseguenza, va escluso dal passivo il credito vantato dal professionista attestatore in caso di grave inadempimento nell’espletamento dell’incarico, ciò che si verifica, ad esempio, quando lo stesso non abbia rilevato la commissione di atti depauperativi del patrimonio sociale da parte dell’organo amministrativo anteriormente al deposito della domanda di concordato con riserva ovvero abbia ritenuto fattibile un piano concordatario in continuità aziendale in carenza di un realistico piano industriale.

Nel caso di specie, il ricorrente muoveva dall’assunto che l’attività di attestazione richiestagli fosse di per sé prestazione di speciale difficoltà ex art. 2236 c.c, per cui il professionista sarebbe dovuto risultare responsabile solo per dolo o colpa grave.

Secondo l’indirizzo condiviso dalla Corte, la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non vale come criterio di ripartizione dell’onere della prova, ma rileva soltanto ai fini della valutazione del grado di diligenza (qualificata ex art. 1176, co. 2, c.c.) e del corrispondente grado di colpa.

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