Il decreto cd. “salva risparmio”, varato dal Consiglio dei Ministri in data 22 dicembre 2016, predispone specifici strumenti di intervento sulla liquidità e sul patrimonio delle banche. Esso sembra porsi in conformità alla prassi, invalsa nel passato, secondo la quale gli istituti creditizi, in presenza di scenari avversi, avrebbero potuto contare, in ultima istanza, sul sostegno dell’Autorità pubblica. E’ evidente, dunque, il proposito del governo di tenere in debita considerazione, mediante l’adozione del menzionato provvedimento, gli interessi primari dei risparmiatori; in particolare, quelli interessati alla vicenda che in queste ore coinvolge il Monte Paschi di Siena.
Si è in presenza, tuttavia, di misure che devono essere accuratamente valutate, in sede tecnica, alla luce della nuove norme in materia di crisi bancarie (direttiva BRRD e Regolamento SRM) e degli orientamenti espressi dalla Commissione europea sugli aiuti di Stato. Rileva, al riguardo, in primo luogo la disposizione di cui all’art. 32 della direttiva 2014/59/UE che esclude l’avvio della procedura di risoluzione (e, dunque, l’applicabilità del bail-in) nell’eventualità in cui gli enti bancari solventi ricorrano a predeterminate forme di sostegno pubblico straordinario. Coerentemente alle prescrizioni disciplinari dettate in materia, il Monte Paschi di Siena, in data 23 dicembre 2016, a seguito del fallimento della complessa operazione di conversione (volontaria) in azioni dei bond subordinati, ha deliberato di presentare istanza per accedere alla misura della ricapitalizzazione precauzionale (espressamente contemplata nel decreto cd. “salva risparmio”).
Di contro, è significativo evidenziare che, ai sensi della normativa sulla gestione delle crisi bancarie, l’intervento statale, in tali circostanze, deve essere temporaneo (e, dunque, finalizzato alla ricerca di nuovi investitori) e conforme alla normativa sugli aiuti di Stato. Su tale ultimo profilo, come è noto, la Commissione ha adottato, con effetto dal 1° agosto 2013, una Comunicazione (2013/C 216/01) diretta a delineare, in termini più rigidi rispetto al recente periodo di crisi, i presupposti in presenza dei quali il sostegno pubblico viene considerato compatibile con il mercato interno. Da qui, l’individuazione di parametri volti a restituire incisività ai procedimenti di ristrutturazione degli enti e, soprattutto, a rendere particolarmente efficace il cd. burden sharing. Non è un caso che, con riferimento al Monte Paschi di Siena, il decreto cd. “salva risparmio” abbia imposto la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate.
C’è da chiedersi se tale intervento sarebbe potuto essere evitato ove nel nostro Paese, a somiglianza di quanto accaduto in altri Stati membri dell’UE (ad esempio la Spagna), negli anni immediatamente successivi all’inizio della crisi, fosse stata adottata una procedura di intervento pubblico legata alla sottoposizione ad un programma di copertura. E’ evidente come, in un clima di emergenza politica, un’errata interpretazione della correttezza sistemica, abbia impedito l’attivazione di un meccanismo che avrebbe di certo evitato la complessità della situazione odierna e, con questa, l’inevitabile comparazione alla diversa soluzione adottata in occasione del noto salvataggio delle quattro banche in crisi disposto, dalle Autorità di settore, a fine 2015.