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Il delisting per volontà dell’emittente: il fenomeno del delisting “puro”

7 Febbraio 2023

Marco Sagliocca, Partner, Legance

Emilio De Niro, Associate, Legance

Il presente contributo analizza il c.d. delisting puro, ovvero quella fattispecie di delisting, connessa alla scelta della società emittente, in cui la cessazione della quotazione deriva da una deliberazione assembleare con oggetto esclusivo la revoca dei titoli, del tutto svincolata da ulteriori vicende societarie.


1. Le fattispecie di delisting

Le cronache economiche e finanziarie degli ultimi anni raccontano di una esponenziale crescita del numero di emittenti che, per ragioni diverse e all’esito di eterogenee vicende della vita societaria, hanno conseguito la revoca dei propri titoli dai listini di borsa (c.d. delisting)[1]. Quest’esodo di capitali da Piazza Affari, assimilabile per certi versi a una vera e propria “fuga dalla Borsa”, ha raggiunto il picco nell’ultimo quinquennio, caratterizzato con sempre maggior frequenza dai delisting di emittenti di medie e grandi dimensioni, che alla quotazione sul listino nazionale hanno preferito una borsa estera o il definitivo abbandono del mercato[2].

Nonostante la difficoltà di ricostruire in modo unitario una fattispecie così eterogenea e complessa, è possibile distinguere due macro-categorie di delisting; a seconda che la revoca della quotazione consegua alla sola iniziativa del gestore del mercato ovvero sia l’effetto di vicende societarie riconducibili, in via diretta o indiretta, a una scelta della società emittente. Dovrebbero ricondursi alla prima di tali categorie le ipotesi in cui la cessazione della quotazione si verifichi, al ricorrere di determinati presupposti, per effetto di un provvedimento assunto unilateralmente dal gestore del mercato (i.e., Borsa Italiana), indipendentemente dalla volontà dell’emittente o di soggetti terzi[3]. Accanto a tali forme di delisting “involontario”, si collocano i casi di delisting per diretta volontà dell’emittente (delisting volontario diretto, o anche detto delisting puro); ovvero scaturente da ulteriori e diverse operazioni societarie – quali, a titolo esemplificativo, offerte pubbliche di acquisto finalizzate al delisting o fusioni per incorporazione dell’emittente in soggetti giuridici non quotati (delisting volontario indiretto).

La distinzione concettuale appena tracciata consente perciò di rivolgere l’analisi alla terza e ultima delle fattispecie di delisting volontario, ossia quella del c.d. delisting puro; ove la cessazione della quotazione deriva da una deliberazione assembleare dell’emittente che ha come oggetto esclusivo la revoca dei titoli dal listino di borsa e, dunque, è del tutto svincolata da ulteriori vicende societarie[4].

2. Delisting puro da mercati regolamentati

La configurabilità di una fattispecie di delisting dal mercato regolamentato su richiesta diretta dell’emittente è stata oggetto di dibattito sin da prima dell’entrata in vigore del TUF e della successiva riforma del diritto societario, e risulta, ancora oggi, un tema ampiamente dibattuto.

La prima disposizione in tema di esclusione dalla quotazione deve infatti rinvenirsi nell’art. 13 della c.d. legge OPA (l. 149/1992), con cui si riconobbe il diritto di recesso ex art. 2437 c.c. ai soci di società quotate in borsa che risultassero dissenzienti rispetto alla deliberazione assembleare riguardante la fusione dell’emittente tramite incorporazione in società non quotata ovvero mediante costituzione di una nuova società anch’essa non quotata[5].

Con l’entrata in vigore del Testo Unico della Finanza nel 1998 – seguita, a breve distanza di tempo, dall’abrogazione della legge OPA – il contenuto dell’originario art. 13 venne trasposto nell’art. 131 TUF, il quale, estendendone l’originario ambito di applicazione, riconosceva il diritto di recesso a tutti gli azionisti dissenzienti rispetto alle deliberazioni assembleari di fusione e scissione comportanti l’assegnazione di azioni non quotate[6]. Accanto a tale disposizione si collocava anche l’art. 133 TUF (tutt’oggi in vigore), che prevede la facoltà, per le società italiane quotate in mercati regolamentati italiani, di richiedere l’esclusione dei propri strumenti finanziari dalle negoziazioni con deliberazione dell’assemblea straordinaria; questo, tuttavia, soltanto a condizione che l’emittente abbia preventivamente ottenuto l’ammissione alla negoziazione su altro mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione Europea e che sia garantita una tutela equivalente degli investitori, secondo i criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB[7].

In base al combinato disposto degli artt. 131 e 133 TUF, si ritenne dunque che l’unica ipotesi di esclusione dalle negoziazioni per volontà assembleare dovesse essere quella di trans-listing contemplata dalla seconda di tali disposizioni (i.e., migrazione su un altro mercato regolamentato italiano o dell’Unione); mentre il delisting tout court dal mercato sarebbe stato conseguibile soltanto all’esito di operazioni di natura societaria (quali la fusione o la scissione), con conseguente assegnazione ai soci dell’emittente delle azioni (non quotate) della società risultante[8].

Questo stato di cose ha subìto un significativo mutamento con la riforma del diritto societario del 2003, mediante la quale il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento l’art. 2437-quinquies c.c. (cui si è successivamente accompagnata l’abrogazione dell’art. 131 TUF); che riconosce il diritto di recesso a tutti gli azionisti di società quotate in mercati regolamentati che non abbiano concorso – in quanto dissenzienti, assenti o astenutialle deliberazioni assembleari comportanti l’esclusione dalla quotazione, estendendo (come sembrerebbe) l’ambito di applicazione del diritto di recesso a tutte le deliberazioni assembleari idonee a causare l’esclusione della quotazione da un mercato regolamentato. Per converso, farebbero eccezione a tale principio i soli casi rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 133 TUF, in cui il diritto all’exit dei soci di minoranza è già adeguatamente tutelato dalle garanzie equivalenti previste dalla disciplina applicabile sul mercato di destinazione.

Secondo un’argomentazione di carattere sistematico, la dottrina prevalente è perciò oggi concorde – nell’interpretazione che si ritiene qui maggiormente condivisibile – nel riconoscere la liceità delle deliberazioni assembleari aventi come esclusivo oggetto la revoca della quotazione; bilanciata, in ultima istanza, dall’operatività del diritto di recesso in favore delle minoranze azionarie che non abbiano concorso all’adozione della deliberazione concernente il delisting[9]. Sembra, in ogni caso, opportuno rilevare come il dibattito sull’ammissibilità del delisting puro non possa comunque ritenersi cessato.[10].

Quanto ai profili di rilievo applicativo, non pare potersi dubitare – ragionando in termini di analogia con la fattispecie di cui all’art. 133 TUF – che la competenza ad assumere la deliberazione concernente il delisting spettare all’assemblea degli azionisti in sede straordinaria. Difatti, non essendo accompagnata dalla tutela equivalente della negoziabilità dei titoli su un altro mercato regolamentato, tale deliberazione avrebbe conseguenze decisamente più significative sulla liquidità dell’investimento degli azionisti, che giustificano l’applicabilità dei quorum rafforzati previsti per le decisioni dell’assemblea straordinaria[11].

Un secondo e ulteriore interrogativo riguarda l’individuazione dei criteri di determinazione del valore di liquidazione delle partecipazioni degli azionisti recedenti, che pare risolvibile guardando alla generale disciplina del diritto di recesso; segnatamente, al terzo comma dell’articolo 2437-ter del codice civile, ai sensi del quale il predetto valore deve essere determinato in riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura delle negoziazioni nei sei mesi che precedono la pubblicazione o la ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea che ha adottato la deliberazione legittimante il recesso[12].

3. Delisting puro da mercati non regolamentati

Ricostruiti i contorni del delisting puro dal mercato regolamentato, è ora opportuno soffermarsi sulla configurazione di tale fattispecie in un mercato non regolamentato, con particolare riferimento agli emittenti quotati sul sistema multilaterale di negoziazione Euronext Growth Milan.

Come è noto, il regime di operatività degli emittenti quotati su tali trading venues è ontologicamente diverso – in virtù della natura meramente negoziale delle regole applicabili – da quello previsto per le società quotate nei mercati regolamentati[13]. In considerazione di quanto precede, non deve quindi stupire che il problema del delisting puro si ponga, nel contesto di specie, in termini sostanzialmente “rovesciati” rispetto all’ipotesi di esclusione volontaria dalla quotazione su un mercato regolamentato.

Ai sensi dell’art. 41 del Regolamento Emittenti Euronext Growth Milan, ciascun emittente può infatti richiedere a Borsa Italiana la revoca dell’ammissione alla negoziazione dei propri strumenti finanziari, informando di tale intenzione anche l’Euronext Growth Advisor e comunicando separatamente a Borsa Italiana la data preferita per la revoca con un preavviso di almeno venti giorni di mercato aperto rispetto a tale data; il tutto all’ulteriore condizione che, salva diversa decisione da parte della stessa Borsa Italiana, la revoca della quotazione sia subordinata all’approvazione di non meno del 90% dei voti degli azionisti riuniti in sede assembleare[14].

Per converso, il Regolamento nulla dispone in merito alla configurabilità delle diverse ed ulteriori ipotesi di delisting volontario conseguente a operazioni societarie e alla disciplina applicabile a tali fattispecie[15]. Ogni dubbio al riguardo deve oggi ritenersi dissipato alla luce dell’art. 41 delle Linee Guida del Regolamento, il quale chiarisce espressamente come il quorum deliberativo rafforzato trovi applicazione rispetto a qualunque deliberazione dell’emittente suscettibile di comportare, anche indirettamente, l’esclusione dalle negoziazioni degli strumenti finanziari dell’emittente – ivi incluse, dunque, le ipotesi di delisting volontario indiretto – nonché a qualunque deliberazione di modifica della clausola che implementa tale regola nello statuto sociale[16].

Il quadro di regole sin qui tracciato continua, tuttavia, a risultare carente rispetto ad alcuni profili particolarmente rilevanti sul piano applicativo. Anzitutto, l’art. 41 del Regolamento non chiarisce se ad assumere tale decisione debba essere l’assemblea in sede ordinaria o straordinaria. A tal proposito, riprendendo le considerazioni effettuate in precedenza circa l’attitudine di una simile deliberazione a incidere in modo significativo sull’assetto organizzativo della società e alla luce delle ulteriori specificazioni introdotte dalle Linee Guida, è stato segnalato come la competenza dell’assemblea straordinaria debba ritenersi sussistente anche per i casi di delisting puro dal mercato non regolamentato[17].

Inoltre, a segnare una ulteriore differenza con le società quotate sui mercati regolamentati, vi è la previsione di una diversa forma di tutela per gli azionisti di minoranza, che non contempla alcun diritto di recesso per coloro che non abbiano concorso alla deliberazione[18]. Nondimeno, come evidenziato in dottrina, negare il riconoscimento del diritto di recesso a garanzia dei soci che non abbiano concorso all’adozione della delibera assembleare comportante la revoca della quotazione dal mercato non regolamentato significherebbe contraddire la stessa ratio della disciplina e i generali principi dell’ordinamento; sicché parrebbe opportuno, seppur in contrasto con il dato letterale della norma, ricorrere anche in tali ipotesi all’applicazione analogica del diritto di recesso previsto dall’art. 2437-quinquies c.c. per le fattispecie di delisting volontario dai mercati regolamentati[19].

4. Considerazioni conclusive

In conclusione di queste brevi note, un primo rilievo di carattere sistematico non può che riguardare la lacunosità delle disposizioni in materia di delisting puro; ovvero, se non altro, la evidente discrasia tra la configurazione che tale fattispecie assume nei due diversi contesti di mercato. Se, infatti, per quanto riguarda gli emittenti quotati su EGM, è lo stesso regolamento del mercato – ferma la natura di fonte negoziale di carattere privatistico – a riconoscere espressamente l’ammissibilità del delisting puro, il silenzio del legislatore in merito alla simmetrica ipotesi di esclusione volontaria dalle negoziazioni sul mercato regolamentato ha imposto agli interpreti un articolato percorso ricostruttivo; i cui approdi, come si è visto, non possono ancora dirsi del tutto condivisi.

Ad ogni modo, pur tenendo in debita considerazione le argomentazioni di coloro che si esprimono in senso contrario, sembrerebbe preferibile propendere per la tesi più liberale e volta a garantire maggiori spazi di autonomia alle società quotate[20], che riconosce la liceità del delisting puro anche con riferimento ai mercati regolamentati. Alla luce dell’attuale contesto di mercato, caratterizzato, come si è visto, da un generale senso di sfiducia verso la quotazione in borsa e dall’ingente flusso di delisting di emittenti di medie e grandi dimensioni, continuare a considerare quest’ultima come una sorta di vincolo perpetuo, idoneo a essere infranto soltanto all’esito di complesse e costose operazioni societarie e di mercato, potrebbe infatti risultare anacronistico e, in ultima istanza, costituire un ulteriore disincentivo alla quotazione di nuovi emittenti[21].

 

[1] Sul punto, si veda la recente indagine condotta da Intermonte, denominata Sliding doors: il flusso di listing e delisting sul mercato azionario di Borsa Italiana (2002-2021), in Quaderni di ricerca Intermonte, Intermonte e Politecnico di Milano, n. 6, marzo 2022.

[2] Registrando così un trend che è proseguito nel 2022 e pare destinato a confermarsi anche nel 2023. Per una riflessione critica, P. MARCHETTI – M. VENTORUZZO, L’addio di Exor & le altre. Le scorciatoie europee, in L’Economia, Il Corriere della Sera, 24 agosto 2022.

[3] Le fattispecie in questione – che secondo tale impostazione configurerebbero delle forme di risoluzione unilaterale del “contratto” di quotazione – sono puntualmente individuate, con riferimento a Euronext Milan, dall’art. 2.5.1. del relativo regolamento. Cfr, U. MORERA – M. SCIUTO, Revoca dalla quotazione in Borsa e diritto di recesso del socio, in Riv. dir. soc. n. 3, 2007, p. 114 ss.

[4] Per tale distinzione, cfr. M. NOTARI, Il recesso per esclusione dalla quotazione nel nuovo art. 2437-quinquies c.c., in Riv. dir. comm., n. 1, 2004, 535 ss.

[5] Cfr. R. GHETTI, Sub art. 133, in Commentario T.U.F., a cura di F. Vella, Torino, 2012, 1444.

[6] Per un commento a tale disposizione – oggi abrogata – si veda M. NOTARI, Sub art. 131, in La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della Finanza D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di P. Marchetti – L. A. Bianchi, I, Milano, 1999.

[7] Tutela equivalente individuata dall’art. 144 del Regolamento Emittenti, essenzialmente, nella presenza di una disciplina dell’OPA obbligatoria applicabile all’emittente in caso di trasferimento di partecipazioni di controllo.

[8] In senso contrario all’ammissibilità del delisting puro, cfr., ex multis, M. NOTARI, Sub art. 131, cit., F. ANNUNZIATA, Sub art. 133, in La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della Finanza D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di P. Marchetti – L. A. Bianchi, cit., 1207 ss.; e G. MEO, Le società di capitali. Le società con azioni quotate in borsa, in Trattato di diritto privato, a cura di M. Bessone, XVII, Torino, 2002, 200 ss. In contrasto con tale tesi, ex multis, D. GALLETTI, Il recesso nelle società di capitali, Milano, 2000, 349 ss.; G. OPPO, Maggioranza e minoranze nella riforma delle società quotate, in Riv. dir. civ., n. 2, 1999, 490 ss.; P. SPADA, Tipologia delle società per azioni quotate, in Riv. dir. civ., n. 2, 2000, 213 ss.

[9] Così, ex multis, R. GHETTI, Sub art. 133, cit., 1445 ss.; R. COSTI, Il mercato mobiliare, Torino, 2013, 398, ss.; A. POMELLI, Delisting di società quotata, cit., 418; M. NOTARI, Il recesso per esclusione dalla quotazione, cit., 545.

[10] Taluni Autori rilevano infatti come l’esclusione dalla quotazione debba necessariamente collocarsi nel contesto delle vicende della vita societaria (e.g., OPA totalitaria o operazioni straordinarie). Cfr., ex multis, C. ANGELICI, Le società per azioni. Principi e problemi, in Trattato di diritto civile e commerciale di A. Cicu – F. Messineo – L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, 2012, 561 ss.; A. DENTAMARO, Quotazione e diritto dell’azionista al disinvestimento, Napoli, 2005, 255 ss.; M. DE MARI, La quotazione di azioni nei mercati regolamentati, cit., 136 ss. e ID. Il contratto di quotazione, cit., 386.

[11] Cfr., ex multis, F. ANNUNZIATA – M. SCOPSI, Il delisting, in Trattato delle società, a cura di V. Donativi, Tomo IV, Milano, 2022, 563 ss.; F. VELLA – V. CORRENTE, La quotazione nei mercati e la negoziazione sui sistemi, in Il Testo Unico Finanziario, II. Mercati ed emittenti, diretto da M. Cera – G. Presti, Bologna, 2020, 1077 ss.; A. POMELLI, Delisting di società quotata, cit., 419 ss.; M. NOTARI, Il recesso per esclusione dalla quotazione, cit. 529 ss.; M. MAUGERI, Considerazioni sul sistema delle competenze assembleari nella s.p.a., in Riv. soc. 2013, 411 ss.

[12] Sul punto, diffusamente, A. POMELLI, Delisting di società quotata, cit., 420 ss.

[13] Per una ricognizione della disciplina applicabile alle società quotate nei mercati non regolamentati, cfr. F. VELLA – V. CORRENTE, La quotazione nei mercati, cit., 1077 ss.; F. ANNUNZIATA “Il migliore dei mondi possibili”? L’accesso delle PMI alle trading venues: libertà, condizionamenti e gold plating, in Riv. soc., n. 5-6, 2021, 1175 ss.; e ID. AIM Italia e disciplina degli emittenti, 10 anni dopo, in Riv. soc., n. 1, 2020, 242 ss.

[14] Delibera assembleare che avrebbe una funzione meramente autorizzativa, mentre la decisione circa l’effettivo esercizio del delisting rimarrebbe nella competenza dell’organo amministrativo. Cfr., M. STELLA RICHTER Jr., Parere in tema di delisting dall’AIM Italia, in Banca, borsa, tit. cred., n. 1, 2020, 113 ss.

[15] Interrogativo inizialmente risolto in senso negativo da M. STELLA RICHTER jr., Ivi, 106 ss.

[16] Inoltre, ad ulteriore specificazione di quanto sopra, le Linee Guida (art. 41) individuano due fattispecie in cui la revoca della quotazione è disposta da Borsa Italiana senza necessità di ottenere la preventiva autorizzazione assembleare (i.e., OPA totalitaria finalizzata al delisting e trans-listing su piattaforma comparabile a EGM).

[17] Cfr. F. FORNASARI, Quotazione sui mercati di crescita e disciplina degli emittenti, in Giur. comm., n. 5, 2022, 805 ss.

[18] Né potrebbe soccorrere, ai fini sopra evidenziati, il disposto dell’art. 2437-quinquies c.c., applicabile alle sole ipotesi di recesso da società con azioni quotate in mercati regolamentati.

[19] F. FORNASARI, Quotazione sui mercati di crescita, cit., 826 ss.

[20] Discute dell’importanza degli spazi di autonomia negoziale per gli emittenti, M. STELLA RICHTER jr., Tendenze e problemi attuali dell’autonomia statutaria, in Riv. not., n. 5, 2021, 911 ss.

[21] Per queste considerazioni, cfr. M. VENTORUZZO, Borsa e imprese, regole da buon matrimonio, in Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2018; nonché R. COSTI, Il mercato mobiliare, cit., 398.

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