Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza (Consob).
L’attività posta in essere da filiali o succursali di una banca deve essere imputata all’istituto di credito, di cui costituiscono un’articolazione periferica, senza assurgere a centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici; tuttavia, ai dirigenti preposti a tali filiali è, di regola, riconosciuta la qualità di institore, ai sensi dell’art. 2203 cod. civile, dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente, con imputazione a quest’ultima dell’attività giudiziaria da essi svolta.
Con la sentenza n. 1365/2016, la prima sezione civile della Corte di Cassazione affronta il tema dell’illegittimo protesto di un assegno bancario.
Nel caso di specie, si contestava la validità della notificazione eseguita dal cliente protestato presso la sede della filiale presso la quale lo stesso intratteneva il rapporto di conto corrente ed alla quale, quindi, faceva capo l’esercizio dei diritti scaturenti dalla convenzione di assegno.
La Suprema Corte ha stabilito che sebbene l’attività posta in essere da filiali o succursali di una banca – prive di personalità giuridica, così come indicato nella direttiva CEE 12 settembre 1977 n.780 ed espressamente ribadito dall’art.1, lett. e) del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario) – deve essere imputata all’istituto di credito, di cui costituiscono un’articolazione periferica, senza assurgere a centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici; tuttavia, ai dirigenti preposti a tali filiali è, di regola, riconosciuta la qualità di institore, ai sensi dell’art. 2203 cod. civile, dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente, con imputazione a quest’ultima dell’attività giudiziaria da essi svolta.
Sotto altro profilo, inoltre, con riferimento alla richiesta inestensibilità della procedura speciale prevista per la cambiale alla cancellazione del protesto di assegno, la Cassazione ha specificato che se quanto sopra affermato può valere nel caso di protesto legittimamente levato, ma suscettibile di cancellazione, nessuna ratio discretiva invece può ravvisarsi nella diversa fattispecie dell’illegittimità originaria del protesto, che anzi, più ancora nell’assegno che nella cambiale, impone una sollecita rettifica, al fine di ridurre il pregiudizio ingiusto del debitore non inadempiente.