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Mediante la sentenza de qua il Tribunale di Milano ha confermato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura transtipica del divieto di patto leonino sancito dall’art. 2265 c.c., confermando l’applicazione del divieto anche alle società di capitali. Nella specie, il giudizio ha avuto ad oggetto i profili di possibile invalidità e/o inefficacia della proposta irrevocabile di acquisto a prezzo determinato di “n. 672 azioni, pari all’8% del capitale sociale” di una società per azioni di diritto lussemburghese.In particolare, l’attrice preponente ha lamentato: (i) l’inefficacia della proposta, in quanto accettata quando le predette azioni corrispondevano non più all’8%, bensì solo al 2,48% del capitale sociale e considerato, in ogni caso, l’intervenuto fallimento della società partecipata; (ii) la nullità della proposta, poiché in violazione del divieto di patto leonino di cui all’art. 2265 c.c.
Il Tribunale di Milano ha esaminato in via preliminare l’oggetto della proposta irrevocabile di acquisto. Al riguardo, il Giudice di prime cure ha ritenuto che, sulla base del tenore letterale della proposta, l’oggetto della medesima fossero unicamente le azioni, e non anche la quota di capitale sociale che le stesse esprimono. Il riferimento alla porzione di capitale sociale, ad avviso del Tribunale, si limita infatti ad esprimere “la misurazione all’epoca delle situazioni soggettive, di carattere amministrativo e patrimoniale, discendenti dalla titolarità di n. 672 azioni, il bene indicato espressamente come oggetto della proposta”. Oltre che sul dato letterale della proposta, il Tribunale ha argomentato la propria conclusione, anche sul più ampio rilievo per cui “i soci sono, infatti, titolari delle partecipazioni sociali ma non del capitale, quindi possono disporre con atti di cessione delle partecipazioni sociali e non delle frazioni di capitale sociale; il capitale sociale non è un bene dei soci, ma un elemento della società costituito dai conferimenti dei soci, vincolato stabilmente alla attività sociale”.
Il Tribunale ha poi escluso la rilevanza dell’intervenuto fallimento della società ai fini della lamentata inefficacia della proposta. Con riguardo a tale profilo, il Giudice ha infatti richiamato una recente pronuncia di legittimità, la quale ha chiarito che “il fallimento non è causa di estinzione immediata della società, sicché la perdurante esistenza in vita dell’ente, sia pure ormai privo di ogni potere in relazione al suo patrimonio, conferisce natura di beni commerciabili alle relative quote di partecipazione, quindi l’azione, oggetto del contratto di trasferimento, permane come bene esistente anche in caso di fallimento dell’ente” (v. Cass. n. 12831/2013).
Quanto ai possibili profili di nullità della proposta a prezzo prefissato per violazione del divieto di patto leonino, ha innanzitutto richiamato il recente orientamento della Corte di Cassazione a mente del quale “il divieto, pur inserito nella disciplina delle società di persone, ha pacificamente portata generale e vale anche per gli altri tipi di società di capitali; esso definisce, unitamente a quanto stabilito dall’art. 2247 c.c., il modello causale del contratto tipico di società nel quale i soci inderogabilmente non possono essere totalmente e durevolmente esclusi dagli utili o dalle perdite” (v. Cass. ord. n. 17498/2018). Riconosciuta la natura transtipica dell’art. 2265 c.c., il Giudice di prime cure ha contribuito a definire il perimetro di applicabilità del divieto di patto leonino nelle società di capitali, chiarendo come, nelle ipotesi in cui la responsabilità del socio è limitata al conferimento, la perdita che il socio può subire corrisponde essenzialmente quella perdita di esercizio in grado di intaccare il capitale sociale in misura rilevante. Al riguardo, il Tribunale ha pertanto stabilito che nelle società di capitali, l’esclusione dalle perdite del socio ricorre quando “per statuto o patto parasociale, il socio è in grado, mantenendo la stessa partecipazione, di scaricare sugli altri soci il costo delle perdite di esercizio che intaccano almeno di un terzo il capitale sociale”. Tanto chiarito in via generale, nel caso di specie il Giudice di prime cure ha escluso la violazione del divieto alla luce del più articolato complesso di rapporti in cui si inseriva la proposta irrevocabile di acquisto.