Anche nel primo semestre di quest’anno non si ferma la crescita del factoring, che vale circa l’11% del Pil. La conferma viene dai dati al 30 giugno 2016 diffusi da Assifact, l’Associazione italiana per il factoring, che riunisce tutti i maggiori operatori nazionali del settore. “La variazione dei volumi complessivi (turnover) risulta infatti pari a +2,76% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un volume complessivo che ha superato i 93 miliardi di euro” afferma Alessandro Carretta, Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università di Roma Tor Vergata e Segretario Generale di Assifact. “Le previsioni per fine anno sono ancora migliori, con un incremento stimato del 3,3% al 31 dicembre 2016”.
Positivo a fine giugno anche l’outstanding, cioè l’ammontare dei crediti in essere nel portafoglio delle società di factoring: oltre 56 miliardi di euro, con un incremento del 2,63% rispetto al 2015. In aumento (+3,96%) anche gli anticipi e i corrispettivi pagati, che al 30 giugno 2016 hanno superato i 44 miliardi di euro.
Nel consuntivo del primo semestre un dato appare particolarmente significativo: le operazioni “pro soluto”, ossia quelle in cui la società di factoring assume il rischio d’insolvenza del debitore ceduto, hanno superato la soglia del 70% dell’operatività complessiva.
“Il factoring durante la crisi ha fatto molto in Italia e i dati del primo semestre 2016 mostrano come continui a rappresentare un efficace strumento di sostegno alla liquidità delle imprese”, commenta il professor Carretta, “grazie alle specificità del prodotto e alla capacità di gestione del rischio di credito degli operatori del settore. In particolare” continua Carretta, “la peculiarità del factoring è di valutare non solo il merito creditizio del cliente, ma anche e soprattutto il valore del credito ceduto e la bontà della relazione commerciale fra il fornitore e i suoi acquirenti. Il trasferimento del rischio dell’operazione sul credito ceduto (in altre parole, sul debitore) è agevolato dallo strumento della cessione del credito d’impresa, disciplinato dalla Legge 52/91. Ciò detto, riteniamo che il settore del factoring possa giocare un ruolo ancora più incisivo nel supportare le imprese e nel contribuire al rilancio dell’economia, soprattutto se saranno rimossi quegli ostacoli che la normativa ancora pone e che in certe situazioni possono “inceppare” il meccanismo che consente al factor di trasferire efficacemente il rischio sul portafoglio dei crediti ceduti”.
Assifact sta da tempo lavorando per ridurre tali ostacoli, che riguardano, in particolare, il rischio di revocatoria in caso di fallimento del cedente e, nel caso della cessione dei crediti verso la PA, i costi e le incertezze dovuti alle formalità richieste per la cessione e alla possibilità che l’ente pubblico rifiuti la cessione dei suoi debiti (caso unico in Europa).
“Alcuni passi avanti sono stati fatti con la recente emanazione del Decreto Banche”, prosegue il professor Carretta, “grazie all’estensione dell’ambito applicativo della Legge 52 agli operatori “captive”, ovvero operanti esclusivamente nell’ambito della filiera del gruppo industriale di appartenenza. La stessa legge introduce inoltre lo strumento del pegno non possessorio, che apre scenari potenzialmente interessanti per un eventuale ampliamento dell’offerta da parte degli operatori, verso forme di finanziamento innovative e ispirate all’Asset Based Lending di matrice anglosassone, dove alla cessione e all’anticipo delle fatture, che resta comunque il “cuore” del prodotto, si accompagnano linee di credito garantite da altre componenti dell’attivo dell’impresa cliente, come ad esempio il magazzino”.